Capitolo 5. Josh's Pov
<<Sei pronto? Adesso faccio entrare i tuoi genitori, d'accordo?>>
L'infermiera sembrava essere gentile. Soprattutto aveva mostrato delicatezza nello spiegarmi che mi trovavo in quel letto, immobile, da circa tre mesi.
Dannazione! Ero stato in coma per tutto quel tempo ed io non ricordavo più niente di ciò che fosse accaduto. Non sapevo neanche quale fosse il mese in cui ero stato ricoverato.
Merda! Avevo solo una grande confusione in testa. Continuavo a fare strani sogni, oppure erano flash del mio passato? In quel momento non sapevo neanche quale fosse la differenza.
La porta si aprì con il suo solito andamento. Non riuscivo a capire perché gli architetti mettessero le porte scorrevoli in un ospedale. Andiamo per i supermercati, per i negozi, per gli uffici, ma in un ospedale non era più consono utilizzare un semplice ingresso con maniglia? Assurdo!
Due figure, distrutte dal dolore, fecero il loro ingresso in quella che era la mia stanza da poco più di novanta giorni. Non li ricordavo così scavati in viso.
Mia madre che era sempre stata perfetta, con i suoi vestiti perfetti, indossava abiti casual e scarpe da passeggio. Persino il suo volto era diverso dal solito. Capelli raccolti in una lunga coda di cavallo che contornavano un colorito giallastro e livido.
Mio padre, invece, era la persona che più mi faceva stringere il cuore. Una camicia che fuoriusciva dai pantaloni classici e un volto accolto da una barba grigiastra. Persino i suoi capelli, che solitamente erano ben allineati, erano molto più simili ai miei che ad un uomo d'affari.
Non ditemi che ero stato io a ridurli in quello stato? Ve ne prego!
<<Ciao tesoro...ben tornato...>> Le parole strozzate dalle lacrime, scandite dalla sua bellissima voce, mi fecero commuovere, come non mai.
Non ero mai stato bravo ad esternare i miei sentimenti, specialmente con loro, ma questa volta era diverso. Mi sentivo privo di difese e avevo bisogno di farle capire quanto le volevo bene. In realtà, erano anni che cercavo di dimostrare loro la mia riconoscenza. Purtroppo lo avevo fatto sempre nel peggiore dei modi.
<< Ciao, mamma...ciao, papà...>> Gli occhi di quell'uomo che avevo sempre visto tutto di un pezzo, adesso erano appannati da candide lacrime.
Dopo esserci abbracciati, come non facevamo da tempo, iniziarono a raccontarmi cosa fosse successo. Ogni singolo dettaglio sembrava essermi sconosciuto. Niente era come ricordavo.
Mi spiegarono che la sera prima dell'incidente, ero andato ad una festa organizzata da alcuni ragazzi del campus, insieme ai miei amici. Peccato che io, non ricordi niente di tutto questo. Il giorno dopo, mentre mi trovavo nel mio appartamento, avevo ricevuto una chiamata da Kevin che mi chiedeva di andarlo a prendere. Nel frattempo, Meg era a casa mia e mi aveva aiutato, standomi vicino.
Perché lei era a casa mia? Io quella ragazza non la riuscivo proprio a capire.
<<Scusate, ma voi come fate a sapere tutte queste cose? >>
<< Della festa ce ne ha parlato tu sorella, mentre dell'incidente...quello purtroppo è toccato a quella povera ragazza...Dovevi vederla, era distrutta. Veniva ogni giorno a trovarti ed entrava nella tua stanza quando Rosemary non c'era. Si può dire che quelle due non vadano particolarmente d'accordo.>>
Come potevo biasimarla. Neanche io tolleravo la sua vista, eppure, era mia sorella, o cugina. Insomma avete capito. Mi aveva odiato dal primo giorno che avevo messo piede in quella casa. Mi faceva dispetti, mi chiamava orfanello e mi metteva in cattiva luce con chiunque. Diversamente, Roby ha sempre occupato un posticino importante nel mio cuore ed io nel suo. Ammetto che ho superato tutte queste difficoltà, grazie al suo affetto.
<< Josh! >> Eccola qui, con il suo magnifico sorriso. I suoi occhioni verdi, erano il mio portafortuna. Mi davano la speranza di cui avevo bisogno. Se non fosse che mi stava strangolando, potevo quasi essere felice del suo abbraccio.
L'infermiera che era entrata per annotare i miei valori, da riferire successivamente al dottore, l'aveva rimproverata a causa della sua euforia. Le diceva di stare attenta a tutti quei tubicini che mi circondavano.
Quando mi ripresi da quella morsa, guardai alle sue spalle e la vidi. Era bellissima come sempre. Quella piccola ragazza bionda, piena di tormenti, era lì all'ingresso, immobile e con le lacrime agli occhi. I suoi bellissimi occhi grigio-azzurri mi comunicavano più di quello che avrebbe potuto fare con le semplici parole.
Poco dopo, quel silenzio fu interrotto dai miei genitori che invitarono Roby a lasciarci soli. Non ne vedevo il motivo, ma ammetto che ero felice di poter stare un po' solo con lei.
Meg continuava a fissarmi senza proferire parola. Si vedeva lontano un miglio che era nervosa, ormai la conoscevo abbastanza da capire cosa pensava. Le sue mani tormentavano quella sfortunata maglietta e i suoi occhi si muovevano da un lato all'altro della stanza.
Non appena decisi di interrompere quel chiassoso silenzio, piangendo si avvicinò per abbracciarmi. Il mio cuore iniziò a battere in un modo che mi sembrava così familiare, eppure tra di noi non c'era mai stato niente oltre la semplice amicizia. Anche se, dopo il ringraziamento, speravo in un qualche sviluppo maggiore.
<< Non ti ricordavo così affettuosa nei miei confronti. Sei sicura di stare bene?>> Conoscendola, era meglio buttarla sullo scherzo. Non avrei mai voluto che si fosse irrigidita e mi avesse piantato in asso come un cretino.
Purtroppo, la mia battuta aveva avuto un effetto diverso da quello sperato. Mi guardò in un modo perplesso e iniziò a chiedermi cosa ricordavo dell'incidente. Ammetto che mi ero stancato di questa domanda. Tutti la ripetevano ogni volta che mi parlavano.
Iniziai a spiegarle che tutto quello che sapevo era legato ai racconti dei miei genitori, ma di quel giorno non sapevo esattamente niente.
Era meglio se restavo zitto. In quel momento preciso fiumi di lacrime iniziarono a scorrere sulle sue piccole guance, mentre con quel poco di forza che le rimaneva si alzò in piedi per scappare via, senza dirmi niente.
Che avevo fatto per farla arrabbiare così tanto? Cazzo, non ne combinavo una giusta.
Sentii delle urla provenire da fuori, richiamando l'attenzione anche degli infermieri, che le invitarono ad abbandonare il reparto.
<< Sei proprio un coglione! Le hai spezzato il cuore. E pensare che in questi mesi l'avevo più volte invitata a non presentarsi qui. >>
<< Rosemary, la tua voce mi irrita ogni giorno di più! >> Quando era entrata nella mia stanza? Non me ne ero accorto. Mi sa che c'era un'altra porta d'ingresso altrimenti non si spiegava la sua presenza. Almeno che non aveva imparato la tecnica del teletrasporto. In quel caso avrei voluto che me lo insegnasse anche a me.
<< Caro, a me infastidisce la tua presenza da anni, eppure sono stata costretta a conviverci.>> Nel rispondermi, venne a sedersi sul divano, posto alla destra del mio letto.
<< Sai, sono proprio curiosa di sapere cosa ci abbia trovato in un tipo come te. I soldi? Il sesso?>>
<<Sta zitta! È solo una mia amica. E condivide la stanza con Roby>>
<< Mah, sarà. Lo sai vero che lei la pensa diversamente da te? Comunque meglio così>>
<< E sentiamo, perché sarebbe meglio?>>
<< Perché le tue condizioni, non sono delle migliori. Potresti avere dei problemi in futuro e parlo di serie complicazioni! Potresti stare male, avere un embolo, o addirittura morire... Quindi è meglio che non fai soffrire più nessuno. Già mi girano le palle che la mia famiglia debba patire per colpa tua, risparmia almeno quella poverella.>> Nel dire quest'ultima frase, uscì dalla mia stanza. Probabilmente sarebbe andata ad informare anche gli altri delle mie condizioni.
Non potevo crederci. Sarei stato male o, peggio ancora, sarei morto. Avevo comunque il cinquanta per cento delle possibilità, ma questo non mi bastava. Non volevo morire. Cazzo!
"Sono disteso nel letto a guardare il soffitto. Ormai sono due settimane che mi sono trasferito nella nuova casa. Niente di ciò che vedo mi sembra familiare. Adesso ho due nuove sorelle. Stamattina Roby mi ha regalato una margherita. Fin da quando sono arrivato qui, lei ha sempre condiviso con me i suoi giochi. Mi ha persino regalato il suo orsetto preferito. Rose, invece, mi odia, mi tira sempre i capelli e mi fa piangere. L'altro ieri, stavamo giocando a nascondino. Non riuscivo a trovare Roby da nessuna parte. Così ho deciso di cercarla nella stanza di Rose. Ho provato a guardare nell'armadio, ma non c'era. Decido di sbirciare sotto il letto. Ho un po' paura. Potrebbe esserci qualche mostro. Ma il vero mostro entra dalla porta. Vedo Rose tutta arrabbiata che si avvicina velocemente a me. Inizia ad urlare e la mamma arriva. Le racconta che volevo rompere le sue bambole, ma non è vero. È una bugia. Per fortuna mamma non mi sgrida, ma mi dice di andare a giocare nella mia stanzetta."
Aprii gli occhi all'improvviso, ma per mia sfortuna ero ancora in ospedale. Odiavo come mi ero sentito dopo il discorso di mia sorella. Avrei tanto voluto parlarne con qualcuno, ma purtroppo non avevo nessuno. Mi sentivo solo. Avrei potuto chiamare Roby oppure prendere in giro Meg, proprio come facevo un tempo. Eppure, da quando era fuggita via, sapevo di aver rovinato qualcosa di importante. Qualcosa che al momento non ero in grado di spiegarmi.
C'era qualcosa nei suoi occhi, una luce diversa. Sapevo che non mi vedeva più come il solito coglione. Forse dormire abbracciati a casa dei miei le aveva lasciato le stesse sensazioni che avevo provato. E se invece, nei mesi che io non ricordavo più, fosse successo qualcos'altro?
Dovevo assolutamente scoprirlo.
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