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Strani momenti dentro l'acqua nell'aria.

Descrizione: Quando ci si emoziona, ci si perde l'uno nell'altro, dimenticandosi del resto. Ma prima che questo accada, bisogna ricordarsi di scegliere meglio dove appartarsi. Una lezione che si impara solo vivendola, e nei modi più bizzarri, a volte. 



Socchiuse gli occhi ma sussultò, sobbalzando e iniziando e scuotere le mani prima di trattenere il fiato e indietreggiare con le spalle, ma si ritrovò solo un muro gelido, e portò poi i piedi a dimenarsi alla ricerca del pavimento; purtroppo capì fosse troppo distante. Non riusciva a vedere nulla, così provò a tentare di liberarsi, scuotendosi completamente come innervosito, con le mani unite e incatenate, ma non ne ricavò niente, e iniziò a spaventarsi: era stato catturato da un nemico? No, sentiva che quella stanza fosse familiare. In effetti... Ricordava di essersi addormentato nell'ultima lezione di fisica...

-M... Marco?- provò a chiamare, sentendo quasi il suo odore attorno, e percepì un sogghigno prima che percepisse delle dita a solleticargli il basso ventre, risalendo e dandogli la capacità di capire che fosse senza niente addosso, in quell'aula di università. E pensare che seguiva quel corso solo per quel docente, e lo sapeva!, arrossì, strizzando ancora gli occhi e boccheggiando aria calda dalla bocca nel percepire quelle dita solleticare il suo petto.

-Ma...-

-Sì, Ace, sono io.- parlò cordiale. -Possiamo restare senza luce?- domandò affettuoso, come a sperare in un sì, ma che era certo di ottenere; con le labbra vicinissime al collo mentre portò il ginocchio ad accarezzare il polpaccio dell'altro, dato che il giovane fosse tenuto più in alto.

-T... Tutto quello che vuoi... Ma... Dove... Perché le manette? M... Mi hai attaccato alla lavagna?- balbettò prima di sgranare gli occhi all'ultima domanda da cui ricevette risposta da sé, nel voltarsi e notare, nel buio, che la consistenza sulla pelle fosse diversa rispetto a quella sul muro.

-Sì.- ridacchiò, portando poi entrambe le mani a premere contro i suoi glutei soffici e sodi, ascoltando poi il gemito del moro che si interruppe dal chiedere, a quel gesto, il perché possedesse delle manette a lezione, e forse, pensò poi, riaprendo le palpebre e ascoltando il sapore dolce e caloroso delle labbra dell'altro sulle sue, che poteva essersele portare apposta... per lui... Era un po' strano, no? Però, al momento non poteva pensare, non ci riusciva nel sentire la lingua di Marco solleticare il suo orecchio, mordicchiandone poi il lobo finché non scese e regalargli un tenero e affettuoso succhiotto sotto al collo.

-Mhm!- gemette, con le mani che si strinsero a pugno, contento almeno che le manette fossero soffici contro i propri polsi, e che sembrassero ricoperte da uno strano strato di piume, mentre portò in alto le ginocchia, con i piedi ad attaccarsi al muro come a tirarsi su, e le gambe quasi contro al petto come in un atto da difesa, che però non gli riuscì dato che Marco gli è lo impedì portando, dolcemente, una mano sulle cosce per tenerle basse da permettergli di avere la possibilità di sentire la sua pelle completamente con il suo arto, che cominciò a rovistare e ad accarezzare i glutei sudati e poi risalendo verso lo stomaco, solo per ritornare ad avventurarsi verso il basso.

-Ah! M... Marco...- farfugliò, accaldato e con il cuore in frenesia, arrossendo maggiormente nel percepire il proprio membro ormai eccitarsi e irrigidirsi sotto i suoi tocchi e le sue attenzioni. Il fatto, comunque, era che stavano insieme da sei mesi ormai, ma non aveva mai pensato che un giorno l'avrebbero fatto nel luogo in cui lavorava... Beh, di eccitante, come cosa, lo era, ma lo era sempre con lui. Era anche la prima persona, Marco, con cui era stato e con cui lo avesse mai fatto..., sorrise al ricordo di come era iniziato tutto quello, chinando poi in avanti la testa alla ricerca dell'altra, ritrovando però di essersi solo adagiato, con le labbra, al ciuffo giallo del suo ragazzo, e ridacchiò, restando così mentre lo sentì fermare le mani sui suoi fianchi e alzare la fronte lentamente, lasciando percorrere quelle labbra sul suo volto fino alle proprie, e sorrise, Marco, combaciandole con dolcezza e tornando poi a massaggiare la sua intimità con cura.

-D... Di più.- supplicò, distaccandosi e, con gli occhi chiusi, lasciando la fronte contro la sua, affannando sempre di più a bocca aperta contro quella del ragazzo, e con il petto a muoversi sempre più feroce e con audacia, provato da quel momento estremo. Ascoltò le mani di Marco sfregare con fare appagante, quasi da farlo venire ma tanto da farlo urlare.

-Non possiamo far finire tutto di già, no? Questi sono solo i preliminari.- sghignazzò, portando poi due dita a scivolare in mezzo alle cosce, sotto l'inguine fino a finire tra glutei, ascoltandolo tremare e portare il volto verso l'alto, con il capo contro la lastra nera della lavagna, scura come tutto lì; tra i suoi sussulti quando ne inserì uno, lentamente.

Trattenne il fiato, Ace, affondando poi il volto, bruciato di fervore, contro l'orecchio di Marco, mugugnando e sentendosi così giusto di stare con lui, e socchiuse gli occhi, sperando di poter vedere il volto dell'altro, ma di certo aveva oscurato le finestre da sé, e anche se da poco, gli occhi avevano messo a fuoco riconoscendo la poca e lieve luce che lottava per fargli vedere la camera, senza riuscirci completamente, perché il buio, per lo più, la faceva da padrone lontano da quelle finestre, e dato che loro erano così distanti da quelle lastre di vetro, coperte, non poteva vedere concretamente Marco, e il suo volto quadrato da ananas ricoperto di una lieve barbetta sul mento e dagli occhi perennemente seri e socchiusi, ma celesti e liberi come il mare e il cielo fusi assieme.

-Quest'aula è libera, potremmo usarla per ripassare bene prima del nostro esame.-

-Ah?- farfugliò Ace, ma non nel sentire quelle parole, troppo vicine e forti, bensì nel capire che stavano aprendo proprio quella porta, e di conseguenza che si riferissero proprio a quell'aula. Arrossì, incatenando le gambe, d'istinto, al busto del biondo, come nel richiedere una protezione istantanea, e che sbuffò, come scocciato di quell'interruzione mentre lasciò la presa dal corpo del ragazzo; abbandonando le impostazioni con cui il dito era messo, portandolo ad uscire con cautela dal foro del deretano dell'altro e portandolo successivamente, in fretta, verso il soffitto, alla ricerca delle manette che tenevano le mani di Ace in alto e unite; con quest'ultimo intento a mordersi il labbro inferiore e ad affidarsi al proprio ragazzo per non agitarsi nonostante l'evidente panico che lo stava soggiogando. E Marco si affrettò a prendere la catena che era appesa e che collegava le manette tra di loro, allentandola, togliendola dalla protuberanza di ferro della lavagna, e, reggendo con l'altro braccio il moro per non farlo cadere bruscamente, si recò, veloce, dietro l'enorme e pesante porta, per nascondersi sotto lo scetticismo e lo scuotimento del lentigginoso con la schiena nel rendersi conto che anche il biondo fosse senza nulla; sussultò prima di ammutolirsi, nascondendosi sotto al mento di Marco come se fosse, in quel modo, al sicuro da tutto e tutti, con le mani, unite tra loro, contro il proprio petto.

-Cavolo: ma è tutto buio! Forse hanno visto un film?- parlottò il ragazzo, ipotizzando ciò, consapevole che il docente poteva anche far vedere nozioni sulla sua materia con qualche documentario, se voleva, e se era disposto a farlo. -Aiutami a togliere questi cartoni.- brontolò, posando con uno sbuffo, i libri enormi su un tavolo, per poi recarsi verso le finestre assieme all'amico che decise di lasciare la porta aperta e di accendere, nel frattempo, la luce, ignorando di due figure che approfittarono del loro allontanamento per uscire silenziosamente, ognuna sulle proprie gambe.

-Ehi! Aspetta!- rimproverò, Ace, con la luce di nuovo a possedere tutto l'edificio, compreso lui e il suo ragazzo, e con essa ebbe la certezza di aver sentito bene, e che fosse, come lui, nudo; mentre gli correva dietro, osservando la sua schiena imponente e il suo fisico, più adulto del suo: con l'esattezza di diciassette anni di differenza; prima di lamentarsi lui stesso del suo tono troppo forte, e abbassarlo subito: -I nostri vestiti! Li scopriranno, e poi... Ecco... siamo... Siamo senza.- asserì, guardando indietro con un rossore ben visibile, ormai, sapendo di poter essere visto in quel modo, e in più con un erezione in corso in bella vista mentre lanciò un'occhiata malinconica all'aula che aveva la sua roba e quella di Marco che si fermò bruscamente, costringendolo a fare altrettanto ma contro la sua dura schiena, calda e robusta.

-Ahio...- si lagnò, sfregando il naso con una mano per il colpo prima di notare lo sguardo perso di Marco e così allungarsi sulle punte per osservare oltre la sua spalla, non volendo esporsi e perdere così la sua barriera umana, che, in più, gli teneva ancora la mano, attaccata ancora, con le manette, all'altra; e, ammetteva fosse scomodo. Notò che Marco cercasse una stanza libera e senza nessuno, cosa improbabile a quell'ora, forse, dato che il biondo conoscesse i programmi al contrario suo; e la sua fretta, capì con malgrado, fosse dovuta alle voci di ragazzi che, però, sembravano lontani, e forse non si stavano avvicinando, ma erano comunque lì.

-I vestiti sono l'ultimo problema... E poi, li avevo messi in ordine nel cassetto della scrivania. Al massimo li recupereremo dopo.-

-Oh. Va bene, ma ora che si fa? Non voglio farmi...- si voltò, percependo altri passi e sbuffò infastidito da tutto quello: perché passavano ora?

-Vieni.- scattò poi, Marco, lasciando Ace scoperto, e recandosi in fretta verso il muro a destra, portandosi poi per saltare, con i piedi a fare presa contro la parete e le mani ad avanzare verso una finestrella che, con un tonfo si sbrigò ad aprire, reggendosi all'interno con il gomito e tenendo nell'altro arto la griglia di metallo, con una smorfia per lo sforzo, e che Ace, con una boccaccia, comprese cosa fosse e si strinse nelle spalle, timoroso, ma acconsentì con un cenno del capo, seguendolo quando l'altro fu dentro; anche se non allettato all'idea, aggrappandosi poi al bordo, facendosi forza con furia nel percepire i ragazzi ormai vicini, forse troppo, e si piombò all'interno della conduttura d'areazione con uno scatto, andando contro il biondo che era avanzato di poco, colpendolo contro il deretano di testa, ma nonostante quello gli passò la griglia.

-Reinseriscila, per favore.-

-Eh? N-non usciamo?- mormorò, ma nel pensare che fosse con il sedere scoperto davanti a quell'uscita, e che poteva essere quindi visto, si sbrigò a procedere e portare ciò che gli era stato dato, con difficoltà per via delle manette, verso la fine, cercando poi di rialzarlo da terra con le dita dei piedi, visto come non potesse girarsi per come fosse stretta quella conduttura. Ci riuscì, anche se non benissimo, ma almeno si reggeva in piedi da sola, così tornò, sospirando, a guardare Marco, ma sobbalzò e portò gli occhi sul pavimento, rosso nel capire solo ora che di Marco poteva vedere solo il suo posteriore, e così cercò di seguirlo senza alzare gli occhi dalle sue mani, arrossendo maggiormente nel comprendere che, poco prima, c'era andato a sbattere.

-Troveremo un'altra uscita. Potremmo andare nell'aula di Thatch. Non c'è nessuno, e se c'è Thatch sarà anche meglio: potrà aiutarci.-

-Ohm... Ugh... Okay. Però... se vede le manette capirà...- farfugliò cupo, sentendo poco dopo anche il biondo sospirare.

-Mi dispiace, Ace.-

-Ah? No, non devi scusarti.- scuoté il capo ferreo, anche se non poteva vederlo, sempre chino. -Non era una brutta idea. Anzi, mi sono divertito... È stato bello. Spero che... che lo continueremo un'altra volta.- volle rassicurare, ridacchiando poi, anche se con difficoltà per l'argomento di quel discorso; tentennando e diventando più rosso mentre gattonarono insieme, sotto un "Grazie" da parte di Marco che avanzò tra i suoni poco convincenti della conduttura. Ammettevano entrambi che quel risvolto fosse un problema, ma ormai erano lì, e non potevano pentirsi di nulla, almeno per Ace. Questo problema però era un inconveniente enorme e orribile, ma era contento che ci fosse Marco con lui, sorrise, tra sé e sé, notando poi che, sotto le sue mani, oltrepassò una nuova grata, da cui proveniva della luce, forse di un'aula, ma non lo vide bene, sentì solo delle voci e preferì velocizzarsi in quella camminata a carponi, quasi inciampando sulle manette.

-Quindi vorresti addirittura rifarlo?- chiese, allettato da quella proposta, guardando la strada e fermandosi per un attimo, ma subito dopo andò a destra, sperando solo di ricordarsi bene.

-E-ecco, sì... Magari, la prossima volta ti porti dietro le chiavi delle manette, però.- esordì, ascoltando poi la sbuffata di risata sforzò una sorriso, e alzò lo sguardo nel capire che Marco avesse deviato alla curva, e si affrettò a stargli dietro, ma era complicato, sia stare in quella posa con quelle condizioni, e in più muoversi con le mani costrette a stare attaccate tra loro, così sospirò, affannato. -Possiamo fermarci un secondo?- implorò, anche perché il biondo aveva aumentando ancora di più l'andatura, e così fu costretto a imitarlo, ma nel farlo la mano sinistra si curvo su sé stessa, così da finire con il dorso contro il pavimento, frenando anche l'altra, costringendolo quindi a cadere di faccia a terra con una smorfia esasperata, lamentandosi insieme alla conduttura che emise uno stridio fastidioso e interminabile, vibrando spaventata come sotto a un colpo di terremoto.

-Tutto bene, Ace?-

-Mhm... Uff... Sì, sì.- si rimise in piedi, risistemando l'arto come era giusto fosse: con il palmo a terra; e sforzando entrambi a portarlo con le spalle di nuovo in aria notò che il biondo, davanti, si fosse fermato, e per quanto la visione di quel deretano fosse sublime, preferì riabbassare il capo, anche per la fitta al polso che la mano gli mandò alla testa, come avviso che, forse, tutto bene non era... Scuoté il capo, forzandosi a sorridere dato che Marco cercava di guardarlo come meglio poteva e con la testa sotto al corpo dopo che avesse allargato le gambe. Davvero imbarazzante, pensò, per quanto sexy...

-Sì, sto bene, ho detto.- deviò lo sguardo a destra pur di non guardarlo, lasciando che la mano restasse sollevata di poco prima che udì la conduttura lamentarsi e cigolare, tossire per quel peso eccesivo come a volersi piegarsi da un momento all'altro.

-Andiamo, è meglio muoversi.-

-Sì.- concordò, facendo di nuovo un passo avanti con entrambe le mani, nonostante il dolore che trattenne; proseguendo dopo che Marco gli avesse dato lo spazio per farlo, anche se non del tutto convinto delle parole di Ace, che però, in un attimo si vide crollare sé stesso verso il terreno. -Ah!-

Cercò immediatamente di aggrapparsi alla superficie con le dita, stringendo i denti e le palpebre, provando, con un rossore immenso sul volto, a ritornare là dentro, osservando poi, nel riaprire una palpebra, come si fosse curvata mostruosamente la parte dove si stava incamminando, e da cui non riuscì a vedere il suo ragazzo, prima che delle urla attirassero la sua attenzione, facendogli spalancare gli occhi nel capire che fossero femminili. A stento, con poco coraggio, portò il volto in basso, notando che fossero davvero, massimo sette, dieci ragazze là sotto... Nel bagno delle donne...

-Ohm, mi dispiace.- farfugliò, facendosi sentire mentre portò in alto le ginocchia, cercando lo sbalzo per tornare nella conduttura, ma finì per scivolare con una mano, che restò vicina all'arto solo perché collegata ancora, con la catena, all'altra manetta, e nel provare a riaggrapparsi, anche la seconda cedette, scivolando e finendo a terra, ma almeno si portò gli arti a coprirsi l'inguine nell'aver disteso nuovamente le gambe, nonostante quelle donzelle si coprissero gli occhi e lui fosse finito disteso contro le piastrelle. Strizzò gli occhi, gemendo con voce rauca per la botta alla testa, che deviò i suoi pensieri e lo lasciò confuso e sconnesso dalla realtà, ma con un dolore orrendo e micidiale che risuonava ancora nelle sue orecchie con fare tetro, minore rispetto a ciò che sentiva sulla schiena, da cui proveniva una scossa continua e fredda come il pavimento bianco su cui era atterrato ma che lo riportò maggiormente alla realtà, anche se dopo troppi minuti, forse. Sbatté le palpebre un paio di volte, cercando di studiare il posto prima di serrarle nuovamente per la luce forte e i puntini di vari colori che fluttuavano nell'aria, ma arrossì maggiormente e tremendamente per la posizione sconcia in cui, comprese, di trovarsi, dato come le ginocchia si fossero collocate, dopo la caduta, da sole a piegarsi, e ad aprirsi ognuno verso il proprio lato, come fosse una rana a prendere il sole; e che le mani avevano lasciato la presa sul suo membro, ancora caldo anche se morbido e rilassato e non più rigido; fermandosi sotto all'ombelico, ancora unite da quelle maledette manette. Marco non era neanche venuto in suo soccorso, si lagnò tra sé e sé, e nel riaprire le palpebre completamente questa volta, nel vedere tutte quelle ragazze, rosse e innervosite, temette per la sua incolumità, ma le vide solo scappare lontane sotto un altro mostruoso e assordante urlo, uscendo e sbattendo la porta, come spaventate da un mostro.

-Oh... Okay...- farfugliò, rimettendosi seduto e con le gambe conserte alla ben e meglio, ma non se ne preoccupò molto, dedicandosi invece a massaggiarsi il capo dolorante, costretto a farlo con entrambi gli arti prima di inquadrare due ragazze, in un angolo, a fissarlo in silenzio. Preferì sorvolare quello, anche perché, essendo nudo e in una stanza che non gli appartenesse e a cui non doveva nemmeno accedere non si sentiva di poter dire qualcosa a riguardo su di loro che si limitavano a fissarlo. Almeno non lo aggredivano o urlavano...

-M... Mi dispiace, non stavo spiando, né altro. Stavo solo cercando di uscire senza essere visto... Ehm... È una lunga storia.- si sfregò la chioma corvina e mossa, dalle ciocche ondulate, con alcune che si posarono sul suo naso prima che si alzasse, coprendosi bene l'intimità con ambedue le mani, e continuando a sentirsi sempre più rosso in volto, ma almeno non era più eccitato da un po', volle ripetersi per trovare un avvenimento positivo in tutto quello; e guardò nuovamente la conduttura con amarezza: Marco non si era fatto ancora vivo, forse non si era accorto di nulla, o era andato avanti lo stesso. D'altro canto, quelle due non sembravano dare troppo conto alle sue parole, anzi, sembravano che lo stessero ammirando, e quella dalle ciocche mosse fin oltre la schiena, sulle punte, azzurre e la cute castana, lo fissava anche con un rossore in volto, ma un sorriso innocuo e piacevole. Aveva degli occhi gialli poi, così profondi e abbaglianti, ma da fargli pensare che fossero diretti solo per lui; e lo stesso sentimento emettevano le pupille viola, immense e brillanti, della giovane dalla capigliatura fluente e blu oceano. No, di certo si sbagliava; e così, con un salto, si affrettò a tornare dentro la conduttura, riparandosi e nascondendosi indietro, nel punto precedente al buco quadrato creatosi da dove era caduto, proprio prima che le ragazze, forse le stesse di prima, tornarono con un signore, forse un bidello per accusare Ace direttamente per l'accaduto.

-Dov'è finito?-

-Chi?-

-Il ragazzo!-

-Non c'è nessun ragazzo: sì è solo rotta la conduttura e voi siete impazzite come delle oche.-

Sospirò a sentire quelle due difenderlo, anche se con molta indifferenza e con poco garbo per la seconda, quella dai capelli blu come il mare. Ma scuoté il capo: non poteva distrarsi, anche se non poteva neanche muoversi o lo avrebbero sentito, e arrossì nel vedere che il gruppo di donzelle era proprio sotto il buco, così, disteso com'era, a terra, scivolò indietro, dandosi la spinta con le mani, e solo in quel momento si chiese se lo avessero visto avere le manette al polso, quelle due... Beh, l'importante era che la mano non faceva più male, però si accorse anche che, la strada che aveva fatto Marco si era ostruita, e suppose fosse perché, quando la conduttura aveva ceduto, nel curvarsi in basso, l'altra parte si era alzata verso l'interno maggiormente, come infatti era, e che ne impediva quindi l'avanzata. Sorrise, felice che quella consapevolezza gli facesse capire che Marco non lo avesse abbandonato.

Cosa avrebbe dovuto fare, ora? Marco non c'era lì, e lui era nudo, solo e dentro una conduttura senza saperne l'uscita o l'entrata... Poteva solo tornare indietro adesso... Guardò ancora una volta quelle ragazze, ma avevano iniziato a discutere non troppo amabilmente con le altre due che lo avevano difeso, parlando proprio di lui, se esistesse o meno intanto che il bidello, che ne aveva approfittato per riempire la macchinetta del sapone liquido, esasperato si diresse fuori insieme al suo carrello su rotelle, ignorandole nonostante gli corsero dietro. Sospirò ancora, ringraziando mentalmente quelle due e tornando a indietreggiare, sempre più rosso mentre si rimise a gattoni, imbarazzato troppo per tutto quello, soprattutto per la mancanza del compagno, ma almeno poteva provare a tornare nell'aula per riprendersi i vestiti..., pensò, indietreggiando sempre di più fino a superare l'incrocio, lo stesso che aveva fatto con Marco, e sospirò, grato di poter tornare a camminare in avanti, svoltando con le mani e andando per l'uscita da cui erano entrati, ma guardandosi bene dal sentire qualunque più piccolo rumore. Si fermò poco prima di arrivare alla griglia, che alla fine, ipotizzò, fosse caduta a terra data la mancanza di quello stesso oggetto rispetto a dove lo aveva lasciato, e si affrettò a seguirne la luce, bloccandosi poi al bordo e trattenendo il fiato. Si tenne pronto, e allungò il collo a destra e sinistra. Non vedendo nessuno si lasciò scivolare a terra, cercando di fermare la caduta con le mani sul muro, ma finendo proprio sopra la stessa inferriata che non aveva trovato al suo posto, dopo una capovolta quando l'attrito era venuto meno sugli arti, costringendolo a cadere. Fece una smorfia, per i segni e il rossore bruciante che, di sicuro e che sentiva, aveva lasciato sul suo deretano, mettendosi poi in piedi perché non c'era tempo di lamentarsi, né di guardare o massaggiare; l'ultima cosa, tra l'altro impossibile dato le mani incatenate; e subito corse verso la porta, elettrizzato e con una felicità quasi folle, e con il cuore troppo a martellare mentre frenò poco prima, riprendendo fiato e, sghignazzando, afferrando la maniglia con sicurezza, abbassandola prima di ricordarsi di quei ragazzi e tendere le orecchie dopo averla socchiusa di poco.

-Cavolo se è noioso aspettare...-

A quelle parole, Ace si appiattì contro il muro accanto, irrigidendosi di scatto, con le mani, unite, contro il proprio petto, e la schiena contro la parete, grigia e gelida insieme a tutto il corpo, e con le gambe divaricate di poco, come un ladro che tentava di seminare la polizia, mimetizzandosi con l'ambiante circostante; alla consapevolezza che fossero ancora là, ma almeno si era spostato in tempo da non farsi vedere, sospirò, gonfiando però la guancia con fare indispettito: Perché non andavano via?

-Ma non hai sentito la porta aprirsi?-

Così avrebbe potuto prendere le chiavi delle manette, e anche i vestiti di Marco, e lui lo avrebbe ringraziato per la sua utilità... A volte gli sembrava che lo trattasse come un bambino, o più da studente che da fidanzato..., eppure lo sapeva che non era un suo studente!; scattò con gli occhi davanti a sé, riscontrando la finestra, ma solo perché si illuminò nel ricordarsi che non sapeva dove fosse Marco... Lo starà cercando?, sperò, con il cuore che si accaldò al pensiero, facendolo sorridere. In fondo, era sempre e solo il suo Marco.

-Ah? Dici davvero? In effetti è socchiusa. Forse è passato qualcuno con la nostra stessa idea.-

Però... Quella era una finestra, concretizzò lentamente, e dopo poco lo fece con amarezza, decidendo di chiudere, anche se consapevole che fosse un gesto inutile, le ginocchia tra loro. Non c'era nessuno fuori, e si chiese se fosse stato lo stesso quando era corso via da lì proprio quando c'era, con lui, Marco... Era tutto così bello, prima, con il biondo a toccarlo, a tenerlo a sé, con tutto quel caldo dentro e fuori...

-Può essere.-

Ah! Non doveva distrarsi! In più, pensare a quello avrebbe peggiorato la situazione là sotto, e non era il momento adatto!, cercò di rimproverarsi, corrucciato come un bambino capriccioso. E poi... Doveva andare da un'altra parte ora, ma dove? Aspettare nel bagno degli uomini? No, era escluso... Come anche tornare nelle condutture... Uffa! Ma quei due non avevano davvero finito?, si lagnò, distaccandosi in fretta dal muro e, guardando a destra e a sinistra come se stesse attraversando, si diresse verso la prima direzione tra esse, non sapendo neanche bene dove portasse, ma sperava dove non ci fosse nessuno.

-Ace. Ace!-

-Cos... Eh...? Ah! Non guardarmi!- si fiondò contro una colonna attaccata al muro, sperando che potesse nasconderlo da chiunque lo avesse appena riconosciuto, ma sussultò, sobbalzando nel sentire dei passi farsi frettolosi e vicini prima che si fece stranito per il rumore strano che emisero, come se fossero scalzi, e si affacciò incuriosito; anche perché, di certo lo aveva comunque visto che non avesse nulla addosso, chiunque fosse, e si sentì meglio nel riconoscere gli occhi azzurri e seri di Marco.

-Ace, sono io. Vieni.-

-Marco, che bello. Sono così sollevato.- sospirò, per poi ridacchiare e sorridere, andandogli dietro con le mani legate, e con lui che se ne portò una dietro. -Mi hai cercato...- mormorò, respirando il suo odore e socchiudendo gli occhi, felice di quell'accaduto.

-Certo che ti ho cercato, Ace. Non pensavi davvero che ti avrei lasciato da solo?- asserì, con un ghigno, e continuando a procedere, lasciandolo sorpreso.

-È che quando sono finito in bagno non ti sei fermato...- bofonchiò, sperando che questa volta non lo sentisse, anche se, in ogni caso, capiva fosse colpa della strada che si era bloccata. -E poi non puoi farti vedere con me, soprattutto così... Non voglio che perdi il lavoro per me...- si rattristò, sussurrandolo piano, consapevole che, in ogni caso, era pericoloso per Marco continuare quella relazione, ma il fatto che, quel giorno, avesse deciso di fare l'amore con lui, nella sua aula, gli aveva fatto pensare che, in fondo, gli importasse più di lui che quel lavoro... Però no, non poteva perderlo per lui.

-Non ho potuto: il passaggio era impossibilitato. Ho fatto il giro nelle condutture ma quando sono arrivato, in bagno non c'era nessuno. Sono tornato indietro e ti ho visto correre da questa parte, e ti ho chiamato... Non pensavo che, teso com'eri, non avresti neanche riconosciuto la mia voce.- ridacchiò.

-Scusa, mi dispiace. Ho visto se quei due erano andati via, ma sono ancora lì a studiare...- brontolò.

-Capisco. Peccato.- deviò allora la strada, omettendo di andare lì. -E comunque, Ace... Se mi scoprono, e dovrò scegliere... È ovvio che sceglierò te. E poi, anche tu potresti perdere l'università, non dimenticarlo.-

-Davvero?- gli si illuminarono gli occhi, ma arrossì nell'accorgersi che stessero oltrepassando una finestra, così si avvicinò maggiormente a Marco, come se fosse il suo scudo, prima di borbottare: -Ci sono tante altre università, comunque, eh.-

-Lo stesso discorso vale per me, sai?- ridacchiò, stringendogli maggiormente, dolcemente, la mano, e recandosi poi lontano da quelle vetrate. -Andare per le condutture è troppo pericoloso, e faticoso. Meglio andare per i corridoi fino a Thatch.-

-Stai scherzando? E se ci beccano? Oltre che perdere l'università, potremmo finire sui giornali, in tv, su internet...- esalò, non esattamente allettato da ciò.

-Non essere così tragico. Di solito sei più positivo di me. Ora, ascoltami, se ci saranno persone che arriveranno, andremo a nasconderci nelle condutture, okay? Per ora è meglio avanzare così: è più veloce.-

-Va bene, mi fido di te.- sorrise, annuendo e intrappolando il gomito del biondo all'interno delle sue braccia dopo avercelo fatto passare dentro e strusciandosi poi, con la guancia, contro la sua pelle, respirandola, più sicuro ora che c'era lui: il suo amore, che sorrise a quella visuale piacevole del più giovane.

-Riesci a correre? Ti ho visto, prima, avere un po' di difficoltà.-

-Eh? No, cioè, sì, ma le manette danno fastidio.- alzò le spalle, guardando poi davanti a sé e sospirando allegro: non c'era nessuno, sorrise. Portò poi gli occhi sull'arto che aveva intrappolato, di Marco, con amarezza, nel vederlo togliersi da lui lentamente, ma poi lo vide voltarsi e sussultò, portando le mani, unite, contro al petto nel vederlo chinarsi e sollevarlo di peso.

-Ti porto io allora.- iniziò la corsa da sé, lasciando che il moro, dalla lieve spruzzata di lentiggini sul volto arrossì, annuendo a stento e portando le mani a coprire quella parte delicata sotto al basso ventre.

-Ahm... Magari posso coprirti se sto così, no?- farfugliò, sospirando e socchiudendo gli occhi prima di adagiarsi contro il petto di Marco, che svoltò bruscamente a destra. -Non vedo l'ora di tornare a casa.- mugugnò.

-Sì, penso di sì. Lo stesso vale per me, Ace. Ma questa giornata ora è diventata interminabile. Dobbiamo sperare che Thatch sia in aula ad aspettarci e non che sia andato via...-

-Mhm.- annuì. In effetti, il castano di cui parlavano era l'unico, come docente dell'università, nonché fratello di Marco, a sapere della loro relazione. -Non so, mi aveva detto oggi che doveva fare qualcosa, ma verso le quattro. Prima sarebbe stato in aula a mangiare.-

-Allora siamo ancora in tempo.- esordì, più sereno.

-Davvero? Che bello! Così mangiamo.- sorrise vittorioso prima di ricevere un'occhiata perplessa da parte di Marco che rallentò. -Ohm, cioè, così mangiamo anche...-

-Ace, non è il momento per... Ecco, siamo arrivati! Grazie al cielo!- tirò un enorme sospiro, sbrigandosi a portare giù il lentigginoso e portare poi la maniglia ad abbassarsi, con Ace che si guardava in giro, compresa la finestra, di nuovo rosso per la paura di essere scoperto, dato che, almeno in braccio a Marco era più... -È chiusa?-

-Come?- si voltò di scatto, iniziando a saltellare nervoso sul posto per poi bussare frenetico contro la porta con entrambi gli arti, e maggiormente quando udì delle voci da chissà dove, mentre Marco sbuffò, capendo che ormai non ci fosse più molto da fare, perché i ragazzi stavano, proprio in quel momento, svoltando l'angolo, e avrebbero visto entrambi, e sarebbe stato inutile anche provare a scappare, dato che non conosceva altri posti...

-Forse Thatch non era in quest'aula, oggi?- si chiese, tra sé e sé, preoccupato e portandosi la mano sotto al mento, mentre Ace si voltò a guardarlo esasperato e mordendosi un labbro, con le gambe strette tra di loro come se cercasse di trattenersi dall'andare in bagno.

-Non dire così. E dov'è?- si lagnò, corrucciando il volto con fare sempre più imbarazzato, consapevole che i ragazzi, ormai, forse, li avessero visti, ma non aveva il coraggio di guardare, continuando invece a disturbare continuamente la porta con le sue nocche. Però, poteva essere che si fossero fermati, perché altrimenti avrebbero urlato dallo stupore, cosa che non era ancora accaduta, visto che discutevano tranquillamente, ma sussultò nel sentire un suono familiare e che lo fece alleggerire dentro l'istante dopo: una serratura. Sorrise, ringraziando mentalmente Thatch e precipitandosi dentro appena fu aperto, senza neanche sincerarsi fosse lui o meno, e trascinandosi anche Marco dietro.

-Ma che avete da bussare tan...?- non finì di parlare che sgranò gli occhi, con Marco che richiuse la porta con uno sbuffo infastidito per quello sguardo, assicurandosi poi veloce che non ci fosse nessuno, né in aula, né fuori, dalle finestre dell'aula.

-Perché invece tu ti sei chiuso qui?-

-Non è che hai dei vestiti da prestarci?- si affrettò a chiedere Ace, davanti alla cattedra ad assaggiare la patatine fritte con voracità e tranquillità, nonostante la sua nudità davanti a un "estraneo": per quanto amico, se non fosse per il cibo, si sarebbe nascosto dietro a Marco.

-Vestiti... Qui? No, ma perché siete nudi?- trasalì, ma appena si rese conto che, Ace, mangiando usasse due mani per colpa di alcune manette rosa, spostò lo sguardo, con un sorriso malizioso e divertito, verso Marco che socchiuse gli occhi, a braccia conserte.

-Lo so: è stata una pessima idea. Ma non pensavo che sarebbero entrati degli studenti per studiare, nella mia aula...-

-Per questo, io, le porte, le chiudo.- ridacchiò. -Dico davvero: di recente, alcuni alunni si fanno furbi, e invece di ripassare in corridoio, entrano dove non c'è nessuno. Beh, almeno vi siete divertiti un po'...- prolungò l'ultima vocale con un tono incerto dato gli occhi truci e nervosi del biondo maggiore e si strinse nelle spalle, bloccando le parole. -Okay, come non detto.-

-Puoi aiutarci? Non possiamo farci vedere in queste condizioni, o saranno guai.-

-Va bene... Ehi! Ace! Fermo! Non finirti il mio cibo!- si lamentò nel vedere, ormai, le sue patatine, come le sue cotolette, terminate.

-Ohm... M-mi dispiace.- si affrettò a fare un inchino, con il castano che strizzò un occhio, infastidito dal non avere più il suo pranzo, facendo una smorfia prima di acconsentire e ritornare dal fratello.

-Vado e torno, ma tenete la porta chiusa a chiave. Busserò cinque volte, okay?- sorrise, volendo rendere tutto quello un po' come una missione impossibile da spie, con il biondo che, portandosi una mano sulla chioma, concordò.

-Sai dov'è la mia aula, oggi, vero?-

-Sì, tranquillo. Faccio in fretta.- asserì, aprendo e richiudendo subito, ascoltando poi la serratura venire girata due volte, e così andò.

-Meno male che c'è l'abbiamo fatta.- si rassicurò, Marco, andando poi, riaprendo gli occhi, verso il suo ragazzo che continuava a fissare il cibo del docente ormai scappato via, con voglia e malinconia.

-Ace, dopo andiamo a mangiare qualcosa con Thatch, dato che gli hai finito il pranzo, okay?-

-Però dopo andiamo a casa, vero? Vorrei stare un po' con te... Ehi! Gli ho solo mangiato il secondo: ha ancora la frutta!- esclamò, con un broncio prima di sospirare e stringersi nelle spalle. -A te fa freddo?- domandò pacato, guardando poi fuori e notando che il sole fosse oscurato, ormai dalle nuvole, e che rendeva anche quella stanza più scura. -Oh.- si meravigliò un attimo nel vedere due braccia circondare le sue spalle con dolcezza, e che chinasse il volto all'altezza del suo collo, iniziando poi a baciarlo dolcemente.

-Così stai meglio?-

-Ohm, s-s-s-ì, sì, però, però... S-se arriva Thatch...- si voltò verso di lui, pacato e con il respiro pesante, arrossendo e portando poi il volto più vicino all'altro che lo scrutava con dolcezza, lasciando le proprie labbra sulle sue e chiudendo gli occhi, sentendo poi la mano del biondo scivolare veloce e lentamente fino al suo ombelico prima che cinque rintocchi alla porta non lasciarono Ace con il broncio e Marco con una smorfia. -B-beh... L-lo avevo detto, comunque.-

-Giusto, ma ha fatto più in fretta del previsto.- borbottò, riprendendo la chiave, che aveva lasciato sulla cattedra per dedicarsi ad Ace, e andare ad aprire. Peccato, che invece, si ritrovò davanti una ragazza, e guardandola curioso, alzando un sopracciglio, e lasciando che intravedesse solo il suo petto nudo, domandò: -Serve qualcosa?-

Nel sentire tale domanda, Ace, spinto dalla curiosità, si portò a guardare chi fosse, sbucando leggermente da dietro il fianco del biondo, notando che non conoscesse la ragazza, che fissò entrambi basita, scuoté il capo, chiedendo scusa e affermando di aver sbagliato.

-Mhm? Cerchi Thatch?- volle sapere, allora, Marco, portando un gomito sul muro, data la scomoda posizione, inclinata, in cui si trovava e con la guancia di Ace sulla schiena che, immaginò, sbuffò interiormente, perché infastidito dalla domanda, e rise tra sé e sé, ma di certo non l'avrebbe fatta en...

-Sì, lui! Allora non ho sbagliato: meno male.- sorrise energica.

-Ah!- trasalì, Ace, indietreggiando e portandosi dietro la porta dato come l'avesse aperta di botto, rischiando quindi che altri potessero vederlo in quella nudità imbarazzante, al contrariato di Marco che rimase, allibito e in bella vista dopo aver scansato l'entrata: non se lo era aspettato. Ma si riprese subito, tossendo e richiudendo la soglia, tanto, quella ragazza non si era accorta di nulla, assorta com'era nel parlare e a elogiare il castano e le sue lezioni di storia.

-Eh? Cos'è? Perché siete...? Thatch pensa di farmi fare una cosa simile? Ma che screanzato!- ed ecco che tutti i complimenti sfumarono, tra lo sguardo deluso di Marco che iniziò a capire perché fosse comparsa.

-No, ti sbagli. Noi siamo in questo stato per un errore, e siamo venuti qui a chiedere aiuto a Thatch: è mio fratello. Ti saremmo grati se non ne facessi parola con nessuno.-

-Oh... Sì, va bene. Ma copritevi! Siete dinanzi a una signora!- esclamò, scandalizzata, la suddetta, dai capelli rossi fiammanti con qualche sfumatura di verde, che si voltò con una smorfia indignata.

-Perché l'hai fatta entrare?- si lamentò, sussurrandolo, Ace, portandosi dietro al biondo che si voltò completamente.

-Non era mia intenzione.-

-Giusto... Perché gli hai detto di Thatch, allora?- chiese curioso, notando poi che lei stava ancora guardandoli, anche se con la punta dell'occhio, come a spiarli.

-Thatch se la sarebbe presa, lo sai.-

-Ma... Se dice di questa cosa a...-

-Ormai, Ace.- alzò le spalle, Marco, portando poi le mani su quelle del più giovane che annuì.

-Hai chiuso la porta?-

-Ohm, in effetti no.- si rimproverò per tale dimenticanza, ma non fece in tempo a voltarsi che, dopo poco, Thatch entrò con un sorriso trionfante, dimenticandosi lui stesso del "codice" che aveva decretato.

-Non l'avevi chiusa?- chiese poi, in direzione del biondo che scuoté il capo sbrigativo, afferrando e ringraziando il fratello per i vestiti, dando poi quelli di Ace al suddetto dopo averlo liberato da quel supplizio di manette.

-Oh! Finalmente!- gioì, il lentigginoso, saltando di gioia con i pantaloni addosso, intanto che Thatch si rese conto della presenza della propria fidanzata che, offesa, se ne stava davanti alla finestra con oltraggio per tutto quello, così corse da lei per farsi perdonare.

-Concordo.- sorrise, Marco, infilandosi la camicia bianca e lasciandola aperta sul petto, con i pantaloni neri e lunghi ormai indosso; porgendo poi una mano in direzione di Ace, consapevole che il fratello volesse rimanere solo con quella ragazza: non faceva parte degli studi, ma l'aveva vista spesso alle lezioni del fratello.

-Andiamo a mangiare, adesso?-

-Sì, offro io: potrai mangiare tutto, Ace. Te lo meriti.- esclamò, dando un ultimo sguardo alle manette lasciate a terra, con poca cura, dal minore che annuì, baciandolo forte sulle labbra prima di correre verso l'uscita nel prenderlo per mano.

-Anche tu!- asserì, salutando poi Thatch con enfasi, e continuando a trascinarsi dietro il biondo.

-Non dovremmo farci vedere così, insieme.- ridacchiò, Marco, seguendolo senza superarlo e ammirando la sua schiena, che aveva lasciato spoglia mentre la sua camicia arancio la teneva lui, ma non gli importava poi granché; e alleviò la tensione che era stata sua ad opprimerlo per tutto il tempo, fino a quel momento davanti a quella felicità.



Finalmente, come aveva voluto Ace, erano loro due, soli, a casa, con il moro disteso di schiena nel letto matrimoniale, a bearsi di quella morbidezza mentre borbottava della brutta caduta che lo aveva fatto patire per un po', e il che lo aveva lasciato con l'amaro in bocca: in fondo, era stata tutta colpa sua, soprattutto se Ace aveva rischiato di farsi male.

-Marco, dai, vieni qui! Non mi lasciare da solo in questo letto enorme.- si lagnò, sbuffando e propendendo le mani verso di lui, un po' alla cieca dato che era distante e non poteva vederlo, troppo occupato a rimirare il soffitto bianco e a bearsi della morbidezza del letto.

-Sì... Oggi, ci è andata davvero bene...- sospirò, spogliandosi lentamente dalla camicia azzurra del pigiama, volendo raggiungerlo nella comodità di stare a petto nudo, mentre pensava all'incoerenza di quello che stava accadendo: per come avesse voluto rivestirsi al più presto durante quell'avventura all'università, eppure adesso desiderava solo togliersi tutto per andare a infilarsi nel proprio letto. Sperava solo che non si ripetesse.

-È stato imbarazzante. Troppo!- protestò, afferrando il cuscino da sotto di sé e portandolo sopra al proprio volto, iniziando a mugugnare al pensiero angosciante di essere stato visto senza niente addosso esclusivamente da ragazze, per non parlare della fidanzata di Thatch e Thatch stesso! Ah, troppo, troppo imbarazzo!, si scuoté, fremendo prima di sentire Marco portarsi sul letto, quest'ultimo che venne sobbalzato, e abbassò il guanciale, notandolo con le ginocchia sul materasso soffice che sprofondava di poco, e lo osservò restare senza indumenti che non fossero i boxer grigi.

-Mi dispiace.-

-Ma non è stata colpa tua.- parlottò, confuso da quella dichiarazione prima di sorridere e andargli incontro appena, lui, si distese di schiena contro il letto matrimoniale, e si godette quel calore. -Che bello... E dimmi, vuoi rifare il gioco delle manette?-

-Uhm... La seconda volta è quella giusta, forse. E poi siamo a casa nostra. Dopo l'affanno di stamani non vedo perché no.- ghignò, portando gli occhi alla facciata del letto dietro di sé, sporgendo il capo verso quella direzione prima di andare ad ammirare Ace che teneva gli occhi chiusi, e gli accarezzò la chioma corvina, ascoltando il suo respiro contro la propria pelle scoperta. -O forse potremmo dormire, per oggi.-

-N...Nhn... Mi sveglio, adesso e... e ci amiamo...- mugugnò, strizzando poi gli occhi come a sforzare e a scacciare il sonno, riaprendoli però nel sentire una pressione contro il suo naso. -Coda?- borbottò confuso, sbadigliando e con la voce che si faceva sempre più impastata.

-Cosa.- corresse, divertito mentre, quando lo comprese, l'altro gli fece una linguaccia.

-Ti amo.- sorrise poi, stringendosi maggiormente contro di lui e solleticando, con le dita, il suo pettorale, scivolando e sorridendo. -Vuoi riprendere le manette, allora?- richiese, poggiando le labbra contro la costola e lasciandole là sopra, a percepire il caldo che trasmettevano e il buon profumo della doccia finita di fare qualche ora fa.

-Se non ti addormenti di nuovo.- ridacchiò, Marco, portando la mano sotto la spina dosale, ma poco prima di varcare la soglia dei boxer che indossava assieme ai bermuda, che, con l'ausilio dell'altro arto si affrettò a slacciare con dolcezza e lentezza, iniziando con la cinta arancio, per poi ascoltare la zip arrivare, con due dita, in basso con un suono secco che fece sussultare l'altro, come se si fosse appena destato, tanto che tornò a guardare il biondo con confusione e le palpebre sbarrate prima di ricordarsi, forse, ciò che aveva detto e sorridere ancora, alleviando e lasciando socchiusi gli occhi, arrossendo e portando a celare il volto sotto al busto, a guardare poi le mani del suo ragazzo, o meglio, solo una che si adoperava la massimo per quello che faceva, portando poi le dita all'interno delle mutande nere, sotto la patta, e facendolo sobbalzare, con il cuore che prese fuoco causandogli uno strano nodo al medesimo muscolo mentre udì quelle falangi andare ad accarezzare il suo scroto.

-Ah...- gemette, con le gote che si illuminarono di rosso, riscaldandosi e riscaldandolo prima che venne atterrato dal cuore e dagli occhi, con Marco a portarsi di scatto su di lui, causando un miscuglio di palpitazioni ovunque, fulminando il suo corpo di passione nell'istante in cui, nel mettersi a carponi sopra il suo corpo, lo baciò, massaggiando poi le labbra del più giovane con le proprie e permettendo alla mano, ferma da troppo, di scivolare via da sotto la schiena di Ace per prendere gli arti dello stesso e portarli, uno alla volta, nella foga del bacio che prendeva sempre di più e infiammava le loro lingue; sopra la testa del giovane.

Ace gemette sempre più al contatto della lingua del biondo contro il palato, che giocava, con sempre più enfasi, con la propria, e si portò con il petto in avanti, volendo più contatto con il maggiore, aumentando anche la spinta sui polpacci, portando le ginocchia ad alzarsi, e spingendosi con i piedi si portò a sfiorare, con il proprio membro, ancora incastrato duramente in quegli indumenti, contro l'altro, più libero, di Marco, che socchiuse gli occhi per osservare il volto del lentigginoso, rosso e accaldato ad ansimare in quel bacio troppo infinito, da cui furono costretti a scansarsi l'attimo dopo, per respirare al meglio e riprendersi.

-Aspetta le manette, no?- ridacchiò, forzato, il biondo, trasmettendo un tono bollente e sensuale; con un ciuffo di capelli che li ricadde in fronte mentre allungò una mano, ringraziando di aver lasciato la propria fascia blu sul bordo del letto, e in fretta la avvolse, sotto la perplessità del moro, tra i suoi polsi uniti, allacciandoli poi all'estremità delle sporgenze del letto in legno.

-Non sono manette.- sospirò, rilassando il respiro e le gambe, che si ridistesero a terra con cautela.

-Le ho dimenticate in aula di Thatch.-

-Mhm... Se le ha usate non le rivoglio mettere...- si fece pensieroso mentre volle chiarire quel concetto, ma sperava almeno che il castano se ne fosse accorto di quell'oggetto: non voleva finisse nei guai; con il sorriso invitante di Marco che, annuendo e comprendendone gli evidenti motivi nel conoscere il castano, tornò sulla sua pelle, questa volta, andando in esplorazione e facendo mugolare il moro che esalò vapore dalle labbra, ancora roventi dopo l'ultimo bacio. -Mhm!- mugugnò con fare esasperato ma voluto, accogliendo quella lingua che scivolava, anche se troppo piano, verso il suo inguine sempre più accaldato e ingrossato, che pulsava e bramava di uscire. Sospirò nel sentire quelle mani, quelle grandi e suadenti mani carezzare i suoi polpacci, con le labbra ferme sotto l'ombelico e prima del bordo delle mutande, prima di distaccarsi nell'istante stesso in cui gli arti si fermarono sulle ginocchia, poco prima dei contorni dei pantaloncini.

-Ah!- urlò nel sentire una mano di Marco andare all'interno dei suoi boxer completamente, ad avvolgere e percepire il calore e la durezza del suo membro, così eretto e rovente mentre lo prese completamente con il palmo, intanto che l'altro arto iniziò ad abbassare i suoi pantaloni oltre i ginocchi, aiutandosi con Ace che alzò le gambe, aprendole anche come ad invitarlo sempre di più; per poi portare le dita sul bordo dell'indumento intimo, iniziando a sollevarlo, oltrepassando poi la protuberanza e lasciandola scivolare sulle cosce. -Oh, Marco...- si lasciò sfuggire quel gemito, così liberatorio e sollevato come non mai, e con il petto che si abbassò lentamente insieme al fiato prima che venisse fermato dal ritorno di quelle labbra tanto ardite.

Fremette nel momento in cui, le loro labbra si divisero, strizzando gli occhi quando le dita dell'altro andarono a massaggiare un suo capezzolo; risalendo e scendendo, con l'altra, sul suo membro, così veloce da aumentare il suo respiro con frenesia, e portando poi il pollice sulla punta quando ne uscì un po' di sperma, costringendo il moro a stringere i denti per non gemere a tutto fiato con i suoi polmoni.

-Anh...- ansimò duramente, accaldato e imbarazzato quando Marco allentò la presa dal suo corpo, portando successivamente le mani accanto al suo busto e restando a gattoni sopra di lui, ad ammirare il suo volto, posto su un lato, rosso e affannato, ancora con le braccia imprigionate verso l'alto mentre si girò completamente verso di lui, incuriosito tanto da sbattere le palpebre per rimettere a fuoco la vista, costringendo così a due lacrime di bagnarli e raffreddarli le guance.

-Ti sei fermato... sul più bello?-

-Ti amo, Ace.-

-Ugh...- restò un attimo spaesato, sorridendo subito dopo e annuendo. -Anche io, ti amo tanto!- parlò, chiudendo gli occhi, fiero di aver aggiunto quella parola in più mentre Marco tornò verso quelle labbra, lasciando un casto e dolce bacio che costrinse l'altro a donare nuovamente la propria attenzione su di lui, riaprendo gli occhi e fu felice di quella vicinanza enorme, tanto che gli venne voglia di avvolgere le braccia sul suo collo, e lo fece... Finché non si ricordò di essere ammanettato, dallo stesso letto che cigolò, fermando la sua avanzata bruscamente, impedendogli di muoversi e facendolo retrocedere. Così li abbandonò di nuovo a sé, a penzolare sopra il suo capo.

-Cosa c'è?- sussurrò piano, Marco, continuando a sorridere mentre portò una mano a scivolare, ticchettando con le dita, sul suo fianco, verso il basso, sempre di più e con tenerezza, tra i mugugni lievi del compagno, piacevoli per quel contatto, fermandosi sotto al suo gluteo e ghignando mentre tornò su Ace, che era arrossito nel capire il prossimo gesto, ma comprese anche che attendesse una risposta per la sua precedente domanda.

-... Niente.- scuoté il capo, cercando di mettersi più su, dandosi la spinta con le mani e ascoltando lo stridio del tessuto, teso da stringere maggiormente contro il suo polso e, forse, lasciare il segno, oltre che raffreddarle e fargliele sentire sempre meno, soprattutto le dita. Ma Marco continuò ad aspettare, e allora sbuffò, anche per via del fatto che stava con un'erezione in bella vista che fremeva ed esigeva di tornare a riavere le dovute attenzioni. -V... Volevo abbracciarti, tutto qui... Prima.- fece una smorfia, allungandosi poi con il volto verso di lui, alla ricerca di un nuovo bacio.

-Oh, come sei dolce.- si pavoneggiò, ridendo e portando l'indice, dopo essersi assicurato di averlo inumidito con il poco sperma uscito dal membro ancora pulsante di Ace; a strisciare fino al piccolo foro, guardando il suo volto tornare a sussultare, e di più e a mugugnare forte quando lo inserì con uno scatto.

-M... M-M-M-...! Marco!- gemette di colpo, non aspettandoselo così netto, o forse solo per il piacere e il dolore che provò nell'insieme, e strizzò un occhio con fatica, sbuffando duro e guardando il biondo entrare sempre più in profondità con il medesimo dito. Mostrò i denti, tremolando e avvampando; sentendo la mano libera di Marco accarezzargli una coscia nuda prima che tornasse, scivolando pacato, verso l'inguine, riprendendolo in mano con sicurezza e ricominciando da dove si fosse interrotto, per un po', e portando la punta del membro di Ace contro la propria, ascoltando con piacere la voce gracile, soffice e rotta dal godimento del moro, insieme alla sua; così aggiunse anche il secondo dito.

-Ah! Cavolo, Marco!- si maledì, mordendosi il labbro inferiore nel percepire anche l'anulare, ma schiuse le palpebre, sospirando lentamente nel notare il suo ragazzo di nuovo sopra di lui, e sorrise d'istinto, allungandosi poi verso quelle labbra invitanti, ma ricadde subito, troppo imprigionato al letto, però alzò gli occhi su di esso, sopra di lui appena capì che le mani fossero libere, e le vide tra la mano di Marco, che le riadagiò sopra al suo petto con una carezza.

-Ora puoi abbracciarmi, Ace.- sorrise, con la sua fascia azzurra abbandonata sopra il cuscino, e sopra il capo del moro che si affrettò a balzare, come un felino, contro di lui, avvolgendolo forte e facendolo ridere. -Era proprio il tuo obbiettivo.- ironizzò, poggiando il mento sopra la sua spalla, e assaporando il suo odore prima di lasciare delicati baci su quella parte, sempre rovente, della sua pelle, ormai anche lui senza più l'intimo addosso, e con un'erezione forte e di fuoco su di sé.

-Mhm...- mugugnò, gemendo per le dita che continuavano l'esplorazione, e trattenne il fiato, stringendosi alle scapole dell'altro con le proprie mani, che avevano ripreso colore, stingendo i denti mentre sentì uscire lentamente quelle falangi.

-Sono pronto, e tu?- volle accertarsi, piano, con altri baci che diede, risalendo sul collo.

-Sh... Sì...- concordò, andando poi, nel voltarsi, a mordicchiare il lobo del biondino, continuando con cautela anche con la lingua, rovente come il fiato, e scivolando fino al mento, lasciando che quella barbetta pizzicasse contro il proprio mento.

Marco, con una mano, se lo tenne più a sé, stringendolo per la schiena e portandoselo più vicino, con il petto contro il suo, e appena Ace si collegò a lui con le gambe, avvolgendole al suo busto, penetrò con il membro, sentendolo mozzare il fiato in un sussulto fulmineo, ma continuò a stringersi a lui, forte, e sentì come cercasse di trasmetterli tutto il suo amore in quella stretta, e Marco non poté che esserne onorato, respirando ancora di più il suo essere e tenendolo ancora più a sé mentre cominciò a muoversi, in basso, con movimenti lenti che si prolungarono, velocizzandosi insieme ai gemiti di entrambi, ai sospiri combaciati, al sudore e al battito cardiaco fremente che si univa a formarne uno, imponente, vivo e in un esplosione di stelle, in un vasto oceano di oscurità mescolata di blu e rosso.

-Ti amo.- si sussurrarono entrambi, con sicurezza e un tono forte come i loro sentimenti, cingendosi sempre di più come a volersi unire, amalgamare sempre di più fino a diventare un solo essere, insieme al calore che emanavano, ristoratore e prefetto, mentre vennero entrambi, Marco dentro il suo lui ed Ace a marchiare entrambi, con il liquido che rappresentava l'amore dei loro gesti e delle loro emozioni.

Infine, si lasciarono, lentamente, senza staccarsi, ricadere insieme contro il materasso, a riprendere fiato e a respirare mentre Ace andò a ripararsi sotto al mento dell'altro, alla ricerca di sicurezza e quelle braccia che lo fecero sentire in pace, così, sorridendo, socchiuse gli occhi fino a che, quando il battito tornò normale contro quello di Marco, si addormentò; con il biondo che continuò a coccolare la sua schiena con entrambe le braccia, e le labbra contro la sua fronte, a sussurrare sospiri caldi dopo aver rimboccato entrambi delle coperte, con la sera ormai inoltrata, che era stata pubblico di quello spettacolo.

Sorrisero, felici di quell'amore.

Sorrisero, felici di quei battiti.


Fine.

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