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Capitolo 8

Per pranzo, io, mamma, nonno Charlie e Sue andammo tutti quanti a casa di nonno Carlisle e nonna Esme. Era una bellissima villa immersa nel verde, spaziosa e di classe. Anche se Forks non era nella lista dei miei posti preferiti al mondo, solo uno stupido avrebbe potuto negare la bellezza di quei luoghi. Il panorama che si poteva ammirare dalla casa dei miei nonni paterni era pazzesco, anche se quel giorno aveva deciso di piovere a dirotto. Sperai che avrebbe smesso nel corso della giornata, o con quel tempaccio mamma non mi avrebbe mai permesso di andare in macchina fino a La Push con il solo aiuto del navigatore. Figuriamoci papà, pensai con sarcasmo. Non che la pioggia mi desse particolarmente fastidio, ma quando avevo degli impegni mi innervosiva parecchio.
Inutile raccontarsi storie, morivo dalla voglia di rivedere Jake... Indipendentemente dal fatto che rivederlo avrebbe forse significato avere la conferma della mia teoria su lui e mia madre.
E se fossero andati a letto insieme prima che lei si mettesse con papà? Ricacciai indietro quel pensiero prima che mi venisse la nausea, e un istante dopo realizzai che non poteva essere possibile: mamma mi aveva raccontato che papà era stato il primo e unico ragazzo con cui era stata, e che era rimasta incinta per via della loro inesperienza. Io e mamma non avevamo molti tabù, così mi aveva anche detto che lei e papà avevano provato a stare attenti, ma che non aveva funzionato: per farla breve, non avevano usato precauzioni... e io avevo promesso a me stessa che non avrei commesso lo stesso errore. Sì, avrei voluto dei figli, ma quando fossi stata più grande. Molto più grande, e non di certo a diciott'anni.
‒ Edward e gli altri sono appena arrivati ‒ ci disse mamma mentre eravamo in macchina, a guidare era nonno Charlie.
‒ Hanno fatto presto! ‒ commentò il nonno. ‒ Non guideranno come spericolati con la bambina in macchina, vero?
‒ Papà, no! Non hanno trovato traffico, e il fatto che abbiano una macchina veloce non significa che guidino come dei pazzi ‒ gli rispose mamma. Gli zii guidavano benissimo, ma nonno Charlie era diventato particolarmente apprensivo. Be'... anche se Caroline per lui era una nipotina acquisita, si comportava da nonno.

Quando arrivammo a villa Cullen, il resto della mia famiglia venne subito ad accoglierci. C'erano anche zia Alice, zio Jasper e David, che ovviamente erano rimasti a dormire lì. Non appena papà mi vide entrare in casa, venne subito a salutarmi: nonostante fossero passati pochi giorni, gli ero mancata e riuscivo a vederlo nel suo sguardo.
‒ Renesmee, ehi! ‒ mi salutò, abbracciandomi. ‒ Allora, te la sei cavata bene a Forks in questi giorni? ‒ proseguì a domandare. Subito dopo mi sorrise, spostandomi una ciocca di capelli dietro l'orecchio destro. Altroché se me l'ero cavata bene... Poi ripensai alla mia teoria su Jake e mia madre, e abbassai lo sguardo.
‒ Papà... certo, sono uscita con Seth e i suoi amici. ‒ Lanciai il sasso, per vedere se avrebbe fatto anche lui una faccia strana come quella di zia Alice la sera precedente. Ma non lo fece... ‒ E tu? ‒ proseguii a domandargli.
‒ Io sono stato chiuso in ospedale, ho avuto diversi interventi. Mi fa piacere vederti con il sorriso, Ness... I tuoi amici ti hanno detto se potrete posticipare il viaggio?
‒ Non ancora, tra domani e dopodomani Christina me lo farà sapere. Come sta Milla? ‒ Mi mancava la mia cagnolina, ma per fortuna sapevo che era in buone mani... Non mi piaceva affatto stare lontana da lei. Inoltre, la sera precedente avevo cercato di convincere Sue a prendere un animale domestico: non ne avevano più presi da quando era morto Max, l'amato pastore tedesco di nonno Charlie. E anche con mamma avevo dovuto insistere parecchio per adottare Milla... Mi aveva raccontato che da bambina le sue esperienze con gli animali domestici non erano state delle migliori, ma papà ed io sappiamo essere molto persuasivi. E così, appena poche ore dopo aver portato Milla a casa, mamma era già pazza di lei.
‒ Milla sta benone ‒ mi disse papà, rassicurandomi. ‒ Non ha fatto storie quando l'ho lasciata da nonna Renée. La nonna ha detto che puoi farle una videochiamata, così puoi vederla.
‒ Nonna Renée sa fare le videochiamate? ‒ Ridacchiai, la nonna e la tecnologia non erano esattamente migliori amiche.
‒ Per quello devi ringraziare nonno Phil ‒ mi rispose papà, sorridendo a sua volta.
Subito dopo papà andò a salutare mamma, e poiché non volevo sorbirmi le smancerie tra i miei genitori, andai subito a salutare zia Rose, zio Emmett e la mia cuginetta Caroline, di sei anni.
‒ Renesmee, fatti abbracciare! ‒ mi disse zio Emmett, non appena mi vide andare verso di lui. Gli corsi incontro e lo abbracciai, lasciando che anche lui mi sollevasse da terra. Zio Emmett è il più alto della famiglia, e vicino a lui mi sentivo davvero minuscola.
‒ Zio, dovete venire più spesso a Jacksonville! ‒ lo rimproverai.
‒ E tu a Forks, tesoro! O da noi a Seattle ‒ mi punzecchiò zia Rose.
‒ Ehi, zia! ‒ Abbracciai anche lei. Non avevo una preferenza tra zia Rose e zia Alice, adoravo entrambe e mi dispiaceva che abitassero lontane da me. Ma con zia Rose c'era un legame speciale, perché fu la prima a sapere quando mamma rimase incinta di me e a starle vicina. Zia Rose ha sempre avuto uno spiccato senso materno, ed ero convinta che presto lei e zio Emmett avrebbero deciso di allargare la famiglia.
‒ Ci sei mancata tanto, Ness ‒ mi disse, a nome di entrambi. Poi chiamò Caroline, che era seduta sul divano a guardare i cartoni animati, in compagnia di zia Alice e del piccolo Dave. Stavano giocando con il gatto di casa, una bellissima siamese di nome Rory.
‒ Caroline, vieni a salutare Renesmee! ‒ La mia cuginetta si alzò dal divano e corse verso di me, abbracciandomi.
‒ Ciao, Renesmee! ‒ mi disse con la sua vocina squillante, felicissima di vedermi. Caroline era una bambina bellissima: capelli color castano chiaro e occhi azzurri, se fosse stata bionda sarebbe stata la fotocopia in miniatura di zia Rose. E non era fastidiosa come la maggior parte dei bambini piccoli, semmai il contrario. Non sapevo se i miei genitori avrebbero deciso di avere un altro figlio, io ero arrivata troppo presto e adesso che ero grande loro erano ancora giovani... Hanno solo due anni più di Jake! mi ricordò ancora una volta la voce della mia coscienza. In ogni caso, se fosse arrivato un fratello o una sorella, speravo che crescendo fosse come Caroline. Mi ero sempre sentita inadeguata in mezzo agli altri bambini, e rivedevo nella mia cuginetta molti lati del mio carattere della me bambina. Mi chinai alla sua altezza, per farmi abbracciare meglio.
‒ Come sta la mia cuginetta? ‒ le domandai.
‒ Sto leggendo il libro che mi hai regalato al compleanno! E' bellissimo, avevi ragione tu! ‒ Altroché se era sveglia! Aveva imparato a leggere ben prima di andare a scuola, proprio come la sottoscritta. E le avevo regalato il primo libro di Harry Potter.

Poco dopo nonna Esme ci disse che era pronto in tavola, così ci accomodammo in sala da pranzo. Caroline si mise seduta a tavola accanto a me, ovviamente.
‒ Nonna, che cosa hai preparato? ‒ domandò la bambina.
‒ Lasagne! Sei contenta? ‒ rispose nonna Esme, portando una grossa teglia a tavola. Aveva un profumino ottimo, e mi venne una gran fame. Mi sarei finita volentieri tutta la teglia, se dovevo essere sincera!
‒ Sì nonna! ‒ rispose, dando voce ai miei pensieri.
Cominciammo a mangiare, mentre fuori il temporale era sempre più forte e si sentivano dei tuoni fortissimi. Avevo il cellulare poggiato sul tavolo, e l'arrivo di una notifica un po' troppo rumorosa mi fece andare il boccone di traverso. Senza farmene accorgere, presi il telefono e controllai di cosa si trattasse. Era una notifica di Facebook.

Jacob Black ha accettato la tua richiesta di amicizia.

Sorrisi. Ero seduta accanto a mio padre, e non volevo che sbirciasse... Mi aveva scritto anche un nuovo messaggio, e volevo assolutamente leggerlo.
‒ Renesmee togli il cellulare, siamo a tavola ‒ mi rimproverò papà sottovoce, ma mamma lo sentì e lo riprese.
‒ Dai, Edward! ‒ Mamma lo fulminò affettuosamente con lo sguardo.
‒ Scusa papà, lo tolgo subito... ‒ In quel momento si sentì un altro tuono, più forte degli altri.
‒ Cavolo, abbiamo fatto bene a prenotare un posto al chiuso ‒ disse nonno Charlie. ‒ Spero che per venerdì il tempo sia migliore ‒ aggiunse. Quel venerdì, il 19 luglio 2024, sarebbe stato il giorno del matrimonio tra nonno Charlie e Sue. Inizialmente sarebbe dovuto essere di sabato, ma il locale era già stato prenotato. La mia famiglia aveva messo a disposizione villa Cullen, ma nonno Charlie e Sue avevano deciso di non approfittare della gentilezza di nonno Carlisle e nonna Esme. La loro casa era stata già teatro di altri matrimoni, quelli dei miei zii e quello dei miei genitori. Si sposarono molto giovani, a venticinque anni. Io avevo sette anni e portai loro le fedi, lo ricordavo come un giorno felice. Zia Alice si era occupata dell'organizzazione, e aveva fatto davvero un lavoro impeccabile.
‒ Venerdì sarà bel tempo, Charlie ‒ gli rispose zia Alice con un sorriso soddisfatto. Probabilmente lo aveva previsto, e mi venne da sorridere. Sperai che avesse ragione. ‒ Giovedì vi accompagnerò al ristorante per assicurami che sia tutto perfetto ‒ aggiunse subito dopo.
‒ Grazie Alice, sei davvero un angelo ‒ le rispose Sue.
‒ Lo è davvero! ‒ aggiunse nonno Charlie, facendola sorridere. Poi parlarono dei vestiti, del buffet e infine... l'argomento si spostò su di me.
‒ Ehi, signorina ‒ mi disse zia Alice. ‒ Un uccellino mi ha detto che hai ripreso a suonare il pianoforte, sbaglio? ‒ Quella domanda mi colse totalmente alla sprovvista. L'uccellino era sicuramente papà, o forse mamma. Lei e zia Alice si adoravano, tranne quando la zia la portava a fare shopping per giornate intere.
Da piccola, papà mi aveva insegnato a suonare il piano: ce n'era uno lì, a casa di nonno Carlisle e nonna Esme, e ne avevamo uno anche a casa nostra a Jacksonville. In un periodo di ribellione adolescenziale avevo deciso che non volevo più suonare il piano, ma che volevo prendere solo le lezioni di canto. Avevo quindici anni, ero una ragazzina e a volte mi comportavo come tale, facevo cose stupide... Ma poi me ne ero pentita: di recente mi era tornata la voglia di riprendere le lezioni di piano, e di verificare se avessi dimenticato tutto o se il mio livello di preparazione fosse ancora buono. Per mia fortuna avevo una buona memoria, e con un po' di pratica sarei senza dubbio migliorata. Ecco perché non ne avevo parlato a Jake, mi vergognavo di dirgli che avevo smesso di suonare il piano per fare un dispetto a mio padre, e che avevo ripreso solo di recente. Papà era sempre impegnato con il lavoro, e da sola avevo deciso di lasciar perdere i brani di musica classica per cimentarmi in qualche cover di canzoni moderne.
‒ Zia, che cosa hai in mente? ‒ le domandai, sulla difensiva.
‒ Pensavo, Renesmee... che potresti suonare un brano al pianoforte al ricevimento del matrimonio di nonno Charlie. ‒ Nonno, entusiasta, le andò dietro.
‒ Ma è un'idea fantastica! Coraggio, Ness... fai questo regalo a tuo nonno. ‒ Mi sentii accerchiata: è vero, sarebbe stato un pensiero carino, ma avevo paura di combinare un disastro. Davanti a tutti gli invitati, poi... Ci sarebbe stato anche Jake. Oh, merda.
‒ Be', posso provarci. Ma non vi prometto niente, okay? E la canzone la scelgo io! ‒ Nonno Carlisle mi sorrise.
‒ Ci fidiamo, Ness. Non è vero? ‒ Guardò il resto della mia famiglia.
‒ Sì!!! ‒ rispose la mia cuginetta, pronta ad appoggiarmi.

Finito di pranzare, mi avvicinai a nonna Esme per chiederle di prestarmi la sua macchina.
‒ Certo, tesoro, non c'è alcun problema. ‒ La abbracciai, adoravo nonna Esme. E poi, avevo la fortuna di avere tutti i nonni giovani. Nonno Charlie e nonna Renée avevano avuto mia madre molto presto, e non avevano neanche sessant'anni. Mentre nonno Carlisle e nonna Esme erano un po' più grandi di loro, ma solo di pochi anni.
‒ Senti, nonna... Dici che papà farà storie se vado da sola a La Push? ‒ le domandai. ‒ Vado a trovare Seth e i suoi amici, mi sono trovata bene con loro ‒ aggiunsi, quasi come a giustificarmi.
‒ Non credo che farà storie, che cosa mai potrebbe succederti a La Push? Tuo padre adora Seth, non ci sarà alcun problema.
‒ Ti ringrazio, nonna. Speriamo che smetta di piovere! ‒ Mi sorrise, con uno sguardo davvero dolce e amorevole.
Andai in salone, e mi sedetti per un attimo sul divano per controllare i messaggi.

Jacob: Allora, stasera avrò l'onore di rivederti?

Renesmee: Buone notizie, mia nonna mi presta la sua macchina e posso venire da te senza disturbare Seth. Speriamo che smetta di piovere, voglio vederti...

Rimisi il cellulare nella tasca dei jeans, sorridendo come un'ebete. Poi il mio sguardo si posò proprio sul bellissimo pianoforte a coda nel salone dei nonni. Papà non era l'unico in famiglia a saperlo suonare.
Mi sedetti, approfittando dell'attimo di solitudine, e iniziai a suonare qualche brano che conoscevo a memoria. Iniziai con Debussy, Clair de Lune. Me lo aveva insegnato proprio papà, perché era uno dei suoi preferiti.
‒ Sei bravissima, lo sapevo che non te lo saresti dimenticato. ‒ La voce di papà... Mi voltai ed era lì, pronto a raggiungermi.
‒ Grazie, papà. Vieni a suonare anche tu, dai ‒ lo incalzai. Si sedette accanto a me, aspettando il prossimo brano.
‒ Ora verranno anche gli altri, vero? Mi sentirò accerchiata e non riuscirò a suonare...
‒ No, Renesmee. Ho detto loro di lasciarci da soli. ‒ Mi sorrise. A quel punto mi rilassai, e iniziai con il secondo brano: Bella's Lullaby, una composizione originale che mio padre aveva scritto apposta per mia madre. Ecco perché le mie aspettative sui ragazzi erano così alte...
Papà iniziò a suonare con me, poggiando le sue dita sui tasti bianchi e neri del pianoforte. Mi accorsi che dietro di noi c'era Caroline, che era rimasta incantata a guardarci.
‒ Lei ha il permesso di ascoltarci ‒ mi disse papà. La invitai a sedersi accanto a me.
‒ Ness, canti qualcosa? ‒ mi chiese la mia cuginetta. Annuii, sapevo quale brano avrei suonato... La sera precedente avevo dato un'occhiata alla pagina Instagram dei Black Wolves, ed ero rimasta colpita da una cover. Jake ne aveva fatto una versione più "rock", con la chitarra elettrica.
‒ Papà, dici che questa andrà bene per il matrimonio di nonno? ‒ gli domandai. Avevo scelto Enjoy The Silence dei Depeche Mode, certa che anche Jake ne sarebbe rimasto colpito. E poi, era una delle mie preferite e già sapevo suonarla e cantarla a memoria, il che non guastava affatto.
‒ Sì Ness, penso che piacerà molto a tutti. Sei proprio mia figlia, ti ho educata bene in fatto di musica! ‒ Mi appoggiai alla sua spalla, sorridendo insieme a lui.

***

Alla fine, la fortuna fu dalla mia parte e smise di piovere. Papà non fece storie quando gli dissi che nonna Esme mi aveva prestato la sua auto e che sarei uscita con gli amici di Seth, il fatto di essere sempre stata una ragazza responsabile mi aveva concesso una certa libertà. Non avevo mai fatto sciocchezze e mai le avrei fatte... O almeno, non avrei fatto nulla di irrimediabile.
Impostai il navigatore all'indirizzo che mi aveva dato Jake, quello di un ristorante a La Push. Mi aveva anche detto che se avessi avuto problemi sarebbe venuto a prendermi, ma volevo cavarmela da sola.
La strada era semplice, e tirai un sospiro di sollievo quando mi accorsi di essere già arrivata nel parcheggio del ristorante. Visto il brutto tempo, anche Jake si era presentato in macchina, lo riconobbi subito. Mi guardai nello specchietto, poi scesi dall'auto e la chiusi a chiave. Quando mi voltai, lui era già lì.
‒ Jake, mi hai fatto prendere un colpo! ‒ gli dissi.
‒ Scusa, Ness... Allora, hai avuto difficoltà con la strada? ‒ mi chiese, con tono apprensivo.
‒ No, affatto. ‒ Restai appoggiata allo sportello della macchina, e ci guardammo negli occhi per alcuni istanti. Volevo baciarlo di nuovo, al diavolo ciò che avrei scoperto.
‒ Ehi, vogliamo andare? Non so te, ma io sto morendo di fame ‒ mi disse, sorridendomi. Eccolo di nuovo, il sorriso abbagliante a trentadue denti.
‒ Sì, anch'io. ‒ Non era vero, ma non mi andava di dirgli che a pranzo avevo mangiato come un maiale. Feci un gesto avventato, e lo presi per mano. Lo sentii sussultare.
‒ Ness, forse è meglio di no. Non prima che io ti abbia detto tutto. ‒ Era teso, e si sentiva in colpa.
‒ Jake, credo di aver già capito. E sai una cosa? Non mi interessa. ‒ Lo vidi assumere un'espressione sbalordita. ‒ Allora, andiamo? ‒ insistetti.
‒ Sì. ‒ Strinse le mie dita tra le sue, e ci incamminammo verso il ristorante. Nell'esatto momento in cui avevo incontrato di nuovo il suo sguardo, ne avevo avuto la conferma: volevo che Jake facesse parte della mia vita.

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