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Capitolo 11. Meg's Pov

Come volevasi dimostrare, tornare a casa dei miei genitori fu un completo disastro. Mia madre, non solo non si era presentata nel giorno più importante della mia vita, ma a malapena, mi aveva concesso un augurio privo di sentimenti, per la laurea conseguita. Assurdo. Decisi allora di fare un'ulteriore tentativo. Giusto per renderla partecipe di qualcosa di davvero importante per me, provai a spiegarle che la settimana seguente sarei partita per Oxford; che sarei restata nel Regno Unito per circa un anno e che attualmente ancora non sapevo se sarei riuscita a tornare per le feste. Il risultato? Ottenni solo un "magnifico", per di più con un accento inglese.
Sì, magnifico. La figlia stava fuori dalla Nazione per un anno e lei se ne usciva con una battuta monosillaba. Disgustoso.
Mio padre non fu da meno. Dopo avermi fatto un verso incomprensibile, quando gli chiesi il permesso di entrare nel suo ufficio, tirò fuori dalla sua agenda un foglietto di carta rettangolare. Pensate che non mi degnò neanche di uno sguardo, quanto mi diede un assegno come regalo di laurea. Né una parola né un in bocca al lupo per la mia nuova esperienza.
Ma che cazzo di problemi hanno? Ok, lo ammetto. I soldi mi sarebbero serviti all'estero, ma erano o no i miei genitori. Di sicuro mi avevano adottata, non c'è altra spiegazione.
Mi chiedevo, spesso, cosa cavolo li avesse spinti a fare un figlio se poi conducevano una vita da scapoli? Non era meglio se optavano di vivere come i figli dei fiori? No, perché loro avevano deciso di rovinare la mia esistenza, ecco a cosa era servito il matrimonio.
Beh, ancora pochissimi giorni e sarei andata via per sempre da quella città.
Sapete, se non ci fosse stata la mia famiglia nella capitale del Tennessee, avrei di sicuro amato viverci.
Nashville, infatti, è uno dei centri editoriali più importanti dello Stato. Quindi avrei potuto lavorarci con grande piacere. Inoltre, amavo il suo clima subtropicale. Peccato, avere solo brutti ricordi legati a quel posto.

Tornando al mio prossimo viaggio, quasi imminente, grazie al mio computer, ero riuscita a fare una lista delle cose da portare con me. Certo, lo spazio non era molto, ma di sicuro avevo fatto pratica in tutti quegli anni. Dopotutto, riuscivo a trasportare il necessario in un unico viaggio, dallo Stato del Tennessee a quello dell' Illinois.
La temperatura, negli Oxford, sarebbe stata perennemente fredda, quindi le magliette non sarebbero servite. Maniche lunghe e maglioni, sarebbero stati miei grandi amici.
Perfetto, un carattere freddo, in un posto glaciale. Ironia della sorte!
Prima di lasciare "casa" e trasferirmi dalla famiglia Kent, in attesa della partenza, decisi di salutare le due persone più importanti della mia vita: Marc e mio nonno. Dovevano sapere che ce l'avevo fatta, che non mi ero arresa davanti ai numerosi ostacoli che mi si erano presentati. Forse, questo lungo viaggio, mi avrebbe fatto bene. Forse, avrei finalmente trovato quella strada che cercavo da anni. Peccato non poter ricominciare lontana anche da Josh. Avrebbe di sicuro giovato alla mia psiche. Questo di sicuro. L'unica consolazione che potevo trarre da quell'esperienza, sarebbe stata la possibilità di frequentare percorsi differenti. Probabilmente, questo mi avrebbe aiutata a dimenticarlo, o meglio, a conviverci senza pretendere chissà cosa.

Casa Kent. L'accoglienza fu sicuramente migliore di quella ottenuta a casa mia. Ci furono abbracci, scambi di opinione e persino un dolce pensiero dedicatomi da Jessica e Steve. Mi regalarono una borsa a tracolle, contenente un paio di block-notes e delle penne carinissime, di cui una più seria con inciso una bellissima dedica:

"Alla nostra nuova figlia: Diventa la donna che so che potrai essere".

Non avevo parole sufficienti per esprimere l'immenso amore che provavo per quella famiglia. Erano stati una manna dal cielo. Almeno una cosa positiva mi era stata concessa nella vita. Un'unica gioia! Una famiglia che mi concedeva un amore che neanche la mia era stata in grado di darmi.
Soggiornare da loro, mi diede quella serenità che mi avrebbe di sicuro aiutato nel corso del viaggio. Pensate che mi ero persino abituata nuovamente alla presenza di Josh. Ormai "parlavamo" quasi come due persone civili, o meglio, riuscivamo a salutarci, discutere sui relativi programmi che avremmo affrontato (questo è capitato un'unica volta e di sfuggita) e persino a passarci il cibo durante i pasti. Avevamo fatto progressi! A modo nostro.

<< Domani si parte... hai preparato... tutto...Meg?>>

<< Si. E tu? >>

<< Anche io >>

<< Ottimo! >>

Ok, lo ammetto. Non era il massimo della conversazione che uno potrebbe aspettarsi da chi si parlava di più quando si odiava, ma era pur sempre un inizio. Da chi si capiva con un semplice sguardo. Da chi aveva messo a nudo ogni aspetto della propria esistenza.
Al momento, avevo solo bisogno di spazio. Dopotutto, ero stata rifiutata nel migliore dei modi, senza nemmeno una litigata. Cosa si aspettava che lo avrei perdonato?!

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