Capitolo 4. Meg's Pov
Si dice che il nostro cervello non possa resistere più di due minuti senza ricevere ossigeno. Trascorso quest'arco temporale, il nostro organo principale, avrebbe avuto danni irreversibili.
Tale fenomeno era legato o ad un infarto o ad un arresto cardiaco, conosciuto anche come morte cardiaca improvvisa.
Al mio amico era stato diagnosticato un arresto cardiaco. Il suo cuore era rimasto immobile, per l'esattezza, sei minuti e quaranta secondi.
Un nuovo record. Tipo forte, non credete? Doveva eccellere in ogni cosa che faceva. Era riuscito a ritornare dall'aldilà, ormai non so' quante volte.
I signori Kent ci spiegarono che nel momento esatto in cui avevano avuto il permesso di vederlo, erano iniziati i primi spasmi. Era come se stesse camminando tra i ricordi di un passato che cercava di riaffiorare.
Il terrore era costante nel nostro animo.
Non potevamo rilassarci per più di due minuti che qualcosa di brutto spuntava fuori, come erbaccia. Avrei tanto voluto estirparla via tutta quell'erba e lasciare libero quel meraviglioso giardino, ma purtroppo, almeno in quel momento non era possibile.
I dottori, dopo circa due ore dal ritorno sulla terra di Josh, ci invitarono a tornare a casa. Non avremmo potuto vederlo fino all'indomani e restare lì, impotenti, sarebbe stato solo uno strazio.
Nel frattempo, anche Ally e Luke ci chiamarono, per avere sue notizie. C'era qualcosa di diverso tra di noi. Eravamo una comitiva che sembrava essersi sgretolata. A parte quella piccola chiamata effettuata da noi, non c'erano stati altri contatti. Il nostro leader sembrava essere lui. L'unico collante in grado di tenermi unita a quelle persone era Josh. Prima di lui, uscivo con le mie amiche anche se di rado. Invece, da quando lo scimmione aveva deciso di mettere insieme tutto questi caratteri differenti, avevo iniziato a frequentare posti diversi, feste universitarie e viaggi di studio!
Decidemmo, infine, di seguire il consiglio dei dottori e tornare a casa. Aspettare lì sarebbe stato davvero un atto di autolesionismo.
Così, giunti in appartamento, decidemmo di invitare i nostri amici nel "nostro" rifugio, in modo tale da poterci dare forza a vicenda e non sentirci più sole di quanto non fossimo.
‹‹Ragazzi, ho ordinato una pizza, non me la sento di cucinare...vi dispiace?››․ Sapevo che se avessi messo mano ai fornelli, sarei stata nuovamente inondata da fiumi di lacrime, per questo preferii allontanarmi dall'ultimo ricordo felice che avevo avuto con lui.
Per fortuna nessuno obiettò. Anzi avevano bisogno di informazioni, non di cibo. Raccontai tutto quello che era successo, prima nella mia vita e poi nelle ore passate, mentre Roby, continuava a piangere tra le braccia del suo amato. Dalla festa alla corsa in ospedale. Ogni più piccolo dettaglio.
Dissi loro di avere fede e di credere in una sua guarigione, ma neanche io ne ero poi tanto convinta.
Fede. L'accettazione di una realtà invisibile, che non risulta immediatamente evidente, e viene quindi accolta come vera, nonostante l'oscurità che l'avvolge. Almeno questo era quello che mi aveva insegnato Wikipedia. Ma cos'era realmente la fede, quando vedi ripetersi lo stesso scenario più volte, rimanendo impassibile e impotente? Ve lo dico io, era un'arresa! Un'inerzia totale di quella persona che non può far altro che osservare da lontano il susseguirsi di avvenimenti catastrofici.
Però questo, i miei amici, lo stavano imparando piano piano. Per loro esisteva ancora quella candida speranza di un aiuto sovrannaturale. E chi ero io, per togliergli anche questo?
‹‹Andrà tutto bene, presto tornerà ad infastidirci come un tempo››
‹‹Come fai a dirlo? Cosa ne sai tu di cosa accadrà? E poi solo a te dava fastidio il suo modo di comportarsi, pensa che a me invece piaceva il suo dare fastidio!››
Ally sembrava essere fuori di sé. Non l'avevo mai vista così nervosa. Sapevo che le piaceva Josh, ma non pensavo che si potesse arrabbiare così tanto. Dopotutto il suo era un amore a senso unico, non avevano mai trascorso un po' di tempo insieme, eccetto qualche rara volta. E adesso? Si incazzava con me per il suo insuccesso.
‹‹Smettila! Quel è il tuo problema? Ce l'hai con me perché sono stata con Josh?››
‹‹No! Ce l'ho con te, perché hai sprecato solo tempo. Ce l'ho con te perché credi che tutto ti sia dovuto. Ce l'ho con te, perché sono una delle tue migliori amiche e non hai voluto condividere con me il dolore e il peso che hai portato con te in tutti questi anni!››
Un'infinità di secondi trascorsi in silenzio, terminarono con una porta chiusa con violenza. Quella fu l'ultima volta che vidi Ally, prima della cerimonia di laurea che si tenne a luglio. Ma di questo ve ne parlerò tra un po'.
Erano trascorsi all'incirca tre mesi da quel fatidico incidente. Io e Roby, avevamo trovato il nostro equilibrio e avevamo solidificato il nostro rapporto. La mattina ci svegliavamo alle sette, facevamo colazione e aspettavamo Luke per recarci al campus. Durante la settimana avevamo dei turni da rispettare per le pulizie, per il bucato e per la preparazione dei pasti.
Le condizioni di Josh continuavano ad essere stabili. Dal suo ritorno dal mondo dei morti, era stato tenuto in coma farmacologico. I dottori avevano deciso di svegliarlo solo quando le sue condizioni fisiche fossero guarite completamente e il suo cuore fosse stato tanto forte da reagire in modo positivo alle cure.
Un mattino di metà aprile, nella settimana in cui i corsi erano stati sospesi a causa di una manifestazione indetta dagli studenti, ricevettimo una telefonata che aspettavamo da tempo. Erano i signori Kent. Quello fu in assoluto il miglior giorno degli ultimi tre mesi. Io e Roby ci svegliammo con un sorriso stampato in volto. Finalmente, buone notizie! Josh era sveglio e in tarda mattinata potevamo vederlo.
Il sapore della colazione era il più dolce che si potesse richiedere. Ogni singolo boccone, nascondeva quella gioia che i nostri occhi comunicavano dal momento esatto in cui ci fu inoltrata la telefonata.
Ore 10.30 a.m, pronte e già in macchina con un'unica destinazione: reparto dei vip al Chicago Med. Non vedevamo l'ora di poterlo abbracciare.
Persino il solito traffico incontrato sulla tangenziale, oggi mi sembrava bello.
Come volevasi dimostrare, i signori Kent erano nella stanza del figlio. Il mio cuore, d'un tratto, iniziò a pulsare sempre più forte, sembrava quasi volesse staccarsi da me, per poter correre ad abbracciarlo.
Varcata la soglia, Roby gli gettò le braccia al collo, guadagnandosi una ramanzina dell'infermiera che la invitava a non strattonarlo troppo. All'improvviso i suoi magnifici occhi si voltarono fino ad incrociare i miei. Solo lacrime, accompagnarono quel momento. Ero immobile, intenta ad assaporare ogni attimo. Le gambe tremavano, quasi fossero sul punto di cedere al peso del mio corpo; mentre la mia anima si alleggeriva al pensiero che fosse finalmente tornato indietro.
‹‹Tesoro, io direi che è meglio se andiamo a prenderci un caffè. Vieni con noi Roby? Avrai tutto il tempo per parlare con lui dopo››․ Il signor Kent, invitò le donne della sua vita a lasciarci soli per un po'. Non potei fare altro che sorridergli, in modo da ringraziarlo per la premura che aveva avuto nei miei confronti.
Continuavo ad osservarlo, restando sempre inchiodata al mio posto. Le bende continuavano a fasciare i suoi bellissimi capelli scuri, mentre le braccia erano occupate ancora da quei numerosi tubi.
‹‹Ciao, Bubble, ti sono mancato?››․ Ancora questo stupido nomignolo. Ma a me non importava. L'unica cosa che contava realmente era il suo sorriso.
Sempre continuando a piangere, mi avvicinai a lui, finché non lo abbracciai. Da quanto tempo sognavo quel momento! Il suo calore, il suo profumo...il suo abbraccio.
‹‹Non ti ricordavo così affettuosa nei miei confronti. Sei sicura di stare bene?››
‹‹Che vuoi dire? A me sembra di essere stata anche più dolce di adesso!››
‹‹L'unica dimostrazione di affetto che ricordo aver ricevuto da te, risale al periodo del ringraziamento, a casa dei miei››
Stava scherzando? Per caso voleva una conferma su quello che c'era stato tra noi la notte prima dell'incidente? Non ditemi che...
‹‹Josh...qual è l'ultima cosa che ricordi prima del tuo incidente?››
Potevo sentire i piccoli rumori provenire dalle crepe del mio cuore che si stava frantumando in mille piccoli pezzi. Il suo sguardo confuso non faceva altro che confermare i miei sospetti. Aveva perso la memoria. Ogni singolo ricordo legato a noi era andato perduto.
‹‹Non molto, ho iniziato ad avere dei piccoli flash dopo che i miei genitori mi hanno raccontato che avevo avuto un incidente con la mia auto...e che tu mi avevi accompagnata in ospedale, ma...non ricordo altro. A proposito mi sorprende che io e te stessimo soli, stavamo aspettando anche gli altri?››
Ecco! Aveva dato quell'ultima botta, necessaria per romperlo del tutto. Potevo vedere i singoli frammenti del mio muscolo a terra, immobili e pieni di sangue. Era ritornata nel mondo dei vivi, ma mi aveva allontanata per sempre dal suo.
Dovevo lasciare quella stanza, prima che con qualsiasi altra frase, potesse infierire su quei piccoli cocci. Mi alzai senza dire una parola e andai dritta fuori, senza nemmeno salutarlo.
Il giorno che per me era stato quello più bello e felice dopo mesi, si era da poco trasformato, come la terza volta in cui lo avevo perduto per sempre.
_Spazio autrice_
Salve a tutti 🌸 siamo giunti al quarto capitolo! Cosa ne pensate? Secondo voi, avranno mai pace Meg e Josh? A voi cosa piacerebbe trovare come sviluppo in questa storia? Accetto ogni vostro spunto 😊
Comunque ci tenevo davvero a ringraziarvi tutti ❤️😘
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