27 Dicembre (Ethan)
<<Coraggio, esprimo un desiderio.>>
A discapito di ogni aspettativa ad aver pronunciata questa frase ero stato io.
Ebbene sì, signore e signori, ero stato ufficialmente Leannizzato - il che sembrava un po' come una malattia e a pensarci bene non era poi così lontano dalla realtà.
Ero stato completamente e inevitabilmente contagiato da lei. Mi era entrata sotto la pelle, fin dentro le ossa e ancora più giù. Ero malato di Leanne, asfissiato dai suoi baci e dai suoi sorrisi, e per quanto possa sembrare la cosa più melensa da dire ero malato d'amore.
Di un amore totalizzante. Di quell'amore che vivi solo a diciassette, che ti fa pensare che sarà per sempre o solo per un giorno, e sarà così sarà il giorno più eterno della tua vita.
<<Da quando Ethan Powell crede nei desideri di Natale?>>
Mi strinsi nelle spalle. <<L'anno scorso non è andata poi così male.>>
<<Giusto,>> sorrise al ricordo della notte di Capodanno e di ciò che avevano chiesto guardando i fuochi d'artificio. <<È vero, sei entrato al corso di medicina .>>
<Non mi riferivo mica a quello,>> le passai un braccio intorno alla vita e le lasciai un bacio.
<<Siamo in vena di romanticismo oggi?>>
<<Diciamo che il tuo arrivo a sorpresa mi ha messo di buon umore,>> strofinai i nostri nasi e le morsi dolcemente il labbro inferiore.
<<Addirittura?>> rispose a tono e mi passò un braccio intorno al collo.
Io annuii lentamente e mi guardai furtivamente intorno. Era una tipica giornata di Dicembre, ovvero: nuvolosa, fredda e con un misto di neve e pioggia sui marciapiedi.
La piazza della città era pressoché vuota e tutti gli abitanti che avevano trovato il coraggio di uscire, si erano riversati nel caldo dei caffè.
<<A che pensi?>> mi richiamó Leanne e misi su la mia migliore espressione equivoca.
La spinsi dolcemente all'indietro, fino a farla scontrare contro il muro di un vicoletto antistante alla piazza.
Lanciai un'ultima occhiata verso la strada e mi premetti contro il suo corpo. Unii le nostre labbra e mi lasciai andare, perso in lei come ogni volta.
Portai una mano tra i suoi capelli, la strinsi a me e approfondii il contatto.
La desideravo, la volevo, la amavo.
Ero arrivato a non dormirci la notte, a non seguire le lezioni, a chiudermi nel bagno più volte di quanto sarei mai stato disposto ad ammettere.
La situazione era diventata insostenibile e a dirmelo era stato Matt quando, poco prima delle vacanze di Natale, era corso in bagno nella pausa tra una lezione e un'altra e mi aveva trovato lì.
Pensavo a Leanne giorno e notte, era diventata il pensiero che accompagnava le mie giornate.
Il mio chiodo fisso.
E inevitabilmente finiva per catalizzare la mia attenzione in ogni istante, in ogni luogo. Eravamo tutti insieme a pranzo e io mi ritrovavo con lo sguardo fisso su quel bottone della camicetta che proprio quel giorno non era stato allacciato; entravo in campo e finivo contro un palo, attirato verso il secondo posto a destra partendo dal basso, verso le sue gambe nude, chiare e lisce.
Noah mi parlava e io riuscivo solo a pensare a Leanne, seduta dall'altra parte della Sala Studenti, una mano nei capelli e una risata negli occhi.
Il mio migliore amico mi raccontava qualcosa di - a suo dire - avvincente e io mi ritrovavo a risalire per intero la figura di sua sorella; che poi era anche la mia ragazza ma in quel momento lui era con me e io ero in fissa con le gambe di Leanne.
<<Et,>> mormorò tra i baci e con una piccola risata.
E non so se a qualcuno è mai successo, se magari ci hanno scritto una poesia sopra - che tanto ormai scrivono su tutto, ma lei rise e a me andò il sangue alla testa.
Leanne aveva una risata ipnotica, eccitante e bella. Proprio come era lei.
E io desideravo da matti fare l'amore con lei. Ecco, l'ho detto. Mi avete sentito tutti?
Io, Ethan Powell, non dormivo la notte perché volevo fare l'amore con Leanne Adams.
Fatto, detto, sottoscritto e pure sigillato. Non si tornava indietro.
<<Ethan,>> scoppiò a ridere, mi portai due dita sulle labbra e l'altra mano a fermare la mia nell'attraversata sotto il suo maglione. <<Innanzitutto hai le mani fredde e mi fai il solletico, e poi siamo in mezzo alla strada. Qualcuno potrebbe vederci.>>
Chiusi lentamente gli occhi e inspirai profondamente. Dopodiché annuii.
Le bacia le dita piccole e carine - che tanto Leanne aveva tutto carino, ormai mi ero rassegnato, e feci un passo indietro.
Misi una certa distanza tra di noi e cominciai a contare.
Uno Mississipi. Due Mississipi. Tre Mississipi.
<<Scusa,>> mormorai allora con un piccolo sorriso, un braccio ancora contro il muro dietro di lei e il busto chinato in avanti, <<Mi sono fatto prendere un po' la mano>>
Quattro Mississipi. Cinque Mississipi. Sei Mississipi
<<Non dirlo neanche,>> si strinse nelle spalle, <<Mica c'è da scusarsi.>>
E allora perché mi sentivo come se dovessi farlo?
Leanne fece per lasciarmi un bacio ma non dischiusi le labbra, tenendo le labbra ben schiacciate l'una sull'altra.
Volevo fare l'amore con lei, lo volevo disperatamente e follemente. E in quel momento tutto il mio corpo era su di giri.
Un bacio non avrebbe aiutato la situazione.
Sette Mississipi. Otto Mississipi. Nove Mississipi.
<<Torniamo a casa?>> mi guardò incerta.
Dieci Mississipi. Tredici Mississipi. Quindi Mississipi.
Chiusi gli occhi e cominciai a regolare il mio respiro.
<<Sì,>> risposi infine, sconfitto dall'inevitabile.
Per qualche strano motivo non mi sembrava la cosa migliore dirle perché volevo aspettare, perché forse era meglio così. Per qualche ragione che proprio non riuscivo a capire, non ero sicuro che in quel momento Leanne ne avrebbe riso con me.
<<Perfetto,>> mormorò, mi guardò un'ultima volta e mi precedette fuori dal vicolo in cui ci eravamo nascosti.
Tirai un sospiro di sollievo e approfittando della sua momentanea distrazione, sistemai velocemente i jeans.
Che brutta fine che avevo fatto... La situazione avrebbe anche fatto ridere di per sé, se l'aria non fosse stata elettrica tra noi.
E di certo non si trattava di un elettrico bello.
Bah, chi le capisce le donne è proprio bravo. Io nel frattempo mi limitavo a fare il minimo rumore nello stargli affianco, sia mai avessero deciso di riversare su di me.
Fuori la situazione era così come l'avevamo lasciata, il mondo non era variato nei dieci minuti in cui eravamo scomparsi dalla sua vita.
A nessuno importava se Leanne Adams ed Ethan Powell avessero fatto o volessero fare l'amore, mentre a Leanne sembrava impensierirla in un modo che non capivo.
Arrivammo a casa in rigoroso silenzio, con le buste tra le mani e qualche centimetro di troppo a separarci.
Io, io non frattempo ero arrivato al centouno Mississipi.
🌟
<<Posso avere un biscotto?>>
Mi voltai pazientemente verso Jessica. <<Ma stiamo apparecchiando.>>
<<Metterò i piatti nel frattempo.>>
Mi scambiai un veloce sguardo con mia mamma che continuò a girare il sugo e a far finta di non aver sentito, proprio come sperava Jess.
<<Ma tra pochissimo mangiamo.>>
<<Pochissimo quanto?>>
Le labbra mi tremarono per lo sforzo di non ridere. <<Pochissimo pochissimo.>>
<<Beh,>> si fece pensierosa e mi guardò, <<Ma io infatti ho chiesto un solo biscotto.>>
Scossi la testa e mi scappò un sorriso divertito. <<A merenda, promesso. Latte e biscotti.>>
Jessica sembrò valutare l'idea e mi guardò in attesa: <<Mentre guardiamo 'la carica dei 101?'>>
<<Jess,>> provai indeciso.
Solitamente avrei detto di sì, due ore buttato sul divano e mangiando biscotti erano il paradiso di qualsiasi persona. Senza contare che mia sorella aveva finalmente abbandonato Barbie sofaretuttoehomillefilm per concentrarsi sugli animali.
Notevoli passi avanti per i miei interessi.
Per cui sì, normalmente le avrei risposto che sicuramente avremmo visto la carica dei 101.
Ma oggi no. Oggi c'era Leanne che si era chiusa in bagno, che - l'avevo sentita, non avevo origliato ma era successo - aveva chiamato Annabeth, aveva chiamato Rebecca e niente, me n'ero andato prima di sentire qualcosa.
Perché non era giusto e lo sapevo.
Per cui oggi non potevo vedere la carica dei 101, perché oggi Leanne aveva qualcosa, era successo e io non me n'ero accorto.
<<Leanne,>> squittí Jess a quel punto e corse verso l'entrata della cucina, placcandola, <<Dopo ti va di vedere un film con me?>
Otto anni e già mi fregava.
Trattenni una leggera imprecazione e alzai la testa per guardare la ragazza. Non appena i miei occhi incrociarono i suoi distolse lo sguardo e accennó un sorriso.
<<Certo, che vediamo?>>
Jess fece per parlare ma mia madre - Santa donna - decise finalmente di intervenire. <<Jess, magari Ethan e Leanne vorranno fare una passeggiata oggi.>>
<<Oh, no,>> smentí subito lei, <<Mi fa piacere stare un po' con Jessica.>>
Era decisamente successo qualcosa.
<<Va bene, ma non sentirti obbligata,>> la rassicuró, <<Et, tuo fratello è in strada con degli amici. Vuoi chiamarlo?>>
Annuii distrattamente mentre Leanne continuava a ignorarmi con particolare attenzione: al momento aveva intavolato una discussione su quale cane le sarebbe piaciuto essere.
Scossi la testa, sbuffai e infilai le mani nelle tasche. Socchiusi gli occhi mentre venivo investito da una folata e cominciai a dondolarmi sulle punte alla ricerca di Julian.
Trovarlo non fu difficile, richiamare la sua attenzione invece fu un'impresa degna di questo nome.
Era seduto vicino a un muretto, vicino a lui un paio di ragazzi.
Tirai su il cappuccio e scesi i primi gradini mentre vedevo i ragazzini - che riconobbi come i nostri vicini di casa - allontanarsi.
Julian rimase solo con l'ultimo di loro che, stringendo un po' gli occhi, riuscii a identificare come una ragazza.
Ragazzina, mi corresse mentalmente.
Mi bloccai sul posto, il cancelletto aperto a metà e le labbra dischiuse.
Davanti ai miei occhi, dall'altra parte della strada, mio fratello si stava chinando per darle un bacio.
Un bacio molto lungo, potei giudicare.
🌟
<<Dormi?>>
Mi voltai alla mia destra e incontrai lo sguardo di Julian. Era affondato sotto strati di coperte, acciambellato su se stesso e l'unica cosa che si vedeva di lui erano gli occhi.
Scossi la testa e strinsi gli occhi per individuarlo meglio nella penombra della stanza. <<Tu?>>
Domanda stupida.
<<Che domanda stupida,>> appunto.
<<Oggi ti ho visto,>> silenzio dall'altra parte, <<Non volevo spiarti ma dovevo chiamarti per il pranzo.>>
Ci furono alcuni secondi in cui nessuno dei due disse niente. <<E?>>
<<E niente, volevo solo fartelo sapere. Mi sembrava giusto.>>
<<Allora buonanotte,>> mormorò e lo sentii muoversi sotto le coperte.
Buonanotte, sì. Ma chi dormiva?
Avevo la testa affollata di pensieri, che potevano essere tranquillamente riassunti in un nome e un viso.
<<Ethan?>>
<<Mmh?> incrociai le braccia sotto la testa e tornai con lo sguardo sul soffitto.
<<Ci dobbiamo andare al matrimonio di papà?>>
Mi si bloccó il respiro in mezzo al petto, poco più sopra dello stomaco. Si era fermato e premeva contro tutto il mio corpo, vincendo la partita a mani basse.
<<Solo se ti va,>> mi costrinsi a rispondere, a trovare la forza.
E le braccia cominciarono a pizzicare, e le mani prudevano, e le gambe premevano per alzarsi e andarsi a rifugiare tra le braccia di Leanne.
<<A te va? Di andare dico, di partecipare.>>
<<Non tanto, in realtà,>> ammisi in fine, <<Ma tu devi fare quello che vuoi tu, non quello che voglio io.>>
<<In realtà non credo che abbiamo tanta scelta,>> mormorò, quasi sentendosi in colpa per quelle parola.
Voltai la testa di lato, individuando i contorni indistinti della sua figura. <<Non lo credo neanche io, però mi piace pensare di averla.>>
<<Anche a me,>> mormorò.
Annuii leggermente, sebbene sapessi di non essere visto. <<Jules, perché non dormi?>>
<<Non riesco granché... Tu,>> si schiarii la voce, <<Tu hai ricordi di com'era?>>
<<Com'era cosa?>>
<<Prima. Quando stavano insieme e lui,>> si interruppe, lasciando cadere la frase su stessa.
Ma io sapevo benissimo qual era il senso lo stesso: quando lui c'era.
<<Un po',>> un po' tanto in realtà. Avevo ogni ricordo fissato nella mente, quasi fosse uno scherzo di cattivo gusto. <<Vuoi che te lo racconto?>>
<<Non ricordo quasi nulla di lui,>> spiegó, <<È al pari di uno sconosciuto per me, ma allo stesso tempo so di volere la sua approvazione più di ogni altra voce e non capisco il motivo. Ho bisogno che tu mi racconti per trovare una spiegazione.>>
Strinsi le mani, strinsi gli occhi, strinsi le labbra.
Mi sentii comprimere tutto il corpo in un'unica, fatale morsa.
<<Era abbastanza okay,>> molto okay a esseri sincero. <<Ogni sera tornava per le otto, io avevo già mangiato perché la mamma mi metteva a letto presto. Io aspettavo che tornava a casa, stavo con lui, mi metteva il pigiama e andavo a dormire,>> presi un respiro profondo, <<Poi dopo che mi avevano messo a letto scappavo al piano di sotto e li spiavo per un po'. La mamma lo aspettava sempre per cenare e parlavano sempre tanto, non capivo cosa avessero tanto da dirsi.>>
<<E poi?>> la voce gli uscì tremante e tossí per camuffare quella debolezza.
<<Non lo so,>> risposi, sincero, confuso proprio come lui, che dopo anni ancora non avevo capito. <<Papà è tornato sempre più tardi, la mamma ha iniziato a cenare con me e loro si parlavano sempre meno. E io ho iniziato a mettere il pigiama prima del suo arrivo.>>
Julian non rispose né aggiunse altro e io intuii che la conversione fosse finita. Gli diedi le spalle e mi girai su un fianco, trovando però ancora impossibile chiudere gli occhi.
Mi concentrai sul suo respiro, aspettando di sentirlo diventare regolare. E allora cominciai a contare, e pensare.
Perché Lenne aveva passato il pomeriggio con Jessica: prima l'aveva aiutata con i compiti, poi il film, poi il cortometraggio, poi 'hai visto il matrimonio di Rapunzel?', e Jessica che voleva le trecce e poi doveva farle vedere assolutamente la sua nuova bambola.
E lei non si era opposta neanche una volta.
Eppure le cose mi sembravano andare alla grande, possibile che mi fossi sbagliato? Forse non le era piaciuto il regalo, l'aveva trovato troppo, le era preso il panico e si era allontanata.
Avevo fatto il passo più lungo della gamba e l'avevo fatta scappare.
<<Ethan, a che stai pensando?>>
Sgranai gli occhi e irrigidii i muscoli delle spalle.
<<Perché?>>
<<Stai iperventilando.>>
<<Ma tu non ti eri messo a dormire?>>
<<Si, ecco...>>
Sbuffai e alzai gli occhi al cielo. Erano le tre del mattino ed era in vena di domande esistenzialiste.
Due cose inconciliabili.
<<Sì?>> lo incitai a parlare.
<<Quella ragazza di oggi, Mary...>>
<<Mary,>> ripetei deliziato e feci schioccare la lingua contro il palato.
<<Sì, Mary. Credo mi piaccia, ma non ne sono sicuro. Insomma, come faccio a capire se è lei che mi piace o,>> abbassò la voce, <<O il fatto che è una ragazza?>>
Mi morsi il labbro inferiore per evitare di ridere ma mi uscii una strana pernacchia. <<Scusa, mi è scappata,>> borbottò qualcosa. <<Non credo tu possa saperlo. Hai quattordici anni, è altamente probabile che lei ti piaccia perché è una ragazza e viceversa. Alla fine alla base di tutto c'è sempre questo, no?>>
<<E quand'è che diventa diverso?>> chiese curioso e non potei fare a meno di pensare che certe cose, questa conversione l'avrebbe dovuta fare con qualcun altro, non con me. Ma le cose erano andate in un altro modo e mi ritrovavo a spiegare qualcosa che neanche io sapevo. <<Quando sai che non stai più con lei perché è una ragazza ma che ora stai con lei perché tutte le altre ragazze non lo sono più?>>
<<Standoci insieme, suppongo. Chiariamoci, per almeno il settanta per cento della tua vita, gli ormoni saranno una parte molto influente nelle tue decisioni. Poi però arriva quel trenta per cento quando inizi a vedere quella ragazza come un'amica. Ecco, penso che capisci che una ragazza ti piace quando è un'amica che vorresti baciare.
Quando puoi parlarci per ore, di tutto e in tutti i modi; quando sai di poter essere te stesso, di poter fare commenti cretini. Quando siete complici, di quella complicità che hai solo con gli amici.>>
<<Un po' come quando sono con Ross?>>
<<No, no,>> corressi velocemente. <<È un qualcosa di più e di meno allo stesso tempo, è diverso. Vedi, ti possono piacere mille e uno ragazze, senza mai esserci amico. E poi un giorno arriverà quell'unica amica con cui desidererai fare tutto, dal discutere a baciarla come se fossi l'ultima volta al mondo.>>
Lo sentii muoversi. <<Tu ti senti così con Leanne? O ti piace perché è una ragazza?>>
<<Secondo te?>> sorrisi.
<<Preferirei la prima, mi piace Leanne. Non come ragazza, ovvio, è la tua. Non la mia.>>
<<Messaggio ricevuto, grazie per averlo sottolineato,>> lo presi affettuosamente in giro.
<<Et...>>
<<Che c'è ancora?>>
<<Ma come fai se tutte le tue amiche ti piacciono?>>
Scoppiai a ridere e mi portai una mano alla bocca per ovattare il suono. <<Quelli sono gli ormoni, aspetta qualche anno e riuscirai a pensare più razionalmente a questa cosa.>>
<<Davvero?>>
<<No, neanche un po'. Ricorda, gli ormoni comandano il settanta per cento delle tue volontà.>>
🌟
Siete pronti ? Sto per fare la domanda secolo, che neanche la Civil War.
Fratelli Powell o fratello Adams?
Nel frattempo vi chiedo scusa per l'assenza ma venerdì ho un esame e sono, chiaramente, stata assorbita dalle cose degli ultimi giorni.
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