24: Semicroma (parte II)
«Hai visto il comunicato ufficiale?» ci girò intorno, torcendosi le mani e abbassando lo sguardo.
«Sì» le rispose suo padre, mentre l'androide personale tornava indietro con due bibite in mano. «Pare che gli Storici del Distretto A abbiano dimenticato cosa significa essere un abitante della Cupola. È un vero peccato che il Calcolatore Centrale sia dovuto arrivare a simili misure.»
L'automa posò i bicchieri, muniti di cannucce, davanti a loro. L'uomo non si prese la briga di ringraziare: per lui, come per qualsiasi altra persona, le macchine erano solo macchine. Dopo ciò che era accaduto, però, RALAA aveva iniziato a comprenderne la vera natura. Avrebbe voluto parlarne con suo padre, sapere cosa ne pensava, ma temeva di mettere a rischio la sua incolumità.
Bevvero in silenzio, sotto le attente telecamere del loro padrone.
Una volta terminato il suo frullato di vermi, il proprietario dell'abitazione alzò lo sguardo su di lei. Erano state rare le volte in cui aveva visto quell'espressione sul suo volto. La donna smise di bere e ricambiò. Negli occhi di suo padre riusciva a leggere la consapevolezza. Sì, lui sapeva, o per lo meno aveva intuito, che le cose non erano andate esattamente come avevano raccontato gli androidi.
«Come è potuto accadere?» la incalzò, ignaro del pericolo che li osservava a pochi passi da loro.
«Li conoscevo tutti» rispose, attenta a ciò che diceva. «Gli uomini accusati di quei reati, intendo. IAN era la mia Guida nel Distretto A: è stato lui a condurmi da... YUNE» anche solo il pronunciare il suo nome le stringeva il cuore. «Non so come potesse sapere che il Calcolatore Centrale mi avrebbe negato l'accesso alla banca dati, ma è stato lui a suggerirmi... altre vie. Con il senno di adesso, non so se avrei accettato. Ero talmente ossessionata dalla mia ricerca, che non ho considerato appieno le conseguenze delle mie azioni.»
In parte era la verità, ma le sue parole non erano dettate dal rammarico, quanto piuttosto dalla cautela. Erano esattamente le cose che gli androidi volevano che dicesse, niente più che un modo per evitare ulteriori complicazioni. RALAA era convinta che suo padre avrebbe colto il reale significato delle sue frasi. Lei aveva conosciuto IAN e YUNE: si fidava di loro a tal punto da compiere un atto illegale. Se fosse stata più attenta, più diligente, forse si sarebbe accorta in tempo del tranello delle macchine.
«Non so se le accuse riguardo a IAN e MEEHA siano fondate» proseguì, nonostante ricordasse perfettamente la conversazione avuta con il Glottologo nel locale di ritrovo. «Ma... papà, io le ho viste. Le piante nell'abitazione di YUNE. Erano lì. Erano sempre state lì.»
Anche quelle parole sarebbero state approvate dalle macchine. Accusavano irrimediabilmente il Programmatore dei suoi crimini. RALAA però non si sentiva male come quando era stata sottoposta all'interrogatorio: ormai non poteva fare più nulla. L'uomo che aveva stretto tra le braccia, che l'aveva amata come mai nessun altro aveva fatto in precedenza, non c'era più. Era diventato un nullafacente, senza più nulla. Gli era stato persino tolto il suo nome.
L'importante era che suo padre capisse tutte le implicazioni. Lei era stata nell'abitazione di YUNE molte volte. Era stata quasi a contatto con le piante. Aveva respirato la stessa aria condivisa con organismi estranei. Ed era sopravvissuta. Non aveva riscontrato alcuna malattia, nonostante gli androidi ospedalieri l'avessero sottoposta a estenuanti controlli, prima di lasciarla andare.
Era tutto falso.
Il Sistema era una menzogna.
La Biosfera non era una grossa bolla purulenta. Era solo la massima forma di protezione per uno spicchio di mondo andato perduto. E se persino MEEHA, che si era esposto a quell'ambiente, considerato il più pericoloso in assoluto dopo quello esterno, era uscito indenne, allora significava che non c'era davvero un reale pericolo. Che i loro sistemi immunitari non erano stati irrimediabilmente danneggiati. Che, se davvero lo avessero desiderato, sarebbero potuti uscire di lì. L'umanità, se lo avesse voluto, avrebbe potuto riconquistare la propria libertà.
Solo in quel momento comprendeva realmente YUNE. Lui lo aveva capito prima di tutti gli altri, fin da bambino. Da quando si era sbarazzato del microchip identificativo. Il Programmatore aveva sempre saputo: la storia delle malattie letali era solo una montatura. Era stata creata apposta per istillare una ipocondria di massa.
Quale animale chiuso in gabbia si sarebbe ribellato, sapendo che dall'altra parte lo aspettava la morte? Era il puro e semplice istinto di sopravvivenza a tenerlo lì, nel suo recinto, e l'allevatore non doveva neanche preoccuparsi di mettere delle sentinelle di guardia all'apertura della staccionata.
Tali erano gli abitanti della Cupola.
Bestie impaurite che non desideravano fuggire.
Ma quando a un capo d'allevamento capitava, quasi per sbaglio, di posare una zampa fuori dal proprio recinto, succedeva che lentamente la consapevolezza si insinuava in lui. Pian piano capiva che non c'era dolore, non c'era morte o sofferenza, al di là del confine. Allora la menzogna si mostrava in tutta la sua stupidità. Era quello il momento in cui le blatte striscianti decidevano di fuggire dal loro contenitore. L'istante in cui sceglievano di diventare finalmente persone.
Suo padre abbassò lo sguardo sul bicchiere: «Dunque è così» disse solo.
«Sì» sussurrò RALAA, facendo altrettanto. «Ma ormai è inutile parlarne. È fatta: YUNE è diventato un nullafacente e probabilmente capiterà lo stesso ai miei amici Archeologi. A meno che non decidano di rinunciare alla loro attività. Non so che ne sarà di IAN: è in coma e non può neanche rinunciare alla difesa.»
«In queste circostanze, il Calcolatore Centrale attua una sospensione del processo, in attesa di un eventuale risveglio dell'imputato» commentò l'androide personale.
La donna lo fissò per un attimo: «E se non dovesse svegliarsi?»
«La procedura ospedaliera per casi come il signor IAN rimane invariata.»
Ergo, lo avrebbero lasciato morire. Nel momento in cui il contatore del suo lettino avrebbe raggiunto l'arco zero, le macchine gli avrebbero somministrato una dose di veleno letale. La chiamavano eutanasia, ma lo era davvero? RALAA non poteva accettare un suicidio assistito in cui la persona coinvolta non aveva diritto di veto. Togliere la vita a qualcuno che non poteva neanche acconsentire non era segno di compassione. Era solo un modo per sbarazzarsi di un peso inutile.
Perché i Fondatori avevano creato un mondo del genere?
«È proprio fatta» concordò suo padre. «Insomma, sei già fortunata ad essere stata risparmiata. Hai rischiato la nullafacenza.»
«Già» sospirò RALAA.
«E poi, a chi importa di stupide congetture riguardo ai Fondatori e al passato della Cupola?»
A me, avrebbe voluto rispondere lei. Alzò lo sguardo su suo padre e notò che i suoi occhi scintillavano. Non era demoralizzato. Le sue pupille non erano spente dal freddo della resa, al contrario. RALAA rimase imbambolata a fissarlo. Perché le stava dicendo quelle cose? Perché stava cercando di ferirla?
«L'importante è starsene qui, al sicuro» proseguì suo padre, e fu allora che la donna notò la rabbia ben nascosta nella sua voce. «Non serve combattere per una causa persa.»
Sarcasmo. Lo aveva visto usarlo pochissime volte, da quando era nata. Aveva ragione. Come poteva arrendersi così? Aveva trascorso una vita intera a ricercare le origini della Cupola e dei suoi abitanti. Poteva lasciare che gli androidi le rubassero la speranza? Poteva permettere al Calcolatore Centrale di seppellire la verità sotto un cumulo di menzogne?
Gli elaboratori erano astuti, imbattibili sul piano strategico.
Ma lei aveva qualcosa che loro non possedevano.
La temerarietà di una bestia libera.
|| Il Nascondiglio dell'Autrice ||
Zan-zan-zan-zan!
Colpo di scena! SIRAH/RALAA (ormai non so più come chiamarla) ha deciso di non darla vinta alle macchine! U.U E' pazza, indubbiamente: l'ha scampata per un pelo e nonostante la fortuna sfacciata che ha avuto ha intenzione di mettersi di nuovo nei guai!
XD Non so perché questi personaggi siano così idioti...
Ringraziamo papino per averle dato la brillante idea di reagire -.- grazie, eh, tu sì che sei un genitore modello xD
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