14: Sinfonia Arcana (parte II)
Percepiva la sua attività di Glottologo come una vera e propria missione, un compito che solamente lui avrebbe potuto portare a termine. I suoi colleghi si interessavano solo della verità che vedevano in superficie: non aveva mai ascoltato qualcuno di loro porsi le sue stesse domande. Quando guardava i Monoliti, MEEHA si chiedeva cosa volessero dirgli. Era sicuro che la loro esistenza, il loro essere sopravvissuti al Flagello, non fosse una casualità. Il loro messaggio, impresso nella roccia metamorfica, doveva essere riportato alla luce.
Con un sospiro, l'uomo si armò di tutta la pazienza di cui disponeva. Aveva sperato di essere assegnato all'area che ospitava l'architrave, dove le iscrizioni in Lingua Antica erano meno logorate dal tempo, ma avrebbe dovuto adattarsi e impegnarsi in quello che IAN aveva sempre definito un "lavoro di ricostruzione intuitiva".
Quando seguiva i suoi corsi, contestava spesso il suo uso dell'istinto. MEEHA considerava l'attività Storica come una vera e propria scienza, mentre la persona amata, spesso e volentieri, mescolava i dati analitici con i presentimenti. Mai avrebbe creduto di averne così tanto bisogno, eppure quale altro metodo avrebbe potuto usare, per colmare l'enorme distanza tra la lingua della Cupola e quella Antica?
Per quanto non gli piacesse ammetterlo, non c'erano punti di riferimento sui quali potesse basare una traduzione esatta.
Dubbio.
Persistente, nella sua testa. MEEHA alzò lo sguardo verso le iscrizioni che stava accarezzando. Un cavillo insopportabile gli stava martellando nel cervello. Si faceva strada tra i suoi neuroni, sempre più fastidioso.
Davvero non aveva punti di riferimento?
Osservò attentamente i bassorilievi, mentre un'idea che considerava a dir poco folle gli balenava nella mente.
«Oh, Fondatori» sbottò. «Vi prego, ditemi che non è vero.»
Invece lo era. Lui aveva un canale preferenziale con una fonte unica: la registrazione custodita nel suo palmare. Di nuovo, non voleva pensare di doversi affidare al suo rivale, ma, se quelle parole avevano davvero a che fare con le rovine della Biosfera, allora avrebbe dovuto sfruttare l'occasione. Sì: avrebbe usato quell'uomo come un attrezzo, uno strumento grazie al quale sarebbe riuscito a tradurre l'esatto significato della Lingua Antica. Era certo che non sarebbe stato difficile convincere SIRAH a fornirgli altro materiale. Lei stessa voleva venire a capo di quel mistero.
Iniziò a palpare la propria tuta, alla ricerca dei dispositivi dati in dotazione. Per via del pericolo batteriologico, era vietato introdurre nella Biosfera i propri effetti personali. Tuttavia non sarebbe stato semplice svolgere le attività senza avere un supporto su cui prendere annotazioni e appunti: per tale motivo venivano forniti palmari specifici, sui quali erano registrati i dati. Una volta terminate le mansioni, si restituivano gli aggeggi, la cui memoria veniva inviata alle abitazioni dei singoli Storici impegnati nella ricerca. Era una procedura alquanto noiosa, ma sicuramente risultava il metodo migliore per evitare il contatto tra l'interno e l'esterno.
Così recuperò il suo dispositivo temporaneo e iniziò a catturare rappresentazioni delle rovine che stava osservando. Aveva scelto il Monolite meno logorato: anche se rovinate, le iscrizioni in Lingua Antica erano più semplici da ricostruire. Nel palmare era stata scaricata, su sua richiesta, una elencazione di tutti i simboli grafici che erano stati individuati fino a quel momento. Si trattava di un alfabeto completo: la fonetica sarebbe venuta da sé, adesso che MEEHA era in possesso di quella registrazione.
Dopo aver raccolto un buon numero di immagini, iniziò a scorrerle sullo schermo sensibile al tatto. Sui calcolatori della sua abitazione avrebbe potuto ingrandire le rappresentazioni e studiarle con più calma. Selezionò l'applicazione per segnare le sue osservazioni e si dedicò allo studio sul campo.
«I reperti hanno subito un deterioramento dovuto all'alto tasso di umidità e alla simulazione delle condizioni atmosferiche pre-Flagello» dettò al dispositivo. «Il Monolite della sezione... questa dovrebbe essere la sezione 13x6, se non ricordo male» si guardò attorno, come se volesse trovare qualche indizio che glielo confermasse. «Dicevo: il Monolite nella sezione 13x6 della griglia E della Biosfera sembra quello meno danneggiato, nel suo gruppo areale. Alcuni dati generali: altezza di circa trenta staffe e larghezza di più o meno venti. Non è uno dei Monoliti più imponenti che io abbia visto, ma è il più grande della griglia E.»
Girò attorno al reperto: «La superficie della rovina presenta delle iscrizioni in bassorilievo in Lingua Antica. Ritengo che ne fosse ricoperta, sebbene a quest'arco siano rimasti pochi accenni, a causa dell'erosione. Ecco: qui sembra che siano meno rovinate» percorse con le dita le scalfitture nella roccia. «L'alfabeto che è stato estrapolato dallo studio dei simboli è molto simile a quello della lingua ufficiale della Cupola. Tuttavia penso che alcune lettere, che per noi hanno valore di consonante, in taluni casi della Lingua Antica abbiano invece funzione di vocale. Non ho prove a sostegno di questa tesi: mi baso unicamente sulla mia esperienza di Glottologo e sull'intuizione.»
Si fermò dall'altra parte del Monolite, dove le iscrizioni erano più fitte e per lo più intatte: «A prescindere dalle mie osservazioni, è evidente il legame di discendenza che accomuna la Lingua Antica con l'idioma dei Fondatori e con l'ancor più recente linguaggio ufficiale della Cupola. La comunità dei Glottologi del Distretto A sta ancora lavorando alla formulazione di una teoria valida in merito al processo di trasformazione dalla Lingua Antica a quella dei Fondatori. Personalmente, sono dell'idea che i due idiomi, seppur sviluppatisi in ere diverse, fossero usati in contemporanea: sono state riscontrate delle incongruenze tra la datazione delle rovine e la teoria che esse siano precedenti alla cultura dei Fondatori. In effetti, le ultime misurazioni su alcuni reperti farebbero pensare che in realtà i resti della Biosfera siano sia antecedenti e sia contemporanei all'era pre-Flagello. La scoperta potrebbe porre, oltre che problemi di datazione storica, anche diversi interrogativi in merito alla convivenza dei Fondatori con le loro origini e alla scelta dei materiali con cui queste strutture sono state erette. Per quale motivo utilizzavano una lingua così arcaica? E perché usare una roccia tanto deteriorabile, quando si poteva usufruire delle leghe metalliche, della plastica e della nuova invenzione del materiale autorigenerante?»
Interruppe la registrazione con un sospiro. Probabilmente non avrebbe mai trovato le risposte a quelle domande. Le macerie erano talmente erose dal tempo e dalle condizioni ambientali della Biosfera, che cavarne qualcosa era già stata un'impresa enorme. Le frasi riportate sui Monoliti erano frammentarie, a volte talmente tanto che si riducevano a singole parole sparse qua e là sulla roccia.
Si fece forza e decise di non darsi per vinto prima del tempo. Si sistemò meglio la tuta isolante addosso, tirando su i calzoni a connessione ermetica con la casacca, e iniziò ad annotare ogni lemma che riusciva a distinguere. Per ciascun termine poco leggibile si affidava all'istinto, registrando qualsiasi possibile combinazione gli venisse in mente e che avesse la parvenza di una frase sensata.
Stava cercando di riorganizzare le idee, di capire se quelle parole, unite insieme, potessero avere un qualche senso. Mentre scrutava e studiava attentamente le pareti del Monolite, continuava a girargli attorno, come se volesse scansionarlo, scrutarlo fino al livello atomico. Distratto, non prestava attenzione a ciò che lo circondava.
Mise un piede in fallo.
Sentì il vuoto aprirsi sotto di sé.
Il buio lo inghiottì. Lui urlò. Stava cadendo. La luce era diventata un puntino indefinito sopra di lui. Il palmare gli sfuggì di mano. Cercò di riafferrarlo, ma ormai era finito sul fondo. C'era un fondo, dunque. Si sarebbe rotto le ossa!
Impatto.
Un dolore lancinante lo aggredì a una spalla e una gamba. MEEHA urlò con tutto il fiato che aveva nei polmoni, graffiandosi la gola. Il suo grido gli morì in bocca, mentre ansimava. Aveva trattenuto il respiro? Era accaduto così in fretta che non si era neanche accorto delle proprie reazioni. Rotolò sulla schiena, guardandosi attorno convulsamente.
Cosa era accaduto? Perché era tutto avvolto nell'oscurità? Dove si trovava? Il male continuava a persistere, ma era meno intenso. Aveva sbattuto contro qualcosa... il fondo? Sì, va bene, ma il fondo di cosa?
Aveva sbattuto.
Impallidì improvvisamente e si tirò su, a sedere, di scatto. Un gemito gli sfuggì dalle labbra quando una fitta lo aggredì al ginocchio. Si tastò quella parte. Paura. Temeva l'irreparabile. La tuta... la tuta era intatta? Oppure si era rovinata? L'impatto l'aveva danneggiata? Con le mani guantate non riusciva a capirlo e il buio non lo aiutava. Doveva trovare un modo per illuminare l'area in cui si trovava.
«Il palmare...»
Certo! Il dispositivo aveva uno schermo retroilluminato. Non poteva essere caduto troppo distante dalla sua area di impatto. Iniziò a cercarlo a tentoni sul... pavimento? Lo trovò. Pregò che non fosse stato danneggiato irrimediabilmente. Ci armeggiò per poche scansioni e, con suo grande sollievo, lo schermo si illuminò. Immediatamente lo puntò verso la gamba. I calzoni erano intatti. Per precauzione, ispezionò l'intera tuta, fin dove il suo sguardo poteva arrivare: niente, nessun danno, neanche un graffio. Si era a malapena sgualcita.
Tirò un sospiro di sollievo. Se fosse rimasta danneggiata in qualche modo, non sarebbe potuto rientrare nella Cupola. Sarebbe stato costretto a rimanere lì, in isolamento, finché gli androidi ospedalieri non fossero arrivati a sottoporlo ai controlli necessari. Con le condizioni ambientali della Biosfera, non aveva alcun dubbio che bastasse un lieve taglio per essere infettati da chissà quale assurdo virus assassino.
Rimase immobile, con il respiro affannoso e la luce del palmare a illuminare il buio. Una felicità immensa lo invase, cogliendolo impreparato. Gli veniva da piangere: era forse scampato alla morte? Era stato incredibilmente fortunato, ma credeva di aver superato il terrore di venire infettato. Si lasciò andare a una lieve risata nervosa e ricadde sul pavimento. Aveva davvero rischiato grosso.
Si concesse qualche scansione per riprendersi dallo spavento e dal dolore agli arti, poi si alzò in piedi. Alzò lo sguardo: sopra di lui si vedeva un minuscolo puntino bianco, in lontananza. Aveva fatto davvero un bel volo. Era incredibile che non si fosse rotto qualche osso, anche se la spalla ancora gli doleva. Con solamente il piccolo dispositivo a rischiarargli la via, si guardò attorno.
Il terreno aveva ceduto sotto il suo peso? Questo significava che sottoterra c'erano delle aree vuote? Guardò in basso: sotto i suoi piedi, poteva distinguere una pavimentazione liscia, con delle venature irregolari, simili ai capillari delle arterie. Come sarebbe riuscito a risalire? Iniziò a cercare una via d'uscita. Dal suono dei suoi passi, doveva trovarsi in un luogo molto ampio. Riusciva a udire l'eco del proprio respiro.
La luce del palmare illuminò la parete alla sua sinistra.
Per un attimo, gli parve di scorgere delle ombre.
Dei riflessi fugaci gli strapparono un sussulto.
Puntò il dispositivo verso il muro. Lo schermo gli mostrò quello che lo attendeva. MEEHA rimase immobile, pietrificato, incredulo e allo stesso tempo stregato. Rimase a bocca aperta, con gli occhi spalancati che scattavano da una parte all'altra della parete, senza sapere bene su cosa soffermarsi.
«Per tutti gli androidi della Cupola...»
Davanti a lui si estendeva il testamento del passato.
|| Il Nascondiglio dell'Autrice ||
CE. L'HO. FATTA!!!!!!!!!!!!!!!!
Oggi è stata una giornata folle.
Ma proprio folle!
Una giornata all'insegna delle attese e dei litigi.
Ma non mi sono lasciata fermare e sono riuscita a postare in tempo!
Amatemi! U.U
(Meglio tardi che mai)
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