Capitolo 3
Quella discussione finì presto, quando il mio cellulare squillò, indicando il nome di Alex che mi stava chiamando. Mi allontanai da quel ragazzo per rispondere, e sapere se il danno che aveva commesso su Dylan fosse tanto grave.
Quando risposi Alex mi assicurò che stava bene, tranne per una frattura al naso e ad una mascella, che sarebbero guarite in poche settimane. Le ferite erano superficiali, e le lesionate minimamente. Quindi mi tranquillizzai, e tirai un sospiro di sollievo, mentre andavo alla mia ultima lezione, quella di lingua tedesca.
La classe era poco popolata, ad occhio eravamo dieci persone compresi me e la professoressa, la quale mi accolse calorosamente. «Benvenuta, signorina Winter! Si accomodi, aspettavamo lei per iniziare.» disse la donna con un forte accento tedesco «Io sono Abelke Hoffmann, la tua insegnante di tedesco. Accomodati vicino ad Alana, infondo. Nelle mie lezioni tre regole fondamentali. Rispondere alle domande. Ascoltare la lezione. Alzare la mano in caso di dubbio. Nient'altro, questo è tutto» esclamò felice.
Andai a sedermi vicino a quella ragazza, Alana, che la professoressa Hoffmann mi aveva indicato. Era seduta in disparte, in un banco in terza fila, mentre il suo sguardo vagava fuori dalla finestra. Era una ragazza molto carina. I capelli bruni erano abbinati a delle ciocche bionde leggere, mentre non riuscivo a vedere bene i suoi occhi, dato che non erano completamente rivolti a me. Quando mi sedetti voltò velocemente lo sguardo nella mia direzione, e lì potetti vedere i suoi occhi marrone chiaro che le stavano perfettamente. Non accennò ad un sorriso, solo uno sguardo, per poi voltarsi nuovamente nella direzione della finestra. Da quel momento non ci guardammo più negli occhi, e iniziai a seguire la lezione, mentre lei non girò mai il volto nella direzione della professoressa.
La lezione fu molto rilassante e piacevole, quando finì, uscii velocemente. Incontrai le mie sorelle dove le avevo lasciate la mattina, non posero più domande riguardanti l'accaduto di Dylan. Ma ero sicura che appena arrivate a casa, Cath mi avrebbe raccontato ogni singola cosa di quell'essere. Aveva sicuramente preso informazioni, tale pettegola era. Uscite fuori, la zia Nelle venne a prenderci, caricandoci sulla sua auto per portarci verso casa. Io salii nel posto del passeggero mentre le mie sorelle salirono nei posti dietro.
«Allora vi siete divertite, in questo primo giorno di scuola?» sorrise con il suo entusiasmo.
«Io non direi proprio, Alex non ti ha detto niente?» domandai io.
«Ho saputo. Sono fiera di te, amore di zia, davvero. Hai fatto la cosa giusta con quel ragazzo, hai parlato con la preside?» chiese invece lei.
«Ho parlato con lei, ma non avevo molto da dirle, dato che non ho visto chi o che cosa ha ridotto quel ragazzo in quello stato, non sono stata molto utile » mentii, nuovamente.
«Giurerei di aver sentito Alex dire che sei stata tu a interrompere la rissa. Avrò capito male, ma sei stata comunque perfetta, davvero.» sorrise nuovamente.
«Non ho fatto niente.» girai il volto verso in finestrino, guardando la meravigliosa città di Seattle che mi si presentava davanti.
«Io ho conosciuto un ragazzo davvero carino, si chiama Christopher, ed è bellissimo» esclamò Cassandra. «Facciamo lo stesso corso di letteratura inglese, ed è perfetto. Mi ha detto che fa parte della banda dei popolari della scuola, però sembra così gentile, non uno che se la tira. Ah magari potessi un giorno fidanzarmi con lui» continuò.
«Tu sogni troppo, non siamo a New York. Qui nessuno è come lì. Qui devi aspettarti di tutto, a New York sai che dove ti giri trovi qualcuno che si mette con te. E poi siamo al primo giorno, che ne sai di lui?» le andò contro Adrienne.
«Lasciami sognare. Chi sogna ha la possibilità di essere felice, non come te che sei sempre così dura, e non ti diverti mai.» replicò la ragazza.
«Non sono io che non mi diverto mai, sei tu che ti diverti troppo. Chi sogna non vive, resta solo nella sua immaginazione. Per me puoi sognare, ma almeno abbi la spudoratezza di aspettare due settimane prima di sognare una relazione. Sembra quasi che tu ti stessi buttando alle spalle mamma e papà. Dimentichi troppo in fretta.» restammo tutte scioccate dalla sua affermazione, mentre la zia per poco non si buttava su un'altra auto.
«Adrienne, come ti permetti a dire questo? Come potrei dimenticarli? Come potrei dimenticare due delle persone che ho più amato in vita mia? Non sto dimenticando niente. Cerco di andare avanti, perché se resto in un punto, credo di non potercela fare. Non sai cosa penso, e nemmeno io so cosa pensi tu. Non abbiamo avuto il coraggio di parlare, quindi non è solo colpa mia» disse con le lacrime agli occhi.
«Oh certo come vuoi» concluse il discorso Adrienne.
«Ehm, Cath, tu tutto bene?» proseguì la zia Nelle, per tentare di allentare la tensione.
«Direi di sì, grazie zia. Oh siamo arrivati.» rispose velocemente, e scese senza nemmeno aspettare che posteggiasse. Noi aspettammo Nelle, e scendemmo. Adrienne andò nella camera di Alex, mentre Cassandra si chiuse nella camera che condividevano. Cath molto probabilmente era nella nostra stanza ad ascoltare musica, mentre io decisi di restare in cucina con la zia.
«Deve essere stato brutto per te sentire queste parole dopo un'intera giornata. Vedrai che alle tue sorelle passerà, anche se so che è colpa mia, e mi dispiace tantissimo» si scusò accarezzandomi la spalla.
«Non è colpa tua, quella discussione sarebbe scoppiata lo stesso in qualche modo» la rassicurai.
«Nemmeno io ed Alex abbiamo parlato molto. Voi eravate le figlie, ma noi siamo cresciuti con Rob, era il nostro fratellone. Adesso lo vorrei qui. Lui avrebbe dovuto accompagnarmi all'altare quando mi sarei sposata. Ed Alex, beh, non l'ha presa di certo bene...» abbassò lo sguardo.«Non voglio rattristarti ulteriormente. Va di sopra da Cath, io intanto preparo il pranzo, che verso le quattro inizio il mio turno di quarantotto ore» cambiò totalmente espressione, alzando il viso, e sorridendo come al solito.
Io annuii e seguii il suo consiglio di salire di sopra da mia sorella. Le scale in legno avevano dei gradini in legno, quindi salii senza alcun sforzo al piano di sopra. La nostra stanza era la terza porta del corridoio azzurrino. Entrai, e vidi Cath seduta sul suo letto con due cuscini che le sostenevano la schiena, mentre leggeva un libro, forse Jane Eyre o Emma, ma ricordo che fosse un classico. Lei aveva preso il letto vicino la porta, invece a me aveva lasciato quello vicino la finestra, inoltre erano sistemati ad L sul lato sinistro, e sul lato destro un grande armadio dove avevamo sistemato la nostra roba.
Mi sedetti anch'io sul letto, e iniziai ad osservarla. Era bellissima, forse la più bella di noi quattro. Somigliava leggermente a me, aveva le mie caratteristiche, biondissima ed occhi verdi, anche se i suoi erano pressoché cerulei e i miei erano proprio come il mare al contrario dei suoi. Inoltre era piccolina, non aveva una stazza pesante, ma piuttosto fine e delicata. Le piaceva leggere, amava il blu, era una semplice ragazza. E mi rincuorava che a soli sedici anni, non poteva contare su sua madre per avere informazioni sui ragazzi. Io avevo solo un anno in più di lei, non avevo molto di che dire. Ma ci sarei sempre stata per lei, ed ero sicura che anche lei ci sarebbe stata per me.
«Smettila di osservarmi in quel modo maniacale» chiuse il libro mettendolo sulle sue gambe. «Dimmi, non è vero che non hai visto niente in quel bagno, giusto? So quando menti, e non capisco perché tu lo hai fatto.»
«Non hai preso informazioni su chi mi sono messa contro?»
«Non ho idea di chi sia la persona che ha reso quel ragazzo una carne da macello, ma a quanto pare tu sì.»
«Harry Styles, ne hai sentito parlare?»
«Oddio, ti sei messa contro il capo della scuola?»
«Capo della scuola? Ma stai dicendo vero? Non è un cazzo per me. Capo della scuola, ma ti rendi conto delle cazzate che spari?» le sussurrai arrabbiata.
«Puoi arrabbiarti quanto vuoi, ma in quella scuola comandano lui e la sua banda. Ho sentito cose terribili sui loro conti. Cose che nemmeno puoi immaginare. Io mi preoccuperei, anzi lo sono già. Ti sei messa nei casini» si alzò posando il libro sul letto, e avvicinandosi. «Non sono come George e Claude, loro non erano dei veri e propri bulli. Invece su Styles la mia nuova compagna di banco del corso di scienze, mi ha raccontato un sacco di cose. Si dice in giro che lui abbia addirittura ucciso qualcuno e sepolto nel cortile scolastico» disse facendomi ridere.
«Bene, credi a tutto quello che vuoi, io non ho più intenzione di contraddirti. Io mi sono messa nei guai, io me li risolvo, basta. Non rompere più il cazzo» la liquidai nella stanza e scesi giù. Decisi di prendere il mio giubbotto e andare a fare un giro del vicinato, per poter prendere almeno un po' d'aria. Inoltre ignorai anche la zia che mi chiamò insistentemente quando stavo per chiudere la porta.
Il tempo era tranquillo, ma nuvoloso. Come del resto, era sempre così a Seattle, anche durante l'estate. Camminavo guardando le varie casa che si presentavano per la strada. Non avevo una metà precisa, volevo semplicemente pensare, anzi smettere di farlo, anche se questo era totalmente impossibile.
Mentre camminavo da una delle porte delle case più lussuose che vi erano, sbattendo fortissimo la porta, ne uscì la causa dei miei primi problemi a Seattle. Rosso in viso, e con la mano destra fasciata, vestito come quella mattina. Dentro di me pensai "Lo stronzo vive qua? Potrei incendiare la casa quando solo lui è lì dentro". Sorrisi al pensiero, ma ero sicura che nemmeno le fiamme sarebbero riuscite a spegnerlo. Quando fu abbastanza lontano da non vedermi, mi avvicinai alla porta dalla quale era uscito, per verificare che quella fosse casa Styles. Mi sorpresi nel leggere il nome Rotten, anziché Styles. E sussultai spaventandomi, quando una voce alle mie spalle mi richiamò.
«Beth» mi girai per vedere il volto di Cole. «Cosa ci fai qui?» era piuttosto stranito e confuso.
«Cole, oh. Facevo un giro del vicinato, anche tu sei di queste parti?» chiesi spostando il discorso in altre direttive.
«A dire la verità questa è casa di Katia, non so se tu sappia chi sia, ma è la ragazza di Styles, che a quanto ho saputo, hai avuto il piacere di conoscere» sorrise, ma era molto falso.
«Sì, esattamente. Ho provato ad evitare che uccidesse tuo fratello Dylan» lo guardai indignata.
«Cosa c'entra Dylan adesso?» iniziò a scaldarsi e ad avvicinarsi di più a me.
«Non lo sai che il tuo caro amico Harry Styles ha massacrato tuo fratello? Oppure ha dimenticato di dirtelo? Fammi capire!» spiegai, e capii dalla faccia che non aveva idea di cosa fosse successo.
«Dio, Dylan. Sta bene?» chiese serio. Ma non ebbi il tempo di rispondere perché Harry tornò, e con la sua aria da 'comando io' si avvicinò sempre di più a noi, mentre io mi allontanai, per non averci nulla a che fare.
«Cosa succede? Scappi?» disse lui ridendo. Non gli risposi, ma prima che potessi andare via definitivamente, mi afferrò per il braccio perché voleva ottenere una risposta.
«Harry lasciala, falla andare via» mi difese Cole. Ma lui non gli diede assolutamente ascolto, anzi prese una stretta più forte, e si avvicinò al mio orecchio.
«Non te ne rendi conto, ma il gioco è già iniziato. Ho deciso il modo in cui sconterai la pena. E forse all'inizio non ti dispiacerà. Ci vediamo, Elizabeth. Cole, entriamo dentro, Katia e gli altri ci aspettano. » ordinò al suo amico lui, bussando.
Io mi volatizzai in un secondo, chiamai un taxi, come avevo abitudine di fare, e decisi di farmi portare vicino al molo di Seattle. Lì era il posto mio e di mio padre, dove ci confessavamo tutti i segreti, e ci abbracciavamo per confortarci a vicenda. Mi mancava, ma non potevo dirlo a nessuno, se non a lui che dal cielo mi osservava.
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