15: Chiave di Contralto (parte II)
SIRAH non sapeva cosa rispondere. Da una parte, era felice che non facesse uso di quella roba di sua spontanea volontà, ma dall'altra si chiedeva se fosse davvero la scelta giusta. Quando assumeva la sua dose, sembrava che le voci smettessero di tormentarlo. Era la sua medicina contro il dolore. Abbassò lo sguardo, senza proferire una parola di più. Non stava a lei giudicare le decisioni del Programmatore. Eppure non poteva evitare di chiedersi se non ci fosse un'alternativa.
«Dammi il tuo palmare.»
La donna sussultò. Si era distratta troppo facilmente. Osservò la mano tesa di YUNE, che si era avvicinato con la sedia alla scrivania. L'uomo la fissava con i suoi occhi indecifrabili. SIRAH impiegò alcune scansioni per rielaborare la sua richiesta. Impacciata, frugò nelle tasche e recuperò il dispositivo. Glielo consegnò, cercando di evitare ogni contatto con la sua pelle. Nel frattempo, lui aveva sintetizzato una seconda sedia, sulla quale la donna si sedette, cercando di nascondere il nervosismo.
Ricordava bene la sensazione della cicatrice sotto i polpastrelli, così come la reazione di lui. Si era ritratto immediatamente, come se tra loro ci fosse stata una scarica elettrostatica. Non gli era piaciuto che lei ficcasse il naso nel suo passato, anche solo con il tatto. C'erano tante cose che avrebbe voluto chiedergli, ma sapeva che non avrebbe ottenuto nulla. Non finché il Programmatore non si fosse fidato davvero.
Lei aveva ripensato diverse volte a quel contatto. La cicatrice, che all'apparenza sembrava ruvida e fredda, sotto le sue dita si era rivelata liscia e calda. In verità, era tutta la pelle di YUNE ad essere calda. Ne era sicura perché non si era dimenticata della carezza che lui le aveva dato, l'ultima volta che si erano incontrati. Ancora non aveva capito cosa gli fosse preso, né perché il suo gesto l'avesse sconvolta tanto.
«Sei riuscito a decriptare i documenti?» gli chiese, torcendosi le mani e osservandolo mentre armeggiava con il calcolatore della scrivania.
«Sì» fu la semplice risposta.
«E?» insistette lei.
Lui si voltò a guardarla: «E cosa?»
«Che informazioni contengono?»
«Ah. Vuoi sapere quello...» l'uomo tornò a scrutare il calcolatore.
SIRAH lo squadrò. La sua espressione era diversa dal solito. Ermetica come sempre, sì, ma in qualche modo dissimile. Era come se il suo continuo conflitto interiore fosse giunto a una risoluzione, ma allo stesso tempo che l'esito ottenuto non fosse quello sperato. Cosa stava aspettando a dirle cosa aveva trovato in quei maledetti documenti?
D'un tratto le porse il palmare: «Se te lo raccontassi solamente, non ci crederesti» le disse, come a volerle spiegare il suo silenzio.
La donna prese in consegna il dispositivo: una notifica la informava che erano stati effettuati al suo interno esattamente settantatré salvataggi. Era un numero a dir poco esorbitante. Lanciando uno sguardo dubbioso verso YUNE, il quale aveva ricominciato a massaggiarsi le tempie, SIRAH selezionò l'applicazione per l'apertura dei documenti.
Quando vide il contenuto di uno dei tanti elementi scaricati nella memoria, rimase senza fiato.
Sgranò gli occhi e alzò di scatto lo sguardo sul Programmatore.
Lui la fissava con un misto di sofferenza e consapevolezza negli occhi.
«Hai provato a leggerli?» gli chiese.
YUNE annuì.
Dalla sua espressione, era evidente che non avesse ottenuto alcun riscontro. La Storica riportò la propria attenzione sul documento aperto. I termini in Lingua Antica si susseguivano, l'uno dietro l'altro, senza una chiave di lettura che consentisse di estrapolarne il significato. Tutte le informazioni sulla causa del Flagello erano scritte con quell'idioma? Era per questo che il Calcolatore Centrale le aveva negato l'accesso alla banca dati? Non voleva che si venisse a sapere? Allora perché permetteva agli Archeologi di ispezionare le rovine della Biosfera? Cosa stava cercando di ottenere?
Non ebbe il tempo di pensarci.
YUNE si piegò su sé stesso, stringendosi la testa tra le mani. Un lamento flebile gli sfuggì dalle labbra. Era intriso di dolore. SIRAH sussultò e posò il palmare sulla scrivania. Si protese verso di lui, sul punto di stringerlo per le spalle, ma esitò. Non aveva idea di come avrebbe reagito. Si sarebbe ritratto, come la volta precedente, o avrebbe accettato le sue attenzioni, come quando gli androidi ospedalieri erano intervenuti? L'avrebbe scacciata o le sarebbe stato grato?
Si decise ad afferrarlo. Lui non reagì al suo tocco, quanto piuttosto al male lancinante che doveva provare in quel momento. Si piegò ancora di più, ansimando e comprimendosi le tempie. Era come quella volta: sembrava che volesse aprirsi il cranio ed estrarsi il cervello, solo per non dover più sentire le concatenazioni.
L'uomo si raddrizzò di scatto e, sbuffando, sbatté il gomito sinistro sulla scrivania. Il gesto le strappò un sussulto, mentre il calcolatore tattile del mobile inviava un messaggio di input errato, a causa dell'impatto, che doveva aver percepito come una serie di comandi incomprensibili.
«YUNE!» SIRAH stava iniziando a preoccuparsi. «YUNE, riesci a sentirmi?»
L'uomo, in preda alle voci, fu solo in grado di annuire. Si appoggiò anche con l'altro braccio e riprese a massaggiarsi le tempie. Non si accorgeva neanche di lei e della sua espressione. Probabilmente, era talmente doloroso che neanche si preoccupava del brutto spettacolo che stava dando.
Vederlo in quello stato la angosciava: «Cosa posso fare?» gli chiese, senza ottenere risposta.
Presa dall'ansia, iniziò a guardarsi intorno. Forse il suo androide personale avrebbe saputo come comportarsi in quella circostanza. Se solo la modifica dell'ambiente delle abitazioni non fosse stata ristretta ai soli proprietari, avrebbe potuto accedere al resto dell'ambiente e attivarlo! Mentre si agitava, incontrò con lo sguardo la boccetta di droga. Si bloccò e irrigidì. Lei non aveva idea di come si somministrava quella roba, ma forse YUNE era abbastanza in sé da riuscire a iniettarsela.
Stava già protendendo una mano, quando le dita dell'uomo le afferrarono il braccio.
SIRAH trasalì, mentre lui scuoteva la testa e appoggiava la fronte contro la sua spalla.
«No...» riuscì a dire flebilmente.
La donna si sentì spezzare il cuore. Per quanto soffrisse, per quanto forti potessero essere le voci, per quanto disperatamente desiderasse il silenzio, YUNE non era più disposto a ottenerlo con quel mezzo. Quello che stava provando era ammirazione?
Decisa a non lasciarsi sopraffare dall'ansia, avvicinò la propria sedia alla sua. Lo strinse a sé, posando il mento sui suoi capelli in disordine e cercando di trasmettergli un po' di conforto.
«Cosa posso fare?» ripeté, con più calma, mentre sentiva il suo corpo tremare.
Non si era mai davvero resa conto di quanto soffrisse.
«Distraimi» le chiese lui.
«Facile a dirsi» sospirò SIRAH, strappandogli una smorfia, che in origine doveva essere un sorriso. «Dunque... hai sempre vissuto nel Distretto A?»
Stavolta, riuscì a suscitargli una risata flebile: «Bel modo per distrarm...» un gemito spezzò la frase sul finire.
Lei sbuffò, cercando di dissimulare la preoccupazione: «Senti, già è tanto se riesco a inventarmi qualcosa. Quest'arco è stato una follia fin dai primi scatti. Allora, mi rispondi?»
Affaticato dal dolore alla testa, YUNE si limitò ad annuire rigidamente. Beh, almeno ci stava provando. Era strano che le avesse chiesto di distrarlo. A giudicare da come si era comportato l'ultima volta che aveva subito l'attacco delle concatenazioni, le voci esterne lo infastidivano quanto e forse più di quelle interne. E poi, lei neanche sapeva come comportarsi in casi del genere. Non aveva mai dovuto affrontare situazioni simili.
«E i tuoi genitori?» continuò con le domande. «Anche loro vivono qui?»
«No» YUNE scosse la testa, ma il gesto non ebbe altro effetto che amplificare il dolore.
SIRAH finse di non accorgersene: «Davvero? E dove...»
«Sono morti» la interruppe lui a denti stretti. «Gli androidi ospedalieri li hanno infettati. Cambia argomento.»
Delle sue parole, la donna ne recepì solo alcune. Morti. Androidi ospedalieri. Infettati. Non era la prima volta che sentiva quella storia. Capitava che le persone non sopravvivessero alle malattie controllate, ma mai nessuno aveva accusato gli automi di essere la causa dei decessi. Si parlava sempre di disgrazia, di basse difese immunitarie, del continuo pericolo di contagio che aleggiava fuori dalla Cupola. Capiva bene perché YUNE non volesse parlarne: qualsiasi abitante lo avrebbe bollato come pazzo, avallando ancora di più le ipotesi di presunta infermità mentale avanzate dalle macchine.
Sospirò. In effetti, neanche lei credeva alle sue insinuazioni. Gli androidi ospedalieri erano lì per salvaguardare l'incolumità degli abitanti, non per metterla a rischio. Però non poteva dimenticare come avevano trattato YUNE, quella volta. Lei stessa era giunta alla conclusione che non si fossero recati nell'abitazione per aiutarlo, ma piuttosto per metterlo a tacere. La questione le dava molto da pensare, come sempre quando parlava con quell'uomo.
«Va bene» cedette alla sua richiesta. «Vuoi andare su argomenti più leggeri. Allora... come mai mi hai toccata?»
Lui si lasciò andare a una risata flebile, che SIRAH interpretò come un buon segno: «Come, scusa?»
«Di solito sono sempre io a toccarti» spiegò lei. «Come in questo momento» aggiunse, mentre la sua mano passava sulla spalla di YUNE, come a volerlo confortare.
L'uomo sussultò e, fingendo che le sue parole non lo avessero colpito, si ritrasse lentamente dal suo abbraccio: «Quindi?» le chiese, fissandola.
Teneva ancora una mano sulla tempia, ma l'altra era stretta a pugno sulla gamba. Lei sapeva che le voci erano ancora lì e, a giudicare dalla sua espressione, il Programmatore si stava sforzando di ignorarle con tutti i mezzi a sua disposizione. Voleva concentrarsi su qualcosa che non fosse una concatenazione: per questo le stava dando corda. SIRAH però non aveva toccato la questione solo con lo scopo di distrarlo. Era davvero curiosa di capire perché l'avesse accarezzata. E poi... voleva anche comprendere perché il pensiero del suo gesto non l'aveva più abbandonata, se non mentre parlava con MEEHA.
Né lei né lui sapevano cosa stava accadendo.
«Avevo capito da tempo che non sei il genere di persona a cui piacciono i contatti» continuò. «Anzi, a te non piacciono le persone in generale. Ti sei dimostrato scortese persino nei confronti del tuo migliore, e io credo anche unico, amico» non serviva avere un'intelligenza da elaboratore per cogliere il riferimento a IAN. «Eppure quella volta mi hai toccata. Mi hai accarezzato la guancia. Così.»
Protese la mano. YUNE si ritrasse lievemente, salvo poi immobilizzarsi. SIRAH si chiese perché fosse così restio al contatto. Un'altra domanda da aggiungere al già lunghissimo elenco che riguardava quell'uomo. Avrebbe dovuto essere più rilassato, godere maggiormente del poco di bello che c'era nella Cupola. Chissà se quell'atteggiamento era dovuto alle sue esperienze pregresse. Se fosse stato un abitante qualsiasi, come le era parso IAN quando lo aveva conosciuto, probabilmente neanche si sarebbe interessata del suo passato. Invece lo trovava estremamente affascinante.
Le dita si posarono sulla guancia di YUNE. Sotto i polpastrelli riusciva a percepire la barba di alcuni archi. Le pungeva la pelle, ma non era fastidiosa, anzi, era piacevole al tatto. Lui la fissava. Il suo sguardo era così profondo e indecifrabile, che avrebbe potuto rimanere scatti interi a studiarlo. Si accorse di non riuscire a distogliere i propri occhi dai suoi. Non avevano nulla di speciale: avevano delle semplicissime iridi castane. Le sembrava incredibile che occhi tanto comuni potessero trasmettere un'intensità simile.
Senza accorgersene si era avvicinata di più, come se volesse analizzare il suo volto con più attenzione. Le occhiaie non riuscivano a rovinare l'attrattiva di quel viso enigmatico. Sorvolando sulla trascuratezza, YUNE aveva dei bei lineamenti. Il naso era dritto, senza imperfezioni. La bocca disegnava uno splendido arco, specialmente quando sorrideva in maniera criptica. La mascella era un po' spigolosa, ma la linea andava a morire in un mento non troppo prominente, sul quale le sue dita erano lentamente scivolate.
La mano di lui afferrò la sua, riportandola sulla guancia. Il Programmatore vi premette il volto, chiudendo gli occhi in un'espressione concentrata. Stava ancora tentando di resistere al dolore causato dalle concatenazioni. SIRAH, però, aveva smesso di pensarci.
«Mi stai toccando» gli fece notare in un sussurro.
«Lo so» rispose lui.
«Perché?» gli chiese, avvicinandosi ancora di più.
YUNE riaprì gli occhi. La fissò: c'era molta confusione nel suo sguardo. SIRAH si accorse che qualcosa era cambiato. Adesso riusciva anche a percepire il suo calore. A inspirare il suo odore. A sentire il suo respiro sul viso. La sua domanda non ottenne risposta. Fu lei a deciderlo.
Le sue labbra si posarono su quelle di YUNE.
|| Il Nascondiglio dell'Autrice ||
*w* finalmente!
Ogni volta che leggo gli ultimi paragrafi mi sfugge un:
"AWWWW *Q*" lunghissimo xD cioè neanche lo avessi scritto io!
U.U Ve lo aspettavate? (Mi sa di no...)
Sappiate che riuscire a passare dall'argomento "morte e infezioni"
alla scena "bacio" è stata un'impresa a dir poco ardua xD
U.U E niente... voglio vedervi sclerare perché al prossimo aggiornamento
scopriremo se SIRAH sarà ricambiata o se YUNE inizierà a dare di matto u.u
Ps: MEEHA già li shippa (come dice la mia betah u.u)
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