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Capitolo 1. Meg's Pov

Di fronte a me un orologio di plastica contornato dall'argento, lasciava libertà di movimento alle sue lancette. Infiniti attimi scorrevano senza mostrare esitazione, mentre i battiti del mio cuore cercavano di inseguirli.
I corridoi bianchi erano sempre meno affollati dai pazienti, ormai, condotti nelle rispettive stanze. Solo i medici continuavano il via vai tra una corsia ed un'altra.
Le sedie plastificate erano sempre più libere ed io ero sempre più preoccupata, anche se non so bene come spiegarlo, la speranza era forte dentro me. Sapevo che lui non mi avrebbe mai abbandonata.
Dalle enormi finestre potevo vedere solo il buio del cielo, circondato dalle numerose luci dei lampioni che lasciavano intravedere i vialetti del piccolo parco, che contornava il Chicago Medical Center. I lampeggianti rossi accompagnati da un suono assordante, entravano ed uscivano dal portone d'ingresso. Urla, corse, sangue. Solo questo era lo scenario che mi si presentava davanti agli occhi.
Potevo quasi passare inosservata, data la moltitudine di studenti che svolgeva il tirocinio in quella struttura, se non fosse stata per una felpa troppo grande e sporca di sangue e degli short, messi in un mese fin troppo freddo.
Per fortuna i vuoti d'aria nella mia testa si erano placati. Ci mancava solo che gli infermieri continuassero a ronzarmi intorno!
Alcuni di loro mi avevano gentilmente offerto un succo, nel caso fossero ritornati i capogiri. Come se poi il mio stomaco fosse in grado di poter accogliere cibo e bevande. Cercavo già da tempo di trattenere i conati che mi risalivano, ogni volta che sentivo persone piangere disperatamente, per un parente o per un caro ormai perso.

‹‹Meg...Meg, cos'è successo? Dov'è Josh?››․ Eccola arrivare con lo stesso terrore che, fin dal pomeriggio, era impresso sul mio viso.

Quegli occhi che avevo sempre ammirato per la lucentezza e l'amore che mostravano, avevano lasciato posto a due piccole biglie sbiadite e spente.
Come potevo dirle, senza lasciarmi trasportare dal dolore, che il fratello era in sala intensiva da ore, mentre i dottori, avevano fretta di operarlo?
Per fortuna, se così si può dire, quel compito, mi fu sottratto da un dottore che si stava avvicinando a noi, proprio nello stesso momento in cui, anche i suoi genitori, si affrettavano a raggiungerci.

‹‹Buonasera, voi dovreste essere i signori Kent?››․ La voce pacata e priva di emozioni del dottore, non lasciavano presagire niente di positivo.
‹‹Salve, io sono il dottor Kole e ho soccorso vostro figlio, nel momento in cui è arrivato in reparto. Purtroppo, le condizioni del ragazzo, sono critiche, infatti parliamo di trauma cranico. Probabilmente, nell'impatto, ha sbattuto prima la testa contro il volante poi contro il sedile che occupava, provocandogli così delle lesioni celebrali focali...››

‹‹Dottore, cosa sta cercando di dirci?››․ La signora Kent, fece a malapena in tempo a terminare la frase, prima di essere sopraffatta da lacrime amare.

‹‹Sto cercando di dirvi che le lesioni potrebbero essere localizzate in una sola parte del cervello, come potrebbero esserci delle microlesioni diffuse. Non sappiamo ancora come potrebbe reagire dopo l'operazione, anche perché non conosciamo le modalità dell'impatto e se questo sia stato eccessivamente violento. Per ora, noi abbiamo bisogno del vostro consenso per poter procedere. Più tempo aspettiamo, meno probabilità ci sono per...una buona riuscita››․

Il dottor Kole, per quanto volesse essere il più professionale possibile, non poté fare altro che provare compassione per quei genitori che rischiavano di perdere il loro amato figlio.
Roby, invece, appresa la notizia, lasciò cadere il suo corpo privo di forze sulla sedia, ormai, abituata a simili reazioni. Quanto a me, il dolore era diventato, già da anni, parte integrante della mia anima.
I signori Kent, dopo aver autorizzato la procedura, raggiunsero la postazione occupata da me e la mia amica, cercando di rimanere il più composti possibili.
Da quando avevano messo piede nel nosocomio, non avevo rivolto loro, ancora una parola. Avevo perso quella facoltà, subito dopo aver visto il volto insanguinato del mio Josh.
Se lui non poteva più dare voce ai suoi pensieri, allora, perché potevo farlo io? Perché a me era ancora concessa questa fortuna?

‹‹Cara...mi devi scusare, non ti ho neanche chiesto come stai? Sei ferita?››․ Come poteva preoccuparsi per me, in un momento come quello!

Ecco le lacrime affiorare nuovamente sul mio viso. Era impossibile smettere. Probabilmente, non ci sarei riuscita neanche qualora il mio condotto lacrimale si fosse prosciugato.

‹‹Vieni qui!›› Il suo abbraccio era così caldo, mi dava amore, anche se non lo meritavo. L'unica cosa che riuscii a fare fu solo lasciarmi andare, abbandonandomi alle mie emozioni.
Una volta calma, fui in grado di spiegarle cosa era accaduto. Il pranzo, la telefonata del coinquilino, l'incidente...il sangue.

Erano trascorse ore dall'intervento. Potevo intravedere i primi raggi del sole specchiarsi nelle grandi vetrate dell'edificio. Le pareti iniziavano ad assumere quel colore giallino, tipico delle tonalità mattutine. Nessuno di noi aveva avuto il coraggio di chiudere gli occhi, sapendo che da un momento all'altro, qualche dottore sarebbe potuto arrivare per darci informazioni.
Cosa dovevamo aspettarci?
Notizie positive o negative, avrebbero comunque cambiato per sempre le nostre vite.
La mia mente aveva ipotizzato ogni scenario plausibile. Avevo immaginato un dottore con un sorriso stampato in volto che ci concedeva l'esito positivo post operatorio; un altro, che spiegava che c'erano state complicazioni durante l'intervento e che Josh, forse, non avrebbe recuperato l'uso di qualche facoltà. Infine, lo scenario che più temevo. Il dottore, con ancora indosso mascherina e cuffietta, cercava di spiegarci che nonostante i loro sforzi, il ragazzo era morto a causa di una emorragia.
Questa era di sicuro la situazione che più mi spaventava.

‹‹Siete stati fortunati anche questa volta!››‚ una donna si incamminava nella nostra direzione.

Era bellissima! Due lunghissime gambe che sorreggevano un fisico da modella; capelli di un nero pece, raccolti in un perfetto chignon e occhi verdi smeraldo. Da come parlava, potevo capire che faceva parte, anche lei, dell'equipe medica. Probabilmente, avrebbe svolto il turno mattutino, dato che indossava degli abiti informali, che da lì a poco, sarebbero stati sostituiti da quelli ospedalieri.
Il suo corpo era coperto da una gonna nera a vita alta, lunga fin sopra alle ginocchia; una camicia bordeaux di seta, infilata all'interno della gonna e dei décolleté che si abbinavano a quest'ultima.
Quel ticchettio proveniente dai suoi tacchi a spillo, però, urtava il mio stato d'animo, nonostante, le fossi grata per aver interrotto quel susseguirsi di supposizioni che si figuravano nella mia mente.

‹‹Rosemary, lo hai visto? Come sta?››‚ la signora Kent era corsa incontro a quella ragazza, afferrandola per le braccia.

‹‹Stai calma! L'operazione è andata bene, ma non dimenticarti che Josh è in coma e non sappiamo né quando e né se si sveglierà!››

Non so' spiegarvi bene il perché, ma provavo repulsione per il tono utilizzato da quest'ultima! Come poteva essere così insensibile nei confronti di una madre in pena per suo figlio? E poi perché chiamava Josh per nome? Non dirmi che...

‹‹Ah, mamma! Ricordati di portare un ricambio, purtroppo, gli stracci che indossava li abbiamo dovuti gettare via››

Era appurato! Si trattava proprio della "figlia laureata in medicina" che non era mai tornata a casa per una festa! Dopotutto chi avrebbe potuto dare torto alla famiglia Kent.
Si trattava di una ragazza senza cuore e priva di rispetto, per chi soffre. Era talmente gelida che non aveva avuto un minimo di riguardo, neanche per la sorella, che da quando aveva messo piede in ospedale, non aveva smesso un minuto di versare lacrime.
Il volto di Roby era talmente triste che persino io non ero riuscita ad affrontarla. L'unico gesto che ero stata in grado di fare era tenerle la mano per tutto il tempo.
Non ero brava con le parole, ma un gesto a volte vale molto più di semplici frasi accozzate per formalità, ed io questo, lo sapevo bene.

Trascorso quel tempo di tormento per la sorte di Josh, e trovato il coraggio di aprire bocca, io e Roby decidemmo di tornare in dormitorio per sistemarci. Eravamo stravolte, l'unica cosa che potesse rigenerare il nostro corpo era una doccia fatta in totale tranquillità, peccato che eravamo nel bel mezzo dei corsi e di sicuro i bagni sarebbero stati affollati.
Non appena entrate in camera, sempre in totale silenzio, entrambe ci gettammo sul letto. Non potevamo continuare così. Avevo paura che la mia migliore amica potesse avercela con me per quello che era capitato la sera prima.

‹‹Roby...io...mi dispiace›› cos'altro potevo dirle? I sensi di colpa mi logoravano l'anima.

‹‹No, Meg! Fermati. Sono io a dovermi scusare con te. Per tutto il tempo non ho fatto altro che piangere senza neanche chiederti come stavi. Sei ferita...››․ Ecco che le lacrime ricominciavano a rigarle il viso, mentre io mi alzavo intenta a volerla abbracciare.

Trascorremmo così una buona mezz'ora, nella quale le raccontai tutto quello che mi era capitato quando andavo alle scuole medie, quindi della morte di Marc e successivamente della scomparsa di mio nonno; avvenimenti che avevano cambiato per sempre il mio essere. Solo Josh, con le sue parole, con il suo affetto e con il suo passato, era riuscito ad illuminare le mie ombre. Terminata, la parte angosciante della mia adolescenza, passai ad avvenimenti più recenti. Le spiegai tutto quello che era successo, dal mio arrivo nell'appartamento, fino alla telefonata prima dell'incidente. Avevo ammesso persino che il mio affetto per il fratello superava l'amicizia, ma che il destino, con noi, era stato crudele, non lasciandoci neanche il tempo di goderci quegli attimi. Purtroppo, l'avevo sempre saputo che la felicità sarebbe volata via come le foglie d'autunno, ma nonostante questo, mi ero data una possibilità.
La possibilità di crederci, di sperarci!

‹‹Meg, stavo riflettendo su una cosa. Non penso che riusciremo a frequentare regolarmente i corsi, almeno per un po', quindi cosa ne dici di rintanarci nell'appartamento di Josh? Lì avremo pace e non saremo costrette ad incontrare nessuno... che ne dici, ti va?››

Così, dopo aver acconsentito senza mostrare minimamente esitazione, facemmo le valigie, intente a dirigerci in quella che sarebbe stato il nostro rifugio per i prossimi giorni.

Spazio autrice:
Hello guys! Sono tornata con il sequel, come promesso e volevo sapere cosa ne pensavate? In questo nuovo libro ci saranno tanti avvenimenti che ci faranno rimanere con il fiato sospeso...speriamo solo che alla fine i nostri amici troveranno quella pace che gli spetta.
Quindi per scoprirlo continuate a leggere e a commentare, in modo da poter migliorare la storia sempre di più!!!
Grazie a tutti ❤️🌸

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