Chào các bạn! Vì nhiều lý do từ nay Truyen2U chính thức đổi tên là Truyen247.Pro. Mong các bạn tiếp tục ủng hộ truy cập tên miền mới này nhé! Mãi yêu... ♥

21: Fuga (parte II)


    Rassegnata, si sedette sul letto ad antigravità e iniziò ad asciugarsi. Passò le pezze su tutto il corpo, notando come queste coprissero i residui del puzzo del disinfettante e le mettessero addosso il profumo di lui. Si guardò attorno, ricordando l'ultima volta in cui era stata in casa di un uomo per più di qualche scatto. Viveva ancora nel Distretto G, all'epoca aveva appena avviato i suoi studi storici. La persona di cui si innamorò era gentile e solare, un libro aperto dallo sguardo trasparente. Forse proprio per questo era stata lei a stancarsi per prima. Doveva ammetterlo: anche se lo aveva evitato per molto tempo, aveva sfruttato la scusa del trasferimento per rompere definitivamente. In ogni caso, la loro esperienza sessuale non era neanche minimamente paragonabile a quell'unico antiarco trascorso con YUNE.

    Sfiorò il materasso, notando le tracce della loro passione. Le lenzuola sfatte erano macchiate in diversi punti ed erano intrise dell'odore virile del Programmatore. Doveva ancora dare un senso a quello che aveva visto nei suoi occhi, quando le aveva bloccato i polsi e si era scatenato. Lui era talmente incomprensibile, di solito, che SIRAH si era convinta che fosse stata la propria immaginazione. Non poteva davvero aver letto del senso di colpa, nel suo sguardo. Colpa per cosa, poi? Per il modo con cui l'aveva presa? Decise di seppellire quelle domande nel profondo della propria coscienza: non era il caso di indagare. Lo avrebbe messo a nudo e sapeva che YUNE non era il genere di uomo disposto a esporsi fino a quel punto.

    Si stiracchiò di nuovo e scrutò l'abitazione. Niente: era totalmente impersonale. Lo aveva già notato, ma si domandava come lui potesse vivere così. Tutti dovevano avere qualcosa che stava loro a cuore: possibile che per YUNE non fosse così? Era triste pensarlo, pertanto si decise ad alzarsi e a trascinarsi nel corridoio stretto. Se non ricordava male, ma non ci avrebbe giurato data la frenesia degli scatti precedenti, i loro vestiti dovevano trovarsi di fronte alla porta. Arrivò all'entrata e li trovò sparsi ovunque sul pavimento.

    Anche se per terra era più pulito del pulito, SIRAH storse la bocca e si appuntò mentalmente di disinfettarli, una volta tornata nella propria abitazione. Secondo il buon costume della Cupola, chiedere all'uomo di poterlo fare lì sarebbe equivalso a un'offesa. Anche se dubitava che YUNE si ponesse problemi di etichetta. Si chinò a recuperare gli abiti di entrambi quando, tirandosi su, incontrò con gli occhi l'immagine del calcolatore della porta. Quello che controllava i pannelli sintetizzanti.

    Una malsana idea le affiorò alla mente. Lanciò uno sguardo furtivo all'altro capo del corridoio. Da lì riusciva ancora a sentire le fusa del miscelatore. Un improvviso conflitto interiore le si scatenò nella testa. Avrebbe potuto... dare uno sguardo. Di sfuggita, giusto per sapere cosa ci fosse dall'altra parte del muro. No, no. YUNE si sarebbe infuriato e la poca fiducia che aveva guadagnato sarebbe andata perduta. Però... perché lui doveva essere l'unico a pretendere sincerità? Anche lei aveva bisogno di certezze.

    Avrebbe potuto sbirciare senza che se ne accorgesse. Avrebbe rimosso solo una piccola porzione della parete, il minimo indispensabile per poter entrare, dare un'occhiatina e poi uscire e ripristinare il muro. Sarebbe stato rapido e indolore e lui, ancora nella cabina di pulizia integrale, non se ne sarebbe neanche accorto.

    Gettando i panni a terra, improvvisamente dimentica dei possibili granelli di polvere sul pavimento, si fiondò sull'elaboratore e cominciò ad aprire il percorso per l'applicazione che gestiva i pannelli sintetizzanti. Sapeva bene che il calcolatore era programmato per non lasciar accedere nessuno, oltre al proprietario dell'abitazione e al suo androide personale... a meno di una eventualità: che chi viveva lì si sentisse poco bene o fosse inabile a prendere decisioni.

    SIRAH non era certo un genio dell'informatica come YUNE, ma le era capitato, nel Distretto G, di dover far fronte a una situazione del genere. Era stato poco prima che sua madre morisse nella sede ospedaliera della sua zona. Quattro gruppi primari addietro, per l'esattezza. Lei aveva già ottenuto una abitazione propria, ma andava a trovare i suoi genitori con regolarità: amava la vita in famiglia, così piena di gioia e risate. Quell'arco, però, era stato il più orribile della sua vita.

    Erano sole nell'abitazione: poiché il loro androide personale si era guastato, suo padre era uscito per recarsi al servizio tecnico. Era raro che un automa privato smettesse di funzionare, motivo per cui non esisteva una linea diretta con gli androidi tecnici. Le due donne stavano chiacchierano animatamente delle sue ricerche storiche, quando sua madre aveva avuto un mancamento ed era collassata a terra. Nel panico, sola e senza neanche il supporto delle macchine, SIRAH si era accorta di aver dimenticato il proprio palmare nella sua abitazione.

    Disperata, si era avventata sul calcolatore della dimora dei suoi genitori. Ci aveva perso pause intere, ma era infine riuscita a convincerlo che c'era effettivamente un'emergenza. JAINE, la donna che l'aveva messa al mondo, aveva incontrato NUÇE, suo padre, una volta superata la mezz'età. Sapevano tutti, SIRAH compresa, che non sarebbe vissuta ancora a lungo. Eppure, anche essendone consapevole, quando l'arco successivo si era recata alla sede ospedaliera e le avevano detto che non c'era stato nulla da fare, si era sentita sprofondare nel nulla.

    Era strano, perdere qualcuno che si amava: all'inizio si era talmente sconvolti che non si provava niente. La mente non riusciva a elaborare il lutto, negava l'evidenza. Ci si svegliava ogni arco con il sorriso sulle labbra, pensando che sarebbe stato bello andare a trovare quella persona, chiacchierarci e trascorrerci insieme scatti interi. Poi, all'improvviso, la realtà piombava addosso. Non c'era più. Quella persona dal volto amabile e le battute argute era sparita. Spazzata via come le civiltà antiche erano state annientate dal Flagello.

    Per sottogruppi interi lei non aveva fatto altro che chiedersi se fosse stata colpa sua. Avrebbe potuto fare qualcos'altro? Qualcosa che magari non aveva tentato, a cui non aveva pensato? Se avesse avuto il suo palmare con sé, se non avesse dovuto perdere pause intere con il calcolatore dell'abitazione dei suoi, sua madre sarebbe riuscita a sopravvivere? Ci sarebbe stato tempo per salvarla? Era uno dei motivi per cui aveva imparato a non separarsi mai da quel dispositivo.

    SIRAH non credeva di essersi ancora ripresa dal lutto, ma aveva deciso di andare avanti per la propria strada, di non lasciarsi soggiogare dal dolore. Dopo due gruppi primari, aveva ricominciato a sorridere e a frequentare gli amici. Aveva ripreso la sua attività, che aveva sospeso a causa del vuoto che provava dentro. Il Calcolatore Centrale concedeva sempre un certo lasso di tempo per metabolizzare situazioni del genere. Almeno, i Fondatori non erano stati tanto stupidi da credere che i loro successori avrebbero perso qualsiasi parvenza di umanità.

    YUNE le aveva confessato di aver perso i genitori durante le infezioni controllate. Le aveva anche detto di non avere voglia di parlarne. Lei non aveva insistito: comprendeva perfettamente cosa doveva aver provato. Visto? Le storie degli abitanti della Cupola in un certo qual modo si somigliavano tutte. Persino lui, così ermetico, non era poi tanto diverso dagli altri. Affrontava il dolore a modo suo, anche se SIRAH non era convinta che fosse quello "giusto". Poi, quale fosse la maniera migliore, nessuno lo aveva mai stabilito.

    Riuscì a convincere il calcolatore della porta che il padrone dell'abitazione stava avendo una delle sue crisi. In effetti, non era esattamente una menzogna: le voci c'erano ancora e, a giudicare dal suo comportamento, erano sempre più forti. Accedette ai pannelli sintetizzanti. Esitò: se lui l'avesse scoperta, sarebbe andato tutto a rotoli. Voleva davvero rovinare quel bel momento?

    Non aveva tempo per rifletterci. Inserì i comandi per la scomposizione di una piccola parte della parete, a stento sufficiente per poter passare dall'altra parte. Vide i minuscoli tasselli che la componevano scindersi tra loro, come atomi di una molecola instabile. Diventarono sempre più frammentari, fino a scomparire. Uno strano odore provenne dalla falla nel muro. SIRAH si accorse che somigliava vagamente alla nota particolare che YUNE portava sempre addosso e che lei non era mai riuscita a identificare.

    Si avvicinò lentamente e con cautela. Aggrottò le sopracciglia: dall'altra parte le luci erano accese. Strano: perché mantenere attive le lampade, in un'area in cui non c'era nessuno? Stava per sbirciare all'interno quando incespicò nel mucchio di panni che aveva gettato a terra. Innervosita li calciò via, borbottando qualcosa mentre avanzava.

    Non capì a cosa stava andando incontro finché non alzò di nuovo lo sguardo.

    Quello che vide era talmente assurdo che il suo cervello impiegò una pausa intera per rendersene conto. Di fronte a lei c'era un grande e lungo tavolo da lavoro, sul quale erano posati diversi contenitori. Erano pieni di terra bruna, quella usata dagli androidi per coltivare frutti alimentari.

    Dentro ai recipienti, c'erano delle piante.

    SIRAH le aveva viste solamente nei documenti informativi della banca dati del Distretto G, che insegnavano come riconoscerle e segnalarle al servizio d'igiene. Non se le era mai trovate davanti: impiegò qualche pausa di troppo per capire cosa fossero.

    E allora il mondo scomparve. Venne inghiottito dal buio, dal nulla: vedeva solo sé stessa... e le piante. Erano lì, con il loro insopportabile colore, alcune con dei fiori sgargianti che sembravano fissarla. Sì, quegli esseri infetti la stavano guardando. La scrutavano, in attesa di una sua mossa, di un motivo per aggredirla.

    Man mano che la consapevolezza si insinuava dentro di lei, il cuore pompava sempre più in fretta. Piante nell'abitazione. Riusciva quasi a vedere i germi camminare sui mobili, sulle pareti, sul pavimento. Il respiro iniziava a mancarle: SIRAH ansimava e incespicava all'indietro. Sbatté la schiena contro la parete e lo spavento le strappò uno strillo.

    Piante.

    Batteri.

    Malattia.

    Nell'abitazione di YUNE.

    Nel posto dove era stata per tutto quel tempo.

    Un capogiro la aggredì all'improvviso. Si sentiva svenire. Doveva uscire di lì. Doveva scappare. Doveva chiamare gli androidi ospedalieri e dire loro di bombardare il suo corpo di medicinali. All'improvviso delle mani forti la afferrarono per le spalle. Lei gridò, divincolandosi con tutta la forza che aveva. Una voce le disse qualcosa, ma lei non la riconobbe. Continuò a strillare, in preda al panico, finché una di quelle mani non le tappò la bocca.

    Delle braccia forti la avvolsero e premettero contro un corpo caldo e nudo. Lei cercava di urlare, ma la mano glielo impediva, rendendo le sue grida dei mugolii disperati e ovattati. Quella persona sconosciuta la trascinò a terra, sul pavimento, e la strinse a sé, contro il suo corpo nudo e bagnato. Non seppe dire quanto tempo durò, ma lentamente il terrore si ridusse a panico e il panico in paura.

    Si calmò tra le braccia di YUNE. Adesso lo riconosceva: sentiva la sua voce sussurrarle all'orecchio, rassicurante.

    «Va tutto bene, sei al sicuro» le diceva. «Non devi avere paura. Non ti accadrà nulla di male. Nulla di male.»

    Era una menzogna. C'erano delle piante nella sua abitazione! Piante vere! Piante che, doveva supporre, non avevano neanche subito la sterilizzazione! Pregò il Calcolatore Centrale di venire a salvarla. In quel momento, dei tonfi sordi fecero sussultare il Programmatore e la voce soave del suo androide personale giunse, ovattata, dall'esterno dell'abitazione.

    «Signore, ho udito delle urla: state bene, Lei e la signora?» chiese l'automa.

    «Stiamo bene» urlò di rimando YUNE, con concitazione. «È solo... niente, SIRAH ha avuto un brutto incubo. Non c'è da preoccuparsi!»

    Non c'era da preoccuparsi? Come poteva essere così incosciente? C'erano delle dannatissime piante nella sua abitazione! Era piena di quelle cose! SIRAH riprese a divincolarsi e a mugolare, nella speranza che l'androide sentisse la sua disperata richiesta di aiuto. Poi, però, un pensiero le attraversò la mente: perché i calcolatori non si erano occupati della situazione? YUNE lasciava, bene o male, abbastanza libertà di movimento al suo automa, purché non lo infastidisse e non si avvicinasse a lui.

    Nella registrazione che aveva ottenuto dall'androide, lo aveva visto ripulire la casa con precisione maniacale. Aveva notato delle tracce di terriccio e si era chiesta da dove provenissero, ma non avrebbe mai pensato che quel luogo fosse un covo di germi. E poi, aveva guardato, attraverso le telecamere dell'automa, quei contenitori. Ed erano vuoti. Vuoti, dannazione. Com'era possibile?

    Calò il silenzio. Percepì il corpo di YUNE, precedentemente in tensione, rilassarsi con lentezza. Il suo cuore, invece, batteva ancora a mille. La paura permaneva, ma SIRAH cercò di ragionare. Sapeva di doversi allontanare da quel posto il prima possibile: era l'unica sua possibilità di salvezza.

    «Ti sei calmata?» le chiese lui in un sussurro, sfiorandole l'orecchio.

    In quel momento, la Storica percepì un moto di repulsione. Quanti batteri potevano brulicare sul corpo del Programmatore? Lei si era lasciata toccare, baciare e possedere da una persona infetta! Percepì gli occhi pizzicare e inumidirsi: le veniva da piangere. Lasciò che le lacrime scivolassero giù dalle guance, inumidendo la mano che le tappava la bocca.

    YUNE sospirò, sconsolato: «Lo sapevo che non eri pronta. Perché lo hai fatto?»

    Lei non era pronta? Era questo che pensava, di tutta quella situazione? Perché era così calmo? Non aveva paura della malattia? No, certo che no: lui la bramava. Faceva di tutto pur di ammalarsi, si rese conto SIRAH. Non vedeva l'ora di morire a causa di qualche terribile germe assassino. Così finalmente non avrebbe più sentito le voci.

    Impiegò almeno una quindicina di scansioni per rendersi conto che... lui non soffriva più. La sua voce non le trasmetteva alcuna sofferenza, né sforzo per ignorare le concatenazioni. Si voltò a guardarlo e improvvisamente la paura fu soppiantata dalla sorpresa. YUNE sembrava umano. Sul suo volto riusciva a leggere tutto: tristezza, rassegnazione, ma anche sollievo e una fugace felicità. Com'era possibile? Cosa lo aveva trasformato?

    Lui la fissò intensamente: «Adesso sei calma?» le domandò di nuovo.

    La Storica rimase di sale nel capire che, sì, nonostante il terrore, riusciva a ragionare lucidamente. Era come se guardarlo in faccia le avesse fatto capire che ci poteva essere una soluzione. YUNE non aveva paura, ma non perché desiderasse morire. Semplicemente perché non c'era alcun motivo di temere.

    «Ti lascerò andare, se mi prometti di non urlare più» continuò il Programmatore, con una tranquillità spiazzante.

    SIRAH si limitò ad annuire. Cos'altro poteva rispondere? La mano di YUNE scivolò lentamente sulle sue labbra, sfiorandole con delicatezza, e poi sulla guancia. In contemporanea, il suo abbraccio soffocante si allentò, e per un attimo la donna si sentì persa. Sarebbe stato il momento giusto per scappare, eppure non si mosse. La presenza di lui, al suo fianco, le impediva di cedere all'istinto.

    «T-Tu...» balbettò, incapace di esprimere in maniera coerente l'intreccio di pensieri che le si erano affollati nella mente.

    «Sì» le rispose lui, come se avesse perfettamente compreso cosa volesse dire.

    «Perché?»

    YUNE sospirò: «Ti ho detto che c'è qualcos'altro che riesce a calmare le voci.»

    SIRAH avvertì il vuoto sotto di sé. Non aveva senso. Non aveva assolutamente senso. Le stava forse dicendo che la presenza dei germi riusciva a placare il suo tormento? Cercò di rimanere lucida: in effetti, era scientificamente provato che alcune malattie potevano rallentare, se non debellare, il decorso di altre. Però... questo rendeva completamente insignificante la sua teoria, secondo la quale il Programmatore poteva sentire e vedere una parte del mondo degli Estranei. Non ci stava capendo più nulla.

    Esitante, la Storica si alzò in piedi. Lui la imitò: le sue mani erano posizionate come se la volesse sorreggere, ma avesse troppo timore di spaventarla per toccarla direttamente. La donna barcollò verso la falla che lei stessa aveva creato. Tornò in corridoio e si chinò per raccogliere i propri panni. Improvvisamente, i granelli di polvere del pavimento erano diventati insignificanti.

    «SIRAH...» il Programmatore provò a richiamare la sua attenzione.

    Lei scosse la testa: «Io, mi dispiace, YUNE» disse, indossando in fretta i pantaloni, senza curarsi dell'intimo. «Non posso. Non posso: è troppo.»

    Lo sentì sospirare: «Promettimi solo che non farai nulla di avventato. Se andrai dagli androidi ospedalieri, loro...»

    «Androidi!» sbottò la donna, infilando la maglietta. «Dimmi una cosa: come hai fatto a impedire al tuo automa personale di notarle?»

    Il Programmatore si concesse qualche scansione di silenzio: «Ho applicato un filtro percettivo ai suoi sensori» le rispose infine.

    Avrebbe dovuto immaginarlo: «Non ci posso credere» scosse la testa. «Non ci posso credere!» ripeté.

    «SIRAH...» la chiamò di nuovo lui.

    «No!» urlò lei, puntandogli un dito contro. «No, YUNE! Come hai potuto? Me lo hai tenuto nascosto per tutto il tempo! Credevi che non potessi accettarlo? Beh, avevi ragione! Non riesco ad accettarlo: sono stata una stupida! Ero così impegnata a guadagnarmi la tua fiducia che non ho minimamente pensato alla mia! In che modo te la saresti guadagnata, eh? In nessuno! Quelle cose...» indicò la parete, abbassando di poco il tono di voce. «Quelle cose non dovrebbero essere qui! Sono infette. E tu hai lasciato che io, IAN e MEEHA venissimo esposti!»

    Il volto del Programmatore era tornato indecifrabile: «Se fossero davvero infette, saremmo già morti da tempo. Sono esseri viventi, SIRAH, come me e te. La verità è che hai solo paura: il Calcolatore Centrale ti ha addestrata a temere qualcosa che fa parte del nostro mondo da prima ancora che nascesse la Lingua Antica. Dimmi che senso può avere, temere la natura. Perché paventare la malattia, quando vi siamo esposti regolarmente ogni tre sottogruppi? Non capisci che è tutta una farsa? Non lo vedi che siamo come animali in trappola?»

    SIRAH scosse la testa. Non riusciva proprio a comprenderlo. La mente di YUNE lavora su un livello completamente diverso dal suo, ma, pur essendone consapevole, non lo ammirava per questo. Quanti rischi stava correndo, quel pazzo? La violazione della memoria del Calcolatore Centrale, il rapporto con i nullafacenti, e adesso questo. Non poteva aiutarlo, si rese conto improvvisamente. Quell'uomo si stava costruendo la camera crematoria da solo e lei non voleva prendere parte alla sua follia.

    «Mi dispiace, YUNE» ripeté per l'ultima volta. «Ma davvero, non posso.»

    Si avvicinò all'uscita e aprì la porta.

    Di fronte a lei, si stagliarono delle figure.

    Degli androidi di pattuglia le erano davanti.

    E puntavano contro di loro dei neutralizzatori a impulsi.



|| Il Nascondiglio dell'Autrice ||

*musichetta inquietante di sottofondo*

Non ve lo aspettavate, eh? :P

E chissà cosa accadrà adesso a questi due!

Perché i pattugliatori erano di fronte a casa di YUNE? D:

E che succederà se vedranno le piante? D:

Eh u.u lo scopriremo nelle prossime puntate <3

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro