Chào các bạn! Vì nhiều lý do từ nay Truyen2U chính thức đổi tên là Truyen247.Pro. Mong các bạn tiếp tục ủng hộ truy cập tên miền mới này nhé! Mãi yêu... ♥

Scambiamoci nelle stranezze.


Descrizione: Svegliarsi senza capire niente, senza ricordi, per poi scoprire qualcosa, che ti è successo un mutamento e non sai cosa, fare, sei nel panico ma non riesci a concretizzare come muoverti... Per fortuna, non sei l'unico ad aver subito tale avvenimento; adesso bisogna soltanto uscirne.



Socchiuse gli occhi, sbadigliando, lasciando e sentendo delle ciocche ricadergli sul volto, a coprirgli gli occhi e a solleticargli in naso mentre si strinse maggiormente nelle spalle, sbuffando e sfregando le narici dolcemente, come un coniglietto prima che schiudesse gli occhi, portandosi maggiormente le coperte alle spalle: stranamente si sentiva infreddolito... Non ne capiva il motivo dato il mera mera che aveva mangiato e che lo riscaldava da sé, ma sospirò, decidendo di alzarsi, anche perché la fame chiamava, compreso il suo stomaco che riecheggiò deciso. Sorrise, sfregandosi la chioma e lasciando penzolare e dondolare i piedi sopra il pavimento in legno, ancora a occhi semichiusi e sbadigliando prima di mettersi in piedi e sgranare gli occhi, raggelando e affrettandosi poi a saltare sopra un tappetto, con una smorfia mentre guardò malamente le mattonelle, accigliandosi prima che il cervello, iniziando a svegliarsi, non gli lanciasse un allarme perplesso.

-Perché mattonelle? Non mi ero addormentato nella mia cabina?- mormorò, sapendo che, su un legno di legno come lo era quello della Moby Dick, il freddo non sarebbe stato così eccessivo come su quello delle piastrelle, prima di sbuffare, non capendo perché il suo frutto stesse agendo così a rilento, quasi inesistente mentre si diresse, mugugnando ancora e ignorando la strana camicia enorme e più grande di lui, in cui sprofondava; verso il bagno, aprendo la porta e sospettando di essersi solo addormentato in una consueta e comoda taverna, una di quelle dall'odore di vecchio e di legno per gli anni che conteneva e le persone che erano passate al suo interno senza sosta; pirati e non: magari dopo aver attraccato era sceso con i suoi compagni e aveva bevuto più di un goccio: il che avrebbe spiegato anche perché non ricordasse nulla... Ma! ...Era una casa...?

-Cosa sta succedendo adesso?- si lagnò, stringendo i lembi inferiori di quella camicia dopo aver oltrepassato la soglia aperta, sentendosi senza nemmeno i pantaloni e con il freddo a penetrare dentro le sue gambe, lisce e sinuose. Portando poi il volto indietro analizzò la stanza, che era come una comune camera da letto, quest'ultimo matrimoniale stranamente e su cui aveva dormito, disfatto ma ben composto e dalle coperte e lenzuoli colorati e; dall'aspetto generale erano nuovi e puliti. -Ma dove sono?- si preoccupò, e d'istinto portò una mano a stringere il tessuto, ma all'altezza del petto nel sentirsi accaldare nel pensare a Marco, che magari lui sapesse qualcosa, che avesse potuto dargli qualche risposta e che magari lo aiutasse a capire cosa fosse successo; sempre meglio lui che pensare agli altri: almeno Marco aveva un potere così possente da fargli sentire il battito accelerare ogni volta che lo aveva davanti, o anche solo dentro la mente come in quel momento; e poi riusciva a farlo stare sereno e tranquillo in ogni situazione. Peccato non conoscesse la sua posizione... Cos'era?, arrossì, tentennando e sentendo qualcosa, di troppo, soffice e ben pronunciato, che di certo non era il suo solito sodo pettorale mentre lasciò passare l'altra mano sul suo fianco, timoroso e incuriosito al tempo stesso, agitandosi nel sentirlo così sottile mentre boccheggiò, con gli occhi verso il basso, a scrutare il pavimento e le piccole dita, più di quanto ricordasse, dei suoi piedi, ma con il volto che non aveva il coraggio di guardare, di abbassarsi per capire meglio le sue paure, di cui non voleva nessuna certezza. Ma forse si stava sbagliando... Eppure sentiva la fronte sudare, il freddo possedere la sua spina dorsale per il gelo da mozzargli il fiato, più sentiva quella consistenza morbida nella sua mano e più affondava le dita su di essa, lentamente, come fosse un cuscino.

-No, impossibile...- strizzò un occhio, non avendo il coraggio, ma puntò l'altro comunque al suo petto, chinando il mento maggiormente di quanto non fosse e sentendosi perdere intanto che le ginocchia scomparvero e lo costrinsero a scivolare e crollare a terra, con un tonfo che si espanse nel silenzio e nella lunghezza di quel corridoio; a cosce unire mentre i piedi nudi restarono paralleli tra loro, dietro di lui. Con un timore maggiore, portò la mano sopra al colletto della camicia, lasciando così la presa da quella strana consistenza che non gli apparteneva, e sentendosi sempre più rosso in volto, e con un vulcano dentro pronto ad eruttare per il battito enorme che stava producendo il suo cuore, feroce nella paura e nella consapevolezza di ciò che stava assimilando mentre tirò verso l'esterno l'indumento, sporgendolo in fuori e scrutando, con un rossore sempre più vivo nel capire che, oltre che fosse senza nulla addosso oltre a quella camicia, che iniziò a concepire come fosse fin troppo familiare, oltre che blu come la portava di solito una certa persona, prima nominata; ogni pensiero era meglio della visuale che gli si prospettava davanti, anche perché fin troppo femminile, perché lui... Era una femmina!

-No!- imprecò, saltando in piedi e protestando. -Cavolo, no! Che razza di sogno sto facendo! Sì, è un sogno!- si maledì, maggiormente perché anche la sua voce, ora appariva, alle sue orecchie e al suo cervello ormai svegli; troppo docile e lieve, nonostante il tono duro che avesse prodotto.

-No, non può essere... Non posso essere una donna!- gemette scandalizzato, quasi con fare impazzito mentre gli occhi castani trasudarono incertezze e confusione intanto che cominciarono a scrutare le proprie mani, troppo minuscole e graziose di come fossero prima, celate per lo più dalle lunghe maniche, troppo blu, sempre blu: colore che, invece di agitarlo nel capire a chi appartenesse, lo faceva solo sorridere, riuscendo a calmarlo anche se non quanto doveva... Persino l'odore ci riusciva, quello del vero possessore...

-Anne, sono tornato.-

-Chi ha parlato? Chi ha suonato?- si voltò, sconcertato, alla ricerca della fonte di quel campanello... Però... Marco? In effetti la camicia era sua... Lo aveva chiamato Anne? Allora forse non era Marco..., ne rimase deluso, eppure sentiva che, il suono di quelle corde vocali fossero davvero simili a quelle che emetteva Marco; ma anche se distante e un po' deformata, forse perché al di fuori, era certo fosse proprio la sua. Ma da quando si chiamava Anne? Che fosse veramente tutto un sogno?, arrossì, stringendosi il petto gonfio che aveva identificato ormai come proprio seno; con entrambe le braccia, volendo non farlo vedere, nonostante esso fosse già di per sé celato; deluso anche di non avere più i suoi soliti addominali, come visto in precedenza, ma solo un ventre piatto e leggero mentre scrutò le scale che portavano chissà dove... No, no...; scuoté il capo: nessuno doveva guardarlo così. Soprattutto, sempre se era lui, Marco!

Stringendosi nelle spalle, sentendosi però curioso, si affrettò, in piedi, a correre, avanzando verso la prima porta celata che avesse davanti, e, arrivandoci davanti, socchiudendola, notò esserci il nulla vuoto e candido del bagno: senza nessuno; si sentì meglio e procedette, andando veloce vicino allo specchio, in quella stanza illuminata dal giorno che emetteva la finestra, notando essere comunque alto come sempre, e questo lo fece sentire almeno più tranquillo, giusto di avere qualcosa di realmente suo addosso, anche se era qualcosa di effimero come l'altezza, in tutta quella confusione. Tra l'altro, il suo volto, per quanto fine e aggraziato, era uguale, stranamente; cosparso di poche lentiggini sotto agli occhi, le ciocche nere e lunghe fino alla fine del retro del collo, e con quelle davanti che raggiungevano il suo naso, la sua punta; scompigliati e ondulati come sempre, anche se, comunque, il naso era lungo e dritto ma più piccolo del solito. Anche gli occhi, troppo femminili, ma dalla forma sottile come la solita... Che stava succedendo? Quindi non era in un corpo di una ragazza, ma era davvero solamente diventato lui una ragazza! Ma era plausibile come cosa? Forse era un sogno? Forse un incubo, o peggio, la realtà di un temibile nemico capace di compiere tale maleficio per via di uno dei tanti frutti del diavolo...! Oh, ma che diamine! Non voleva essere così, lui! Proprio perché lui era un Lui! Sempre stato e non voleva cambiare di certo ora!

-Uffa, ma perché proprio a me?- si lagnò, tentennando con una smorfia incredibile e raccapricciata che si riflesse davanti a sé, prima che si sbottonò, veloce e funesto, quella enorme camicia, aprendola di scatto e allungando il collo davanti e attraverso lo specchio per poter intravedere, su quell'armadietto a immagine riflettente, il resto del proprio corpo, così troppo curvilineo nei punti giusti e dai fianchi stretti ma non eccessivamente. Portò poi i propri occhi in basso, sbuffando risentito nel vedere, dopo aver ignorato quelle protuberanze ballonzolanti che erano proprio in mezzo, anche se non eccessive come le tenevano alcune ragazze che aveva visto nelle locande che di solito frequentava con Thatch, con quest'ultimo che non faceva che ripetere proprio che fossero fantastiche quelle che possedessero proprio una "carrozzeria" adeguata; ma più predisposto a scrutare ciò che non c'era più, solo tutto piatto oltre l'addome, liscio e senza più il suo cospicuo e rilevante pene, e puntando e commentando su quella parte esterna della vagina con i propri occhi malinconici. Non aveva mai dato molta importanza alle ragazze, soprattutto perché, di recente, cercava di stare, sia vicino che ben lontano, da Marco... Aveva la camicia di Marco! Addosso! E se non fosse per la situazione attuale, se la sarebbe goduta per bene! Cavolo!

Ancora rosso in volto, come evidenziava anche il riflesso nello specchio, chiuse quell'indumento, riattaccando qualche bottone principale, il giusto da tenerlo chiuso; senza dare conto che in basso mostrasse un po' di più; e sbuffando nel vedere come fosse grande il suo petto, costringendo la camicia a espandersi più di quanto potesse di norma, dato che fosse per un petto dritto come quello dei maschi, prima che scivolasse serena fino a raggiungere le cosce, e quindi a coprire anche la sua intimità, purtroppo, femminile... Sentiva ancora il campanello suonare, ma ancora non capiva come fosse potuto accadere...! Si illuminò e si avventò contro la finestra di scatto, aprendo la tenda bianca ma leggera e scrutando fuori, ma trasalì, agitandosi: non c'era nemmeno il mare all'orizzonte! Dove cavolo era! E dov'era la nave? Che i suoi compagni centrassero qualcosa? Sperava di no o gli avrebbe incendiati tutti, dal primo all'ultimo!, ruggì, stringendo le dita a pugno sopra il gelido davanzale, brandendo occhi furiosi e tetri, minacciosi prima che si ricredette, guardando gli arti incredulo: perché non prendeva fuoco?, Scuoté il capo, riprovandoci con più intensità, e su tutto il braccio, concentrandosi come di solito, ma declinò la bocca in un'espressione sorpresa: nemmeno un dito si era incendiato... N... Non aveva nemmeno il suo potere? E ora come poteva dargli fuoco? Oh, andiamo! Qualcuno poteva dargli delle risposte su tutto ciò? Si stava agitando, ma questo già da prima; e non capiva nemmeno lui come mai si esprimeva con così tanta calma, da fuori, anche se il volto funesto faceva trasparire altro ancora... Se solo avesse il dono del proprio frutto, a quest'ora avrebbe incendiato tutta la casa per la furia.

Doveva davvero farsi coraggio e chiedere aiuto a Marco, allora! Era così imbarazzante farsi vedere dal ragazzo che amava in quel modo... Non c'era altra maniera, però... No? Insomma, era l'unico che non avrebbe riso nel vederlo così, sperava, e sarebbe stato anche l'unico serio ad aiutarlo, mettendosi a cercare una risposta, e sorrise, arrossendo nell'immaginarselo così apprensivo nei suoi confronti. Sì, era la cosa giusta andare da Marco, decretò.

Sospirò poi, facendosi coraggio, abbandonando le spalle, rilassandole e uscendo fino a scendere tutte le scale, più in fretta di quanto si aspettasse, forse davvero voglioso di incontrarlo, e magari era quello dietro la porta; ancora scalzo si chiese dove fossero i suoi stivali prima di ricordarsi che non era nemmeno sulla nave, quindi chissà dov'era, in realtà, e quali vestiti aveva come scelta... Magari, temette, non era Marco, quello là fuori... Il sapere di non avere più il suo potere, né la forza di prima, non lo rasserenava dalla sagoma sconosciuta dietro la porta, ormai raggiunta.

-Ohm... Chi è?- mugolò, quasi come un gattino spaventato e si maledì per quel tono prima di afferrare la maniglia, in attesa comunque della risposta: forse il tipo era stranito quanto lui, forse non si aspettava che ci fosse una ragazza... Eh, ma prima aveva chiamato "Anne"... Forse non era lui, Anne... Ma che domande! Era rimbambito o cosa? Lui era Ace!

-Secondo te chi sono, Anne?- ridacchiò felice, sereno, e quasi Ace ebbe un colpo al cuore, sgranando gli occhi: era proprio Marco allora!, e senza pensare ad altro, si ritrovò ad aver aperto la porta senza volere, scrutando e scoprendo fosse proprio lui, biondo, alto, muscoloso e dalla faccia ad ananas.

-Ehi, ben svegliata amore. Scusami, immagino che ti abbia svegliata... Non ti aspettavi davvero il mio arrivo?-

-...Amore?- dopo aver ascoltato tutta quella frase, l'unica cosa che aveva afferrato fu la parola che sussurrò stesso lui, stranito, alzando un sopracciglio e coprendosi maggiormente al tempo stesso con la sagoma della porta, mentre, portando in basso gli occhi, notò avesse, dietro di sé, anche una valigia nera, luminosa e a rotelle. Cosa stava accadendo?, si ripeté ancora, ancora più perplesso di prima e sotto agitazione tale da far sentire il respiro pesante e veloce, nonostante il corpo immobile e rigido davanti all'ingresso. E il giovane dagli occhi azzurri e perennemente socchiusi comprese forse quel volto e quella domanda come una richiesta di spiegazione riguardante l'oggetto che aveva portato.

-Ma come? Eri tu che insistevi tanto che mi trasferissi.-

Continuava a sorridere, analizzò Ace, socchiudendo gli occhi come un predatore contro la sua nuova vittima prima di puntarli sul petto del biondo: aveva ancora il tatuaggio di Barbabianca, blu e con la croce e i baffi. Forse aveva battuto la testa e si era svegliato pensando stessero insieme... No, ma veramente: cosa stava succedendo? Perché era una femmina, e perché Marco lo chiamava "Amore" ed era venuto a vivere con lui se al momento era una femmina? E da quando aveva una casa! Lui viveva su una nave!

-Ahm...- boccheggiò, stranito ancora. -M-Marco... Ho bisogno di aiuto. Mi sono svegliato così...! Però noto che neanche tu possa avere tante risposte, anzi, mi dai solo domande...- farfugliò, nonostante il tono forte, ma lasciò stare, deciso a chiudere la porta, che celava la parte sinistra del suo petto; tenuta tra le mani, cambiando idea anche su quel Marco; ma con il volto che scrutava ancora l'uomo davanti.

-Di che parli? Forse è perché hai bevuto un po'... Ieri sera non abbiamo fatto molto: alla fine hai mangiato una pizza e sei crollata. Ti ho portata a letto e sono andato via, lasciandoti la camicia, dato che non la lasciavi.- nel dire l'ultima frase, si indicò il proprio petto, tonico e scolpito, e dalla pelle chiara anche se non eccessivamente; come a motivare l'assenza di quell'indumento, anche se aveva preferito lui andare così, dato il clima caldo.

-Io... Cosa? Ma no! Intendo...Insomma, perché... Perché sono una ragazza?- farfugliò piano piano, alla fine, sentendo il proprio volto infuocare come non mai, tanto che il freddo si dimenticò di esistere e gli sembrò di avere di nuovo il suo frutto in corpo, intanto che corrugò le sopracciglia, davvero furioso di averlo detto per davvero, invidioso anche del fatto che il biondo non avesse quel problema, anche se ne era anche grato: preferiva Marco maschio, anche se lo aveva visto solo in quella versione.

-Mhm?- questa volta fu Marco ad alzare un sopracciglio, completamente confuso da quel controsenso di parole. -Lo sei da sempre, almeno, questo è ciò che so...- mormorò, iniziando anche lui a sembrare dubbioso però su quelle stesse parole dato ciò che gli era stato rinfacciato.

-Ah? Eh? Oh!- parlò perplesso, emettendo quei versi prima di terminare con l'ultima vocale con un tono stizzito, ruggendo, afferrandolo per un polso e tirandolo dentro, felice comunque, interiormente, di averlo fatto con abbastanza facilità, nonostante la diversità di struttura e peso; costringendolo a entrare bruscamente assieme alla valigia che teneva con sé.

-Uffa, Marco! Io non sono... Come mi hai chiamato prima, quel nome An cosa: io sono Ace!- ringhiò serio, guardando il biondo, sperando ricordasse, e così affermò ancora: -Dov'è la Moby Dick? Perché non siamo sulla nave, e perché non c'è il mare?-

-Anne, calmati. Non capisco niente di quello che dici: quale nave? E cosa c'entra il mare adesso?- si chinò con il busto, per essere alla sua altezza e guardarla negli occhi, Marco, incerto su cosa dire mentre gli occhi castani della sua compagna sembrarono prendere fuoco, furiosa e infastidita di non essere compresa decentemente nonostante le sembrasse di esprimersi in modo molto chiaro.

-Come cosa centra? Marco! Come puoi non ricordare! Siamo pirati! Ma io mi sono svegliato così!- si lagnò, slacciando le braccia da sotto il seno e portandole distese dopo essersi indicato con oltraggio, e stringendo poi i pugni lungo i fianchi. Ma quello, serio e con la solita barbetta sul bordo del mento, continuava ad analizzarlo, e allora, Ace, sbuffando, provò a calmarsi, chiudendo gli occhi e sospirando. -Piuttosto, perché mi hai chiamato "Amore" prima? Da quanto ti sei innamorato di me?- gemette, dispiaciuto che lo chiamasse in quel modo adesso solo perché fosse del sesso opposto, anche se, alcuni e più modi di fargli capire ciò che provava, Marco li aveva sempre usati, di recente.

-Siamo sposati.- si limitò a dire, l'altro, iniziando a temere che, la persona che non ricordava fosse proprio lei... Forse aveva perso la memoria dopo che se n'era andato? Non capiva... E poi la storia dell'essere un ragazzo... Era tutto abbastanza inaspettato. Ieri sera ricordava solo di un Anne elettrizzata e che lo pregava di smetterla di stare alla Moby Dick, ma era il nome della sua casa, dell'istituto dove viveva insieme alla sua famiglia, non una nave; e alla fine aveva ceduto, volendo però che fosse una sorpresa. Non si aspettava di essere accolto in quel modo, anche se, i gesti e il carattere erano proprio esatti alla sua Anne, quindi, era sempre più confuso: lei si ricordava di lui, ma non che fosse il suo vero nome, né di vivere in una casa e non in una nave.

-Spo... Ah? Che! Stai...! Sei impazzito?- urlò, sgranando sempre più gli occhi e scuotendo poi il capo, gesticolando con le mani esagitate e frenetiche davanti al petto; negando quella realtà, o meglio, quella scemenza prima che Marco, prendendogli la mano gli mostrasse l'adornamento al dito, ovvero un semplice quanto bello e luccicante di giallo, anello nuziale, lasciandolo boccheggiante, a labbra spalancate prima che slacciasse la presa brutalmente, cacciandolo indietro con una spinta con l'altro arto prima che fuggisse via, dandogli le spalle e salendo le scale con un: -Ma io non ti amo!-

-Anne! Anne, aspetta!- supplicò, restando fermo e rialzandosi con la schiena, guardandola ruggire e ascoltarlo; dargli retta restando ferma sugli scalini centrali, a fissare il vuoto prima che portasse una mano all'anulare sinistro, pronta a sfilarsi il simbolo del loro amore.



Continuava a non orientarsi da nessuna parte... Non aveva mai visto un'isola del genere, e da poco aveva anche scoperto che non fosse nemmeno quello, forse una penisola, un continente, ma non capiva: non era la linea rossa... Oltre a quella non c'erano terre collegate con altre, erano tutte separate dal grande, immenso e libero oceano blu... Aveva capito, e aveva iniziato a sospettare che non si trovasse più nel suo mondo, anche se non si capacitava del perché, e del fatto che ne esistesse anche un altro. Per di più, cosa che maggiormente non comprendeva, era per quale ragione fosse una donna... Sbuffò, portando le mani in tasca, sfiorando le sue cosce e l'inguine con le dita; gli faceva ancora un effetto strano, sentirsi ed essere donna quando sapeva di non esserlo, ma, in ogni caso non poteva fare altro: erano ore che camminava tra quei marciapiedi dopo aver lasciato la biblioteca. Oltre a ragazzi, un po' cafoni o gentiluomini, che ci avevano provato, non aveva ottenuto molto. Sbuffò, non sapendo nemmeno se era finito qualcun altro, lì, con lui, della ciurma... In realtà, aveva pensato ad Ace. Più perché era l'unica e ultima persona che aveva visto prima di andare a dormire, ieri sera... E infatti, anche se temeva non fosse il vero amico che lo avrebbe accolto; lo dimostrava che, incontrando per puro caso Teach per strada, a mangiare la solita sua crostata, non lo avesse riconosciuto, prendendolo, o meglio, prendendola per una che si inventava strane storie fantastiche e irrealizzabili, per non dire pazza; ma stava andando a casa di Ace. Si era informato proprio da Teach, all'inizio non aveva capito, così aveva provato a parlare che avesse un fratello, di nome Luffy, e a quel punto gli aveva indicato dove andare. Ora era lì diretto, ma forse sarebbe stato meglio andare da Barbabianca, ma, con l'aspetto che aveva, e con la verità che conosceva, non gli avrebbe creduto... E forse nemmeno Ace, anzi, di sicuro, ma sentiva che forse, qualcosa, l'avrebbe ricavata comunque.

La via... Ormai c'era, non faceva che percorrerla, e grazie al fatto che conoscesse quel nome e che fosse sui muri, lo rassicurava, ma ancora non trovava la casa, e quindi, si era perso... Sbuffò, avvicinandosi all'ennesimo citofono e ritrovando scritto solo un nuovo cognome che non conosceva... Possibile che non ci fosse scritto "Portgas D." da nessuna parte, e nemmeno "Monkey"? Borbottò e, rinunciando, decise di varcare la soglia del cancello, oltrepassando il giardino, stando sul vialetto, in quella giornata piena di verde e oro, di sole e natura, e poi bussò sulla porta, deciso a chiedere personalmente ai possibili vicini, capendo che fosse l'unica possibilità che aveva.

-Sì?- domandò, aprendo un ragazzo biondo, alto e con una cicatrice sull'occhio, forse una scottatura, non si vedeva bene proprio perché coperta dalle ciocche lunghe, incuriosito poi di vedere quella ragazza davanti a sé, così bella e formosa; tanto che poi sorrise, forse volendo provarci anche lui, almeno prima che la vedesse ansimare, scocciata di certo del suo prossimo e chiaro tentativo, forse; restando però appoggiato, con la spalla, allo stipite dell'entrata, dipinta di bianco.

-Sto cercando Ace, so che abita da queste parti.- mormorò, ricevendo solo un volto più perplesso, di nuovo, uguale a quello ricavato da Teach e mormorò negativo tra sé e sé, puntando gli occhi alla sua destra, rammaricato prima di illuminarsi nel leggere, sul citofono, tre semplici nomi: "Anne, Sabo, Luffy." -Ohm, scusami, volevo dire Anne. Sono un... una sua amica, ci siamo conosciuti da poco però e non ricordavo più dove abitasse. È in casa?- si affrettò, notando poi il biondo accendersi, capendo finalmente anche lui nel sentire quel nome.

-Capisco, ma no. Anne non abita più qui da un pezzo, anche se viene a trovarci spesso. Lei abita a casa di sua madre, ma non è distante: è sempre in questa via... È...- si scostò dallo stipite, portando gli occhi dalla parte opposta su cui, prima, la bionda avesse posto lo sguardo. -Lì, la casa dalle pareti arancioni.- e nell'indicarla sentì una presa farsi forte sulla sua schiena, ad aggrapparsi alla sua camicia con fare annoiato e impaziente mentre portò poi gli occhi verso quell'attacco improvviso, ritrovando il volto curioso della sorella minore, ovvero Luffy, a osservare la situazione.

-Fratellone, ora torni a giocare?- si lagnò, con una smorfia dopo aver esaminato la ragazza che, ringraziando, li salutò. -Ciao.- decise di restituire la cordialità, afferrando poi la mano del maggiore di qualche anno e costringendolo a rientrare, che quasi non chiudeva la porta per tutta quella fretta di riportarlo sul divano.

-Uff, almeno adesso so dov'è... Ma se si chiama Anne, vorrà dire che non è la persona che cerco... Ma ormai sono qui, tanto vale provare. Potrebbe anche essere Ace, anche lui dentro un corpo femminile... Speriamo. Forse in due capiremo qualcosa. E poi, se è davvero Ace, devo per forza andare da lui.- mormorò, tra sé e sé, ragionando e sistemandosi meglio poi, il nodo sotto al seno prosperoso, che mostrava unicamente la parte centrale di quel petto, rigonfio in modo eccessivo; celando i lati e le braccia con la camicia rossa e che, per via del fiocco fatto con i bordi dell'indumento, scoprisse tutto il suo fisico inferiore, fianchi e pancia piatta e liscia compresa; ma non era un problema, anche perché aveva sistemato lui, così e in quel modo, la camicia che aveva trovato nell'armadio di quella casa in cui si era svegliato, mentre riportò le mani in tasca. Alla fine, i suoi indumenti, che aveva addosso, erano simili a quelli che portava di solito da maschio, aveva differenziato solo il colore e il modo di portare, perché, era ovvio che non si sarebbe mai messo biancheria femminile, per quanto il suo corpo lo fosse, al momento; di conseguenza non ne aveva messa proprio. Sospirò, arrivando alla porta e ascoltando il cinguettio che provenne dall'albero accanto prima di suonare, sentendo però, abbastanza frastuono, che divenne silenzio muto dopo il suo gesto, di quella musichetta lieve che campeggiò per brevi istanti con fare piacevole, e poi si ritrovò davanti il volto, un po' titubante e insicuro di una ragazza dalle lentiggini, che lasciò intravedere solo quello, lasciando la porta, per lo più, chiusa; e sorrise, capendo fosse proprio lui. Ci sperava, ma lo sentiva fosse lui.

-Chi sei adesso tu?-

-Sono Marco. Tu sei Ace, vero?-

-Un altro Marco?- domandò scocciato, lasciando la ragazza perplessa prima che lui stesso sgranasse gli occhi e spalancasse l'entrata, guardandolo con meraviglia. -Mi hai chiamato Ace, davvero?-

-Sì, immagino quindi che sei proprio tu. E noto che anche tu, come me, sei diventato dell'altro sesso...- parlò pacato, puntando poi gli occhi sull'aspetto grazioso e docile dell'amico prima che portasse le pupille, vibranti di azzurro per la consapevolezza di non essere solo; alle sue spalle, notando la presenza di una sua copia maschile, il che lo lasciò ancor più incredulo, anche se, quella visuale, dissipò il dubbio di quel "Un altro", detto da Ace poco prima.

-Finalmente! Allora sei tu il mio... Il... Il Marco che conosco!- gioì dopo essersi impacciato, arrossendo un attimo per quell'errore, ma subito trascinò anche quel Marco all'interno, chiudendo nuovamente la porta, non volendo davvero farsi vedere da altri così, anche se sconosciuti, ridendo e sentendosi finalmente bene di avere quello vero e che conosceva con sé, più tranquillo: almeno non era il solo.

-Anne, in che senso questa ragazza è Marco? Quello che conosci, poi...?- si sfregò il ciuffo biondo, lieve, sul capo, con occhi sempre più sfiniti da tutto quello, anche se almeno, la baraonda di prima di Anne che continuava a volere che lo chiamasse Ace fosse finita... Almeno momentaneamente.

-Sì, è lui! Pensavo fossi tu, che non ti ricordavi, ma a quanto pare è lui il Marco pirata.- sorrise, portando le mani ai fianchi, vittorioso di avere la ragione e le prove, finalmente, dalla sua parte, prima che sussultasse al tocco gentile della persona di cui parlava, sulla sua spalla e che avanzò, ignorando che tenesse la sua camicia addosso, anche se era più evidente fosse del Marco che aveva davanti.

-Confermo, io sono Marco. Per quanto sia surreale tutto questo, ma ora dobbiamo trovare un modo per tornare di nuovo, oltre che nei nostri veri corpi, anche nel nostro mondo.-

-Ohm... E sai anche come?- speranzò, Ace, puntando gli occhi in quelli chiari dell'altro che, scuotendo il capo negativo, spirò deluso. -Oh...- fece allora, lui, rammaricato quanto l'amico mentre il Marco uomo, sempre più confuso, si avvicinò, puntando le mani sui propri fianchi virili e inclinando il capo su un lato nell'osservare la ragazza dal suo stesso nome e che, oltretutto era alta quasi quanto lui.

-Vorrei che qualcuno mi spiegasse meglio. Ora come ora, ho capito che Anne, cioè, Ace aveva ragione, sempre se non sono impazzito, ma desidero comunque un chiarimento migliore.-

-E perché, scusa? Io ho spiegato bene.- si offese, Ace, portando le braccia conserte sotto al seno, bruscamente e, in quel modo, mostrandone di più in rilievo; senza rendersi conto che un bottone, il primo della fila, a quel gesto, avesse lasciato la presa con l'altra estremità dell'indumento, ma gli altri resistettero con convinzione nel loro compito.

-Certo.- sorrise subito, concordando con la sua dolce metà, per quanto, al momento, non lo fosse, visto che se ne era convinto alla fine; e con gli occhi del secondo sé che sembrarono capire quello sguardo di amore, e si chiese se fosse così anche per lei; se anche per quella sua seconda versione fosse così, per quanto al momento, fosse un lui; era abbastanza confusionario; intanto che Ace decise di allontanarsi, fino a raggiungere e a sedersi sul divano, lanciando uno sguardo alla valigia, ancora chiusa, e poi ai due Marco, soddisfatto però della risposta avuta. -Ma... Capiscimi An... Ace, mi risulta difficile credere che... Insomma, non lo so, ma se mi spiegate la situazione, forse potrei avere qualche idea sul perché siete qui.- discusse, sbuffando perplesso sulle sue stesse parole, e andando dietro alla ragazza che alzò le spalle, più tranquilla, e si sentì meglio, ma solo perché, ipotizzò Marco; fosse per la presenza dell'altro sé appena giunto a farla calmare, o forse di entrambi loro; e di lui solo perché ora gli credeva. Gli è lo leggeva nello sguardo, che alla fine era sempre stato come quello di Anne... Quell'Ace lo amava, e avere due Marco intorno non poteva che farlo sentire più che al sicuro.

-In pratica, noi siamo pirati, e il nostro capitano è Edward Barbabianca, non so se lo conosci. E poi, non c'è molto da aggiungere. Mi sono addormentato nel mio solito corpo e nella mia solita stanza, solo per poi destarmi in un sesso completamente differente come lo stesso luogo, e di cui non conoscevo l'esistenza.-

-Vale lo stesso per me.- volle affrettarsi a partecipare, mettendosi poi seduto con le ginocchia piegare, restando a guardare entrambi e portandosi ad adagiarsi contro lo schienale con le spalle, attendendo e restando a debita distanza da entrambi, con il suono del suo cuore impazzito e che cavalcava senza ragione alla vista di quei due ragazzi, e di uno che conosceva e nel quale aveva sperato tanto che arrivasse. Il suo petto quasi gli imponeva di voltarsi per guardarli, ma non poteva o sarebbe morto di imbarazzo nell'avere i loro occhi su di sé.

-Fino a qui, è come ha detto Ace; quindi era vero. E allora la mia Anne deve essere sulla vostra Moby Dick... Insomma, lo spero. Ma non mi risultano molti indizi da ciò che, entrambi, mi avete detto.-

-Tua?- parlò confuso, a quel punto, il secondo Marco, alzando un sopracciglio mentre Ace trasalì, alzando le spalle e stringendosele, avanzando anche verso il bracciolo prima di mormorare silenziosamente a vuoto, senza essere ascoltato, ma senza neanche dire qualcosa di concreto intanto che sentì che si fossero seduti, come dimostrò il suono e la cadenza dei cuscini del divano.

-Voi non state insieme?- e indicò prima l'uno e poi l'altro, con le dita, mostrando, senza vera intenzione, l'anulare con la fede; o meglio, fu la prima cosa che cadde all'occhio con quella domanda, al secondo Marco.

-No! No, no! Te l'ho già detto, io non... non amo... Non mi piace, M-Marco...- asserì nel voltarsi decisa con il busto e lo sguardo prima di perdere tono, diminuendolo fino a che non fu quasi un sussurro per via di quegli sguardi, con i due che lo scrutavano attenti da metterlo in suggestione.

-No, non stiamo insieme.- terminò, l'altro, sospirando dalle narici per quella novità, per quella risposta, che già conosceva, di Ace e per quel nuovo apprendimento su quelle nozze. -Non saprei cosa dirti, riguardo indizi. Ieri, non ho fatto molto. Le solite cose: ho rivisto alcuni messaggi e ho controllato la rotta e le condizioni delle isole alleate, ho giusto cenato e poi sono andato a dormire.-

-Io invece ho, beh, sono stato con Thatch, e poi ho mangiato la pizza che mi ha preparato. Poi ne ho portato metà a Marco.-

-Una fetta.- corresse, il biondo, anche se divertito per la reazione di Ace nell'averglielo fatto notare, che si irrigidì sorpreso come preso in contropiede prima di demoralizzarsi, chiedendo scusa. -Non importa, Ace.- disse poi, chiedendosi però se non l'avesse fatto apposta a portarsi sempre più lontano, verso il bracciolo, quando si erano seduti.

-Comunque, voglio tornare maschio. Come si fa?- domandò allora, Ace, volendo affrettare il tutto e ritornare all'argomento principale, anche per non farsi far venire fame, dato che non aveva nemmeno fatto colazione mentre il Marco con la fede, pensieroso, sospirò.

-Anche noi, ieri, abbiamo mangiato una pizza. O meglio, solo Anne. Preparata sempre da Thatch, con delle spezie particolari aveva detto.-

-Disse la stessa cosa anche a me.- esclamò Ace, con tono entusiasta all'idea di dover mangiare per risolvere il tutto, perché, in fondo era una cosa che avevano fatto entrambi e nella stessa sera; portandosi avanti con le braccia, accanto alla coscia del più vicino fino a risultare a carponi anche se tenne il busto ben alzato da raggiungere l'altezza del mento del Marco con cui era sposato; sorridendo felice di quella coincidenza prima di guardare l'altro Marco, finendo con il tentennare un attimo, confuso perché entrambi lo stessero osservando con interesse, prima di pensare un attimo a cosa stava dicendo e sospirare, tornando a finire il discorso: -Disse che le aveva prese sull'isola dove avevamo attraccato. Quindi, se mangiamo di nuovo quella pizza... Ohi, ma perché mi fissate così? Date fastidio ora...!- fece una smorfia, gonfiando una guancia indispettito, non resistendo più a quegli sguardi, quasi ammaliati e anche interessati, anche se non diretti principalmente al suo volto, ma che lo deconcentravano troppo, e con loro che arrossirono un attimo nel medesimo istante, trasalendo anche con gli occhi come ben poche volte. Il secondo Marco allora si affrettò a cambiare sguardo, portandolo davanti a sé e annuendo convinto di ciò che avesse detto, e il primo invece tossicchiò, portando gli occhi alle sue stesse cosce, con una mano contro la bocca; per riprendersi prima di concordare alle sue parole anche lui. Ma Ace continuò a non capire, e di scatto; d'istinto, puntò gli occhi verso il proprio petto, perché era lì che erano stati attratti, aveva finalmente e purtroppo, con un brutto presentimento, capito; concentrando e cacciando poi un piccolo e acuto urlo pieno di imbarazzo scattò indietro di botto con la schiena, con una botta, e affrettandosi a richiudere la camicia, sigillandola con le braccia senza abbottonarla; finita con l'aprirsi completamente per chissà quale motivo e mostrando completamente il suo corpo senza nulla addosso.

-Ma che bastardi... Cosa cavolo...! Stavate lì... Brutti pervertiti...!- mormorò poi, con gli occhi verso le scale per non guardarli, completamente rosso più di loro e mostrando i denti, chiudendosi anche con le ginocchia contro il petto e intrecciando poi i polpacci tra loro per evitare che guardassero altro.

-Scusa Ann... Ace.-

-Non era nostra intenzione, ecco.- provò allora, il secondo Marco, tornando a guardarlo senza però essere ricambiato mentre sospirò, dedicandosi comunque ad ammirare quelle gambe così perfette, lisce e luminose; così aggraziate e tremendamente sensuali. Non capiva nemmeno lui cosa gli fosse preso, perché di solito, aveva capito, che gli interessassero solo i maschi, e di recente solo uno in particolare e speciale, che purtroppo lo ignorava nonostante i suoi stessi sentimenti, e così, insomma... Si era meravigliato: non aveva mai guardato una donna con così tanto interesse, mai nella sua vita e mai che ricordasse. Capiva però di aver sbagliato, come lo capiva anche il suo coetaneo, che, sbuffando dispiaciuto cercava, a parole, di farsi perdonare da un imbronciato e tenero Ace che era deciso a ignorarli come più poteva, sempre più rosso in volto.

-V-vedete di d-dimenticare q-quel grido che h-ho fatto, p-perché io non... È stata la vostra immaginazione, ecco.- asserì poi, tra l'avvilito e il minaccioso, anche se ancora non aveva il coraggio di guardarli negli occhi: -Però, forse è vero: la pizza ci ha fatti arrivare qui, no?- bofonchiò, continuando a dedicarsi al muro delle scale, sentendosi ancora accaldato e tremendamente avvilito di essere stato visto e sentito anche dal suo Marco in quel modo, oltre che da entrambi, che da quello che nemmeno conosceva. Era stato appena, non guardato, ma addirittura ammirato per chissà quanti minuti, dagli sguardi imbambolati di quei due che lo avevano osservato per come fosse sotto la camicia, senza nulla e per come fosse da donna! Che cosa imbarazzante! Per di più aveva urlato come una femmina! Che figura del cavolo! E la cosa peggiore, iniziava ad essere anche un'altra e più profonda...

-Certo, già dimenticato, davvero. Ehm... Sì, insomma: è plausibile... Non so più che pensare, né cosa sia davvero razionale al momento.- mormorò il Marco sposato dopo aver acconsentito alla prima richiesta con riluttanza: Anne gridava sempre in quel modo senza vergognarsene, ma capiva la situazione di quello che era un ragazzo; passandosi poi due dita alla tempia a massaggiarle e portando uno sguardo, ancora dispiaciuto, ad Anne, prima che si correggesse sul suo nome nel pensiero e la osservasse poi scattare fino a giungere, coprendosi da sé con la camicia, perché non aveva ancora avuto il tempo di riabbottonarla; davanti a quello del suo mondo.

-Ho... Ehm, devo parlare un attimo con il mi... te. Vieni.- disse veloce, dopo quella corsa che aveva sorpreso entrambi prima che ricominciasse per giungere, allontanandosi dal divano, fino alla fine della rampa; aspettandolo poi con una smorfia mentre lo vide anche guardarlo da dietro lo schienale, con fare stranito prima di accontentarlo e alzarsi.

-Che c'è? Scusa se ti ho guardato, davvero, ma...- borbottò, un po' rosso ancora e grattandosi il capo, sotto al solito ciuffo biondo, che però, con quel volto femminile e sottile, fosse maggiore e copriva anche la fronte; anche se non si aspettava volesse le sue scuse addirittura di persona, ma in realtà credeva anche volesse altro, ma ci teneva a ribadire quanto fosse dispiaciuto.

-Non è per quello...! Devo andare in bagno.- gemette poi, arrossendo fino all'invero simile e sentendosi sempre più accaldato più Marco si avvicinava a lui, oltre che l'imbarazzo per prima, ora che gli è lo avesse ricordato, fosse tornato a farsi più evidente mentre continuava a celarsi, tenendo con forza la camicia, quasi con il timore che potesse strapparsi o rovinarsi, e proprio per quella paura che, nello stringerla sempre più la allentava anche: era preziosa. E poi, la teneva con così tanta audacia anche per avere un passatempo pur di resistere per non farsela sotto, in quella forma inusuale mentre univa le ginocchia, chinandosi un po' con la schiena in avanti.

-E allora vai, no?- si limitò a dire, con sufficienza, inclinando il capo da un lato e chiudendo un occhio, perplesso che fosse solo quello il problema, ma lo vedeva abbastanza in difficoltà e allora rimase ad attendere quale fosse l'altro quesito che lo affliggeva.

-Vieni anche tu, per favore.- supplicò, iniziando ad alzare e abbassare, su e giù senza intermittenza, con i piedi, sempre con più velocità e disperazione nelle pupille tremanti.

-Mhm?- tornò a emettere un verso stranito, Marco, perplesso; riaprendo anche l'altro occhio: si aspettava tutto fuorché quello, sinceramente, mentre portò le braccia a incrociarsi sotto al petto, confuso mentre mise più in evidenza il seno già di per sé maggiore.

-Non l'ho mai fatto con un corpo da femmina, non so...! Cioè, è strano!- fremette, mordendosi le labbra, e chinandosi ancor più leggermente con la schiena, celandosi anche perché l'altro Marco li stava osservando e non voleva farsi vedere anche da lui in quel modo, sentendosi davvero al colmo di pessime figure per quel giorno, con il biondo davanti che sospirò esasperato e a occhi chiusi.

-Va bene, va bene. Andiamo.- nel dirlo lo vide sorridere e ringraziarlo, così si lasciò trascinare sopra, sospirando e riaprendo solo una palpebra, per quanto rimase socchiusa come suo solito: davvero avrebbe dovuto aiutarlo a fare una cosa simile?

-Però non devi guardare.- specificò, aprendo la porta del bagno e fermandosi dall'entrare. -O vuoi tornare giù? È che è strano, non lo so se ci riesco...!- mugugnò, in difficoltà al punto di sentirsi in gabbia, tornando a chinarsi, con la porta davanti e con le mani che condusse a sfiorare e a tenere la parte superiore della vagina, ignorando che, nel farlo, si scoprì nuovamente, con la camicia che si liberò, mostrando nuovamente il suo corpo, ma Marco era dietro di lui e non poteva vederlo, e al momento non era ciò che gli premeva mentre portò il voltò ad attendere un suo responso, con il biondo che scrutava la sua schiena e poi i suoi occhi con fare indifferente.

-Devi sederti e farla.- semplificò, con una smorfia, davvero non capendo perché dovesse fare e dire una cosa del genere: nemmeno lui se ne intendeva, e ringraziava che non dovesse liberarsi anche lui andando in bagno, in quel momento.

-Ma...- si bloccò, Ace, non capendo perché tutta quell'ostilità prima di chinare il volto verso terra, sentendosi quasi abbandonato e proprio quando più richiedeva di lui.

-Resto qua, ma tu vai.- provò a tranquillizzarlo, allora, ma sentiva già che non Ace non avrebbe gradito quella risposta, così distaccata. Ma davvero, era il colmo: Ace lo rifiutava diecimila volte, e poi lui, che lo amava e ci aveva provato a dimostrarglielo, che ne soffriva per tutti quegli allontanamenti, ora gli toccava aiutarlo così?

-Va bene, va bene... Che cattivo che sei. Puoi anche tornartene giù.- sbuffò, rimettendosi eretto e portando le braccia conserte senza però aver risistemato la camicia, e chiudendo la porta alle spalle dopo avergli mostrato una linguaccia, ma sobbalzò, voltandosi di scatto nel vedere la porta riaprirsi ma nel capire corrucciò nuovamente il volto. -Ho detto che puoi tornare giù.-

-Tranquillo, non guardo, non guardo.- borbottò, portando l'entrata a essere nuovamente un tutt'uno con il muro e puntando gli occhi in quelli di Ace, che gonfiò ancora una guancia mentre lui cercava di non portare lo sguardo più giù, e socchiuse gli occhi maggiormente prima di sospirare.

-Va bene...- concesse allora, Ace, voltandosi e recandosi in fretta, poi, verso il water. Ma nel giungergli davanti si bloccò un attimo, tentennando come spaventato da un mostro prima che, trattenendo il fiato si decidesse a, voltarsi e chinarsi fino a sedersi sulla tavoletta già impostata, a occhi chiusi come timoroso dell'apocalisse nel compiere quel gesto per poi riaprirli e arrossire, mugugnando spaventato e puntando gli occhi in quelli del biondo, che, nel ritrovare proprio davanti a sé era sobbalzato; sconcertato con una smorfia. -E-ehi, no-non devi g-guarda...Ah! Sono nudo!- si affrettò nell'accorgersene, ma prima che potesse lui si concesse Marco a sistemargli la camicia, con attenzione e iniziando ad abbottonarla completamente mentre Ace, un po' a rilento, provò a fare ciò che doveva, non volendo fare rumore per evitare una nuova figuraccia.

-G... Grazie.- sussurrò, portando poi le mani sopra le cosce, stringendo le mani a pugno e chinando il capo davanti al biondo, a cui sfuggì un sorriso mentre l'altro rialzò lo sguardo, sempre rosso.

-Prego, Ace.- ammise, chiudendo gli occhi e lasciando la propria fronte accanto e attaccata a quella dell'altro, restando con le mani sui ginocchi piegati, mentre continuava a restare piegato a terra sui piedi, celati dai soliti sandali neri che andavano a prolungarsi con i fili fino al polpaccio.

-Cavolo, che sollievo...- spirò, ad occhi chiusi prima di riaprirli a farsi agitato: -Cioè... Ohm... Io... Io ho finito... Alla fine avevi ragione tu, non era tanto difficile...- mormorò, continuando a guardarlo: era così bello, arrossì nello sfregarsi contro la sua pelle. Gli scaldava il cuore averlo così su di sé, ma durò poco dopo quella frase a cacciò una smorfia prima che guardasse con attenzione il pezzo di carta igienica che il biondo gli passò. -Eh? Non dirmi che...- mugugnò, iniziando a temere che la parte più ardua giungesse proprio ora.

-Devi...-

-Non dirlo!- si affrettò, scuotendo le mani verso di lui per non voler sentire ciò che sapeva, e afferrando brutalmente quel pezzo di carta con fare nervoso mentre, nel guardarlo, portò le ginocchia a stringersi tra loro sempre più, mugugnando negativo. -Devo davvero...- mugolò, gemendo e facendo ridere l'amico.

-Dai, io non guardo.-

-Non è solo quello il punto!- rimproverò, puntando poi gli occhi sulle spalle dell'altro e così, strizzando gli occhi, non volendo guardare, infilò la mano tra le cosce, asciugando e pulendo quella parte sensibile, che, nel toccarla fino a entrarci in quella fessura, si sentì arrossire sempre più e, mostrando i denti, gemette lentamente per quell'esperienza inaudita e quasi, a suo dire, disgustosa, finché non lasciò l'oggetto, che teneva tra due dita, ricadere verso l'acqua sporca, allontanando poi la mano che fuori uscì. E sospirando, felice di quella conquista, che però non voleva più fare per nessuna ragione al mondo, ma almeno non si era ferito o altro; si alzò, tirando l'acqua e con Marco che si voltò verso di lui, sorridente.

-Mhm... Tu... Tu non parlerai di questo a nessuno, per niente al mondo, vero?- mormorò, indicandolo mentre quello, annuendo con un sospiro divertito, gli si avvicinò fino a congiungere le braccia attorno al suo fragile busto, o almeno così gli sembrò mentre venne abbracciato da quel ragazzo e da quegli arti così fini rispetto a come li ricordava, e il che lo lasciò con l'amaro in bocca: gli mancava il suo Marco, quello che, oltre a conoscere era anche un ragazzo, come lui e come voleva tornare ad essere. Sentì il suo volto contro al proprio collo insieme al suo fiato e sbuffò, sentendosi eccitato per come lo tenesse e per come gli fosse vicino, come dimostrava il suo cuore, e nel pensarci ebbe la tentazione di scappare, non volendo che Marco sentisse ciò che scaturiva in lui, ma era così bello stargli così accanto da essere uniti...

-Ma tu cosa provi per me?- gli sfuggì, a Marco, distaccandosi e tornando con la fronte contro quella di Ace prima di allontanarsi lui, di scatto, nel ricevere quella risposta, così tranquilla e fredda.

-Niente.-

-Incredibile invece, che tu mi piaccia anche ora che sei una donna.- fece una smorfia, dandogli le spalle e andando verso la porta, annunciando che sarebbe sceso, forse con troppa durezza e un volto troppo acido, ma ormai aveva chiuso la porta, e così si recò verso le scale: non doveva perdere tempo ma trovare il modo per tornare a casa, assieme ad Ace, per quanto gli spezzasse il cuore.



-Che stanchezza...- sbuffò, portando gli occhi sul secondo sé, ancora sul divano, e che rise alle sue parole.

-Dai, è così cari... Carino e dolce.-

-Lo so, ma non è il momento per queste cose: per caso hai gli ingredienti?- volle tornare, in fretta al discorso della pizza, sempre se era quella che aveva causato tutto, ma, a pensarci, non c'era altro che avesse preso ho fatto, ieri, di diverso oltre a quel cibo. Ricordava anche di essersi addormentato; si era sentito estremamente stanco dopo averla assaggiata... In ogni caso, per quanto Ace fosse... Oh, ma perché pensava a lui? E pensare che gli feriva, gli bruciava e lo pizzicava dentro, quel maledetto "Niente.".

-C'è n'è una fetta. Anne me l'aveva conservata. Un po' come il tuo Ace. Sai, quando gli ho detto che ero sposato con lei, scusa, lui; aveva intenzione di togliersi l'anello, ma alla fine non lo ha fatto e si è limitato a chiudersi in stanza. Penso che l'idea di essere sposato con te li sia piaciuta particolarmente.- annunciò, consapevole di sapere che, l'altro sé, amasse quell'Ace come lui amava Anne; avviandosi, nel parlare, verso la cucina e abbandonando il divano, fino al tavolo per poi andare verso il frigo, intanto che il secondo Marco si appoggiò al bordo dello schienale della sedia in legno, tenendosi ad esso con le mani e unendo i polpacci, sbuffando e puntando gli occhi al soffitto per quelle parole, con il seno che traballò ai suoi gesti.

-Lo so.-

-Cosa vi frena allora?- mormorò cauto, sentendo di star spargendo sale su un tasto dolente e troppo aperto, come notò anche dagli occhi dell'altro, che senza guardarlo, preferiva mostrare il suo dolore al bianco muro sopra di lui.

-È Ace, in realtà. Quando provo a fargli capire ciò che sento, si allontana. Alla fine ci ho rinunciato, almeno un po'.-

-Rinunciato? Davvero?-

-Se non vuole stare con me, un motivo ci sarà. Di certo, suppongo, siano i ventitré anni che ci separano... Sono molti... Per forza: è l'unica cosa che possa farlo ripensare sul nostro amore... Oh, non importa.-

-Anche io e Anne abbiamo ventitré anni di differenza, ma lei ha sempre continuato ad affermare che non gli importava, e che mi amava.- sorrise malinconico, più perché le mancasse, e Marco, dietro di lui, annuì. -Il tuo Ace è uguale alla mia Anne, comunque. Te lo confermo.-

-Ma forse per noi è diverso.-

-Diverso cosa?- mormorò, Ace, ancora con un po' di difficoltà per l'esperienza inusuale appena vissuta, anche se al tempo stesso di norma; e non sapeva se era per il bagno o per Marco... o per la risposta data con fare così tanto orribile, mentre andò poi a inquadrare il cibo che teneva l'uomo sorrise. -Uh! Mangiamo!-

-La mangiate tutti e due, Ace. E forse tornerete nel vostro mondo, altrimenti... Francamente, questa giornata è troppo strana e incoerente per i miei gusti.- fece una smorfia, puntando poi lo sguardo sul secondo Marco; dopotutto nemmeno Ace sembrava intento a guardarlo,

-Non dovreste farvi scappare il tempo che avete, e io non vedo l'ora di riavere la mia Anne di nuovo con me, senza offesa.- asserì, puntando poi gli occhi sul corpo di sua moglie, non volendo essere crudele però, con quelle parole.

-Cos...? Di che...? Non mi interessa, e spero anch'io di tornare nel mio corpo.- borbottò, avvicinandosi alla cucina con riluttanza; non avendo tanta voglia di avvicinarsi al suo Marco, per quanto non fosse suo, e che era tornato, poi, a esaminarlo attentamente, deciso prima che gli sorridesse con gioia, come a voler dar retta al suo secondo sé.

-Parlavamo di quanto siamo innamorati di te, Ace.- confessò allora, il biondo, con il primo che annuì ed Ace che spalancò la bocca, sbalordito da quelle parole, cominciando a boccheggiare e tornando rosso nuovamente, osservando poi scandalizzato chi avesse pronunciato quelle parole.




Era in un corpo di un uomo! Cioè, cosa? Perché! Oh, ma andiamo! Poteva svegliarsi in un incubo migliore? In più, l'urlo che aveva cacciato aveva fatto accorrere troppe persone, che conosceva e non al tempo stesso... Insomma, era la famiglia di Marco, del suo Marco, eppure erano... Erano pirati! Insomma... Perché?

Ora che aveva trovato una camicia, per quanto inutile, si era coperta con essa il suo petto, muscolo e grande; in ogni caso... si era visto, in bagno: aveva proprio la stessa cosa che avevano i maschi! Che cosa strana! Troppo! Per curiosità l'aveva anche toccato: era una novità solo perché era attaccata a lei e non al corpo di Marco... E-E poi... Erano pelose! Bleah! E si muovevano! Le sentiva ballonzolare ad ogni movimento che aveva fatto, ma almeno, successivamente, nel rimettersi i boxer aveva diminuito il fastidio di quelle cose che rimbalzavano ma adesso non troppo grazie ai vari indumenti che li sigillavano con sicurezza... Però... E... Puntò gli occhi in avanti dopo aver esaminato per troppo il pavimento in legno, fuori all'aria aperta; in una pausa dalla ricerca, guardando il corridoio aperto della nave e osservando Thatch...

-Ehi, Ace!-

Giusto, aveva cambiato nome, come indicava il tatuaggio che aveva visto allo specchio quella mattina; non era Anne, ma Ace, con una S sbarrata, ma quella l'aveva anche lei, però... Per di più prendeva fuoco! Letteralmente! E non sapeva nuotare... Aveva fatto esplodere qualcosa, non aveva capito cosa, ed era finita in acqua, e lì, nel mare, immenso ed enorme come mai lo aveva visto, aveva capito di essere sua nemica, per come la soffocasse e la inghiottisse in un vortice senza fine... Pesante come mai...

-Dimmi, per caso sai dov'è il mio Marco?-

-Oh, in effetti... Tuo? Non mi dire che finalmente hai accettato i tuoi sentimenti, mio caro Ace?- si affrettò a raggiungerlo da più vicino, dandogli delle gomitate sotto il suo sguardo stranito prima che annuisse, giusto per dargli corda, non volendo star troppo a ragionare su una realtà o su un sogno troppo sconosciuto e complicato: l'importante era Marco, al momento.

-Ora mi dici dov'è?-

-Sì. È da questa mattina che non l'ho visto: sarà in stanza.- parlottò, stranito dalla cosa, perché non era da Marco, nemmeno non presentarsi a colazione o a pranzo, però era sempre sinonimo che avesse da fare e non volesse essere disturbato, prima che si illuminasse e facesse un ghigno sbilenco. -Non ditemi che voi due vi siete divertiti, neh? Perché non mi racconti com'è andata, mhm?-

-Smettila!- asserì, rosso, e stringendo i pugni lungo i fianchi, facendolo solo sorridere di più prima che, senza volere gli desse fuoco, oltre a far fiammeggiare le proprie spalle. Così vide il cuoco cercare di spegnersi e si affrettò a chiedere scusa con un inchino, sperando che riuscisse a spegnersi da sé, perché lui non sapeva come aiutarlo, tossicchiando poi quando vide che ci riuscì, prima che, strizzando un occhio, ancora dispiaciuto di avergli disintegrato la camicia, guardandolo bruciacchiato e con il fiatone tornò a chiedere. -E dov'è la sua stanza?- inclinò il capo poi, guardandosi attorno per analizzare le porte e sperando ne uscisse la sua dolce metà, ignorando il volto, più stranito del suo e ancora ferito per quel gesto, del castano. Che poi, era cuoco pure lì, in quel mondo pirata, pensò, pur volendo distrarsi da quell'occhiata risentita. Da un po', si era convinta, cioè, lo sperava tanto davvero, che non fosse un sogno, tra l'altro, per quanto fosse surreale ogni cosa... Ma sperava il contrario al tempo stesso.

-Oggi sei più strano del solito, Ace. È al solito posto: scendi in cabina ed è la decima porta a destra.-

-Grazie!- sorrise, urlandolo con troppa enfasi da farlo ridere mentre corse via. Ma forse era un sogno e non riusciva a svegliarsi. Ma l'importante era che ci fosse Marco. Sperava tanto che avrebbe capito la sua situazione, dato qualche risposta e insomma... Marco era sempre stato intuitivo e perspicace. Confidava molto in lui, sorrise, trionfante. Però, togliendo il fattore uomo, era fantastico essere una pirata. E poi, non dubitava, non lo aveva mai fatto, nemmeno per un attimo, che non lo avrebbe amato solo perché uomo, anzi, ma anche lei stessa rivoleva il suo corpo; era certa che lui la avrebbe accolta come sempre: a braccia aperte.

Schiuse la porta, sperando fosse quella giusta e scrutando l'interno. Si affrettò a entrare subito dopo averlo visto riposare, disteso, nel letto e sotto le coperte. Rise, sfregandosi la chioma, che aveva notato, quella mattina, allo specchio, fosse sempre la stessa come il suo volto, anche se più maschile e grande; e subito avanzò, fino a scivolare in avanti, con le mani, ai lati delle braccia del biondo, portandosi poi, delicatamente, ad adagiarsi sopra di lui, sfregandosi sotto al suo collo con la guancia e sotto al suo mento spigoloso per la barbetta con la fronte; e mugugnando allegro, respirando il suo odore caldo e sudato riaprì le palpebre per guardarsi attorno, volendo aspettare che si destasse da solo prima di puntarli su un qualcosa di bianco, di ceramica.

-Oh, hai mangiato la fetta che ti avevo conservato.- rise, senza porsi troppe domande e prendendo un po' di quella crosta, lasciata nel piatto sopra al comodino in legno, scuro, e iniziando a mangiucchiarla con fierezza prima di riadagiarsi contro il petto del suo biondo, sentendosi così serena di essere con lui anche in quel posto tanto strano, e portando la mano a legarsi all'altra, intrecciandola alle sue dita; in attesa del suo risveglio con dolcezza.



-Abbiamo mangiato la pizza, ora che succede?- mormorò, un po' impaziente e guardandosi il corpo, come a immaginare che cambiasse da un momento all'altro, per poi osservare prima l'uomo e poi quello suo, che conosceva, che si sedette sulla sedia, ed Ace fece una smorfia: voleva andargli vicino proprio adesso ma se si era messo seduto... -Inizio ad avere sonno.- sbadigliò, passandosi una mano sul volto, con il dorso, come un gattino, e con l'altra a stringere lo schienale libero di una sedia, a capo tavola; continuando a parlare senza sapere nemmeno lui perché, forse solo per attirare la loro attenzione prima che sussultasse nel vedere le mani di Marco, quello con cui stava Anne, unirgli la camicia e riallacciare nuovamente i bottoni all'altezza del seno, forse perché si erano nuovamente slacciati. -Cosa...?-

-Perdonami, ma non vuoi essere visto, no? E poi, ti fa freddo così. Vuoi che ti prendo qualcosa...?-

-No, no. Non toccarmi.- borbottò, senza però allontanarlo come successo quella mattina, ma lasciandolo fare con un rossore vivo sul volto mentre gli occhi andarono, senza volere, tanto che li rimproverò da sé, sul suo Marco, che lo guardava con attenzione, e a quel punto distolse lo sguardo in fretta, imbarazzato. Peccato fosse donna, in quel momento, Marco... Ma gli piaceva sempre, altrimenti non si spiegava quei comportamenti. Ma in fondo era Marco, e gli piaceva sempre, sempre. Peccato non riuscisse a starci... Che si bloccasse sempre...

-Se hai sonno, puoi andare a letto... O dove vuoi... Anche tu hai sonno?- si voltò verso il secondo sé nel ricevere tanto astio negli occhi di Anne, capendo che dovesse cambiare argomento, o persona.

-Sì.- concordò, con poco entusiasmo e con le palpebre decadenti.

-Marco...- gemette, portando una mano a cingere il proprio busto, sussurrando quel nome con tristezza, volendo... -Mi dispiace per quello che ti ho detto prima, in bagno.- farfugliò, per poi alzare gli occhi, indietreggiando per distaccarsi da quello che non gli apparteneva, ma sforzando un sorriso nel vedere che si fosse alzato, avvicinandosi al punto di portare il suo naso contro il proprio insieme alla fronte.

-Lo so che mi ami, Ace. Aspetterò, se necessario.- sussurrò, sorridendo insieme a lui, con il Marco di quel mondo, dietro che, sedendosi e appoggiando il gomito sul tavolo si sentì soddisfatto: gli sarebbe mancato qualcosa dentro se li avesse visti così lontani, anche se non ne capiva il motivo, ma di certo centrava che fossero le loro controparti.

-Grazie.- si strusciò un attimo, sbadigliando e chiudendo gli occhi, respirando sempre più piano, e sentendo che fosse lo stesso per il suo Marco intanto che gli tenesse i fianchi per stringerlo a sé. -Io ho bisogno proprio di andare a dormire un po'...- si distaccò a malavoglia, schiudendo un occhio a fatica e osservando il soggiorno con la mano di Marco sulla schiena, andando poi verso il divano con un altro sbadiglio, portando poi a distendersi, senza sapere o capire che Marco lo avesse seguito o meno, ma avrebbe voluto sedersi o distendersi su Marco. Nah, forse era meglio così... Forse. Forse no.




Ah, si sentiva stanco. Schiuse le palpebre, sbadigliando e mormorando piano mentre si alzò, stropicciandosi un occhio e strisciando indietro con le gambe e le mani, sentendo qualcosa di caldo, anche se meno di lui, e anche duro prima che portasse gli occhi davanti a sé, ritrovando un muro: aveva detto caldo?, se ne meravigliò prima di sorridere, sentendosi meglio nel percepire le fiamme dentro di sé, e si affrettò subito, poi, portando gli occhi e le mani sul suo petto, a tastarlo e a notarlo anche con le pupille per come fosse piatto ma tonico e mascolino, scivolando nell'istante dopo con gli arti e aprendo i pantaloni, notando che fosse tutto come sempre anche sotto. Ghignò, gongolando e dondolando a destra e sinistra nel mentre, restando a cavalcioni prima di bloccarsi, spalancando gli occhi nel vedere solo in quel momento il corpo su cui era seduto, e lo risalì, dalla coperta che gli copriva le gambe ai pettorali che ben conosceva, terminando sullo sguardo attento e curioso di Marco, nonché divertito.

-Ah! Scusa!- si affrettò a scattare in piedi, riallacciandosi i bermuda ma finendo solo con l'inciampare, con il tallone che si curvò nel modo sbagliato, all'infuori e sprofondando nel materasso, così da far crollare tutto il suo corpo a terra, di schiena nonostante provò a girarsi per atterrare meglio, solo per poi piombare decisamente male, protestando prima di rimettersi seduto e scuotere feroce il capo; sopra il pavimento, finalmente ed effettivamente, di legno. -Siamo sulla Moby Dick.- costatò, ridendone poi allegro.

-Ti sei fatto male?-

-Sei di nuovo tu, Marco! E io sono di nuovo Ace.- sorrise, portando le ginocchia al petto, lasciando che strisciassero silenziose fino alla meta prima di alzarsi come una molla fin troppo vivace.

-Perché non torni qui?- sorrise, benevolo, e dandosi una pacca alle gambe, ignorando che fosse notte, fuori, come mostrava l'oblò accanto al letto, ma Ace indietreggiò un attimo, e allora Marco sospirò, annuendo. -Va bene. Dubito sia stato un sogno, o forse sì, ma non mi importa. Basta essere tornati a casa. Ci vediamo, Ace.- si mise seduto, sapendo che sarebbe uscito, ma, alzando lo sguardo dal proprio corpo, davvero maschile come sempre, si ritrovò il suo sguardo davanti al naso, rosso e imbarazzato, con gli occhi chiusi mentre si rimise, a stento e a tentoni, di nuovo seduto sulle sue gambe.

-M-mi di-spiace...- schiuse le palpebre, sospirando e portando poi lo sguardo in basso. -Non hai la camicia...-

-Di cosa, chiedi scusa? La camicia... Forse c'è l'ha Anne.- sorrise, portando la mano, lentamente e con cautela, contro la guancia del moro che strizzò l'occhio sopra di esso, come spaventato ma aspettando e respirando.

-Ti ho cacciato io in quel guaio, no? La pizza l'ho portata io.-

-Meglio così. È stato bello, alla fine, no?-

-Mhm...- mugugnò, scrutando un po' il nulla e respirando un attimo prima di sigillare le palpebre e avvicinarsi, dopo aver arricciato le labbra; fino a quelle del ragazzo, timoroso e tremante; ma, ascoltando il verso sorpreso del biondo iniziò a capire di aver sbagliato, oltre che sembrava essere in quella posa da una vita, per lui, così cominciò a reclinare quel suo stesso invito, ma prima che potesse agire in qualche modo, Marco si impossessò di lui, tenendolo a sé e sentendo il suo sapore, di quella bocca e mischiandola alla propria mentre gli cinse la vita con forza, portandoselo più vicino e con amore, per i fianchi, così da toccarsi, entrambi con il corpo dell'altro, stando così vicini da essere attaccati.




-Marco, ho fatto un sogno stranissimo!- sobbalzò nel riaprire gli occhi, parlando solo dopo essersi messa seduta con le ginocchia sotto di sé; e successivamente l'aver esaminato bene l'interno dei suoi vestiti, scoprendo di essere la solita sé; e allora, scostato la coperta, che era scivolata dalla sua schiena, si alzò dal divano, volendo correre dal suo sposo, ma si fermò ancora in soggiorno nel vedere una valigia, davanti ai suoi occhi e accanto al muro della cucina, già aperta e distesa sul pavimento, ed enfatizzò, saltando di gioia. -Ti sei trasferito qui!- anche se voleva essere una domanda, parve più come un'affermazione mentre dalla cucina comparve il suo ragazzo, che le sorrise, accogliendola volentieri tra le braccia, stringendola come a non volerla più lasciare andare mentre Anne rise, parlando comunque che aveva un bisogno estremo di parlargli e di raccontargli tutto il suo sogno strano, affermando che fosse stato quasi un viaggio, per lei.

-Però c'eri anche tu, sai! Non mi lasci mai, nemmeno nei sogni, ma non ti ho voluto svegliare, lì.-

-Ben tornata allora! O meglio, ben svegliata: come preferisci. E sì, sono con te ovunque: a quanto pare siamo destinati in qualunque posto; e ora vivremo anche insieme... Come volevi tu.- sospirò, felice di riaverla, quella originale: la sua Anne. Un po' gli sarebbe mancato, quell'Ace, sembrava, ed era, speciale come la sua controparte in cui aveva abitato per un po', e che adesso la sentiva ridere, felice di quel regalo che le aveva fatto.




-Oh! E mi raccomando, Marco; per favore, non dire nulla a nessuno che sono stato una donna per un po'.- mormorò poi, speranzoso che lo ascoltasse dopo essersi distaccato dal bacio, e chinando gli occhi a terra, riluttante e triste. -È stato bello il bacio?-

-Non dirò niente, e tu fai lo stesso, per favore, soprattutto con Thatch.- rise, ma alla fine, l'importante era stato il finale di quella giornata, con quel gesto di Ace, così spontaneo e innocente mentre portò la bocca a scontrarsi, leggermente, con quella del moro, nuovamente e con una fugace passione; accarezzandogli il volto nel frattempo con il dorso delle dita della mano destra. -Questo vale come risposta?-

-Mhm... sì.- sbuffò una risata poco dopo, lasciandolo confuso. -Sei fantastico, Marco: quindi ci sposiamo?-

-Ehi, ehi, ora non affrettiamo le cose...- gemette, fingendosi oltraggiato da tutta quella velocità nonostante la risata che gli uscì e il tono scherzoso. -Andiamo, annunciamo un po' a Thatch il nostro fidanzamento, così festeggiamo... Ma niente pizza.-

-Nemmeno un po'?- rise, annuendo e scattando in piedi, correndo veloce verso la porta con lo stomaco che ruggì per la fame, e Marco che si affrettò per non restare indietro.

-Ah, Marco.- si bloccò poi, ormai in corridoio e guardandolo stare dietro la sua schiena, con quei centimetri in più, come una barriera, a scrutarlo con attenzione e curiosità mentre notò il suo sorriso sincero prima che tornasse al suo discorso con delle caste e calde parole, così perfette: -Scusa se non te l'ho mai detto prima: Ti amo.-


Fine.

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro