26 Dicembre (Leanne)
Non ero mai stata una persona impulsiva nella mia vita. Piuttosto preferivo sedermi e ragionare, ragionare, ragionare... E così via fino a impazzire.
Ma era davvero così?
Da quando Ethan era entrato nella mia vita, ero stata guidata unicamente dall'irrazionalità. Non avevo certo pensato quando avevo baciato il migliore di mio fratello, né l'avevo fatto quando mi ero rifugiata nell'illusione del mio ex-ragazzo Jason Parker perché Ethan aveva il potere di destabilizzarmi come pochi.
Solo un anno prima, quando Ethan e io eravamo ancora due ragazzi che provavano a essere amici, mi ero presentata alla porta di casa sua armata di tante incertezze e molta impulsività.
E ora, a distanza di dodici mesi precisi, mi trovavo di nuovo davanti la sua porta.
C'erano alcune differenze però, minime ma tali da rendere la situazione nettamente diversa. Primo fra tutti, i miei genitori sapevano dov'ero e mi avevano anche pagato il biglietto del treno; ai miei piedi c'era una valigia di piccole dimensioni, segno che ero decisa a rimanere e auto invitarmi a casa Powell; per ultimo, i dubbi e le incertezze avevano lasciato posto alla consapevolezza e all'amore.
Una cosa sola era rimasta immutata nel tempo. L'impulsività che prendeva il sopravvento sulle mie emozioni ogni qual volta che avevo a che fare con Ethan.
<<Leanne,>> ad aprire la porta fu Julian, intento a stropicciarsi un occhio e con i capelli sparati da tutte le parti.
Una perfetta imitazione del fratello maggiore, insomma.
<<Ehilà, buona Natale,>> cinguettai entusiasta e mi avvicinai per lasciargli un veloce bacio sulla guancia prima di varcare la soglia di casa con tranquillità. <<Tuo fratello?>>
<<È in bagno,>> mormorò il ragazzino - ragazzo, mi corressi mentalmente. Ormai non era più così ino. <<Ma perché sei qui?>>
<<Non dirmi che sei triste di vedermi,>> lo presi in giro e lo tirai per una manica del pigiama affinché si smuovesse dalla porta. <<Non è che ti sei appena svegliato? È quasi ora di pranzo.>>
Lui si strinse nelle spalle e borbottò qualcosa di imprecisato, camminando dietro di me con espressione perplessa.
<<Chiamo Ethan?>>
<<Chi mi deve chiamare?>> si aggiunse una terza voce e il mio ragazzo, quasi l'avessimo evocato, fece il suo ingresso in cucina. <<Leanne, ma che ti ci fai qui?>>
Però, finalmente mi si presentava un deja-vú. Mi ero sempre chiesta come ci si sentisse.
<<Buon Natale,>> esclamai allora per la seconda volta e, ripetendo la scena, gli scoccai un bacio sulla guancia. <<Ho portato un po' di pizza,>> comunicai sorridente e alzai la busta a dimostrazione delle mie parole, <<Ho immaginato che vostra mamma fosse di turno oggi.>>
<<Sì, è così,>> mormorò Ethan, ancora fermo immobile a guardarmi. <<Ma tu perché sei qui?>>
<<Metto la tavola, allora,>> rispose invece Julian e si allontanò con passo strisciato.
<<Non ti preoccupare,>> dissi allora, <<I miei lo sanno che sono qui, è tutto legale questa volta. Dammi una mano, vieni.>>
Lo vidi riscuotersi con una scrollata di spalle e avvicinarsi a me. Dal piano di sopra provenivano alcuni rumori, segno che Julian fosse corso a cambiarsi per togliersi il pigiama, ed Ethan mi poggiò una mano sul braccio.
<<Dove posso buttarla? Dimentico sempre dove sono i cestini, qui.>>
<<Len, ferma un attimo,>> prese la busta sporca di olio dalle mie mani e la accartocciò, posandola nuovamente sul bancone. <<Perché sei qui?>>
<<Non ti fa piacere?>> un campanello d'allarme mi risuonò nella testa, <<Ti scoccia?>>
<<Cosa? Assolutamente no, sciocca. Però permettimi di essere confuso, non me l'aspettavo. Eravamo rimasti che tra due giorni sarei venuto io da voi.>>
<<E sarà ancora così, torniamo a casa insieme per Capodanno, James e Robert stanno organizzando una cosa pazzesca. Ti piacerà da matti.>>
Si massaggiò la nuca con una mano e con l'altra mi allontanó un capello incastrato tra le ciglia. <<Perché non mi hai detto che venivi? Ti sarei venuto a prendere, come hai fatto?>>
<<Ho preso un taxi,>> sorrisi con tranquillità, si stava preoccupando per niente, <<E poi che sorpresa sarebbe stata, se te l'avessi detto?>>
Si lasciò andare a un lungo sospiro e si poggiò con la schiena contro il ripiano, mettendo le mani sui bordi della superficie. <<È per quella telefonata, vero? Ti ho allarmata, mi dispiace.>>
Alzai gli occhi al cielo e feci un passo verso di lui, lasciandomi andare contro il suo corpo. <<Sono qui perché volevo venire, non perché mi sono sentita costretta o allarmata. E sì, non voglio mentirti, è anche per quella telefonata. Ma non per colpa, piuttosto perché mi ha lasciato con una tremenda voglia di te. Volevo abbracciarti, stringerti e baciarti, e allora mi sono detta che non era una cosa poi così impossibile.>>
Ethan abbozzò un sorriso e mi passò un braccio intorno alla vita. <<Leanne Adams che fa follie per amore senza pensare? Cos'è successo e che ne è della mia contorta fidanzata?>>
Gli diedi un leggero pizzico sulla mano e arricciai il naso. <<È colpa tua, eh. Ogni volta che ci sei tu di mezzo finisco per fare cose assurde.>>
<<È l'amore, Stellina,>> sorrise e il mio cuore mancò un battito. Avrebbe mai smesso di farmi questo effetto? <<L'amore e il fatto che io sia irresistibilmente attraente.>>
<<O forse l'anno scorso devo aver sbattuto la testa da qualche parte e il trauma è stato tale che mi ha spinto a tornare da te a distanza di un anno.>>
Il suo sguardo si illumino. <<È vero, non ci avevo pensato. Allora ti piace proprio venire da me, devo mancarti davvero tanto quando sei a casa.>>
<<Rovini sempr...>>
<<Attento o potrei cominciare a considerarla una tradizione.>>
Feci per aprire la bocca e rispondere a tono quando mi venne richiesto un impiego totalmente diverso.
Non che avessi di che lamentarmi, ovvio.
Ethan mi sfioró dolcemente il labbro inferiore con i denti e la sua lingua incontrò la mia, appropriandosi della mia bocca, dei miei pensieri e di ogni parola che ero sul punto di dirgli.
Valeva la pena di farsi ore di treno se quella era la ricompensa.
E che tradizione fosse!
<<Buon Natale, Stellina,>> mi sussurró sulle labbra e fece strofinare i nostri nasi.
Dei passi attirarono la nostra attenzione, segno che Julian stesse tornando. Gli lasciai un ultimo veloce bacio e mi allontanai con un sorriso, preferendo non farmi trovare avvinghiata a lui e contro il ripiano sul quale erano soliti mangiare.
<<Mangiamo in cucina?>> chiese Julian raggiungendoci.
<<Alternative?>> chiese Ethan mentre si allontanava per buttare le carte in eccesso e prendere dei piatti. <<Che pizze hai preso?>>
<<Un po' di tutto,>> risposi e li guardai, <<Letteralmente. Non sapevo cosa potesse piacervi... Allora, alternativa?>>
Julian mi guardò con un mezzo sorriso, complice. <<Alternativa, ci buttiamo sul divano e mangiamo davanti Star Wars.>>
Automaticamente mi nacque una smorfia, non ero per nulla allettata all'idea di guardare quel film. Alle mie spalle Ethan emise un grido entusiasta, mi lasciò un veloce bacio tra i capelli e mi superò.
<<Io metto il film, voi portate la pizza.>>
Sbuffai e guardai Julian con gli occhi assottigliati. <<Questa me la paghi,>> e alzai la voce perché venissi sentita anche dal salotto: <<Ma Jessica?>>
<<È da un'amica,>> gridò una voce dal salotto.
E così ogni speranza di scamparla era persa.
Ah, cosa non si faceva per amore.
🌟
<<Vediamo il secondo?>> propose Julian, entusiasta e con una spada laser in mano.
Non chiedete perché, né quando: è una conversazione che non sono pronta ad affrontare.
Ethan, ricordandosi forse che tra le mansioni di un fidanzato c'era preservare la mia sanità mentale, si voltò a guardarmi con le labbra leggermente inclinate verso l'alto: <<Che dici, ti va?>>
Portai una mano alla bocca per nascondere uno sbadiglio e arricciai gli occhi. <<Voi iniziate,>> risposi, <<Prima mi ha chiamata Annabeth, ne approfitto per richiamarla un attimo.>>
<<Sicura?>>
<<Assolutamente,>> confermai e mi alzai dal divano, prendendo contemporaneamente i piatti vuoti dal tavolino.
Andai in cucina per lasciarli nel lavandino mentre in sottofondo partita la musica d'inizio di quel dannato film. Presi il telefono, digitai il numero della mia amica e me lo portai all'orecchio.
Dopo neanche tre squilli, rispose con voce annoiata e monocorde. <<Ehi, ehi... Che si dice a sessolandia?>>
Poco ci mancò che non mi strozzassi con la mia stessa saliva. Lanciai uno sguardo dietro di me, verso i due fratelli seduti sul divano, e aprii la porticina che dava sul retro.
La socchiusi dietro di me e mi poggiai contro il muro.
<<Perché hai questo tono funereo?>>
<<Lo sai che troppo tempo a casa mia mi deprime. È tutto un parlare di Carol, del bambino in arrivo, il suo futuro, lo sport che farà...>>
Abbozzai un sorriso triste. <<Beh, è una cosa carina però. Diventerai zia.>>
<<Entusiasmante,>> commentó senza alcuna intonazione. <<Così mia mamma avrà un'altra cosa di cui vantarsi tra le meraviglie che ha fatto mia sorella.>>
<<Almeno tra due giorni giorni sarai da noi, consolati cosi.>>
<<Sono sempre troppi, fidati,>> prese una pausa e la immaginai buttarsi sul letto con un tonfo. <<La sai l'ultima?>> scossi la testa come se potesse vedermi, <<Ha invitato il vicino per il thè. Ha detto che è un buon partito.>>
<<Pausa, pausa,>> mi passai una mano tra i capelli, <<Pensavo non si dicesse più "buon partito" almeno dagli inizi del secolo scorso. E perché mai un ragazzo dovrebbe voler venire a prendere un the da voi? Aspetta, ma quale dei due è?>>
<<Non è il figo palestrato che corre ogni mattina,>> smorzò il mio entusiasmo. <<È l'altro.>>
Ah.
<<Quello che porta ancora l'apparecchio e ha l'abbonamento mensile a sfigato.en?>>
<<In realtà è una rivista di scienza, ma sì. Lui,>> sospiró affranta. <<Quindi, per farla breve, Brian Lewis sarà da qualche parte con qualche studentessa dell'Università, e io sono qui con sfigaboy. Lì come va?>>
Aprii leggermente la porta e sbirciai l'interno della stanza per controllare che Ethan e suo fratello fossero ancora dove li avevo lasciati - e figurati, neanche un meteorite li avrebbe smossi da Star Wars.
<<Va,>> risposi e tirai un calco a un sassolino, <<La situazione sembra abbastanza tranquilla in realtà, però conto di parlare meglio con Ethan quando saremo soli.>>
<<Famiglia in casa?>>
<<Solo Julian, ora si stanno vedendo un film.>>
<<Evviva il romanticismo e gli ormoni,>> scherzó, con l'umore fin troppo sotto i piedi per poter vedere le cose da una prospettiva diversa. <<Quando non mi hai risposto ho addirittura pensato che vi steste dando da fare e mi sono sentita in colpa per avervi disturbato.>>
<<Niente del genere,>> mormorai incerta, <<E poi sono qui per altro, non certo per quello. Ethan ha bisogno di me e...>>
<<E tu potresti consolarlo in modi a lui sicuramente molto graditi. Guarda che non c'è niente di male, anzi! Beata te che hai qualcuno da consolare.>>
Mi morsi il labbro inferiore mentre la testa cominciava ad affollarsi di pensieri. <<Tu pensi che lui si aspetta...>>
<<Ah-ah,>> mi ammoní velocemente, <<Io non penso e non dico nulla, non fraintendere le mie parole. Era una battuta come un'altra, non volevo né intendere che dovete farlo in questo istante né che devi aspettare cento anni.>>
Così di certo non aiutava la causa però. <<Quindi tu non pensi che voglia farlo e che non pensi ad altro, e che potrebbe aver visto questa mia improvvisata a casa sua come un segnale?>>
<<Leanne, sciocchina di un'amica,>> fece, parlandomi come avessi dieci anni in meno di lei, <<È ovvio che lo vuole e sicuramente non pensa ad altro. È un ragazzo, ha diciassette anni e tu sei la sua ragazza. Ma questo non vuol dire che ti lascerà se tu non sei pronta.>>
<<È che...>> presi un lungo respiro, <<Io voglio farlo. Cioè, fare l'amore con lui,>> aggiunsi precipitosamente e a bassa voce . <<Solo che non so...>>
<<Come fare?>> mi venne in soccorso Annabeth.
<<No, non quello. Non so se voglio. >>
<<Non ho capito. Vuoi ma non vuoi? Questo è troppo complicato persino per te.>>
Sbuffai per colpa della mia incapacità di esprimermi su quell'argomento. <<Io voglio fare l'amore con Ethan. Quando stiamo insieme sto bene e so che è lui quello che vorrò sempre associare alla mia prima volta. Ma allo stesso tempo, quando penso al concentro, all'atto fisico in sé mi blocco.>>
<<Credo tu abbia solo paura, è normale. È giustificato.>>
<<Tu ne hai? Quando ci pensi, dico.>>
Annabeth fece una piccola pausa e sentii del rumori. Si stava mettendo seduta e il mi preparai a quello che voleva dirmi.
<<Quando stavo con Brian ci ho pensato, una o due volte è capitato che mi sia chiesta come avrei reagito. Però in quel caso i miei dubbi erano sulla persona, tu su Ethan invece sei sicura; i tuoi sentimenti lo sono. Quindi credo sia solo un po' di paura normale, quella che proveremo tutti in questi casi. Una paura sana, ecco.>>
<<E se scopre che non sono brava?>>
<<Pazienza, imparerete insieme.>>
<<E se sbaglio qualcosa?>>
<<Lui capirà, perché per te è il primo come tu lo sei per lui.>>
<<E se non dovesse piacermi?>>
<<Gli spiegherai come ti sei sentita e amen. È Ethan, Len, farebbe qualsiasi cosa pur di farti stare bene.>>
Mi passai una mano sugli occhi, sfregando con una mano e sbuffando sonoramente. <<Tu che mi consigli di fare?>>
<<Io comincerei con il non correre quando dico la parola sesso, o almeno a dire 'fare l'amore' senza andare in tachicardia.>>
🌟
<<Posso aprirlo?>> chiesi incerta.
Ero seduta sul divano a gambe incrociate, Star Wars era stato abbassato al minimo, perché Julian doveva andare a prendere Jessica dalla sua amica, e avevo un pacchetto tra le mie mani.
Il ragazzo annuì con un sorriso, in piedi vicino l'arco che dava al salotto e con le mani infilare nelle tasche dei jeans, e io scartai la carta. Lanciai un'occhiata verso di lui, percependo distintamente il nervosismo che cercava di celare: le dita si muovevano frenetiche da dietro la stoffa dei jeans, le labbra venivano arricciate e distese ripetutamente, e gli occhi saettavano da tutte le parti.
<<Che tu sia per me il coltello,>> lessi ad alta voce e non potei che incurvare anche io le labbra verso l'alto. <<Te lo sei ricordato.>>
Mi alzai di scatto e andai verso di lui, lasciandogli un piccolo bacio sulle labbra con il libro stretto al petto.
San Valentino. Noi due insieme, un picnic nel parco, cuore contro cuore. Le parole di Ethan che, anche a distanza di mesi, mi risuonavano nella testa. La sua voce, bassa, profonda, coinvolgente, che mi leggeva un passo del libro.
<<Stai ridendo?>> mi chiese confuso.
<<No, non è una risata,>> lo rassicurai, <<Solo che nel mio regalo, quello che non ti ho ancora dato ma che hai scoperto...>>
<<E per il quale tu non mi porti assolutamente rancore, insomma,>> mi interruppe con tono leggero.
<<Sì, quello,>> tagliai corto, <<Insomma, ho scritto anche un bigliettino con una frase del libro.>>
A quel punto anche a lui scappò una piccola risata. Mi passò una mano dietro la nuca e mi baciò dolcemente, facendo strofinare le punte dei nostri nasi.
<<Mi piace tantissimo, grazie,>> dissi allora, felice.
<<Magari potremmo leggerlo insieme,>> propose con una punta d'incertezza. <<Nel senso che io leggo e tu ascolti.>>
<<Saresti un po' come il mio audiolibro personale?>>
<<Ah, allora è così,>> scherzò, <<Mi vuoi solo per i miei servizi.>>
Scoppiai a ridere e annuii. <<Finalmente l'hai scoperto. Vado a metterlo in camera, torno subito>>
Ethan annuì e mi lasciò un ultimo bacio sulle labbra prima di lasciarmi andare. Corsi al piano di sopra facendo le scale due a due, ed evitando all'ultimo di travolgere Julian nella mia corsa.
<<Attenta,>> ridacchiò e mi passò una mano dietro la schiena per evitare che cadessi, <<Vado a prendere Jessica, se dobbiamo prendere qualcosa fate un messaggio.>>
<<Va bene, scusa,>> sorrisi e aprii la porta della stanza.
Sentii il ragazzo ripetere le stesse cose a Ethan e rimasi in attesa del rumore della porta di ingresso che veniva chiusa. A quel punto lanciai uno sguardo veloce al mio riflesso nella finestra, controllando che i capelli fossero in ordine e che il mascara non avesse sbavature.
Una mano si posò sul mio braccio, racchiudendolo all'interno di dita sottili e lunghe, e mi ritrovai schiacciata tra il muro e il corpo del mio ragazzo. Mi stava guardando. I suoi occhi erano fissi su di me e io mi sentivo elettrica.
Aveva le palpebre cadenti, le labbra socchiuse e i muscoli delle braccia visibilmente contratti.
E io mi sentivo sul punto di esplodere.
Dal giardino provenne il rumore lontano ma distinto del motorino di Julian che veniva accesso. Fu come se quel suono avesse premuto un'interruttore.
Una mano di Ethan risalì il profilo del mio corpo, mi spinse dolcemente verso di lui e catturó le mie labbra in una danza bellissima.
<<E' tutto il pomeriggio che desidero farlo, Star Wars è un film infinitamente lungo.>>
Ridacchia contro il suo mento. <<Te ne sei accorto allora, ho pensato volessi punirmi per qualcosa.>>
<<Mai,>> mormorò e mi baciò, e a me sembrò che le gambe mi fossero diventate di gelatina. Mi aggrappai con forza alle sue spalle, aderendo maggiormente contro la sua figura. <<So che probabilmente dovrei dirti che non saresti dovuta venire, che non serviva e che sto bene, ma non sai quanto sono contento che tu sia qui.>>
<<Oh,>> lo guardò inequivocabile, <<Lo sento, fidati.>>
Si schiarì la gola e abbassò la sguardo, lì dove un segno chiaro e inconfutabile della sua felicità prendeva il suo spazio tra noi. <<Sì, ecco,>> abbozzò un sorriso, <<Sicuramente sono contento, sì, ma dicevo anche in un altro senso. L'altra sera eri l'unica con cui volevo parlare e anche oggi, e sarà così anche domani. Sei l'unica con cui abbia voglia di parlare, l'unica che mi fa venire voglia di svuotare la mente. Anche quando sono scazzato e vorrei mandare tutto il mondo al diavolo, tu rimani ancora l'unica con cui voglio stare. E al diavolo il mondo intero per davvero.>>
Mi morsi il labbro inferiore. Ero commossa, colma d'amore, del suo e del mio. Ero semplicemente piena di lui e volevo fargli capire come mi sentivo. Come lui mi faceva sentire.
E allora catturai le sue labbra in un bacio diverso, famelico, coinvolgente, travolgente. Cercai di mettervi tutte le parole che non riuscivo a dire ma che erano proprio lì, tra gli spazi delle nostre dita intrecciate.
Spensi semplicemente la mente. Non pensai più ai dubbi e alle paure di sbagliare, all'incertezza causata dall'inesperienza. Tutta la mia attenzione era stata catalizzata da Ethan. La sua bocca, il suo collo, le sue mani su di me, i suoi jeans.
I suoi jeans che premevano contro la mia pancia, che erano l'unica barriera tra di noi e che non vedevo l'ora di abbattere.
I suoi jeans che caddero velocemente sul pavimento ai nostri piedi mentre Ethan scendeva baciarmi il collo.
Cominciammo a camminare lentamente fino a cadere abbracciati sul letto. Ethan si mise seduto, portandomi su con sé e facendomi sedere a cavalcioni sulle sue gambe. Socchiusi gli occhi al contatto ravvicinato dei nostri corpi e desiderai far sparire anche il mio jeans, per sentirlo sempre più vicino. Più mio.
Senza jeans, che erano un ostacolo inutile e non desiderato.
<<Non sai quant'è che volevo baciarti, ho pensato decisamente a troppe cose durante il film,>> mormorò tra i baci. <<Ai tuoi baci, ai tuoi capelli, al tuo corpo... A te.>>
<<Pensavo ti piacesse Star Wars,>> risposi con la voce in affanno e le labbra gonfie dai baci.
<<Non oggi,>> rispose secco e mi sfiló velocemente il maglione.
Improvvisamente fu come se qualcuno avesse premuto pausa e poi una lenta ripresa alla nostra scena. Ethan si fermò, poggiò la fronte contro la mia e prese dei lunghi sospiri.
Con studiata calma mi accarezzó il profilo del braccio con le dita, fino a raggiungere la spallina della canottiera.
<<Non porti il reggiseno,>> comstató e mi lasciò un bacio sulla spalla.
Deglutii a vuoto e mi scappò un mugolio. Sì, quel giorno il reggiseno l'avevo lasciato nel fondo della valigia perché a giorni mi sarebbe arrivato il ciclo e il seno mi faceva male.
In quel momento, comunque, mi sembrò la decisione migliore del mondo.
Ethan passó l'indice sotto la bretella, a contatto con la mia pelle, e la fece scorrere lungo il braccio tracciando il percorso con le sue labbra. Erano bollenti e le avrei volute su tutto il corpo.
<<Sei bellissima,>> mormorò e mi sfioró il profilo del seno con la punta del naso.
Improvvisamente, cogliendomi di sorpresa, lo afferrò con una mano e tornó a baciarmi.
<<Mi fai impazzire.>>
Il suo telefono squilló. Gli scappò un verso di sconforto, io alzai gli occhi al cielo.
<<Lascia stare, non è importante,>> propose con un sorriso.
Tornò a baciarmi, cominciò a stendersi lungo il materasso mentre con la mano libera saliva a sfiorarmi teneramente la guancia.
<<Non è importante,>> mormorò nuovamente con tono cantilenante e, con un veloce colpo di reni, invertì le nostre posizioni.
Si allontanò brevemente da me e incatenò gli occhi nei miei. Incontrai quel verde in cui ogni volta finivo per perdermi e vi lessi tante cose. Sicurezza, per i miei sentimenti e per i suoi; permesso, l'ultima parola che finiva sempre per lasciarmi; rispetto, quello che provava per me e che era percepibile anche dalle più piccole cose; attenzione, la stessa che percepivo quando, discretamente, ogni volta mi lasciava l'ultima fetta di qualcosa, l'ultimo tutto. E vi lessi amore, tanto amore. Un amore infinito e indiscutibile, e ogni paura mi sembrò superflua.
Allungai le mani verso l'orlo della sua maglietta e la tirai su con movimenti lenti, studiati. La feci cadere in una parte imprecisa della stanza e lo spinsi a stendersi al mio fianco.
Mormorò qualcosa di indefinito mentre cominciavo a lasciargli una scia di baci lungo tutto il petto e mi passò le mani tra i capelli.
Sorrisi, perché sapere di fargli questo effetto ogni volta era più lusinghiero di ogni sua parola, di ogni suo gesto.
In quel momento era senza barriere nè filtri, ed era totalmente perso con me.
Con una mano cominciò ad abbassarmi la canotta dall'alto, arrotolandola all'altezza dei miei fianchi e chinandosi verso il mio busto.
Chiusi gli occhi e... la suoneria del suo cellullare tornò a frapporsi nel silenzio della stanza.
Lo guardai interdetta. <<E' la sigla di Dragon Ball?>>
<<E' importante?>> chiese allora e mi baciò, <<Ignoralo, sarà un call center,>> la suoneria ripartì, <<O avranno sbagliato numero. E tu sei bellissima.>>
Mi sbottonò il bottone del jeans ma portai una mano sulla sua. <<Et, rispondi.>>
Lo vidi sbuffare sonoramente e stringere i denti. Mi lasciò un ultimo bacio sulle labbra e un altro nell'incavo dei suoni: <<Tu non muoverti.>> Si allungò verso il comodino, <<Che cazzo,>> borbottò, <<Mà...>>
🌟
Ed eccoci qua con un nuovo capitolo.
Vi è piaciuto?
Cosa ne pensate di Leanne? Avreste fatto come lei?
E soprattutto... Anche voi, come Leanne, quando è stato il momento avete avuto dubbi su dubbi, domande, ansie?
Per altre curiosità e aggiornamenti, vi ricordo che potete seguirmi su Instagram : @amisswattpad
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