27) Loving her was so easy
SABRINA'S POV
Prima di baciarmi, mi afferrò per la vita, mi avvicinò al suo corpo caldo, mi guardò negli occhi, fissò le mie labbra mentre si morse le sue, già rosee e gonfie, incastonò di nuovo i suoi diamanti celesti nel mio sguardo, mi carezzò dolcemente il viso e si chinò lentamente per congiungere le nostre bocche. Inizialmente fu uno sfiorarsi pigro, una nascita di sospiri che si frantumarono contro le nostre pelli. L'adrenalina germogliò nei nostri corpi, la passione fluì dai nostri ventri, l'amore si irradiò dai nostri cuori e le emozioni crebbero incontrollate, non appena le nostre lingue si sfiorarono. Ci divorammo incapaci di fermarci, come se una forza oscura possedesse le nostre anime e ci spingesse a cercare qualcosa che da soli non potevamo raggiungere. Le sue mani arpionavano salde i miei fianchi, il suo profumo mi inebriava, le sue carezze stuzzicavano ogni mia remota parte, i suoi capelli solleticavano il mio collo di tanto in tanto.
Arrivammo in camera e James mi sospinse verso il letto. Mi stesi su di esso e fui immediatamente raggiunta da lui, che si mise a cavalcioni sul mio bacino, sorreggendosi con le gambe per non schiacciarmi. Accecata dal desiderio e dalla lussuria, non mi accorsi delle sue dita abili che acciuffarono i lembi della mia camicetta e la sfilarono. Non perse neanche tempo a slacciarmi i bottoni. Mi abbracciò, mentre continuava a depositare baci roventi sulla mia clavicola, sulla spalla, sulla mandibola, sulla guancia e sullo zigomo. I suoi polpastrelli armeggiarono con il gancetto del reggiseno e lo fecero saltare egregiamente. Si mosse ancora: i suoi denti lambirono la spallina destra per accompagnarla nella discesa e riservò lo stesso trattamento anche alla sinistra. Se ne liberò completamente e lo gettò dall'altro lato del materasso. Dedicò tutte le sue attenzioni al mio petto e succhiò, leccò e strinse la mia femminilità. La mia schiena si inarcò senza pudore in cerca di un contatto più profondo. Stavamo prendendo tempo, lo sapevamo: l'unico modo per far tacere il desiderio che stava strepitando dentro di noi, sarebbe stato unirci e inondare quella stanza dei i nostri gemiti.
All'ennesimo mio sospiro si dispiegò sul volto di James il suo meraviglioso ghigno. Rise, divertito dalla mia lussuria mal celata, e compresi che era l'ora di fargli vedere chi comandava. Puntai i miei occhi nei suoi per svelargli le mie intenzioni. Quando la mia bocca si inarcò provocatoria, le sue sopracciglia si corrugarono in un'espressione attonita e lievemente maliziosa. Con un colpo di reni, ribaltai le posizioni e gli levai velocemente la maglia. Mi osservò incuriosito e, al tempo stesso, turbato mentre mi avvicinavo cautamente alla sua pelle marmorea. Vezzeggiai i suoi muscoli di pietra e scesi verso il suo addome. Lo morsi sensualmente, oltrepassai l'ombelico ed arrivai alla leggera peluria che scompariva sotto l'elastico della stoffa dei pantaloni.
-Sabrina...- singhiozzò all'estremo delle sue forze. Stuzzicai ancora un po' di carne e combattei per alcuni secondi con la cintura e i bottoni dei suoi jeans.
Non sarei mai riuscita a sfilarli se non fosse intervenuto lui in mio aiuto. Alzò di poco il bacino e anche i boxer fecero la loro scomparsa sul pavimento. Sghignazzò per il mio imbarazzo. Lo rimproverai, addentandogli una spalla e indugiando con i palmi sul suo ventre, senza mai spingermi più in basso, dove pulsava di brama. Gemette frustrato, ma quella era la giusta punizione per essersi preso gioco di me.
- Amore...-biascicai, strofinando la punta del mio naso su un suo capezzolo.
Circondai con la mano il suo sesso e lo massaggiai per tutta la sua lunghezza. Lo sentì sussultare e avvertii la sua virilità lievitare tra le mie dita.
Lo provocai, risalendo e baciando la linea ben visibile dei suoi addominali, lo sterno, la clavicola ed arrivando fino al suo orecchio. Tentò di dirmi qualcosa, però le mie audaci carezze non permisero alle sue parole di scivolare dalle sue labbra. James si lasciò torturare, totalmente abbandonato a me.
Stanco di non avere il pieno controllo delle sue facoltà, ruggì e in un secondo mi ritrovai distesa di schiena sulla trapunta. Ricambiò il favore e mi spogliò con cura ed eleganza, con calma. Sibilai lievemente, quando il mio segreto venne circondato dal suo calore. Vibrando e contorcendomi rimasi senza fiato e cercai i suoi smeraldi dello stesso colore del mare in tempesta.
Mi fece un occhiolino e mi regalò un ultimo bacio, prima di sbilanciarsi verso il comodino e prendere un preservativo. Lo infilò attentamente, si sdraiò su di me, reggendosi con i gomiti, che poggiò ai lati delle mie tempie. Allargai le gambe per farlo stare più comodo e lo sentii fondersi pacatamente con me. I nostri movimenti si armonizzarono, i nostri respiri si fusero e i nostri cuori fluttuarono insieme.
Le spinte si fecero sempre più decise. Dopo un tempo indeterminato, lo avvertii uscire da me e mugolai con disappunto.
- Calma micetta!- affermò, inumidendosi le labbra e sorridendomi furbamente.
Si stese al mio fianco, accostando la sua schiena alla testiera del letto e mi scortò a sedermi sopra di lui. Lo accontentai e non mi preoccupai neanche di sgridarlo per la maniera in cui mi aveva chiamata. Ci avrei pensato nell'indomani. Lo riaccolsi completamente e i suoi polpastrelli si poggiarono leggeri sui miei fianchi per sorreggermi. Dettai il ritmo ed improvvisamente la nostra danza divenne scatenata, l'aria che usciva dalle nostre bocche agitata e i sospiri rumoreggianti. Condussi entrambi sulla strada dell'appagamento e poi... poi tutto fu un delirio di colori, un'esplosione di benessere. I nostri sguardi colarono l'uno nell'altro, le contrazioni dei nostri corpi scossero la terra.
Sfiniti ci addormentammo insieme.
***
- Buongiorno, micetta!-
Avvertii le labbra di James stuzzicarmi il collo e le sue mani intraprendenti massaggiarmi la pancia, mentre la mia schiena combaciava perfettamente con il suo petto caldo e le nostre gambe erano aggrovigliate insieme.
- Mmh, mmh!- mi lagnai, contrariata per il nomignolo affibbiatomi e nascondendo meglio il viso nel cuscino, arpionandogli le dita e stringendomele intorno al corpo.
- Svegliati o farai tardi a lavoro!- mi spronò, baciandomi la nuca e blandendomi le braccia scoperte.
- Mmh, mmh!- continuai, scuotendo leggermente la testa.
- Non dovrò ricorrere al metodo del solletico, vero?- chiese ingenuamente James, poggiando il mento sulla mia spalla ed osservandomi dall'alto: anche se avevo gli occhi chiusi, sentivo le mie gote andare a fuco a causa dell'intensità del suo sguardo.
- No, no!- risposi, balzando a sedere sul materasso.
Dopo essere rimasti a letto a cincischiare per cinque minuti, ci preparammo e montammo sulla sua macchina. Nonostante il traffico, arrivammo al "Ryan's New York" quando anche Lexy stava scendendo dall'auto di Kevin. Li salutammo velocemente e il capo esortò me e la mia amica ad entrare. Prima di voltarsi, James bisbigliò al mio orecchio con voce suadente:
- Buon lavoro, micetta!-
- Ehi!- gli diedi un pugno indignata –Richiamami ancora così e ti mando in bianco per una settimana, poi saranno problemi tuoi ad arrangiarti con il fai-da-te!- lo minacciai, additandolo con l'indice destro.
- No, amore mio!- sbottò immediatamente.
JAMES'POV
Sfrecciai tra le strade della Grande Mela e svoltai allegro alla traversa della mia azienda. All'ingresso lasciai le chiavi ad un addetto e varcai la soglia di quel enorme palazzo bianco. In ascensore schiacciai il piano del mio ufficio e mi rintanai qui per tutta la mattinata. Seduto alla mia scrivania colsi anche l'occasione per chiamare Kevin e chiedergli di sostituirmi, quando sarei andato con Sabrina in Italia. Mio fratello esultò contento come un bambino alla mia proposta. Sapevo che avrebbe gradito e ringraziai il cielo di avere una famiglia comprensiva, a tratti pazza e fuori dalle righe.
Dopo la nostra chiacchierata chiusi la conversazione e svolsi un po' di lavoro arretrato. Verso le quattro del pomeriggio, ormai libero ed esausto, decisi di andare al locale dalla mia ragazza. Sarebbe stato molto meglio se non l'avessi fatto.
SABRINA'S POV
- Posso avere un cappuccino doppia schiuma?- mi chiese cortesemente un ragazzo, sedendosi su di uno sgabello al bancone e sorridendomi affabile.
- Certo, arriva subito!- risposi automaticamente.
- Oh, abbiamo la stessa età, dammi pure del tu! Io sono Steve!- mi disse. Alzai lo sguardo e mi soffermai a guardarlo per un istante: di media altezza, biondo cenere, occhi marroni, vestito casual.
- Piacere Sabrina!- affermai, porgendogli la mano. Tentai di mostrarmi gentile e disponibile, nonostante la stanchezza, e gli preparai la sua ordinazione.
Nei momenti di buco, quando non ero sballottolata da una parte all'altra della sala, parlai un po' con Steve. Ad un certo punto, fece una battuta su una signora seduta lì vicino e sul suo abbigliamento poco consono per la sua età. In fondo, il suo vestitino rosso fuoco, abbinato a zeppe altissime leopardate e ad una borsa zebrata, con collane di tutte le dimensioni e forme più strambe, non si accostava molto bene ai suoi cinquant'anni suonati da un pezzo. Scoppiai a ridere, cercando di nascondermi per mantenere un po' di serietà.
Improvvisamente, sentii il campanellino attaccato alla porta tentennare, segno che era arrivato qualcuno. Le mie pupille incrociarono il bellissimo volto di James, però la mia felicità non venne da lui ricambiata, perché sul suo viso si disegnò un'espressione contrariata e imbestialita, mentre provava a marcare il territorio con Steve. La sua diffidenza era palpabile. Nessuno di due voleva darla vinta all'altro e si scambiavano occhiate assassine. Se fossimo stati in un vecchio film western avrebbero aspettato il momento adatto per afferrare le pistole e uccidersi senza pietà.
Il mio ragazzo era rimasto immobile sulla soglia; Steve era stravaccato sullo sgabello.
Mi avvicinai a James che, risvegliatosi dal suo stato catatonico, si diresse dal mal capitato a passo spedito.
- Ci provi con lei?- gridò, attirando l'attenzione di alcuni clienti. I più curiosi mossero addirittura dei passi verso di noi e assistettero a quello scambio di battute strafottenti che aveva tutti gli attributi per trasformarsi in una rissa.
- Chi? Io? Ammetto che non sarebbe una cattiva idea, ma no!- rispose serafico l'altro duellante.
- James! Basta!- affermai risoluta e, proprio quando credevo di esser riuscita a convincerlo ad abbandonare quell'insulsa sceneggiata, qualcosa rovinò i miei piani.
- Oh... fidanzato geloso, Sabri?- domandò con finta ingenuità Steve. Gli intimai di starsene zitto, ciò nonostante non mi ascoltò e schioccò le labbra per regalarmi un bacio volante e indisponente.
- Come cazzo di permetti?- esclamò James, accostandosi pericolosamente a lui.
- Oh, ma siamo amici. Poi se usciamo e ci scappa qualcos'altro, ben venga!- ridacchiò impassibile, sbattendo un piede al suolo improvvisamente agitato.
Non ebbi neanche il tempo di metabolizzare le sue parole che il mio ragazzo caricò un colpo. Ero già pronta a sbraitare, urlare e piangere, quando Ryan comparve magicamente dietro di lui e circondò con la sua mano quella dell'imprenditore, sospesa a mezz'aria.
- James!- starnazzai, avvilita al solo pensiero di quello che sarebbe potuto succedere.
- Non prendertela con me! Se tu ci provi con un altro è colpa mia?- si scaldò lui, scrollandosi di dosso il mio capo e allontanandolo con una spinta. Scorsi il fumo uscire dal naso di quest'ultimo, tuttavia adocchiò Amber e si calmò. Con molta fatica invitò il nostro cliente ad andarsene, senza aver neanche pagato. Steve uscì dalle nostre vite con un sorrisetto irritante, ma non portò con sé tutti i guai che aveva generato.
- Non ci stavo provando con nessuno! Smettila di dire cavolate.- replicai, guardando James furiosa e spingendolo leggermente.
- Certo, certo! Allora tutta questa confidenza me la sono sognata? Per piacere! Dimmi la verità: con quanti altri sei andata a letto da quando stiamo insieme?-
- C-cosa? Non puoi pensarlo veramente....- tartagliai, dopo attimi di sbigottimento passati ad aprire e chiudere la bocca senza che ne uscisse alcun suono.
- Tranquilla! Sta sera mi scoperò un'altra ragazza così saremo pari. Comunque non penso che una sola scopata possa sostituire tutte le tue!- disse sarcastico e si avviò verso l'uscita. Stava succedendo tutto troppo in fretta. Non capivo come fossi passata dal lavorare e scherzare al litigare velenosamente.
Mi parai difronte a lui, decisa a non permettergli di andarsene in quelle condizioni: era completamente nero di rabbia e, se avesse potuto, avrebbe rotto qualche bicchiere di vetro per scaricare la tensione. Puntò i suoi occhi nei miei, però non mi vide. Aveva uno sguardo vitreo, assente, distante. Il mio palmo sfiorò la sua guancia in una tenera supplica e la mia bocca tremò per lo sforzo immane che stavo compiendo: le lacrime pungevano violente le mie palpebre per sgorgare da esse e straripare e io non volevo permettere che questo accadesse.
Lui spostò la mia mano dalla sua pelle, agguantando il mio polso non molto delicatamente, e lo gettò lontano da sé quasi schifato dalla mia vicinanza. Mille coltelli mi infilzarono contemporaneamente la carne del cuore e iraconde stille mi rigarono le guance. Mi umiliai più di quanto già non avessi fatto e singhiozzai impunemente davanti a lui. Cercai di darmi un contegno, imposi a quei bastardi lucciconi di fermarsi, ordinai ai miei sospiri di smetterla di fremere.
Offesa e ferita mi levai il grembiule, lo lanciai addosso al mio ragazzo, o a quello che consideravo tale fino ad un secondo prima, e corsi fuori. Senza giubbotto, senza una meta e senza un briciolo di forza.
JAMES'POV
Sabrina scappò da me con gli zigomi striati da maledette gocce salate. Quando la porta si chiuse, si innalzò un brusio di mormorii tra i clienti. Mi guardai intorno spaesato come se fossi stato appena dominato da chissà quale demone atroce.
Lexy marciò verso di me con fare minaccioso e temetti che potesse schiaffeggiarmi o perfino rompermi qualche arto. Malgrado la sua furia e il suo ribrezzo, si limitò a sputarmi in faccia poche semplici parole:
- Sei un bastardo! Mi fai schifo. Se osi farti rivedere ancora in giro ti faccio rimpiangere di essere nato!- asserì con una calma innaturale e con voce pacata, eppure dal modo in cui strinse i pugni fino a far diventare le nocche bianche, compresi che si stava solo trattenendo.
Scrutai i quadri che animavano le pareti di quel risto-bar, sapendo che probabilmente quella sarebbe stata l'ultima volta che le avrei viste. Squadrai attentamente le facce attonite dei miei amici: Alexis sprizzava disgusto da tutti i pori, Ryan arginava a mala pena l'ira, Kevin doveva ancora assimilare tutto ciò che era successo e Amber tratteneva a stento il disgusto per me.
Avvertendo il gelo tipico di New York colpirmi in pieno volto e osservando la strada deserta, compresi davvero il gigantesco casino che avevo appena combinato: avevo dato della sgualdrina alla donna che amavo, l'avevo accusata di avermi tradito, l'avevo umiliata dinanzi a dei perfetti sconosciuti, le avevo promesso di spassarmela con un'altra donna quella sera stessa, e solo perché l'avevo vista ridere con un altro. Ero diventato un'altra persona. L'avevo delusa.
•Sette giorni dopo•
Uno squillo, niente! Cinque squilli, niente! Tre chiamate, niente! Quattro giorni, niente! Sei giorni, niente! Erano passati sette fottutissimi giorni dal mio battibecco con Sabrina e ancora niente! Maledetto me e la mia cazzo di gelosia. Non potevo essere stato così imperdonabile! O forse si? Riconoscevo di aver esagerato, comunque credevo almeno di meritare un'occasione per chiarirmi.
Invece di sbraitarle contro frasi senza senso, avrei dovuto dirle che avevo costantemente la tremenda paura che lei potesse innamorarsi di qualcun'altro, perché per me era stato così semplice amarla, che chiunque avrebbe potuto portarmela via. Inconsciamente e involontariamente, Sabrina era la creatura più bella sulla faccia della Terra, era la persona più buona, gentile e disponibile con cui mi ero mai scontrato, era un arcobaleno di allegria e gioia, era un angelo venuto in questo schifoso Mondo per schioccarmi la freccia di Cupido e destabilizzarmi con il suo innato incanto.
Ed io avevo rovinato ogni cosa irrimediabilmente. Provai a scusarmi, però non riuscii a vederla neanche di sfuggita: al telefono Brina non rispondeva, al "Ryan's New York" il proprietario mi aveva rovesciato una caraffa di birra sul capo e cacciato poco cortesemente, la fidanzata di mio fratello non mi faceva entrare a casa loro. Avevo provato ad attaccarmi al citofono per venti minuti, col solo risultato di venir malmenato con un mattarello da Alexis. Quella pazza mi aveva rincorso fino al ciglio della strada e strillato come un'ossessa.
Mi rifugiai tra le calde ed accoglienti braccia di mia madre, pregando per un po' di conforto, invece ricevetti uno schiaffo e tante grida. Mi incitò a rimboccarmi le maniche per riconquistarla, dopo ciò che era uscito dalla mia bocca merdosa.
Sabrina non voleva più sentir parlare di me e io non potevo rinunciare ad un ultimo tentativo, non quando avevo capito che senza di lei la mia non era vita! La notte del settimo giorno ebbi un'idea. Non potevo più sperare in un miracolo, dovevo agire!
SABRINA'S POV
-Il tempo risana le ferite...- mormorai, stretta al cuscino. –Starò meglio... prima o poi non farà più così male...- sibilai, tentando di auto-convincermi.
Erano sette giorni che cercavo di buttarmi alle spalle gli ultimi due mesi, dal primo incontro con James alla nostra rottura, e mi ripetevo come un mantra quelle frasi per non sprofondare nell'oblio, anche se ero già caduta nella fossa ed avevo ormai toccato il fondo. La sera era il momento peggiore: stavo da sola in un enorme letto freddo, senza un corpo rovente che mi scaldasse; piangevo disperata e dialogavo con il nulla, senza una persona che mi baciasse e quietasse nelle notti glaciali.
James aveva scavato nella mia anima e con prepotenza e impeto aveva squarciato il mio petto, per entrarvi spietatamente e annientarmi crudelmente dall'interno. Aveva lasciato un vuoto enorme dentro di me e non c'era niente che potessi fare per alleviare la mia sofferenza. Non potevo prendere un antibiotico, assumere delle medicine. Era un dolore più profondo, che mi stava portando alla pazzia. Le gonfie borse sotto i miei occhi, i capelli arruffati, il viso scavato, le gambe molli e la nausea incessante mi tormentavano costantemente. Non riuscivo a dormire serenamente, pensando a quante ragazze si stava sbattendo solo per ripicca nei miei confronti, che poi io non avevo nessuna colpa.
Venni distratta dalla valanga dei miei tirannici pensieri, dalla porta della mia camera che si spalancò brutalmente ed ebbi paura che si scardinasse dai sostegni. Girai la nuca e mi persi nell'oceano limpido dello sguardo di James per un secondo, fin quando quell'immagine creata dalla mia mente non venne spazzata via dalla realtà. Lexy schiamazzava sulla soglia e gesticolava impaziente:
- Brina, veloce...devi venire con noi!-
- C'è una cosa che devi vedere!- mi spiegò Amber, sorpassando la nostra amica e afferrandomi per un braccio.
Mi trascinarono letteralmente fuori casa e, quando giunsi a destinazione, le mie parole si prosciugarono e rimasi a fissare immobile quello spettacolo.
NOTE DELL'AUTRICE:
Allora, era un po' che non lasciavo un commento sotto i capitoli e, in genere, quando lo faccio è per scusarmi di qualcosa. Questa volta voglio scusarmi per il capitolo. Nel senso che ci ho lavorato per due giorni e ho voluto pubblicarlo, nonostante non mi piaccia poi molto. Credo che il primo pezzo abbia troppe ripetizioni e, nel complesso, forse ci sono troppi sballottamenti dal punto di vista di James e di Brina. Quando l'ho scritto non me ne sono resa conto e mi dispiaceva cancellare qualche pezzo. Comunque spero che il capitolo non vi deluda!
Inoltre volevo annunciarvi che stiamo arrivando al capolinea. Il prossimo sarà l'ultimo capitolo. Poi ci saranno due o tre capitoli ambientati in un futuro non troppo lontano e l'epilogo. Questa è una storia auto-conclusiva e non ci sarà un sequel!
Ma James e Sabrina vi allieteranno (spero!) con le loro avventure ancora per un po'.
Alla prossima, ciao SS.
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