3. Sguardi
È giunto il momento.
L'attacco programmato segue la linea del tre, il numero più amato dal mio popolo. L'adrenalina scorre nelle vene.
Revisiono tutte le armi e metto a punto le ultime modifiche, questa volta ho un compito in più, organizzare i Cordai e impedire che Krakmulln li uccida per l'esasperazione.
Il via all'attacco potrebbe arrivare in serata, da un momento all'altro, il campo è in fermento, eccitazione e timore si leggono sui nostri volti e ognuno affronta, come meglio può, le sue possibili ultime ore di vita.
Sono orgogliosa di avere un'armata da gestire, pur dovendone riconoscere il comando al guerriero selvatico. Attraversando i cunicoli che ci hanno mostrato i Cordai, arriveremo alla città bassa.
Sappiamo che la maggioranza della popolazione liberiana è impegnata nel rafforzamento delle mura, perciò molte postazioni sono state lasciate scoperte e la città bassa è quasi del tutto disabitata.
Sarà uno scherzo risalire da lì tramite i collegamenti fognari, sbucheremo, dai tombini della città alta, in più punti contemporaneamente.
Per quietare Krak -lui, per me, è ormai solo Krak- ho deciso di fornire tutta la squadra di auricolari che ci permettano la comunicazione anche in caso di attacchi ad ultrasuoni, purtroppo ho potuto portare con me poco materiale durante lo sbarco, quindi deciderà il re a chi fornirli.
Krak oggi è stato strano, ho sentito il suo sguardo bruciarmi addosso durante tutto lo scorrere lento e, pur sempre troppo veloce per tutto il lavoro ancora da fare, del tempo prima della battaglia.
Mi ha persino abbracciata, a modo suo, intimato di restare viva e chiamata Nim... non pensavo mi avrebbe fatto palpitare il cuore, ma lo ha fatto.
È sera ormai, il momento è giunto. Consegno a tutti le armi revisionate. Krak ci ordina di prendere posizione e di avviarci, siamo noi due, i Cordai e la sua squadra. Lancio un ultimo sguardo al mare, chissà se lo rivedrò, rivolgendo un silenzioso saluto a mio padre, oramai anziano e ai miei fratelli e sorelle addetti ad altri compiti sulle navi tribù.
Un Cordai ci guida lungo grotte e cunicoli naturali, risaliamo tramite canali in cui sono stati fissati dei pezzi di legno a fare da scalini, il buio è asfissiante, nonostante gli occhiali che ci permettono una visuale parziale al buio; l'aria è malsana: riesco a percepire l'odore acido della tensione, da noi emanato, che ci accomuna.
Finalmente usciamo da un pertugio chiuso da un masso messo lì dai Cordai, per non fare scorgere il cunicolo, e nascosto da folti cespugli e rami.
Come previsto la città bassa è praticamente vuota, chi è qui dorme o comunque è chiuso in casa.
Zanna ci mostra i collegamenti fognari che ci faranno sbucare al centro di Liberia, facendomi capire che lui verrà con me, grata, gli sorrido.
Passando vicino Krak gli sfioro la mano e lo guardo negli occhi. L'adrenalina mi fa fremere di eccitazione, il mio corpo chiama e vuole il suo, ma non è questo il momento, peccato, potrebbe essere l'ultima occasione per noi.
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