Chào các bạn! Vì nhiều lý do từ nay Truyen2U chính thức đổi tên là Truyen247.Pro. Mong các bạn tiếp tục ủng hộ truy cập tên miền mới này nhé! Mãi yêu... ♥

Capitolo 22

Mi lascio divorare dal silenzio di casa mia. I miei sono fuori città, mia sorella dai nonni e a me rimangono questi piani di casa spogli di ogni genere di movimento o suono. Una bolla perfetta per riposizionare i miei pensieri come su degli scaffali di un supermercato. Più spazio hai, più ordine puoi fare mi dico sempre. Peccato che persino dal mio sofà in pelle nera la mia testa rimane un enorme scatolone che nasconderei in soffitta.

Soffro del disturbo di personalità multipla, perciò dopo qualche giorno di quiete monotona con Rose, mi rifugio nel mio nulla accompagnato dal ticchettino dell'enorme orologio al centro del salotto. Riempio lo spazio con i miei passi, avanti e indietro, poi attorno al tavolino, e infine decido di prendere il posacenere e di riempirlo di mozziconi di sigarette.

Comincio a fumare una Marlboro dietro l'altra, poco dopo il volume della stanza è occupato da un'enorme nuvola di fumo e mi abbandono ad un sonnellino pomeridiano.

Comincio a sussurra il nome di Ranny, dentro la mia testa un bianco perlato e una sagoma nera al centro. Mi dimeno nel mio sogno cercando di scorgere un particolare, inizio a correre verso la figura senza mai realmente raggiungerla. Improvvisamente due enormi occhi blu si aprono davanti a me, vedo le sue labbra muoversi a velocità inaudita. Balbetta parole di cui non riesco a sentire il suono, poi ad un tratto del sangue comincia a colare dai suoi occhi che diventano di un nero pece e si spegne.

Mi sveglio col respiro corto, completamente sudato e un macigno al centro del mio petto. Un dolore si apre al centro del mio stomaco, comincio a respirare male e ad intervalli sempre più corti. Prendo il cuscino del divano, affondo i denti e ci urlo dentro. Chiudo gli occhi e immagino di essere altrove, sento delle mani accarezzarmi i capelli, e un sussurro vicino al mio orecchio destro: Rose.

Assaporata un po' di calma, afferro il posacenere davanti ai miei occhi e lo scaravento al muro dalla rabbia. Si frantuma in mille pezzi come il mondo che vorrei fare a brandelli. Un mondo che mi ha portato via la mia persona cara, mi ha strappato via il suo sorriso e la sua voce. Dio, la sua voce, quanto vorrei risentirla. E ora invece questi sogni muti, senza sottotitoli che mi rendono vulnerabile come questo posacenere che non è riuscito a proteggersi e si è schiantato a terra: perdendo.

Ho perso, oggi in mezzo a questo fumo, in mezzo alle mie fragilità e ai miei sbattimenti. Ho perso di nuovo il controllo di me stesso, sono diventato vittima di me stesso e del mio respiro che non riesco più a regolarizzare senza un comando ad alta voce.

Sono diventato una marionetta in mano a questa vita che fa di me il suo giocattolo preferito, e mentre mento a me stesso credendo di farcela, vorrei solo scorrere i numeri sul mio cellulare e chiamare un buon spacciatore.

Mento ogni giorno, quando credo di alzarmi la mattina e fare la mia solita routine che ho imparato a memoria come se fosse un algoritmo efficiente.

Mi alzo, guardo l'ora, bevo un bicchiere d'acqua prima di precipitarmi in bagno, e se la mattina è soleggiata quando mi guardo allo specchio mi insulto meno del solito, e poi il bug, il malfunzionamento: quel telefono sul comodino che non squilla più, che non riceve più il messaggio del buongiorno, o della buonanotte. E quel letto enorme e disfatto con accanto un materassino oramai sgonfio e chiuso nell'angolo a prendere polvere. Era il tuo posto quello, Ranny.

I miei passi che diventano sempre più pesanti, i piedi che si muovono a fatica e lo stomaco che non riesce a ingerire nemmeno un caffè per colazione. E così quella routine perfetta si trasforma in un perfetto motivo per mettermi in un angolo del mio letto a fumare e a lamentarmi di questo universo che oramai gira un po' come cazzo vuole lui.

E quella lettera sulla mensola che mi ha lasciato più domande che risposte, che non riesce a far tacere questo cuore che soffre e piange ogni centimetro di terra su cui cammino senza più lui accanto.

Ho lasciato a me stesso il coltello dalla parte del manico, e sul mio petto un cerchio rosso come bersaglio.

Un tossico sarà mai un ex tossico? L'assuefazione, quel senso di libertà, la polverina d'angelo su per il mio naso, quella dipendenza che fa il nido dentro di te e che cerchi di espellere con tutte le tue forze, bussa alla tua porta quando meno te l'aspetti.

Sono davvero pulito, o sono dipendente da questa falsa consapevolezza?

La sveglia al mattino è un buon modo per mentire a me stesso?

Reagisco con impulsività a questo grido di dolore, prendo la giacca e sbatto la porta alle mie spalle. In pochi minuti mi ritrovo al Circolo: un vecchio teatro all'aperto abbandonato della mia città, km di cerchi concentrici e verso la fine il mio trono. È stato il mio regno per un bel po' di tempo, ero temuto, cercato, idolatrato come Gesù Cristo. Era pane ed acqua per il mio ego.

Nella mia mente sfrecciano mille motivi per non scendere queste scale e far tacere il mio dolore con una striscia di cocaina, e solo uno per farlo. E nella vita non sai mai da che parte deve pendere la bilancia.

Posso anche comprare una dose senza farmi davvero, tenermela in tasca, farla riposare per qualche giorno dentro il cassetto e poi buttarla via.

Ho davvero tutto questo autocontrollo?

Io che faccio fatica persino a scegliere una nuova marca di sigarette e decido di fumare la stessa per anni solo per la pigrizia, o perché nella vita sono sempre stato un grande codardo mai in grado di prendersi la responsabilità e l'unica responsabilità che mi sono affibbiato è quella che non ho mai realmente avuto: la morte di Ranny.

E questa stessa responsabilità ora mi fa scendere giù, gradino dopo gradino, davanti alle persone che mi credono ancora un Dio. Ma non sanno che avrei fatto venire l'Apocalisse ben presto.

Davanti a me, occhi increduli e sorpresi, dentro di me un ego smisurato. Faccio piccoli movimenti, accompagnati da una faccia di marmo che mette ancora paura e passo una banconota arancione al ragazzo tremante, lui afferra i soldi e con una timidezza disarmante getta nella mia tasca una bustina.

«Rimani?» - un branco di pecore gettate allo sbaraglio, senza meta e pastore, pecore così stupide e masochiste da volere nel branco il lupo cattivo per farsi divorare, «Non stasera» rispondo secco.

Mi volto e comincio la risalita, dietro di me la voce del ragazzo mi blocca per qualche secondo, «Ti ho dato più di quanto hai chiesto», continuo a camminare e non mi volto, «È il nostro regalo di bentornato» aggiunge.

Ingoio questo groppone, faccio un altro gradino e mi volto «Hai fatto solo ciò che mi dovevi» dico, e ritorno a galla.

Ma quale galla, dentro di me c'è una tempesta e una brutta mareggiata che a breve mi travolgerà. Mi fermo, ho il respiro corto, infilo la mano dentro la tasca della giacca. Tocco con i polpastrelli la bustina, sento la polverina bianca stridere dentro le mie mani, chiudo gli occhi e respiro. Dentro la mia tasca una dose di morte riesce ancora a tenermi in vita.

E adesso la dose di eroina mi tiene al guinzaglio, le catene stridono e di me resta solo questa rabbia e un cortile sempre più corto di vita.

Con la frenesia che mi sale fin dentro le ossa, ritorno a casa, la strada sembra sempre più corta e in meno di dieci minuti chiudo il portone di casa mia alla mie spalle.

Spalle al muro, mani in alto e in ogni angolo di questa prigione sono il detenuto e il poliziotto. Posso ancora decidere, sono più forte di dieci grammi di roba, sfilo la giacca di pelle, accanto a me Ranny.

«Perché vuoi farlo?» inizio a sentire la sua voce, il vuoto comincia a riempirsi della sua presenza, le sue scarpe di ginnastica nuove stridono sul parquet del mio corridoio. Quel rumore forte mi perfora i timpani, «Vorrei non sentire più niente» sussurro allo specchio, dentro solo il riflesso. Solo io riesco a vederti, persino questa vita ti cancella dalla sua faccia.

«Cosa senti?» è vicinissimo al mio orecchio, sento un brivido percorrermi la schiena, «Voltati» e adesso lo vedo, davanti a me il suo volto è reale. Quel nero pece sotto i suoi occhi chiari, e quel volto scavato dalla fame e dalla dipendenza.

«Ne vale la pena?» continua a tartassarmi di domande, devio la sua presenza, mi siedo sul divano, estraggo la bustina dalla tasca destra. Comincio a giocherellare, «Pesa meno della mia anima» sussurro, intanto Ranny è seduto difronte a me, «Più della mia» risponde, «Vorrei fossi molto più pesante» lo guardo dentro gli occhi e comincio a lacrimare, le sue mani raggiungono il mio volto e cominciano ad asciugare con delicatezza questo rubinetto difettoso.

«Sono innamorato, e mi sento così inadatto» la mia voce è rotta dai singhiozzi,

«Sei adatto invece, liberati di questi mostri», prendo il Bancomat dal portafoglio e l'appoggio sul tavolino, «Sono io il mostro, Ranny».

La sua mano mi ferma, sento il suo calore, posso sfiorare la sua pelle e per un attimo sento il suo odore di bravo ragazzo misto a Marlboro malpagate.

«Perché riesco a vederti?» davanti a me quel volto, quella disperazione, quella lama nelle mani che ha paura di infilzare dentro il mio petto. Fa un respiro profondo, si ferma e blocca il mio viso tra le sue mani. Incastra i miei occhi nei suoi e vorrei il mondo finisse esattamente così. Dimmi che sei la morte, sussurrami che è arrivata la fine, prendimi Ranny, sono pronto.

«Sei malato, Alex».

Davanti ai miei occhi la bustina totalmente vuota, il tavolino pieno di puntini bianchi e le mie narici dilatate come questo vuoto che sento ancora più forte.


───────

Alle dipendenze, a tutte le volte che credevi di non farcela, 

e a tutte quelle volte che hai realmente fallito. 

Alle mancanze, e ai vuoti incolmabili. 

───────


È sempre bello ritornare qui sopra, questa storia ancora esiste ed esisterà fino a quando avrò qualcosa da raccontare.

Grazie ♡. 

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro