19: Sussurri tra le note (parte II)
Il Programmatore continuò a scrutarlo durante l'intera esposizione della teoria di SIRAH. Ogni tanto la donna interveniva per metterlo al corrente di alcuni fatti, come le visioni della città fantasma avute da MEEHA. Lui le era grato per gli interventi, dato che lo sguardo imperturbabile del loro ospite lo turbava e distraeva più di quanto non volesse ammettere.
Alla fine del discorso, YUNE continuò ad avere quell'espressione imperscrutabile. Non si mosse né parlò, si limitò a rivolgere i suoi occhi magnetici sui loro volti, come se tentasse di cogliere un cenno, un indizio qualsiasi, di esitazione. Il Glottologo si accorse di aver abbassato lo sguardo, ma ormai era tardi per rimediare.
«Il tuo amico non sembra molto convinto» commentò d'un tratto, rivolto a SIRAH.
L'Archeologo si chiese perché non sembrasse stupito della loro conclusione: «Al contrario, sono sicurissimo, adesso più di prima. Tu ci hai fornito la prova definitiva, mostrandoci la registrazione di quel nullafacente: è evidente che ci sono altre persone in grado di percepire gli... Estranei.»
«Ma?»
«Ma cosa?»
«Riesco a vedere la tua incertezza.»
I due Storici si scambiarono uno sguardo perplesso. YUNE sospirò, non si capì esattamente per quale motivo, e si voltò di nuovo verso la scrivania. Riprese ad armeggiare con il calcolatore, chiudendo e aprendo diverse applicazioni. MEEHA notò, sotto il sottile strato di stoffa della maglia, la rigidità delle spalle e della schiena. In precedenza, era parso molto più rilassato: a cosa stava pensando? Soprattutto, gli interessava davvero saperlo?
In effetti, c'era qualcosa che non quadrava nella teoria di SIRAH: ancora non erano riusciti a spiegare un semplice fatto. Sembrava poco interessante, rispetto a tutto il resto, ma il Glottologo era convinto che fosse della massima importanza.
«Ultimamente» riprese a parlare il Programmatore. «Sono diventato in grado di percepire questa realtà in maniera più profonda.»
SIRAH scattò sull'attenti: «Cosa? Riesci a capire le voci?»
YUNE scosse la testa: «Non parlo delle voci. Mi riferisco a... è difficile da spiegare. Io le chiamo emanazioni.»
«Emanazioni?» ripeté MEEHA, incuriosito dalla particolare scelta del vocabolo. «Cosa sono?»
Il Programmatore si girò a guardarlo: «Prova a ipotizzare di poter vedere il calore emanato dai nostri corpi: come credi che sarebbe?»
Il Glottologo si accigliò: «Il calore? Beh, penso sarebbe come vedere il movimento ascendente e discendente dell'aria, in base alle diverse temperature. Ricordo che all'Istituto di Formazione, per l'introduzione ai corsi scientifici, mostrarono il fenomeno tramite gas colorati. Ma cosa c'entra?»
«Riesco a vedere degli sbuffi di luce, come se fossero fumo» rispose YUNE, flemmatico. «In verità, sono sempre stato capace di percepirli, ma negli ultimi sottogruppi questa mia abilità si è, come dire, evoluta. Prima non erano altro che illusioni, giochi d'aria indefiniti, adesso invece...»
Il Programmatore scosse la testa. MEEHA volse gli occhi verso SIRAH: a giudicare dalla sua espressione, anche lei veniva a sapere delle emanazioni solo in quel momento. Il Glottologo non aveva davvero idea di cosa rispondere: dal suo punto di vista, era un'informazione in più a sostegno della tesi della donna. Si poteva tranquillamente credere che le emanazioni non fossero altro che infiltrazioni della luce e dei colori resi invisibili dalla tecnologia degli Estranei.
«In effetti, hai ragione» disse d'un tratto. «Ci sono un tre punti che la nostra teoria non riesce a spiegare» gli sguardi degli altri due si concentrarono su di lui. «Come è possibile che tu abbia la capacità di percepire gli Estranei in maniera così nitida? E perché il Calcolatore Centrale non si è ancora sbarazzato di te? Come mai sta permettendo a noi Storici di ispezionare le rovine della Biosfera, se non vuole che si venga a sapere di questa situazione?»
YUNE si massaggiò lentamente le tempie: «Non so rispondere a queste domande. Non... riesco a concentrarmi, al momento» borbottò, visibilmente affaticato.
«Sono le voci, vero?» domandò MEEHA, divorato dalla curiosità.
L'altro annuì rigidamente: «Prima che arrivaste ho dovuto...» lanciò uno sguardo alla porta scorrevole della piccola sala di scarico rifiuti e SIRAH si lasciò sfuggire una smorfia. «Fare qualcosa per zittirle, per quanto erano forti. Sono sparite per un po', ma adesso stanno tornando.»
Allora era vero: doveva sul serio drogarsi, per avere sollievo da quel tormento. E pensare che MEEHA era convinto che quella della dipendenza fosse una balla che aveva inventato per evitare le domande di SIRAH. Che stupido che era stato. Osservò attentamente la sua espressione: non mostrava nulla all'esterno, ma era evidente che stesse soffrendo molto.
Il Glottologo si alzò lentamente dalla sedia ad antigravità, attirando l'attenzione della sua collega e dell'amico di IAN.
«Ritengo sia opportuno che ritorni in un altro momento» spiegò. «Potremo continuare questa conversazione quando ti sentirai meglio.»
La Storica parve sentirsi a disagio per la sua scarsa premura: «S-sì, MEEHA ha ragione!» esclamò, alzandosi di scatto e quasi rischiando di cadere dalla sedia. «Non hai bisogno di altre voci che ti assillino, adesso.»
Il loro ospite si prese la briga di accompagnarli fino all'uscita. Il Glottologo non poté evitare di squadrare una seconda volta il muro eretto a protezione di gran parte dell'abitazione. L'aveva notato anche quando era entrato, così come aveva visto lo sguardo pieno di sospetto che SIRAH aveva lanciato alla parete. Nemmeno lei sapeva cosa vi fosse dall'altra parte. Cercò di ignorare la questione, convinto che porre domande in merito sarebbe risultato poco appropriato.
Quando il Programmatore aprì la porta, MEEHA incontrò l'immagine del suo androide personale. Represse a stento un sussulto, quando vide la macchina: era immobile, di fronte all'entrata, con lo sguardo fisso proprio sulla porta. Era inquietante immaginarlo lì dietro, in attesa di cogliere un qualsiasi suono che gli permettesse di rientrare.
«L'abitazione è accessibile?» chiese l'automa.
«No» rispose brusco YUNE.
Quella reazione gli strappò un sorriso: lo odiava davvero.
«Conoscerti è stato un... piacere» disse incerto, ritrovandosi a offrirgli di nuovo la mano.
Si stupì di sé stesso, ricordando che fino a pochi scatti prima lo considerava nient'altro che l'uomo dal quale doveva difendersi a tutti i costi. Adesso che lo aveva incontrato, aveva capito che il Programmatore non era un pericolo. A parte il suo evidente interesse per SIRAH, nessuno, conoscendolo, avrebbe potuto pensare che fosse in combutta con le macchine. Quasi gli veniva da ridere per la stupidità dei suoi sospetti.
Imprevedibilmente, YUNE ricambiò, stringendogli la mano. MEEHA non se lo aspettava, ma cercò di non mostrarsi strabiliato. Evidentemente non era l'unico ad aver cambiato idea sull'altra persona, durante quel breve colloquio.
Uscì dall'abitazione con uno strano senso di pace. Era come se si fosse sbarazzato di un peso insostenibile, anche se i suoi problemi non erano di certo svaniti. All'esterno le luci erano ancora accese, ma mancava poco al loro spegnimento. Iniziò ad avviarsi per il corridoio del piano, verso l'ascensore.
«Sai, avevi ragione tu: non è poi così male» disse, voltandosi.
Rimase interdetto quando vide che SIRAH non era dietro di lui. Si fermò e lanciò uno sguardo verso la porta dell'abitazione del Programmatore. Quello che vide, gli suscitò emozioni contrastanti. Un lieve sorriso affiorò sulle sue labbra, mentre tornava a incamminarsi e scuoteva leggermente la testa.
La Storica non sarebbe tornata indietro insieme a lui.
Premette il pulsante per chiamare l'ascensore.
Rimase in attesa.
La sua vita sembrava piena di attese.
Prima che IAN entrasse in coma, aveva aspettato pazientemente che si accorgesse di lui, mentre adesso scalpitava affinché si svegliasse. Indugiava nella speranza che il contatore del suo lettino non raggiungesse mai il valore zero, mentre riempiva la noia con le sue attività di Archeologo capo.
In un certo senso, stava anche attendendo che la Storia stessa facesse il suo corso. Era solo questione di tempo, prima che altre persone percepissero gli Estranei. Allora, avrebbe finalmente potuto raccogliere tutte le testimonianze, avrebbe ottenuto le prove inconfutabili necessarie a rendere pubblica la verità.
In quel momento, aspettava l'ascensore che l'avrebbe allontanato dall'uomo che sarebbe stato la sua rovina.
|| Il Nascondiglio dell'Autrice ||
Fine capitolo!
Riesco a sentire le vostre imprecazioni all'ultima frase XD
Me le immagino: "CHE CAVOLO VUOL DIRE AHO!"
Alcuni probabilmente lo intuiranno :3 altri dovranno aspettare per capirlo!
Non vedo l'ora di postare il prossimo aggiornamento *smiles*
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