22 Dicembre (Leanne)
Mi buttai con un tonfo sul sedile del treno e sbuffai per allontanare una ciocca di capelli dal viso.
Al mio fianco Josh si passò una mano sul viso, fece una smorfia e ripose il telefono nella tasca.
Lo guardai con le labbra incurvate verso il basso, indecisa se intervenire o meno.
"Perché quelle facce tristi?" chiese Annabeth, appena entrata nel vagone mentre si chiudeva la porta alle spalle.
Io la guardai con le sopracciglia verso l'alto e gli occhi che, frenetici, scattavano verso la mia sinistra. L'espressione di Annabeth, a quel mio segnale, fu inequivocabile e si sedette di fronte a mio cugino con un sospiro.
"Joshy," chiamó dolcemente e gli posò una mano sul ginocchio, "Perché non le vai a parlare?"
Lui scosse la testa con gli occhi ancora fissi sul pavimento. Alzai gli occhi al cielo e, ormai stufa di quell'atteggiamento, gli diedi una botta sulla spalla.
"Ma che fai?!"
"Cerco di farti rinsavire," esclamai con forza e incrociai le braccia al petto. "Sono passate due settimane ormai, quanto ancora hai intenzione di stare così?"
"Da quando usi la parola 'rinsavire', Len?" mi fece eco Annabeth.
La risposta di Josh, invece, fu tutt'altro che calma: "Fino a quando mi vorrà. Scusa se sono sceso da fantasilandia quest'anno."
Sgranai gli occhi. Fantasi...che?
Decisi di affrontare un problema alla volta e mi rivolsi verso la mia amica:
"Ho deciso di ampliare il mio vocabolario," comunicai semplicemente, sorvolando sul fatto che a furia di stare con Ethan avevo cominciato a parlare come lui. "E quanto a te," mi rivolsi a mio cugino, "Fanta... Che?!"
Lui contrasse le labbra in una smorfia e mi guardò eloquente: "Tu sei ancora ferma alla stazione della luna di miele con Ethan, io no, l'ho chiaramente passata da tempo."
"Noi non siamo in luna di miele," borbottai ed evitai di incrociare lo sguardo di Annabeth.
Va bene, magari da quando Ethan e io eravamo (definitivamente) tornati insieme eravamo un po' - ma solo un po' - stucchevoli. Ma non troppo, eh.
Solo che lui era così carino ultimamente, e sembrava quasi - quasi! - che riuscissimo a stare insieme senza litigare.
Va bene, forse sì, eravamo in luna di miele.
Ma che diamine, ce lo meritavamo. Dopo aver affrontato il ritorno di ex-fidanzati assolutamente indesiderati e inopportuni, l'incombente presenza di un padre a noleggio, un vicino di casa carino ma non abbastanza e una bionda il cui nome aspettava solo di essere accostato a quello dell'uomo - scimmia per eccellenza, eravamo finalmente in pace.
Incomprensibilmente felici - anche alle sette del mattino di un lunedì qualunque, innamorati - e sì, non avevano più paura di dirlo ad alta voce, e soprattutto eravamo sempre pronti a nasconderci in qualche angolo della scuola.
O per meglio dire, quell'ultimo aspetto sarebbe stato meglio incolonnarlo unicamente sotto il nome di Ethan, giacché ormai mi sentivo afferrare e trascinare in parti ignote dell'edificio a qualsiasi ora del giorno.
Che fosse dopo un'allenamento di pallavolo, prima di uno di calcio o durante una lezione di chimica, Ethan si materializzava dal nulla al mio fianco, mi avvolgeva la vita con un braccio, un sorriso, un occhiolino e partivamo, sfreccianti fra i corridoio del Collegio e con le mani intrecciate.
Tutto sembrava passare in secondo piano e neanche l'espressione accigliata del professor Barry mi avrebbe potuto fare cambiare idea.
Per cui sì, probabilmente era come diceva Josh ed eravamo in luna di miele... Ma pazienza così, perché Ethan con quel suo sorriso sempre storto e gli occhi luminosi mi faceva persino venire voglia di essere romantica.
Il che era tutto dire.
"Lo stai facendo di nuovo," esclamò pazientemente Annabeth, richiamandomi alla realtà e strappandomi via da quel sogno a occhi aperti.
"Cosa?" la guardai interdetta.
"Stai pensando a Ethan."
"Non è vero," saltai su, piccata. Poi affondai nello schienale del sedile e mi imbronciai, "Come fai?"
"Doti naturali," si strinse nelle spalle, "Si vocifera che la mia tris tris nonna avesse il dono della preveggenza, il terzo occhio è nel mio DNA."
"Davvero?" s'intromise Josh, scettico e perplesso allo stesso tempo.
"Certo che sì, la nonna aveva origini italiane," rispose, come se fosse sufficiente a spiegare tutto. "E in più, Leanne fa sempre la stessa faccia quando si tratta di Ethan."
"Ah," mi sgonfiai come un palloncino e incassai le sue parole, "Non è vero, non faccio nessuna..."
"È vero," si aggiunse Josh, annuendo alle sue stesse parole, "Ora che mi ci fai pensare, è proprio..." mi guardò divertito, "Sei proprio cotta."
"Non sono cotta né altro, siete voi che vi divertite a prendermi in giro."
Per la precisione, ero innamorata! Un sentimento molto più maturo e nobile, e che assolutamente non mi provocava gli occhi a cuoricino che mi stavano mimando in questo momento.
Una voce attirò la nostra attenzione e la porta del nostro vagone venne aperta.
"Toc, toc," la faccia sorridente di Anthony fece capolino dal corridoio e passò lo sguardo tra di noi, "È qui la festa?"
Annabeth si fece di lato per fargli spazio sulla panca e ricambiò il sorriso, "Ora che ci sei tu direi proprio di sì."
"Splendore, mi lusinghi," si sedette al suo fianco e passò un braccio dietro il suo schienale, "Dovremmo uscire insieme, non trovi?"
Annabeth sgranò gli occhi lentamente mentre il suo viso si trasformava, prima di scoppiare a ridere e nascondersi la faccia dietro le mani aperte.
"Oh cielo, no, direi proprio di no," rispose schietta e dolce allo stesso tempo. Ma come faceva? "Credo proprio che sarebbe un disastro annunciato, Ant."
Lui la guardò per un momento pensieroso prima di annuire e scrollare le spalle, "Sì, forse sì, dopotutto Leanne ed Ethan si sposeranno, non possiamo permetterci di litigare."
"Noi due cosa?" mi intromisi con voce stridula.
Il ragazzo agitò una mano verso la mia direzione e si rivolse un'ultima volta verso la mia amica. "Però ricorda, in qualsiasi momento tu voglia approfittare di tutti questo," e così dicendo si passò una mano lungo tutto il corpo, "Non devi neanche chiedere. È già tutto tuo."
Annabeth alzò gli occhi al cielo e scosse la testa, per nulla toccata da quell'atteggiamento e ormai abituata al modo di fare di Anthony. Una volta ci aveva detto che ci provava con tutte perché, facendo una stima, era impossibile che neanche una accettasse.
"I numeri parlano, bambine mie," aveva detto con aria saggia, "E visto che io amo le donne, ma proprio tutte eh, mi sembrerebbe di fare un torto scegliendone solo una."
Ovviamente, come accadeva ogni volta che Anthony diceva qualcosa di insensato - ovvero quasi sempre, le sue parole avevano provocato un acceso dibattito che era durato per quasi due giorni.
"Allora," Josh allungò le gambe e poggiò le scarpe sul sedile di fronte, tra Anthony e Annabeth, "A cosa dobbiamo la tua interessante presenza tra noi?"
"Cazzo," il ragazzo si battè una mano sulla fronte, "Giusto! Io sono qui per darti una cosa."
"A me?" chiesi incerta, indicandomi lentamente con l'indice.
"Certo, Stellina," e cominció a trafficare tra le tasche della giacca.
"Non chiamarmi così," lo smorzai velocemente e in imbarazzo.
"Ma pensavo ti piacesse."
"Non detto da te," ribattei piatta, sorvolando sul sorriso che invece mi nasceva quando era un'altra persona a chiamarmi così.
Un certo ragazzo davvero davvero carino. Vi viene in mente nessuno?
"Eccolo," esclamò Anthony e tirò fuori un foglietto accartocciato, "Scusa ma mi ci sono seduto sopra."
Sbattei ripetutamente le palpebre mentre nella mia testa si formava l'immagine di Hagrid, il mezzo gigante che svelava a Harry Potter l'esistenza della magia con una torta schiacciata.
Scossi la testa, allungai il braccio e presi il biglietto.
Lo aprii e mi si scaldó il cuore.
Ciao, Stellina...
Stai sorridendo? Spero di sì, immagino di sì, credo di sì. Non deludermi che sei un po' più carina e un po' meno perennemente scazzata con il mondo quando lo fai.
Se poi è per me che sorridi, allora sono io a essere un po' meno scazzato..
Spero che Anthony ti abbia dato questo biglietto, che se lo sia ricordato e non stia dando fastidio ad Annabeth - utopia, lo so -. Ma se un po' ho ragione, e allora non ha perso/distrutto/danneggiato/eliminato o addirittura mangiato queste parole, ti aspetto in un posto solo nostro.
Tra le pagine di storia, quelle dei miei libri di fantasia e la stazione in cui arriverà questo treno. Ti aspetto tra le fessure che si formano dalle nostre mani unite.
P.S. non smettere di sorridere, anche se non hai capito nulla di quello che ho detto.
P.P.S. visto che sei un po' lumaca e troppo distratta quando ti parlo: ti aspetto nel penultimo vagone a destra, con la tendina difettosa e i bagni rotti affianco.
E va bene, sì, eravamo in luna di miele. Ovviamente non avevo nulla di che lamentarmi.
Mi alzai di scatto, attirando l'attenzione degli altri tre ragazzi, e strinsi il biglietto in un pugno.
"Devo andare," esclamai prima di ridestarmi, "In bagno, ho... Un' urgenza."
Annabeth alzò un sopracciglio e mi guardò divertita. "La tua urgenza ha per caso gli occhi verdi e un pallone sempre tra i piedi?"
Tossii in imbarazzo e mi
Iisciai delle pieghe inesistenti del pantalone - ma quanto era bello non dover indossare la divisa? Troppo.
"Allora vado," mi schiarii la gola e posai una mano sulla maniglia. "Se vedete che non torno, non..."
"Non ci preoccuperemo affatto," ridacchiò Josh, "Non preoccuparti."
"Ehi, Len," chiamó invece Anthony, "Mi raccomando a chiudere la porta."
"Siete degli stronzi," alzai gli occhi e a stento trattenni un sorriso, incontrando gli occhi complici di Annabeth.
🌟
"Si può?" chiesi con un sorriso e bussai alla porta del vagone.
Penultimo a destra. Tendina difettosa. Vicino al bagno rotto.
La voce di Ethan mi arrivò calda e familiare. "Parola d'ordine?"
Ridacchiai divertita e sbuffai, fingendomi impaziente. "Ti amo?"
"Ti amo anche io, ma no. Ritenta, sarai più fortunata."
"Ethan è bellissimo e fantastico e simpaticissimo?"
"Ti ringrazio davvero, ma non è neanche questa."
Mi guardai intorno con circospezione, controllando che non ci fossero studenti nei paraggi, e mi accostai alla porta. Mi morsi il labbro e sorrisi, divertita da quel gioco:
"Se apri mi tolgo la maglietta," mormorai, abbastanza ad alta voce perché mi sentisse ma non troppo da attirare l'attenzione di altre persone.
La porta, come previsto, venne spalancata rapidamente e una mano mi trascinó all'interno del vagone.
Due labbra - calde e familiari - si posarono sulle mie e mi abbandonai completamente tra le braccia del mio ragazzo - mio mio mio mio.
Sì, lo so, questa cosa della luna di miele mi stava sfuggendo di mano. Lo so.
"Era questa la parola d'ordine?" chiesi a bassa voce, perché tanto con Ethan non avevo bisogno di urlare, sapevo che mi avrebbe sempre sentita.
"Non lo so, non avevo pensato a nulla," ammise con tono leggero, "Volevo vedere cosa ti inventavi."
Mi scoccó un bacio veloce.
Tra le fessure che si formano dalle nostre mani unite.
"Che stavi facendo?" s'informó curioso e attento mentre si sedeva, trascinandomi giù con sé.
"Chiacchiere," minimizzai, "Poi è arrivato Anthony."
"L'ho istruito per bene," finse un tono pomposo.
Si stese lentamente lungo i cuscinetti, portando le gambe sui sedili di fronte a noi come aveva fatto Josh poco prima di lui. Mi passó un braccio intorno alla vita e si chinò a lasciarmi un veloce bacio nell'incavo del collo.
Risi e piegai la testa per il solletico.
Non c'era malizia in Ethan, né pretesa. Al massimo chiedeva, proponeva, condivideva. Ma non c'era mai un secondo fine, mai qualcosa che si aspettasse perché magari era giusto così o perché era il caso dopo tutti quei mesi.
Mi baciava perché voleva, che fosse davanti a tutta la scuola o quando eravamo solo noi. Un bacio a stampo, uno più approfondito, un intreccio di lui e di me, a volte anche una pernacchia sulle labbra.
Non c'era niente di scontato o prevedibile in Ethan, niente di malizioso. Come l'avermi portata in un vagone sperduto e isolato. Solo noi e nessuna aspettativa né pretesa.
Ed era proprio così, nel modo in cui mi dava tempo, non chiedeva né mi faceva pressioni, che avevo capito che doveva essere lui.
No, sbagliato. Che volevo che fosse lui. Perché magari tra un anno, come aveva detto l'estate precedente, non ci saremmo neanche più parlati e tra cinque avremmo dimenticato perché eravamo stati insieme, ma ora ero lì con lui e sapevo che qualsiasi cosa sarebbe successa non avrei mai avuto un brutto ricordo, mai un rimorso.
Perché nulla di così bello, niente che ti fa sentire così bene, così viva e bella, potrebbe farti pentire.
"A che pensi?" mormorò contro il mio collo, mentre con la punta del naso percorreva il mio profilo.
A lui, che solo un anno fa mi sembrava la persona più detestabile del mondo e ora invece la più indispensabile. E a me, che non credevo avrei mai pensato a un 'noi'. Non così presto, non con Ethan, non così fermamente.
"Al Natale," risposi invece, buttandomi su un argomento un po'più neutro perché va bene la luna di miele, ma così iniziavo proprio a straparlare. "Avevi promesso di darmi un indizio sul mio regalo."
"Un'altro?" chiese sorpreso, "Ma ne hai avuti già tre."
"E che c'entra?" mi stringi nelle spalle, "Hai forse paura che vinca?"
"Impossibile, sei tanto brava a farti film mentali quanto negata a indovinare le cose."
Feci una pernacchia, indispettita.
Era iniziato tutto un mese prima, quando Ethan aveva sadicamente dichiarato di aver acquistato il mio regalo e la curiosità cominciato a divorarmi.
Allora avevo proposto un patto, un piccolo gioco che doveva andare a mio favore ma che invece non aveva assolutamente apportato nulla alla mia causa.
Cinque indizi. Quelli che Ethan mi avrebbe dato per indovinare, e viceversa.
Un regalino in più. Quello che lui o io avremmo fatto se l'altro indovinava.
Un portachiavi di una di quelle cose nerd che mi piacciono a lui. Il pensiero che avevo comprato di corsa e arrabbiata perché Ethan aveva indovinato e io no.
"Non ti sei chiesta perché ti ho fatta venire qui?"
Lo guardai confusa. "Per passare del tempo insieme prima di separarci dolorosamente? Per pomiciare un'ultima volta prima del tragico addio?"
"Leanne, tra neanche una settimana sarò a casa tua per capodanno. Non essere melodrammatica, ora," mi fece notato e mi pizzicó il naso tra indice e pollice. "Ho deciso di darti qualcosa di più di un indizio."
Mi misi seduta dritta di scatto, con tutti i sensi in allerta. "Vuoi darmi il regalo?"
Ethan piegó le labbra verso l'alto e tirò fuori lo zaino da sotto il sedile. "Potresti anche fingere di non essere così interessata al regalo, ma al pensiero piuttosto."
Lo guardai come se avesse detto la cosa più assurda del mondo. Ed effettivamente era così, lo sapevamo entrambi che andavo pazza per i regali.
"Dai, dai, dammelo," allungai un braccio verso di lui, che di contro si allontanò.
"Aspetta," si passò una mano dietro la nuca, massaggiandola nervosamente, "Prima una cosa. Perché so che ti piacciono i regali e che la tua immaginazione corre e che sicuramente in questi mesi mi avrai lasciato mille e uno indizi di possibili regali che vorresti, però io sono un ragazzo, sono distratto e tu sei molto carina quindi non ne ho notato neanche uno."
Mi guardò con una dolcezza che, prima che piombasse prepotentemente e rumorosamente nella mia vita, non avrei creduto possibile. Ma ora che lo avevo davanti, a un passo da me, con me, mi sembrava la cosa più naturale del mondo.
"Non ti devi giustificare," ci tenni a precisare debolmente, "Qualsiasi cosa sia."
Perché va bene che mi piacevano i regali e va bene che mi aveva dato indizi così strani che non ci avevo capito nulla, ma da lui mi sarebbe sempre piaciuto tutto.
Da lui e soprattutto di lui.
"No, non lo sto facendo, non fraintendere. È che magari avresti voluto qualcosa che io non so, o non ho capito. O magari il mio regalo non ti piacerà, o forse lo troverai stupido perché tu queste cose le trovi sempre stupide, o..."
"O facciamo che mi fai scartare quel fiocchetto giallo tanto carino e lasci giudicare a me se è stupido o meno?"
"Sì, certo. Hai ragione," prese un respiro profondo e mi passo la scatoletta che aveva nascosto dietro la schiena fino a quel momento.
Allungai una mano verso le sue e le nostre dita si sfiorano. Lo guardai, sorrisi, lo amai tanto.
Tra le fessure che si formano dalle nostre mani unite.
Mi portai il regalo sulle gambe, mi bloccai, alzai la testa di nuovo su di lui.
Velocemente mi sporsi in avanti e gli portai una mano dietro la nuca, baciandolo e cercando di fargli capire tutto quello che provavo.
"E questo?"
"Questo perché sei davvero tenero quando non fingi di sapere tutto ed essere sempre sicuro di te," lo presi in giro, "E anche perché mi hai dato il regalo in anticipo, ovvio. E perché ti amo."
"Ti amo anche io, Stellina," rispose in un sussurro e tornò a baciarmi.
E un po' come accadeva ogni volta che ero con lui mi trovai catapultata nel suo mondo, tra le sue braccia. Ogni cosa, persino il regalo, aveva perso importanza.
L'unica cosa che contava erano le sue mani su di me, le sue labbra contro le mie e il suo sorriso che non passava mai, neanche quando ci baciavamo.
"Fermo, fermo," mormorai, "Devo aprire il regalo, non distrarmi."
"Non potrei mai," mi prese in giro e con un gesto veloce mi porto sulle sue ginocchia, nascondendo il volto nell'incavo del mio collo.
Presi un respiro profondo, lanciai un'occhiata occhiata verso di lui e pregati sinceramente che il suo regalo mi piacesse.
Non perché sarebbe cambiato qualcosa tra di noi, assolutamente, ma perché se c'era una cosa che avevo scoperto era che a me fingere con Ethan era difficile, se non impossibile.
Aprii la scatolina lentamente, leggendo con distrazione il marchio, e concentra tutta la mia attenzione sul contenuto al suo interno.
Un braccialetto faceva bella mostra di sé, vicino un piccolo cuoricino con una chiave.
Ed era vero, perché Ethan mi conosceva meglio di quanto pensassi, e io di solito cose del genere le pensavo stupide.
Eppure in quel cuore così piccolo, semplice, senza fronzoli alcuni non riuscii a trovare nulla che non andasse bene.
Ethan si schiarii la voce, teso sotto il mio corpo, e alzò leggermente la testa. "Pensi sia stupido vero? Quando l'ho preso ho pensato fosse carino, poi però i giorni passavano e tu hai detto tutte quelle cose sui regali che di solito si fanno i fidanzati, che non ami i bracciali..."
Alzai gli occhi al cielo e mi tuffai su di lui, zittendolo con un bacio veloce. Esercitai una forte pressione sulle sue labbra e, allontanandomi, gli morsi leggermente le labbra. "Lascia stare qualsiasi cosa io abbia detto, straparlo. Mi piace tantissimo, davvero davvero. Me lo metti?"
Allungai il braccio verso di lui, che mi guardò incerto per un momento prima di prendere il bracciale e chiuderlo intorno al mio polso. "Ti piace davvero?"
Annuii. "È vero, non amo i bracciali, e di solito non mi fanno impazzire quelli che ci si regala tra fidanzati perché sono sempre uguali, scontato e vistosi. Questo però no, è bello, è semplice ed è reale. Capisci cosa intendo?"
Ethan fece un lento movimento del capo e rilassò le spalle. "È un peccato allora," incurvò le labbra verso l'alto e una strana luce gli animó gli occhi.
"Cosa?"
"Vedi, ero così in dubbio e terrorizzato all'idea che il regalo non ti piacesse," prese una lenta pausa, per me logorante, per lui sicuramente divertente, "Che ho preso anche altre cose."
"Altri regali?" quasi urlai, eccitata all'idea, e cominciai a guardarmi freneticamente intorno.
"Regalini," mi corresse, "Ma sì. È inutile che ti guardi intorno, non è qui. Li avrai a casa, il ventisei."
Sgranai lentamente gli occhi mentre cominciavo a capire. "Tu non mi hai dato questo regalo perché sapevi che morivo dalla curiosità, ma perché così puoi tormentarmi con questi altri."
"Sei un po' prevedibile, Stellina," cercò di baciarmi ma io mi scansai, indispettita, "Te la sei presa?"
"Mi sento presa in giro," misi il broncio, "Ridi di me."
"Solo un po'," propose conciliante il mio ragazzo, "Il giusto perché la nostra rimanga una coppia equilibrata."
Incrociai le braccia al petto e forzai le labbra per non sorridere, decisa a protrarre quella questione almeno per qualche minuto ancora. "Mi dai un indizio?"
"Direi proprio di no," commentó piatto, mettendosi più comodo e mantenendomi con una mano dietro la schiena per evitare che mi sbilanciassi. "Hai appena avuto un regalo in anticipo, non puoi lamentarti."
Gli passai un braccio dietro il collo, appoggiandomi a lui e sporgendo il labbro inferiore in fuori.
"Ma il nostro accordo..."
Ethan scosse la testa e mi solletticó il viso con il suo respiro. "Se vuoi ho un altro accordo che potrebbe interessarti."
"Ah, sì?" stetti al gioco, "Di che si tratta? Esponi pure le tue clausole."
"Come sei magnanima," mi lasciò un bacio alla base del collo, spostandomi l'orlo del maglione. "Vedi, abbiamo due scelte in questo momento," la sua mano si insinuò sotto lo strato di vestiti pesanti e chiusi gli occhi. "Tu puoi continuare a chiedermi indizi, che però sappiamo entrambi che non arriveranno mai, e sprecare così la nostra ultima ora insieme lontano da tutti."
"Mmmh?" finsi una tosse per coprire il mugolio che mi era appena uscito dalle labbra, inaspettato e involontario.
Ethan raggiunse il ferretto del reggiseno, raggirando anche la stoffa della canottiera - a mia discolpa faceva molto freddo - e cominciando a sfiorarmi con la sola punta delle dita.
"Oppure potremmo impiegare questi sessanta minuti in modo decisamente più interessante," con un gesto veloce mi abbassó la coppa del reggiseno e mi scappò un gemito.
No! Così no. Incrociai brevemente il suo sguardo vittorioso e decisi che no, non gliel'avrei data vinta. Se era di giocare che aveva voglia, allora non bastava che chiedere.
Mi allontanai da lui il tanto che necessitavo per muovermi, salendo a cavalcioni sulle gambe e facendo aderire meglio i nostri corpi.
Ethan mi guardò per un attimo sorpreso prima di adattarsi velocemente a quel cambiamento, passandomi le mani sui glutei fasciati dai jeans.
"Dipende da te questo," dissi allora, a un passo dal suo viso, "Pensi di resistere per un'ora intera?"
Le sopracciglia gli scattarono verso l'alto e le palpebre gli si fecero cadenti. "Mi stai forse sfidando?"
"Ti sto decisamente sfidando," risposi e con un gesto veloce mi sfilai il maglione di dosso.
E menomale che da quella parte del treno non ci veniva mai nessuno.
Penultimo a destra. Tendina difettosa. Vicino al bagno rotto.
Ethan mi portó una mano dietro la nuca e mi baciò. Vorace, con passione e mettendoci tutta la voglia che non mi diceva ma che aveva.
E io schiusi le labbra, lo accolsi e cominciai quel gioco a chi stuzzicava di più.
Tra le fessure che si formano dalle nostre mani unite.
E fu proprio in quei quaranta minuti - perché poi il mio telefono suonó ed Ethan disse di aver lasciato delle cose sparpiagliate nel suo vagone e mia mamma mi chiese quanto mancava - che io capii che Ethan non aveva mai chiesto né pretesto, che mi aspettava e rispettava, ma quella voglia, proprio quella lì, la stessa che mi terrorizzava e incuriosiva allo stesso tempo, era proprio lì.
Non lo diceva ma c'era ed era un po' come un elefante nella stanza. Solo che non c'era nessuna stanza per lui, non c'era spazio se non quello tra di noi.
Tra le fessure che si formano dalle nostre mani unite.
.
🌟
Diamo il via a questo parto.
Ho avuto l'idea per quarta mini long a novembre. L'ho voluta rendere concreta a inizio dicembre. L'ho iniziata la settimana prima di Natale e solo ora la sto pubblicando.
Speriamo sia la volta buona, speriamo sia quello che volevate leggere.
Semplicemente speriamo.
Ma soprattutto, che sia l'inizio che speravo per questo anno. Diverso, migliore, mio.
Ma passiamo ora alle chiacchiere da caffè:
Ma quanto sono sdolcinati i nostri Lethan? Quasi quasi mi infastidiscono. Ma solo quasi .
Anthony ormai si prende sempre più spazio, non so come fare. Arriverà il giorno in cui pretenderà una storia e io non potrò fare altro che abbassare le mani e dichiarerare la resa (ma poi chi se lo sente quegli altri?)
E soprattutto... Come fa Annabeth a essere sempre shippabile con tutti?
Ora una piccola nota: in quei capitoli (circa 6) ci saranno piccoli, e soprattutto non rilevanti, riferimenti alla nuova versione di QMA: uno di questi è la fidanzata, ormai ex, di Josh.
Un altro invece, che qui però non è presente ma che mi sembra giusto dirvi, è proprio Josh: in QMA, versione cartacea, so chiamerà Luke - mi è stato fatto notare che c'erano decisamente troppi nomi con la J.
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