27: Terzo tempo (parte I)
Un la minore. Incredibile il potere che poteva avere un suono così semplice. Quanto tempo avevano impiegato i loro Avi a comprenderne le potenzialità? Quante rotazioni astrali erano state necessarie per la nascita della civiltà di Alius? Tutto solo grazie a una piccola nota. Nient'altro che una vibrazione che si espandeva dalle corde vocali all'aria. Nulla di più semplice.
Eppure, proprio quella elementare onda sonora era stata la chiave per una svolta epocale nella loro storia. Così come era stata in grado di creare la loro cultura, altrettanto facilmente era riuscita a distruggerla... e a salvarla.
Seius non era mai riuscito a immaginare una vita senza musica, finché non era stato mandato nella Cupola. L'intera esistenza delle Ferae si basava sull'annichilimento del singolo. Ovunque ci si voltasse, non c'era alcuna traccia di bellezza. L'arte, nelle sue molteplici sfumature, era stata seppellita sotto cumuli di assurdi assiomi. Leggi ideate con l'unico scopo di avere il pieno e assoluto controllo sulle vite dei suoi abitanti.
Chi si ribellava all'ordinamento, veniva punito nel peggiore dei modi.
In silenzio, Seius osservò i membri scelti del Creatorum Concilium intonare il primo movimento. La sua voce da baritono era inadatta alle incredibili variazioni di altezza previste dal Recursus Canticum. Era una litania che metteva a dura prova le capacità di chi partecipava al rito e, per quanto il Lector Animi fosse abile, la sua estensione vocale non gli consentiva di prendervi parte.
La sua presenza era necessaria per altri motivi. Stava a lui il compito di osservare il processo di Rerum Mutatio: in base a come l'essentia avrebbe reagito al Canticum, avrebbe indirizzato i suoi compagni verso la migliore scelta fonetica. La melodia era infatti talmente complessa che, a seconda delle circostanze, prevedeva diverse vie d'esecuzione.
I suoi occhi scuri non potevano distogliersi da quell'oneroso compito. Se avesse sbagliato a dirigere le voci, le conseguenze sarebbero potute essere catastrofiche. Potevano seriamente rischiare di risvegliare un'unica coscienza invece di entrambe. Sarebbe stata una gravissima violazione della Summa Ratio.
Osservò con attenzione l'uomo al centro del cerchio. Inizialmente non aveva reagito al Canticum, ma quando i bassi si erano introdotti nella litania, le sue reazioni erano cambiate, così come quelle dell'essentia che lo circondava. Le vibrazioni cupe delle voci avevano portato l'energia a contrarsi ripetutamente.
Seius poteva solamente immaginare quale terribile dolore stesse patendo l'ospite della Voluntas di Zaevius. Pur leggendo perfettamente le sue emozioni, gli sembrava incredibile che una persona potesse sopportare una cosa del genere senza svenire.
Tentò di ricordarsi che no, quella non era una persona. Poteva averne l'aspetto, poteva soffrire e piangere come un essere umano, ma non sarebbe mai stato come loro. Non era altro che uno strumento. Se Zaevius, che un tempo considerava il suo migliore amico, non avesse scelto di interferire, quell'uomo non sarebbe mai esistito. Sarebbe rimasto un guscio vuoto, capace unicamente di eseguire i loro ordini.
Le emozioni che provava, il rimpianto, il dolore, l'angoscia, l'agonia, non erano altro che un riflesso, un'immagine sfocata di ciò che rimaneva di uno sciocco, che aveva creduto in un sogno folle. Eppure Seius non riusciva a ignorarlo. La vista dell'essentia che pulsava e si tingeva di blu, il colore della sofferenza, gli stringeva i polmoni in una morsa, mozzandogli il fiato.
Perché? Perché provare pena per una creatura che non era padrona neanche dei propri sentimenti? Perché rattristarsi di fronte al suo aspetto pietoso? Perché rabbrividire davanti a quel corpo scheletrico e ai segni lasciati sulla pelle dai neutralizzatori a impulsi?
Perché la colpa di averlo costretto a vivere tra le Ferae lo perseguitava?
Si domandò se anche gli altri membri del Creatorum Concilium si sentissero come lui. Li scrutò attentamente: le loro essentiae erano sincronizzate in silenzioso sostegno reciproco. Nonostante le espressioni concentrate, erano tutti immersi nello stesso stato di Seius. Confusi, in bilico tra il cuore e la ragione.
Non riuscì a trattenersi dal leggere le emozioni di Ailia. Erano estremamente confuse, ma non ebbe comunque difficoltà a tradurle. Seius distolse in fretta lo sguardo. Non stava a lui giudicare ciò che aveva visto.
L'uomo urlò, così forte che alcuni ebbero l'istinto di coprirsi le orecchie, ma desistettero perché non potevano in alcun modo distrarsi dal Canticum. Il Lector Animi scrutò la reazione dell'energia alle onde sonore prodotte dalle grida. Incredibile: non era ancora stato risvegliato, eppure era già in grado di deformare l'essentia, anche se inconsapevolmente.
Con un silenzioso cenno della mano, intimò ai Creatores che lo tenevano fermo di farlo tacere. Non poteva permettere che il Canticum fosse disturbato da onde sonore non previste nel rituale. Uno dei suoi colleghi annuì e strappò dalla sua tunica un pezzo di stoffa, che usò per imbavagliare l'ospite della Voluntas di Zaevius. A nessuno di loro piaceva ricorrere a simili mezzi, ma non avevano altra scelta.
Liulius gli si avvicinò. Tra poco sarebbe toccato anche a lui di prendere parte alla litania. Si scambiarono uno sguardo d'intesa. Sottobraccio, il Vox Maxima reggeva l'enorme tomo che un tempo era appartenuto a Treatus. Quando il presidente del Creatorum Concilium si era ritirato a vita privata, l'assemblea non aveva avuto dubbi su chi eleggere come suo successore.
A volte Seius si chiedeva se le sue capacità di comando non gli si fossero ritorte contro. In fin dei conti, Treatus era stato astuto a dare le dimissioni proprio nel momento più cruciale della storia di Alius. Se qualcosa fosse andato storto, non sarebbe stato di certo lui l'uomo che i posteri avrebbero biasimato. Anche se il Lector Animi dubitava che a Liulius importasse di essere stato usato come controfigura.
Il Lector Motuum aprì il grosso libro a una pagina segnata. Il Canticorum Corpus era una raccolta di ogni Canticum che fosse stato scritto nel trascorrere delle rotazioni astrali. Era il lascito più importante degli Avi, oltre che una guida per i passi più complessi dei rituali. Erano riportati spartiti e testi vocali, accompagnati da annotazioni e specifiche per una corretta esecuzione.
Liulius alzò appena lo sguardo dalle rune e gli rivolse un'occhiata di tralice. Indicò con il mento l'uomo, che adesso, imbavagliato e immobilizzato, aveva preso a divincolarsi dal dolore. Ignorando la pena di vederlo in quello stato, Seius scosse la testa. Era troppo presto per rispondere alla tacita domanda del Vox Maxima.
Quella domanda che lo aveva perseguitato a ogni millesimo di rotazione.
Il presidente del Creatorum Concilium continuò a fissarlo di bieco per alcuni attimi, poi tornò alla lettura del Cancticorum Corpus. Il suo intervento da tenore era talmente complesso e ampio da necessitargli un grande sforzo di memoria. Per tale motivo aveva scelto di avvalersi del libro anche durante il rituale. Nessuno lo aveva biasimato: era stato l'unico a offrirsi volontario per quella parte. Tutti gli altri avevano avuto paura di poter sbagliare qualcosa.
Lentamente, s'introdusse nel cerchio di coristi. Poco dopo, la litania si sospese in una lunga pausa d'attesa. Ormai stremato, l'uomo al centro dell'attenzione si accasciò sull'erba, ansante e con gli occhi umidi e sgranati. Aveva urlato così tanto da rimanere a corto di fiato. Seius sperava che non si fosse danneggiato le corde vocali. Diede segno ai Creatores che lo avevano tenuto fermo di farsi da parte. Loro non se lo lasciarono ripetere: sapevano bene cosa stava per accadere.
Il secondo movimento prevedeva la sola voce da tenore di Liulius. Il primo, appena conclusosi, era servito a predisporre le due coscienze sopite all'ascolto. Adesso, però, quella stessa essentia che un tempo i membri del Creatorum Concilium avevano soffocato e ridotto al silenzio, doveva riemergere. Sarebbe stato estremamente difficile e doloroso. Per entrambe le parti.
Seius e gli altri colleghi dell'assemblea si ritrassero, aprendo il cerchio e allontanandosi il più possibile dal centro del rituale. Quella parte del Canticum poteva avere effetti collaterali su chi la ascoltava. Il Vox Maxima stava rischiando molto per portare a termine la litania. D'altronde, l'alternativa era tra il rischio di perdere la sua sanità mentale e quello di vedere l'intero popolo di Alius estinto.
C'era un detto tra la loro gente: "Cuncti essentia potius quam ego necessaria est". Non c'era nulla di più importante del mantenere la stabilità dell'energia del cosmo. Nulla, neanche la propria persona. Quale immenso sconvolgimento avrebbe potuto generare una guerra? Non c'era prezzo abbastanza alto da impedire loro ogni tentativo per evitarla.
continua nella parte successiva...
|| Il Nascondiglio dell'Autrice ||
I. DID. IT!
Credevo non avrei fatto in tempo a terminare il capitolo per oggi D: ho fatto una corsa!
Chi è felicissimo di vedere di nuovo il POV di Seius?
Io sì *-* Mi piace troppo scrivere dalla parte degli Aliusiani!
LETTORI: "Grazie, è la parte più figa"
Sì avete raCCione u.u è troppo figo scrivere di loro!
Come andrà a finire il rituale?
Liulius riuscirà a uscine indenne? D:
E Seius? D: E il povero Yune?!
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