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Capitolo 15

La prima a vedermi è proprio Elda, che si apre in un sorrisetto di scherno e si morde beffardamente le labbra.

Mi indica con un gesto della testa. <<Parli del diavolo.>>

Vorrei dirle che qui, di diavolo, c'è solo lei, invece ricambio il sorriso assolutamente falso che mi ha appena rivolto e mi posiziono tra loro due.

Sebastiano mi lancia un'occhiatina divertita, mentre io guardo un'ultima volta Elda, prima di portare gli occhi su di lui. <<Ciao.>>

<<Ciao.>> Sorride e si china su di me per lasciarmi un bacio sulla guancia.

<<E' proprio uno scemo, il tuo amico>>, mi dice quella stupida, arricciandosi una ciocca di capelli con il dito.

Avanti, chi è che si arrotola ancora i capelli quando flirta? Questa ragazza è più antica de "La casa nella prateria", la serie televisiva prodotta negli anni settanta che la signora Giovanna guarda tutti i pomeriggi, stravaccata sulla sua poltrona in soggiorno.

<<Concordo in pieno>>, mormoro, continuando a fissare Sebastiano. Sono estremamente irritata con lui.

<<Allora, che ne dici?>> Elda sorride, ammiccante. <<Me lo dai stasera quel passaggio sulla moto che mi hai promesso?>>

Stringo automaticamente i pugni, infilzandomi i palmi con le unghie. Sebastiano ha promesso ad Elda un passaggio in moto? Dio santo, cinque giorni fa mi ha infilato la lingua praticamente nelle tonsille, stamattina è venuto a farmi quel discorsetto assolutamente stereotipato davanti all'università, e ora invita quella cretina sulla sua dannata moto?

Lui guarda me con la coda dell'occhio, dopodiché scrolla le spalle. <<Bè, se insisti io...>>

Gli afferro il braccio e gli pianto le unghie nella carne del polso, facendolo irrigidire per il dolore. <<Non dovevi accompagnare me?>>

Sebastiano si volta a guardarmi. La sua faccia è un mix di divertimento e soddisfazione. <<Credevo non volessi.>>

Penso di avere un principio d'ulcera, perché lo stomaco mi fa malissimo, così male che ho voglia di piangere. <<Credevi male.>> Incrocio le braccia al petto, sostenendo il suo sguardo.
Se si azzarda a mollarmi qui per accompagnare questa stupida a casa, giuro che gli pianto un calcio dove non batte il sole.

<<Okay.>> Si morde il labbro inferiore, trattenendo a stento una risata. Poi si volta a guardare Elda e alza le spalle, rammaricato. <<Sarà per un'altra volta, d'accordo?>>

Lei mi lancia un'occhiataccia, dopodiché torna a guardare lui con un sorriso. <<Ci conto, tanto hai il mio numero.>>

Io e Sebastiano rimaniamo a fissare il sedere certamente rifatto di Elda per qualche secondo. Il suo fondoschiena è sicuramente la succursale di quella faccia da schiaffi che si ritrova, non c'è che dire.
Quando mi riscuoto dai miei pensieri, interrompo quell'assurda contemplazione e mi muovo verso la mia macchina. Sebastiano scoppia a ridere e mi viene dietro.

<<Simpatica la tua amica>>, mi dice, ghignando.

<<Non è simpatica e non è mia amica.>> Mi volto a guardarlo. Sono l'immagine della serietà, in questo momento. <<E' una sgualdrina.>>

<<Bè, per me è un punto a suo favore.>> Scuoto la testa e faccio per salire a bordo della mia macchina, ma Sebastiano mi afferra per i fianchi e mi costringe a guardarlo di nuovo. <<E tu sembri gelosa, invece.>>

Deglutisco. <<No, affatto.>>

<<Peccato.>> Il suo sorriso così vicino ai miei occhi dovrebbe essere dichiarato illegale. <<Anche questo sarebbe un punto a favore, per me.>>

<<Sei incredibile. Ti avevo detto di lasciarmi in pace e tu che fai? Ti presenti qui.>> Sposto lo sguardo, non sopporto di vedere quel sorrisetto soddisfatto sulle sue labbra.

<<Però deciditi, tesoro.>> Piega la testa di lato. <<Prima hai detto di volere il mio passaggio e ora ti lamenti che io sia qui?>>

<<Non voglio il tuo passaggio. Ho la mia macchina.>> Cerco di darmi un tono, ma se non avessi le mani di Sebastiano sui miei fianchi probabilmente cadrei a terra, tanto mi tremano le gambe.

Mi lascia andare e si volta, dandomi la schiena. <<Okay, allora richiamo la tua amica e...>>

<<Sei insopportabile.>> La mie dita, dotate di vita propria, si aggrappano ai capelli di Sebastiano e li tirano, facendolo mugolare dal dolore.

<<Ahia! Ma sei matta?>> Si massaggia la parte lesa con la mano e mi guarda, torvo.

<<E tu sei un tormento.>> Gli indico con un cenno della testa il sedile del passeggero della mia auto. <<Coraggio, sali. Fa troppo freddo, non ci vengo in moto con te. Prendiamo la mia macchina.>>

Mi accomodo davanti al volante e aspetto che lui si decida a salire. Lo vedo sorridere, mentre scuote la testa, dopodiché si siede accanto a me e si allaccia la cintura di sicurezza.

<<Tu sei fuori di testa>>, mi dice, guardandomi divertito.

<<E tu sei stronzo, diciamo che siamo pari.>> Giro la chiave nel quadro ed esco finalmente dall'edificio. <<Dove l'hai parcheggiata la tua moto?>>

<<Sotto casa, nel nostro cortile.>> Alza le spalle. <<Un mio amico mi ha dato un passaggio fin qui.>>

Spalanco la bocca, sconvolta. <<Cosa? Quindi...>>

<<Sì, mia piccola psicopatica>>, m'interrompe, stampandosi sulle labbra un sorriso da schiaffi. <<Hai fatto una scenata di gelosia per nulla. Sapevo che sarebbe successo, ti conosco troppo bene.>>

<<Non mi conosci affatto.>>

<<Bè, se fosse come dici tu, adesso non sarei seduto accanto a te.>>

Ed è questo che mi spaventa.
Se divento prevedibile per qualcuno, quel qualcuno ottiene automaticamente il potere di manipolarmi, di ferirmi, di colpire i miei punti deboli. Non posso permettermelo, non posso. E Sebastiano ha ragione. Provo un'insensata gelosia nei suoi confronti. Lo conosco da così poco tempo, come posso avvertire già una sensazione simile?
Decido di non replicare e rimaniamo entrambi in silenzio fino a casa.

Parcheggio la macchina all'esterno del cortile, dopodiché mi slaccio la cintura di sicurezza e mi volto a guardare Sebastiano. Lui fa lo stesso. Appoggia la testa sullo schienale del sedile e mi sorride. Sembra che stia aspettando le mie scuse e allora lo accontento. Bè, almeno in parte.

<<Okay, lo ammetto, mi sono comportata male.>> Abbasso lo sguardo sulle mie ginocchia. <<Ma ho bisogno di tempo.>>

<<Per cosa?>>

<<Per questo.>> Indico prima me e poi lui. <<Non sono abituata ad avere gente intorno.>>

<<Bè, sarebbe ora che tu ti abituassi.>> Si avvicina impercettibilmente a me e il suo profumo, un mix di sapone e fumo, mi travolge. <<Perché smettere di starti intorno non è nella mia lista delle prossime cose da fare.>>

<<E' questo che proprio non capisco.>> Mi schiarisco la voce, a disagio per via del suo sguardo insistente. <<Voglio dire, l'hai detto tu stesso che sopportarmi è un'impresa epica. Perché non mi lasci stare e basta?>>

Si prende un po' di tempo per scrutarmi attentamente. Mi fissa gli occhi, scorre fino alle labbra e poi torna di nuovo su. <<Non lo so e non lo voglio sapere. Mi va bene così.>> Mi afferra la mano e ne accarezza il dorso con il pollice. <<Solo... cerca di non sparire di nuovo, okay?>>

<<E che mi dici di Diletta?>> Lo guardo negli occhi e vorrei solamente poter credere che sia sincero.

<<Ti dico che lei non c'entra nulla.>> Si avvicina ancora di più a me. Ci separano solo una manciata di centimetri estremamente fastidiosi. <<E non la vedo dalla sera della festa al luna park.>>

Il mio stomaco si contorce e la consapevolezza mi travolge in pieno. Allontano la mano dalla sua e distolgo lo sguardo. <<Sono passate solo due settimane.>>

<<Cris, non sono decisamente un santo, ma non penso neanche di averti mancato di rispetto. Conosco Diletta da molto tempo, siamo buoni amici e lei aveva bisogno di me. Tutto qui.>>

<<Credi che io ti stia accusando di avermi mancato di rispetto?>> So che non l'ha fatto, ma fa male lo stesso. Ha lasciato me e Maria da sole per correre da lei, questo deve pur avere un qualche significato. <<Sto solo dicendo che non voglio diventare una tua responsabilità. Lei ha bisogno di te, io no invece.>>

<<La differenza è proprio questa.>> Le sue mani si posizionano ai lati della mia faccia e io non ho la forza di allontanarle. Stavolta proprio non ci riesco. <<Per lei ci sono perché me lo chiede. Per te ci sono perché voglio esserci.>>

Abbasso di nuovo gli occhi, il suo sguardo non riesco a sostenerlo. <<Te l'ho detto, è troppo presto, ho bisogno di tempo.>>

Sebastiano annuisce, cercando un contatto visivo che non voglio e non posso concedergli. <<Io non ho fretta.>> Alla fine è costretto a farmi alzare la testa a modo suo, posizionandomi due dita sotto al mento.

<<Potrei non essere mai pronta>>, lo avverto.

<<Correrò il rischio.>> Le sue labbra si aprono lentamente in un sorriso divertito. <<E comunque stamattina ti ho chiesto una cosa, se ben ricordi.>>

Scrollo le spalle. <<Non ne ho idea.>>

<<E' proprio un guaio, allora>>, mormora, dopodiché elimina la distanza tra noi due e mi bacia a fior di labbra.

Chiudo gli occhi e ricambio il bacio. Le mani di Sebastiano mi scorrono sulla schiena e sui fianchi, mentre le mie trovano posto tra i suoi capelli.
All'inizio il bacio è lento, calmo. Ci fissiamo negli occhi. Le sue labbra solleticano le mie e mi rendo conto che sto tremando. Sento il cuore che batte fin dentro alla mia gola, i rumori intorno a noi sono ovattati, lontani.
Alla fine Sebastiano serra gli occhi e mi morde il labbro inferiore, invitandomi a socchiudere la bocca. Faccio come mi chiede e il suo sapore mi travolge, non riuscirò mai più a baciare nessuno senza pensare a lui, mi è così chiaro.
La sua lingua incontra la mia e io mi perdo completamente in lui. Gli vado incontro, sedendomi sopra le sue gambe. Ci sfioriamo e rimaniamo entrambi senza fiato. L'aria è elettrica, toglie il respiro.
Le sue mani s'insinuano al di sotto del mio cappotto, scivolano sotto la maglietta e si posano sulla pelle nuda della mia schiena. Mi pizzica delicatamente un fianco e io mi vendico, mordendogli il labbro. Quando sento le sue mani scorrere al di sotto del mio reggiseno, mi tiro indietro, interrompendo il bacio.

<<Volevi un bacino, ora ricordo.>> Sorrido, cercando di riprendere fiato. <<Questo fattelo bastare per almeno una settimana.>>

Lui sorride e mi sfiora le labbra con le dita. <<Non ci contare.>>

"Sai, la gente è strana, prima si odia e poi... si ama".

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