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15) I didn't believe in his words, but I didn't care.

SABRINA'S POV

Un po' frastornata ero seduta nel sedile accanto a James. I miei occhi vagavano fuori dal finestrino, dove l'asfalto scorreva sotto il mio sguardo velocemente, in cerca di risposte. Speravo di riconoscere un monumento, un nome, un indirizzo. Qualunque cosa pur di scoprire dove fossimo diretti. Non avevo la minima idea di quale fosse la nostra destinazione e l'incredulità, per gli eventi avvenuti nell'ultima ora, si riversò su di me, dando vita ad una valanga di dubbi. Non sapevo se seguire l'imprenditore al mio fianco, senza chiedere una piccola spiegazione a riguardo, fosse stata una saggia decisione. Mi fidavo di lui, però la sua guida nervosa e i suoi continui sbuffi alle mie iniziative di intavolare una conversazione, mi fecero preoccupare al tal punto che dovetti mordermi il labbro inferiore per reprimere le lacrime e la delusione.

-James?- chiamai, voltandomi nella sua direzione con un sorrisetto sulle labbra per addolcire l'atmosfera assai tesa. Strinsi le mani in grembo e stritolai le mie dita. Osai sbirciare la sua reazione un solo attimo e riportai la vista a scrutare il tappetino della macchina. Egli rispose con un grugnito per nulla incitante, tuttavia, ormai stufa, presi un profondo respiro e domandai con voce malferma: -Potresti spiegarmi dove andiamo?-

-Sorpresa.- disse atono, inserendo la freccia, rallentando e svoltando in una traversa sulla destra. Mi trattenni saldamente allo sportello per la leggera forza invisibile che mi spinse a sinistra a causa della curva. Egli tamburellò con i polpastrelli sullo sterzo per rilassarsi e il lieve suono delle sue dita che sbatterono sul volante mi innervosì. Si stava comportando come se non volesse stare lì, come se lo annoiasse la mia stessa presenza. Un po' iniziavo a sentirmi a disagio ed indesiderata. Per un secondo infinito mi feci piccola, piccola e stetti in silenzio incurvando le spalle; poi ripensai all'origine di quella situazione scomoda e sussultai animata da una nuova forza. Lui era venuto a prendermi all'improvviso e sempre lui mi stava facendo inviperire di brutto!

-Voglio tornare a casa!-annunciai decisa, incrociando le braccia la petto e alzando un sopracciglio per rendere la mia espressione più minacciosa possibile. Un comportamento tipico di una bambina, ma solo in quel modo ottenni la sua attenzione: si girò di scatto e mi fissò con le pupille fuori delle orbite. Fu costretto a riportare gli occhi sulla strada dopo un improvviso sbandamento che mi fece salire il cuore in gola e aggrappare al primo appiglio che trovai. Quando l'auto riprese stabilità, lui strepitò in un tono acuto e decisamente agitato:

-Cosa? Perché?-

-Perché? Tu mi stai chiedendo perché? Ma ti rendi conto che non mi hai proprio calcolata da quando siamo usciti? Non mi hai neanche avvertita. Ti comporti come se io ti dessi noia. Se non vuoi stare con me, riportami a casa. Non ti ho chiesto io di uscire!- urlai, fiera di me stessa per aver trovato il coraggio di contestarlo e non essermi fatta mettere i piedi in testa.

-No! Aspetta, dolcezza! Posso spiegarti!- mi rispose, uscendo di nuovo dalla nostra corsia e facendo strombazzare frenetici i clacson delle altre persone. "Se continuiamo così, ci lasciamo la pelle" pensai, acciuffando la maniglia dello sportello per sorreggermi. James sembrò captare i miei desideri, infatti accostò in una zona di blocco.

-Io non posso dirti dove stiamo andando e neanche il perché, ma ti giuro che non mi dai noia. In questo momento non vorrei essere con nessun altra persona. Fidati di me, ti prego. Se ti sono sembrato distaccato, ti chiedo perdono. La verità è che sono nervoso.- ammise, con un sorrisetto concitato annaspando lievemente per la velocità con cui aveva parlato. L'intensità con cui mi osservò accelerò il mio battito cardiaco e mi procurò miliardi brividi lungo la colonna vertebrale. Ricambiai la sua occhiata timorosa: tutta la prodezza e la spavalderia acquistate prima sembravano scomparse, sparite nel nulla.

-Così mi fai preoccupare.- farfugliai, scuotendo la nuca e strinsi la pelle del sedile sul quale mi trovavo. Mi mossi irrequieta e torturai il mio labbro inferiore con i denti, voltandomi verso il finestrino. Accarezzai con la vista la vegetazione che si stagliava al mio lato e mi beai di quella libertà che emanava, di quell'infinito che sprigionava e della luminosità che splendeva. Quasi mi persi in quello spettacolo naturale, giungendo con le pupille sino alle montagne e non mi accorsi della mano di James che approdò sulla mia. Avvertii il suo tocco leggero solo quando i suoi palmi vezzeggiarono il dorso del mio arto e rafforzarono la presa su di esso.

-No, non preoccuparti. È una cosa bella. – affermò, continuando a disegnare dei cerchi immaginari sulla mia pelle. Il capo pulsava e lo malediva per avermi causato tale confusione e imbarazzo. Il cuore era in trambusto e lo ringraziava per aver risvegliato in me una voglia così forte. - ...o almeno per me.- continuò poi, ormai sussurrando. Incatenò i miei pozzi scuri alle sue gemme liquide e mi pietrificò sul posto. Fui solo in grado di deglutire un fiotto di saliva, mentre le sue lunghe dita si intrecciavano alle mie. La sua epidermide, leggermente callosa e calda, si unì alla mia, decisamente più debole e fredda. La sua mano grande rinchiuse la mia in una gabbia e scorsi uno strano desiderio. Compresi immediatamente le sue intenzioni e fui percossa da un fremito al solo osservare i suoi occhi così espressivi, che urlavano una sola, unica e prorompente verità: mi bramavano. Lui mi desiderava e fece scivolare il suo sguardo su tutto il mio corpo. Senza l'utilizzo di benzina o fuoco, diede vita ad un incendio dentro di me. La sua espressione da predatore rese la distanza che ci separava insopportabile e non riuscii a nascondere la voglia di un contatto materiale tra di noi. Portò l'altra mano sulla mia coscia e risalì sempre più su, arrivando al mio fianco. Lo sfiorò con delicatezza e riprese il suo viaggio, fermandosi sulle mie costole. Si avvicinò pian piano al mio viso. Inclinò di poco la testa e si fermò ad una spanna della mia bocca. Il suo respiro si infranse contro il mio e dovetti mordermi l'interno della guancia violentemente per non saltargli addosso e baciarlo con tutta la cupidigia che avevo accumunato in appena venti secondi. Mi lasciò un po' di tempo per permettermi di comprendere la sua iniziativa e tirarmi eventualmente indietro. Un sorriso estasiato e dolce si impossessò delle mia labbra e James si sporse sempre di più, fino a quando la sua bocca rosea e morbida non toccò la mia. Delle scintille sprizzarono nell'aria e noi, animati da un sentimento ancora sconosciuto che raggrinzì le nostre membra, schiudemmo le labbra e ci avvicinammo per diventare un'unica, immensa bolla di passione. Un gemito incontrollabile fuggì al mio controllo, subito seguito da un ringhio di impeto di James. Le mie dita arrestarono la loro marcia dietro il suo collo, dove si intrecciarono e si persero tra i suoi capelli. Le sue, invece, volarono sui miei vestiti fino a giungere sulla mia schiena. Lui rafforzò la presa e mi avvicinò a sé, spingendomi contro il suo torace. Lo schiacciai contro lo schienale e mi spalmai su di lui, arrivando a sedermi a cavalcioni sulle sue gambe. Le nostre lingue si incontrarono a metà strada e iniziarono a rincorrersi. Un'esplosione di colori proruppe nella mia mente. Continuammo a baciarci freneticamente, incuranti del luogo in cui ci trovavamo. Poi, a causa dei polmoni che richiamarono la nostra attenzione, producemmo un piccolo schiocco e ci staccammo per mancanza di ossigeno.

-E questo per cos'era?- bisbigliai, stupendomi di sentire la mia voce tanto roca.

-Io avevo bisogno di un incoraggiamento.- confessò sarcastico, gravando la fronte nell'incavo della mia spalla.

Riprendemmo il nostro misterioso viaggio e, dopo un'altra oretta passata a chiacchierare, sbarcammo in una casetta di medie dimensioni in montagna. James spense i motori vicino l'entrata, mentre lo guardai torva e confusa.

-Questa sarà la villa in cui passeremo i seguenti due giorni. Prima che tu possa farmi qualche domanda, ti spiegherò tutto: come ormai avrai capito devo chiederti una cosa, però prima voglio passare con te altro tempo. Non chiedermi perché, dopo comprenderai tutto. Per il tuo lavoro non devi preoccuparti: ho chiamato Ryan e ti ha dato un giorno libero. Per i vestiti stai tranquilla: Amber ha preparato una piccola valigia per te, è nel bagagliaio. Questa è la casa in montagna di mia madre, le ho detto che per oggi e domani sarebbe stata mia. Così non ci disturberà nessuno! Per pranzo ho portato due panini e a cena andremo in un ristorante qui vicino... Poi domani vedremo. Pronta?- disse, carezzando le mie gote. Annuii e scendemmo dalla macchina. Fuori mi colpì un'aria particolarmente fredda, ma piacevole. Notai che la casetta della signora Harrison era isolata da qualsiasi altra abitazione. Mi persi a fissare il panorama e mi riscossi quando avvertii una presenza al mio fianco: James aveva due valigie in mano ed un mazzo di chiavi. Mi fece un cenno con il mento ed entrammo. Dopo il breve giro turistico a cui mi sottopose il ragazzo, ci accomodammo sul divano in salotto. Mangiammo e scorsi il telecomando della tv abbandonato sul tavolo. Mi sporsi e vagai tra i canali, finché non ne trovai uno sul quale trasmettevano "50 first dates", titolo originale di "50 volte il primo bacio".


JAMES'POV

-...anche tu? James? Mi stai ascoltando?- mi interrogò Sabrina, osservando il mio cipiglio stordito. Si alzò dal sofà, quando ormai il film era giunto al termine, e mi schioccò le dita davanti al naso. Ritornai bruscamente alla realtà e la osservai intontito.

-Eh? No... cioè, si!- balbettai confuso, tossendo lievemente per smorzare la tensione che mi opprimeva. Lei scoppiò a ridere e fece sciogliere in un sorriso anche me.

-Ti chiedevo cosa ne pensassi del film!- ripeté, poggiando le mani sui fianchi e comunicandomi tutta la felicità che provava attraverso i suoi meravigliosi occhi nocciola. Alzò un sopracciglio per spronarmi a rispondere, quando mi persi ancora una volta nei miei pensieri.

-Ah! Era...molto bello!- esclamai, accompagnando la mia frase con dei cenni della testa per rendere più credibili le mie parole. -Sabrina, devo dirti quella cosa!- sospirai.

Lei acconsentì appena e la scortai in terrazza, intrecciando i miei polpastrelli ai suoi. Giunti oltre la porta finestra a vetri, venimmo accecati dalla luce maestosa del sole e fummo costretti a chiudere le palpebre. Dopo esserci abituati, la feci poggiare alla ringhiera. Le sue pupille rispecchiavano l'intero panorama: i colori del cielo erano racchiusi nel suo sguardo. La abbracciai da dietro, facendo incrociare le mie mani sul suo ventre piatto e incastonando il collo sulla sua clavicola. Restammo per alcuni minuti in quella posizione, ammirando lo spettacolo paradisiaco che avevamo difronte: quel balcone si affacciava su delle maestose colline che incorniciavano una distesa di alberi, alcuni fioriti e altri spogli. Tra le nuvole erano sfumati il giallo, l'arancione, il rosso e, in alcuni punti, si poteva ancora contemplare il celeste limpido. Tutto gridava pace. Tutto gridava libertà. Le donai un bacio sulla spalla, catalizzando la forza di volontà che possedevo per iniziare a parlare.

-Your eyes make the stars look like they're not shining. I could kiss your lips all day if you'd let me. When I see your face, there's not a thing that I would change, cause you're amazing just the way you are. You're so beautiful...- Bisbigliai al suo orecchio, fissando il suo adesso sorpreso e lasciando che le parole della canzone di Bruno Mars fluissero dalla mia bocca per infrangersi sul suo lobo. Feci una lieve pressione sui suoi fianchi in modo da farla girare e poterla osservare in faccia. -Non so da dove iniziare. Non l'ho mai fatto prima. Ti sembrerò alquanto strano, ma ti giuro che sono un fascio di nervi. Io non ho mai provato per nessun altra quello che sto provando per te. Con te mi sento felice, a mio agio e mi fido di te. Sono geloso anche se un tizio osa solo guardarti e lo picchierei per questo, se poi fa anche commenti sul tuo corpo ha firmato la sua condanna a morte.- rivelò e le strappai un lieve ed incerto sorriso. Mi rilassai all'istante, intravedendo la sua chiostra di denti bianchi e le allontanai con le nocche delle dita una ciocca di capelli che prepotentemente le stava pizzicando lo zigomo. I palmi delle mie mani scivolarono ai lati della sua mascella e i pollici si ancorarono alle sue guance. -Sei meravigliosa, bellissima sia dentro che fuori. Vorrei che tu ti fidassi di me, in tutti i sensi, che mi rivelassi le tue paure o i tuoi problemi in modo che potremmo risolverli insieme. Voglio aiutarti in tutte le maniere che posso. Quando sono con te provo l'insistente bisogno di baciarti, baciarti e baciarti fino allo sfinimento. Voglio poterti baciare tutte le volte che lo desidero. Voglio poterti stringere quando ne abbiamo bisogno entrambi. Voglio far capire a tutti che non possono nemmeno pensare di sfiorarti perché sei solo mia. Voglio avere una faccia da ebete quando ti penso o quando parlo di te con le altre persone....forse quella ce l'ho già. –dichiarai grattandomi la nuca e separandomi di un passo da lei. –Io ti voglio. Quindi...Sabrina vuoi essere la mia ragazza?- domandai, dandomi del cretino patentato un minuto dopo. Avevo pensato a mille modi diversi per chiederglielo e quella stupidissima frase era il meglio che avevo saputo dire in un momento del genere. Ero già pronto per ricevere un suo rifiuto, quando Sabrina stessa boccheggiò per alcuni secondi. Tentai di stroncare il suo inutile tentativo di indorarmi la pillola e deviare la mia proposta, tuttavia mi si avvicinò finché le nostre bocche non si scontrarono per la seconda volta. Mi paralizzai all'istante completamente preso alla sprovvista, però riacquistai immediatamente le mie facoltà motorie e diventai parte integrante di quell'unione. Ci fondemmo in una sola persona, stringendoci convulsamente all'altro.

-Lo prendo per un si questo?- annaspai una volta riacquistato il respiro, scontrando la mia fronte con la sua.

-Si, sta zitto a baciami ora!-


SABRINA'S POV

-Quando hai perso la verginità?- proruppe James, lasciandomi completamente interdetta. Mi irrigidii inevitabilmente e, essendo avvinghiati sul divano, lui se ne accorse. Nessuno gli aveva mai insegnato a star zitto e non sparlare inutilmente? Era una delle persone in assoluto più curiose che avessi mai conosciuto, ciò nonostante non avrei mai creduto che si sarebbe spinto tanto oltre, che avrebbe valicato un confine così intimo e personale. Era, ormai, tarda serata ed eravamo rientrati da poco tempo, essendo usciti per cenare.

-James!- lo rimproverai con il battito del cuore frenetico che rimbombava nei timpani ed il respiro accelerato, un po' per la domanda non gradita, un po' per gli innumerevoli baci che ci eravamo scambiati fino ad allora. Scossi la testa per allontanare i ricordi orribili che quel quesito portò con sé. - Non te lo dirò mai!-

-No, ti prego. Voglio saperlo!-mi supplicò, abbandonando le sue labbra sulle mie in un piccolo frangente, in un breve attimo. Sembrava un bambino che stava chiedendo alla sorella più piccola di rivelargli dove la mamma avesse nascosto le sue caramelle preferite. Non si rendeva proprio conto che certe cose era meglio non saperle.

-No...è personale!- esclamai, tremando. Cercai di buttarmi sulla sfera del pudore ed, in parte, non dovetti fingere: me ne vergognavo davvero.

-Ti giuro che anche se fosse così imbarazzante non riderei! Ma dimmelo!-

-Okay, okay!- capitolai sbuffando e alzai le mani in segno di resa, pronta per rendere il mio racconto una normale prima volta, escludendo molti dettagli. Presi un profondo respiro, irritata dalla sua sfrontatezza. – E' stato più o meno due anni fa. Io avevo 18 anni, lui si chiamava Mattia e ne aveva 19. Stavamo insieme da due mesi. Ci eravamo conosciuti ad una festa di un'amica comune.- conclusi. Storiella banale, comune e spoglia di qualsiasi particolare. Già leggevo la delusione nel suo sguardo, ma, prima che potesse aprir bocca per dissetare la sua sete di pettegolezzi, pronunciai due paroline delle quali mi pentii: -Tu, invece?-

-Avevo 15 anni, lei ne aveva 17. Era più grande, ma non ricordo neanche il nome. Speravo di imparare qualcosa da una più grande di me, però feci solo la figura dell'idiota. Mentre mi infilavo il preservativo lo ruppi anche!- ammise divertito, tuttavia non mi sfuggii un lieve rossore che gli colorò gli zigomi. Scoppiai a ridere sguaiatamente immaginandomi un James adolescente e totalmente inesperto, dimenticando la tensione avvertita prima.

Canticchiando, sorridevo felice allo specchio e mi preparavo il più in fretta possibile per mettermi a letto. Quasi corsi alla valigia, gentilmente preparata da Lexy, per scoprire quali indumenti avrei indossato. Sul fondo di essa giacevano i due pezzi di un completo intimo che avevo comprato un po' di tempo prima, e un baby- doll color crema. La mia bocca si spalancò inevitabilmente e fissai il contenuto del mio bagaglio immobile. Scavai nel fondo di esso per cercare qualcos'altro con cui dormire quella notte, eppure non trovai nulla. Balbettai parole sconnesse, insultando la mia migliore amica in tutte le lingue che conoscevo, e afferrai in tempo il telefono per chiamarla e sbraitarle contro, quando avvertii un rumore leggero rimbombare oltre la porta.

-Che ci fai qui?- mi rivolsi a James, dopo aver spalancato la soglia, piazzandomi difronte a lui. Ero veramente stanca e faticavo a restare sveglia.

-Io....volevo...io...- tartagliò con lo sguardo fisso su di me. Avvertii le gote andare a fuoco, però cercai di apparire più sicura di quanto non fossi realmente.

-Cosa?-

-Beh...volevo...chiederti se volevi dormire con me. Tranquilla, prometto che dormiremo soltanto, terrò a freno i bollenti spiriti!- si affrettò a rassicurarmi. Mi girai di scatto, portandomi i palmi a coprire il viso. Come ero finita in una situazione del genere? James non aveva un minimo di tatto e, per una ragazza insicura come me, non era l'ideale. Oppure, nel migliore dei casi, era proprio quello che mi serviva per abbandonare una volta per tutte la buca di timidezza nella quale vivevo. Sentii i suoi passi farsi sempre più vicini, fino a quando captai le sue mani sui miei fianchi. -Dolcezza, non volevo spaventarti. Se non vuoi, non fa niente. Aspetterò.- affermò, spingendo la mia schiena contro il suo petto marmoreo.

-Io...- farfugliai, tossendo per schiarirmi la voce. –Non.. non ci vedo proprio nello stesso letto. Tu... ed io... Noi siamo così diversi!-

-In che modo saremmo diversi? Spiegamelo perché non lo capisco. – disse, vezzeggiando le mie braccia, rigide e incollate al busto.

-Io non sono bella o intelligente. Sono una semplice cameriera sbarcata in America chissà come.-

-Hai ragione: non sei bella. Tu sei magnifica. Sei unica. Sabrina, dimentica le stronzate con cui sei fissata e vivi una volta per tutte questa vita. Fosse anche l'ultima cosa che faccio, ti giuro che ti aiuterò ad abbandonare le cattiverie che ti corrodono l'anima.- proferì, costringendomi a voltarmi. Alzai lo sguardo dal pavimento lucido e lo puntai nel suo, sincero e caldo. James era lì, con me, e non potevo credere di non interessargli: non dopo il modo in cui mi aveva baciata fino a poco prima, non dopo essermi accorta delle reazioni che innescavo in lui, non quando mi fissava con quegli occhi, così dannatamente decisi e fermi. Non credetti alle sue parole, ma non me ne curai e lo seguii nella sua stanza. Parlammo per un altro po', scambiandoci di tanto in tanto alcuni baci. Mi feci prestare una maglietta per dormire perché non avrei mai indossato il baby-doll fornitomi da Alexis. Ero felice e a mio agio, forse per la prima volta in tutta la mia vita. Mi appoggiai al suo torace e, cullata dalla sua voce dolce e dalle sue carezze sulla mia nuca, mi addormentai con il sorriso sulle labbra.  

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