CAPITOLO 16. Meg's Pov
Continuavo a ripensare alla giornata incredibile che ero stata costretta ad affrontare e tra il bacio inaspettato del ragazzo bipolare e la milfona che praticamente ci provava con Josh, mi ritrovavo stesa sul letto priva di forze.
Come potevo spiegarmi il fatto che in qualsiasi posto fossi, non mi sentivo in pace con me stessa? Sia in America che in Inghilterra, il mio stato d'animo era il medesimo. Mi sentivo perennemente frustrata. Confusa e angosciata!
Il sole illuminala completamente la mia stanza. Strano, da quando avevo fatto di quella stanza il mio nuovo rifugio, non mi ero mai accorta dell'intensità della luce che si poteva avere già dalle prime ore del mattino. Di solito, potevo intravedere un giallino pastello, mentre quello che potevo scorgere in quel momento, ero di una intensità più forte. I miei occhi, allora, presi dal dubbio, decisero di concentrassi su quel piccolo orologio appeso alla parete. " Nove e dieci minuti". Nove e dieci...nove e dieci....Oh Cazzo! D'un tratto mi ricordai che avevo solo venti minuti per raggiungere quell'inglesino del cazzo, in quella cazzo di facoltà.
Leggings nero e felpa lunga con cappuccio che, proprio come le mie scarpe, era bianca. Che vestisti inappropriati! Era da una vita che non vestivo in un modo così sportivo, ma mi dovevo accontentare, dato che erano le prime cose che avevo trovato in quel caos infernale.
La corsa era partita! Il taxi sfrecciava nelle strade oxfordiane e le lancette del mio orologio ticchettavano troppo velocemente. Come se non potesse bastare, il bel tempo che fino a cinque minuti prima si propagava in tutta la stanza, adesso era stato sostituito da un temporale. La pioggia picchiettava forte sul vetro del parabrezza anteriore.
In sintesi? Avevo raggiunto l'appuntamento con dieci minuti di ritardo e con litri di acqua che gocciolavano dai miei indumenti.
<< Ti sembra l'orario e il modo di presentarsi ad un incontro accademico? >> Ecco che i fasti a il mio spirito sin da subito.
<< Senti, per piacere non rompere le palle anche tu! Non ti basta che già il tempo si sia scagliato contro di me? Vuoi continuare ad infierire? >>
Non lo sopportavo e la sua sola presenza bastava a suscitare in me quel forte senso di nervosismo. Stava fermo lì, immobile a fissarmi, dall'alto verso il basso, come se fossi una stupida.
<< Dai, andiamo! Passiamo da casa tua, così, dopo che ti sarai cambiata, potremmo andare a Londra>>
Raggiungemmo velocemente il mio appartamento. Certo, se avessi avuto anche io l'opportunità di poter guidare per le strade di Oxford, avrei impiegato la metà del tempo per raggiungere la facoltà. Purtroppo, non solo ero costretta a convivere con la "famiglia Colombo", non solo ero perennemente in lite con Josh, ma dovevo convivere anche con le lunghe corse mattutine che mi avrebbero accompagnato per un lungo anno. Oh, povero il mio karma!
<<Parcheggia da qualche parte, siamo arrivati.>> esorto quell'imbecille, sperando che non si auto inviti nel mio appartamento.
<< E tu, ti permetti anche di arrivare tardi la mattina? Abiti vicinissimo all'università. Sei scandalosa!>>
Alzai gli occhi al cielo, per l'ovvietà appena udita. Purtroppo, dopo aver trovato un rettangolo dove sostare il suo veicolo, accadde ciò che temevo. Decise di fare irruzione nell'unico posto che mi apparteneva, in quel luogo straniero.
Aperta la porta, mi sembrò di tornare indietro nel tempo, più precisamente al giorno che vidi per la prima volta l'appartamento di Josh. Sembravo una bambina curiosa di scoprire ogni centimetro di quel luogo incantato; così, Andrews, sembrava voler esaminare il mio rifugio.
Per fortuna la casa era ancora vuota, in quanto, tutti avevano trovato un modo per occupare le loro giornate. Io, invece, pensavo solo a risolvere i miei problemi; nessun interesse diverso dalla possibilità di far recuperare la memoria al mio scimmione.
<< Devo ammettere che questo tugurio ti si addice. Niente fronzoli, niente di particolarmente femminile, ma soprattutto, tutto in perfetto ordine >>
Avevo deciso di non rispondere alla sua provocazione. Per questo motivo, non tardai a rinchiudermi in camera e a cambiarmi velocemente. Infine, prima di raggiungerlo, asciugaii i capelli.
Finalmente potevo dire di sembrare una persona quasi gradevole!
Con mia grande sorpresa, una volta raggiunta l'auto e imboccato l'autostrada, ci dirigemmo nella maestosa Londra, capitale e maggiore città del Regno Unito.
Non potevo credere ai miei occhi. Ero riuscita a raggiungere la meta che da anni mi ero prefissata di visitare. Oh, se mio nonno fosse stato lì con me! Una lacrima rigò il mio viso, nel ricordare i numerosi progetti che avevamo organizzato. Per fortuna, questo pensiero triste, mi abbandonò velocemente. Non potevo permettermi di mostrare debolezze davanti ad un perfetto sconosciuto.
<< se vuoi scrivere e raccontare di un posto, la prima cosa che devi fare e visitarlo. Quindi, armati di uno dei più grandi sorrisi che puoi fare e scatta più foto che puoi... insomma, cerca di rilassarti e divertirti! >>
Aveva ragione! Dovevo acquisire più conoscenze possibili sul luogo principale del mio articolo, prima di poter parlare della famiglia reale. Iniziammo così, il nostro breve ma divertentissimo tour.
La prima tappa fu Trafalgar Square, luogo non solo di una famosa battaglia, ma anche meta di molti turisti che si riuniscono per accogliere insieme il Capodanno.
Seguì poi, una visita a Buckingham Palace, dimora della famiglia reale e luogo dove si svolgono le cerimonie pubbliche. Inutile sottolinearvi che il momento più divertente full cambio della guardia. Ammetto che provavo un po' di tenerezza per quei soldati che venivano infastiditi continuamente dei turisti che concedevano loro strane smorfie, cercando di rubargli un sorriso. Poco dopo, ci spostammo dell'Oxford Street, famosissima strada londinese che poteva vantare 4 km di asfalto e 300 negozi, oltre all'imponente British Museum che da lì a poco, avrei avuto il piacere di visitare.
<< wow stupendo! >> ormai, da circa quattro ore, non facevo altro che ripetere queste due parole. Era un sogno che finalmente si stava realizzando.
<< mi fa piacere che ti stia divertendo. Dai, adesso andiamo a riposarci un po', non mi sentivo così stanco da un bel po' di tempo. Inoltre, ho anche fame...>>
Dopo aver comprato due panini in un pub aperto anche a pranzo, raggiungemmo Hyde park. Un bellissimo parco diviso in due zone dal Serpentine Lake.
Era tutto perfetto; dal cibo alla pace che si poteva catturare in quel parco. Persino il tempo, che qualche ora prima aveva invaso la città che mi ospitava, si era tramutato in una calda giornata "primaverile". Peccato che tra qualche giorno l'autunno avrebbe preso il sopravvento e le giornate sui libri sarebbero ritornate a far parte della mia routine. Ad accrescere il mio senso di tristezza, era anche il pensiero di non poter condividere queste gioie con Josh. Se non poteva avere il mio nonno, almeno avrei voluto avere lui. Purtroppo il destino, non avevano previsto nessuna gioia per il mio futuro.
Tornando alla giornata che stavo vivendo, di certo, non avevo niente da rimproverarmi. Ammetto che era iniziata nel peggiore dei modi, ma trascorrere del tempo, in un modo così spensierato, era un toccasana per la mia anima. Andrews, quando si toglieva quella maschera da pallone gonfiato, non era per niente spiacevole. Anzi, visitare luoghi storici che per molte persone potrebbero essere etichettati come "un tour ammorbante", era stato divertentissimo. Ogni piccolo aspetto, scoperto insieme a lui, nascondeva un velo di allegria.
<< Allora sai anche come si sorride! Sai, per poterti concentrare al meglio nel tuo lavoro, siccome devi raccontare ciò che un posto o una tradizione ti trasmette, devi poter essere libera con lo spirito, sentirti in pace con te stessa>> Aveva ragione. Il pessimismo che mi portavo dietro da Chicago, stava influenzando tutta la mia vita e questo non andava bene. Era arrivato il momento di apportare numerosi cambiamenti, primo tra tutti: il nervosismo che si rifletteva tramite il mio viso. << Dai, andiamo! Abbiamo altri due luoghi da visitare, prima di tornare ad Oxford >>
Così dicendo, mi porse la mano a mo' di cortesia e sempre in quella posizione, ci dirigemmo nel cuore morale della capitale inglese, Piccadilly Circus. Wow! Non avrei mai immaginato che anche l'aspetto moderno londinese, avrebbe attirato il mio interesse, o meglio, avrebbe catturato il mio cuore.
Gli occhi mi luccicavano come se fossero stati abbagliati da un potente luce e la mia faccia sembrava non voler abbandonare quell'espressione inebetita che aveva assunto nel momento esatto in cui avevo appoggiato i piedi su quel luogo per me sacro. Proprio per rimanere in tema occhi, l'ultimo luogo che visitammo fu il celebre London Eye, ovvero la ruota panoramica situata sulla riva sud del Tamigi.
Ok, era ufficiale! Di lì a qualche giorno, avrei per sempre detto addio a quella sciocca ragazza che da anni non faceva altro che piangersi addosso. Ero giovane e piena di vita e come tale mi dovevo comportare. Dovevo lasciare il girone dantesco dell'invidia, dovevo tagliare il filo di ferro che teneva unite le mie palpebre, dalle quali facevano fatica ad uscire le mie lacrime. La luce, ma nel mio caso il futuro, sarebbe stato il mio nuovo pane quotidiano.
Così prima di ritornare indietro, per non rovinare le gioie che ero riuscita a rinchiudere nel cofanetto del mio cuore, pronunciai solo tre sottili parole: "grazie mille, Andrews".
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