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26) Stop thinking you're a burden to people

SABRINA'S POV

- Sta sera io e te andiamo a cena da mia mamma!-

- C-cosa?- balbettai, credendo di aver sentito male, strabuzzando gli occhi ed allontanandomi leggermente da James con una lieve pressione sulle sue spalle. Scossi la testa freneticamente e iniziai a sudare freddo. Fui dominata da un'improvvisa voglia di fuggire da qualsiasi parte, purché lontano da quel posto.

- Sta sera andiamo a cena da mia mamma...- ripeté lentamente, troppo lentamente. Corrugò la fronte e mi fissò in attesa che capissi una semplice frase. L'ansia che montava dentro di me, la brusca agitazione e il nervosismo mi fecero esplodere e, con uno spintone non molto delicato, lo separai definitivamente da me. Avvertii le lacrime pungermi gli occhi pronte per uscire, tuttavia tentai di ricacciarle indietro.

- Ma... cioè.... Io... e tu... insomma...- non riuscivo neppure ad articolare una proposizione di senso compiuto e, probabilmente, avevo lo sguardo perso nel vuoto, mentre tartagliavo parole sconnesse tra di loro e gesticolavo velocemente con voce incrinata.

- Ehi! Tranquilla! Non agitarti.- sussurrò il mio ragazzo, abbracciandomi di nuovo, carezzandomi le braccia e facendomi poggiare il capo sulla sua clavicola. -Ho pensato che fosse un'idea carina, ma se non vuoi non fa niente!- continuò. Certo, come potevo dirgli di annullare tutto? Lui aveva già conosciuto i miei genitori senza troppe storie, la solita complessata ero io. Inoltre aveva, sicuramente, avvertito la sua genitrice e avrei fatto una pessima figura, rifiutandomi di conoscerla.

- No... no, è che mi hai preso in contropiede! Okay, sta sera conoscerò tua madre!- replicai in uno stato di catalessi, annuendo e sospirando.

Trascorsi il resto del pomeriggio su un altro pianeta. Sbagliai innumerevoli volte le portate, i tavoli e perfino i conti alla cassa. James doveva fare delle commissioni e non rimase al locale tutto il tempo. Almeno la ruota della fortuna ogni tanto sbandava nella mia direzione, seppur involontariamente. Non volevo sentire il suo sguardo addosso perennemente, non avrei resistito. Non che mi desse fastidio, tuttavia avrebbe facilmente capito che qualcosa non andava, mi conosceva troppo bene. L'ultima cosa che volevo era mostrarmi ancora insicura davanti a lui. Stavo cambiando e non mi sarei fatta intimorire da quella donna. Me la immaginavo come nel film "Quel mostro di suocera", con Jennifer Lopez. Se non le fossi piaciuta? Forse, per non mettersi contro sua madre, lui mi avrebbe mollata.

Mi stavo fasciando la testa prima di essermela anche solo graffiata. Ryan mi esortò a prendermi una pausa e sedermi ad un tavolo per riposarmi. Esitai, poiché a mente libera i pensieri negativi sarebbero fluiti più velocemente, comunque non volevo neanche combinare altri pasticci ed eseguii il quasi ordine del mio amico. Poco dopo mi si avvicinò la sorella del mio fidanzato, la quale era rimasta al locale con Kevin.

- Cognata, cos'hai?- mi chiese, accomodandosi di fronte a me nel posto vuoto di quel tavolo per due e barcollando leggermente sui suoi tacchi a spillo. Amber era stupenda nella sua semplicità, ciò nonostante non avrebbe mai rinunciato ad un bel paio di scarpe alte. Le chiamava "le sue bimbe" e non strabuzzai gli occhi e tartagliai sconvolta come Alexis quando la vidi accarezzarle amorevolmente e sussurrare loro parole dolci, qualche settimana prima.

- Niente!- mentii. Ovviamente non se la bevve; lo compresi dal suo sopracciglio destro che, una volta avvertite le mia parole, scattò all'insù. Scioccata ed impaurita, aspettai la sua prossima mossa: ero per caso un libro aperto? Troppe persone capivano i miei stati d'animo con una sola occhiata, dovevo mascherare meglio le mie emozioni o, semplicemente, avevo finalmente trovato nel mondo il posto giusto per me ed ero circondata da gente che mi accettava senza compromessi, che mi voleva bene e mi capiva con uno sguardo.

- Dai, dimmi la verità. Da quando mio fratello se ne è andato hai la testa tra le nuvole! Per non parlare del tuo muso lungo. Sembra che ti è morto il gatto.- spiegò, inclinando la nuca da un lato e puntando le sue gemme celesti sul mio viso. Provai invano a cercare una via di fuga.

- Primo, tuo fratello Kevin è ancora qui seduto da qualche parte; secondo, sono solo stanca; e terzo, io non ho nemmeno un gatto!- esclamai, sperando in un miracolo e sapendo che le mie argomentazioni erano delle scuse scadenti.

- Parlavo di James, non di Kevin, e tu lo sia bene, solo che fai la finta tonta. La tua non è stanchezza e ora mi racconterai tutto e chi se ne frega se non hai un gatto!- affermò risoluta, arpionando la mia mano e stringendola nella sua sulla superficie di legno. -Se hai qualche problema con James puoi dirmelo!- concluse dolcemente, stringendo le mie dita per infondermi coraggio. Mi sciolsi come neve a sole di fronte a quella gentilezza trasparente e a quell'affabilità limpida. Se non riuscivo ad ammettere i miei problemi, in che modo potevo credere di risolverli? Mi fidavo di lei ed avrebbe potuto darmi un giudizio parziale date le circostanze.

- Non è questo! È...è...Cheluivuolefarmiconoscerevostramadre!- annunciai velocemente, come un treno ad alta velocità.

- Eh? Non ho capito niente!- strepitò Amber, schiaffeggiandomi un poco il palmo ancora incollato al suo.

- Ho detto che... tuo fratello... vuole farmi conoscere tua madre!- riprovai, ma stavolta parlai troppo piano, quasi non avevo sentito io stessa la mia voce.

- Cosa?-

- James vuole...vuole...farmi conoscere...tua... vostra... madre!- ammisi sconfitta, gettando il volto in avanti e poggiando la fronte sul tavolo. Iniziai a sbattere poco violentemente la faccia, sperando di fracassarmi il cranio per sgusciare via da quella situazione. Probabilmente era un rimedio fin troppo tragico, però avevo terminato l'ottimismo già da un pezzo ed era rimasta quella mal celata sfiducia mista ad una macabra ironia. Venni distratta dalla progettazione della mia morte dalla risata allegra, incredula e limpida di Amber.

- Aspet-ta!- articolò, tentando di smettere di ridere a squarcia-gola, tenendosi lo stomaco essendo ancora scossa dagli spasmi, che aggressivi la facevano contorcere sulla sedia. -Tu stai vivendo le peggiori pene dell'Inferno perché devi conoscere la mia mammina?-

- Si...-sussurrai, vergognandomi. -Cioè no, ma si...E se non le piacessi?- domandai, dando voce alle mie paure.

- Le piacerai sicuramente! Mamma non è certo un segugio infernale!-

- Ah, già. Dimenticavo la tua fissazione per Percy Jackson.- sbuffai, roteando gli occhi al cielo. Lei mi fissò con i muscoli intorno alla bocca tirati in un'espressione sgomenta.

- Per favore, non ricominciare! "Gli Dei dell' Olimpo" è una serie stupenda, per non parlare del film con Logan Lerman!- urlò, con tono che alternava una nota sognante con una starnazzante. -Comunque, ritornando al discorso di prima, devi stare tranquilla... mamma ti adorerà!-


Quattro ore dopo: 20:00 pm

Charlotte Turner, all'età di diciotto anni, sposò Matthew Harrison e assunse il cognome del marito. Agli amici, ai parenti e a tutte le persone del suo quartiere era nota come "Carly" e, sentendo i pareri dei suoi figli, era una persona stupenda e amorevole, che aveva dato alla luce il ragazzo che amavo. Lo aveva cresciuto con tutto l'affetto di cui aveva bisogno, non facendogli mancare mai nulla, né dal punto di vista umano, né da quello economico. Da piccolo lo rimpinzava di dolci, temendo che se non avesse mangiato, non sarebbe cresciuto correttamente. Ogni giorno, prima di andare a scuola, gli preparava una colazione in grado di sfamarlo per tutta la mattinata e si svegliava all'alba per preparargliela anche quando non si sentiva bene. Diceva sempre che niente poteva impedirle di svolgere il ruolo per cui era venuta al mondo: essere madre. E, tutte queste attenzioni che a lui rifilava, non le negava agli altri figli. Anche Amber e Kevin erano stati cresciuti in quell'ambiente roseo e gioioso. Scendevano dal letto e sapevano che ogni giorno la prima cosa che avrebbero visto sarebbe stato il sorriso della loro mamma, racchiuso in quello stesso viso che li avrebbe confortati sempre e che avrebbe illuminato le loro notti più buie. Avrei, senza dubbio, dovuto ringraziare quella fantastica donna, perché era merito suo se James era l'uomo meraviglioso di cui mi ero innamorata. Quindi, in fondo, la mia felicità era dovuta a Charlotte Harrison.

Con ancora le mie pantofole di topolino ai piedi, mi diressi verso l'armadio. Aprii tutte le ante e iniziai a perlustrare ogni cassetto in cerca di qualche abito adatto all'occasione. Proprio quando stavo per mettermi a piangere, credendo di non avere neanche un vestito che andasse bene, suonò il campanello. Spalancai la porta concitata e incapace di intrattenere una conversazione, data la mia trepidazione per quella sera. Fortunatamente, mi trovati davanti Amber, che mi sorpassò accennando appena ad un saluto veloce e corse dritta in camera. Mi aiutò a prepararmi, calmandomi come meglio poteva. Lei viveva con sua madre però, per non essere d'intralcio, sarebbe andata a mangiare fuori con alcuni amici.

Verso le sette e mezza arrivò anche Lexy, che sollevò i pollici in alto, squadrandomi dalla testa ai piedi. Indossavo un paio di pantaloni blu a vita alta, una camicia beige con le maniche arrotolate sui gomiti, dei bracciali con perline d'oro, delle ballerine e una pochette dello stesso colore dei calzoni. I capelli scuri erano tenuti fermi da un mollettino. Un po' del mio profumo preferito ed ero perfetta. Mi sentivo bella. Era l'effetto di James? Possibile, anzi sicuramente era tutto merito suo. Il cuore batteva a mille e sembrava voler uscire dal petto, perforando perfino la cassa toracica. Non riuscivo a fermare le mie mani, che frenetiche tremavano senza ritegno, e le mie gambe, che leste passeggiavano per tutta casa.

Infilai i miei tre anelli preferiti e mi arrivò un messaggio del mio ragazzo:

"Sta sera rimani a dormire da me. Prepara la borsa! <3"

Dopo cinque minuti, avvertii il clacson dell'auto di James. Scesi le scale, non prima di aver salutato le mie amiche, e uscii dal portone. Mi fiondai in strada e, una volta individuato l'oggetto del mio desiderio, mi catapultai da lui. Mi gettai sul mio fidanzato, gli circondai il collo con le braccia e congiunsi le nostre labbra.

- Sei bellissima...- bisbigliò, guardandomi fisso negli occhi e tenendo le sue mani chiuse a coppa sulle mie guance.

- Grazie...anche tu.-

Andando verso la macchina, James mi precedette e non potei evitare di abbassare lo sguardo e godermi la vista dei suoi glutei di marmo stretti nella stoffa attillata. Per tutto il tragitto non spiccicai una parola e la tensione che mi aveva torturata tutto il giorno e che era scomparsa non appena l'avevo visto, ritornò più vigorosa che mai. Volevo solo piangere e tornare nel mio appartamento. Svoltò in una piccola stradina laterale e parcheggiò difronte ad una villetta a schiera, bianca, con il tetto di mattoni, un giardino ben curato e la porta in legno scuro. James mi fece segno di scendere. Chiudemmo gli sportelli, mi prese per mano e mi condusse vicino alla casa. Mi bloccai di colpo, tirandolo di conseguenza dalle dita che tenevo attorcigliate alle sue.

- Cosa c'è?- domandò con espressione interrogativa. Non dovevo avere un bell'aspetto, perché i suoi occhi si incupirono e mi osservò preoccupato che potessi svenire da un momento all'altro. Il mio viso doveva avere un colorito poco rassicurante e di sicuro non vi era neanche traccia di un piccolo rossore che contrastasse con il bianco funereo. Scossi velocemente la nuca, osservando la villa, come se fosse abitata dalla strega cattiva di Hazel e Gretel!

- Non posso...- balbettai, indietreggiando. Sfuggii alla sua presa e ritrassi la mano. -Non ce la faccio...-

- Amore, che hai?- mi interrogò ancora lui, avvicinandosi ulteriormente e prendendo il mio volto tra i suoi palmi.

- Io...io...-cominciai, facendo vagare lo sguardo per il giardino. Tutto pur di non incontrare i suoi pozzi verdi. -Tua madre mi odierà...e tu mi lascerai per non fare un torto a lei!- mugolai. Una lacrima solcò la mia guancia e celere si scontrò con il suo polpastrello. La sua espressione mutò immediatamente e assunse un cipiglio angosciato, turbato e afflitto. Avrebbe calamitato verso di sé tutte le mie preoccupazioni se avesse potuto. Qualcosa dentro di me scattò, quando compresi che James avrebbe voluto avere poteri sovrannaturali pur di non farmi soffrire, innervosire o intimorire. Avrebbe speso tutti i suoi soldi pur di non farmi mancare nulla. Si sarebbe preso cura di me, proprio come la sua genitrice aveva fatto con lui.

- Cosa? Amore, non lo farei mai! E mamma non ti odierà. Fidati di me!- esclamò, abbracciandomi. Mi rilassai automaticamente, prendendo un profondo respiro e gettando via le mie inquietudini.

- Andiamo!- esclamai convinta.

Ci dirigemmo a piccoli passi verso il patibolo e lui suonò il campanello due o tre volte, impaziente di presentarmi Carly. Si girò nella mia direzioni e la sua bocca si incurvò in una linea allegra. Udii dei tacchi rumoreggiare oltre la soglia e la serratura scattò dopo qualche attimo. Pensai di star impazzendo, quando scorsi due occhi, due gemme azzurre, identici a quelli del mio ragazzo. Charlotte era una donna bassina, che aveva capelli castani con piccoli ciuffi bianchi alla radice, indossava una tuta comoda e portava un grembiule da cucina. Un sorriso gentile troneggiava sul suo volto, illuminando anche la vista.

- James!- gridò la signora appena lo vide. Se possibile un amore puro si irradiò nel suo viso e le pupille vacillarono. Era una donna molto forte, che dopo aver assistito al capezzale del marito, dopo aver perso il suo amante, donava comunque affetto ai suoi figli.

- Mamma!- ricambiò lui, lasciandomi la mano e prendendola tra le braccia. Erano così carini e James la sovrastava completamente con il suo corpo, tanto che per un momento non riuscii a vederla. -Mamma, lei è Sabrina; Sabrina lei è mia madre.- annunciò solennemente, quando si staccarono. Lei balzò un poco sul posto, emise un urletto euforico e si tuffò su di me, cingendomi le spalle. All'inizio mi sorprese, ma ricambiai l'abbraccio impacciatamente.

- Oh, gioia, è un piacere conoscerti! James non fa altro che parlare di te!-

- È un vero piacere conoscerla, signora Harrison!- affermai, ormai un po' più tranquilla.

- Chiamami pure Carly e dammi del tu! Ma adesso entrate che qui fuori si congela!-

L'ingresso era piccolino e sul lato sinistro c'era un mobiletto per appoggiare chiavi o cianfrusaglie di questo genere, sulla destra, invece, c'era un attaccapanni. Poggiamo qui i nostri giubbotti e andammo in sala. Era una dimora rustica, niente a che vedere con quella del mio ragazzo, la quale era decisamente più moderna. C'erano due divanetti bianchi, un tavolino di marmo per decorazione (era così basso che soltanto un nano di Biancaneve avrebbe potuto starci bene) e una televisione. Dopo aver parlato, mangiammo in cucina. La cena fu piacevole, non avrei potuto sperare di meglio. Charlotte Harrison si dimostrò una donna premurosa, provava a farmi sentire a mio agio, non faceva mai una battuta fuori posto o che mi desse noia.


- Allora cara, com'è l'Italia?- mi chiese lei ad un certo punto, mentre addentava una fetta della sua pizza appena sfornata. Era sorprendente la quantità di cibo che aveva preparato, poteva benissimo sfamare un esercito.

- Ehm...bella... è veramente stupenda, solo che io ho sempre voluto viaggiare e venire a New York era il mio sogno nel cassetto!- risposi, stando composta al mio posto.

- Andare in Italia è il suo sogno!- mi informò James, indicando la sua genitrice e ingozzandosi ancora. Carly lo aveva già sgridato numerose volte, tuttavia lui sembrava non sentirla minimamente. Non ingeriva un boccone che subito ne aveva un altro ancora più grande in bocca. Temevo si sarebbe strozzato e non sapevo quando si sarebbe sentito sazio

- Già, purtroppo non parlo l'italiano!- piagnucolò lei mogia. Sorrisi quando mi balenò per la mente un'idea fantastica.

- Allora possiamo andarci insieme. Tu visiteresti l'Italia e io ti farei da traduttrice, nonché guida turistica!- proposi e Charlotte annuì contenta.


A metà serata filò in camera per prendere il telefono e ritornò elettrizzata. Ci spronò affinché ci scattassimo una foto. La pubblicò istantaneamente su Instagram, Facebook, Twitter e ogni social network a me noto, con scritto: "Primo incontro con la fidanzata di mio figlio!".


- Hai la stoffa da Newyorkese e non hai il solito accento italiano quando parli...- proruppe la madre di James, quando eravamo stravaccati sul sofà a chiacchierare.

- Ho studiato lingue al liceo e, prima di trasferirmi, ero all'Università! Parlo inglese, francese, russo, spagnolo e, ovviamente, italiano. Sono portata per le lingue e adoro l'inglese!- confessai candidamente, gravando la tempia sulla spalla del mio ragazzo. Lui prese ad accarezzarmi il braccio con i suoi polpastrelli.

- Quindi sei laureata!- enunciò entusiasta, battendo le mani e regalandomi un sorriso sincero. Mi irrigidii di colpo, difronte a quel compiacimento e a quella soddisfazione che lei stava donando a me. James se ne accorse e la spronò a cambiare discorso.

- No, non fa niente!- lo bloccai, toccandogli un gomito, e proseguii rivolta a sua madre -Non mi sono laureata perché mi sono trasferita qui. Vorrei continuare i miei studi, ma dovrei tornare in Italia perché qui non ho i soldi per permettermeli, mentre lì ho già tutto pagato. Sarebbe una questione di pochi mesi, poiché mi mancherebbero solo due esami finali, però adesso sto bene così.-

- Ah... scusa, non volevo porti una domanda scomoda. Comunque, anche se non hai la laurea, non devi fare la cameriera a vita, no? Perché non lavori come segretaria da James?-

- Ma infatti glielo avevo già proposto!- svelò lui. Tutti e due si voltarono nella mia direzione e mi fissarono. Se volevano la verità, gliela avrei servita su un piatto d'argento:

- Io...io non volevo che voi avreste potuto pensare che mi sia avvicinata a James solo per questo. -

- Chi vuoi che lo pensi?- sbraitò Carly, alzandosi e avvicinandosi a me. Strinse il lobo dell'orecchio del figlio tra le dita e lo allontanò senza troppi preamboli, ignorando le sue lamentele. Mentre lui si massaggiò la parte incriminata borbottando e inveendo, lei si buttò a peso morto vicino a me.- Sei così carina, che è impossibile pensare a secondi fini!- affermò, arpionando i miei zigomi e tirando proprio nel punto in cui avvertii distintamente il sangue fluire, arrossandomi le guance. -Dai, diventa la segretaria di James! Dai, dai, dai....- cantilenò, saltellando.

- Okay...- cedetti.

Charlotte emise urletti di gioia e mi circondò con una presa ferrea. James si unì all'abbraccio, gettandosi su di noi. Scoppiarono a ridere come poppanti e mi contagiarono con la loro ilarità.


Le sorprese per quella sera non erano ancora finite, perché lui mi chiese quanti mesi mi servissero per laurearmi. Stranita e abituata al suo modo di ragionare, compresi che ci sarebbe stato da preoccuparsi. Infatti, mi spiegò che saremmo andati a Roma per tre mesi, così che io potessi finalmente dare i miei esami finali. Successivamente sarebbe venuta Carly in Italia per festeggiare. In azienda, James sarebbe stato sostituito da Kevin, il quale scorrazzava nella "Harrison's Industries" ogni giorno.

Tentai di fargli capire che il suo piano aveva molte lacune e sarebbe stato uno spreco di tempo, però non volle ascoltarmi e ebbe la completa approvazione di sua madre. Alla mia ennesima protesta, sbuffò stufo e stanco delle mie lagne.

- Lo so che per lavorare da me non hai bisogno della laurea, ma ti sei impegnata duramente tutta la vita ed è giusto che tagli il tuo traguardo.- chiarì, accostandosi a me. Persino Carly ci diede un minuto di privacy e se ne andò in cucina. - Non resto qui mentre tu vai in Italia, c'è troppa distanza e poi posso permettermelo, quindi perché stare lontani quando non è strettamente necessario? Kevin mi sostituirà volentieri e se ci saranno problemi, mi chiamerà. Smettila di pensare di essere un peso per le persone: non lo sei, tanto meno per me!- disse, un attimo prima di baciarmi.


Sulla soglia del vialetto, la mamma del mio fidanzato mi salutò con la sua solita sfrontatezza:

- È stato un piacere conoscerti, gioia! Vieni quando vuoi! E dimmelo se mio figlio ti tratta bene o male, che nel secondo caso gli spezzo le gambe!-

- Mamma! Per chi mi hai preso?- esclamò contrariato James, cingendomi la vita con un braccio e tirandomi a sé.- La tratto benissimo!-

- Confermo!- sghignazzai.


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