14: Sinfonia Arcana (parte I)
La Biosfera. L'ultimo frammento di un mondo ormai perduto. Molti si chiedevano perché i Fondatori avessero deciso di preservarlo, nonostante il grande rischio di contatto batteriologico. Gli abitanti del Distretto A erano abituati a ignorare il pensiero che, prima o poi, la calotta che la conteneva potesse danneggiarsi e lasciar fuoriuscire gli effluvi del passato. Arco dopo arco percorrevano le vie che la circondavano, soffermandosi solo poche scansioni sul senso d'inquietudine che suscitava.
Quasi nessuno si arrischiava ad avvicinarsi alla spessa parete che la racchiudeva. La distanza minima di sicurezza universalmente riconosciuta era di almeno duecento staffe. Solo coloro che possedevano il permesso di accedervi osavano di più. MEEHA, in cuor suo, non aveva mai voluto diventare uno di loro. Era sempre stato il classico abitante, ligio all'osservanza degli assiomi del Sistema e felice della propria schiavitù.
Eppure adesso si trovava lì, nel cuore pulsante della Biosfera. Esserci dentro faceva tutto un altro effetto. Si pensava che in quel luogo regnasse il caos, l'ineluttabile disordine della natura selvaggia. Non era così. Laggiù, a contatto, seppur indiretto, con quel mondo antico, riusciva a intuire uno schema, un disegno superiore, una logica e razionale organizzazione dell'esistenza stessa.
Alzò lo sguardo verso il tetto di materiale autorigenerante. Si intravedevano a malapena i nebulizzatori, la cui funzione era di riprodurre le esatte condizioni ambientali precedenti alla costruzione della Cupola. Con la tuta isolante non era in grado di percepire l'altissima umidità atmosferica, ma la poteva vedere. Il vapore acqueo, che trasudava anche dal terreno, artificialmente irrigato, si condensava sulle foglie delle piante, creando un'eterna rugiada. Se avesse respirato l'aria esterna, invece di quella filtrata dalla maschera, sicuramente l'avrebbe trovata soffocante.
Il suolo sotto gli stivali impermeabili era soffice, tanto che affondava a ogni passo. Cercava di non calpestare alcuna pianta del sottobosco, non tanto per compassione, quanto piuttosto per etica. I Fondatori avevano costruito la Biosfera per proteggere l'ultimo brandello di biodiversità presente sul pianeta: era suo dovere rispettare la loro volontà. Anche se il terriccio leggero gli imbrattava la tuta e lo rallentava nei movimenti, lui cercava di non perdere la pazienza. Pensare alle rovine e a ciò che lo attendeva, ossia le iscrizioni nella Lingua Antica, come era stata battezzata dalla comunità Glottologa.
Si era dibattuto a lungo sulla sua origine e sul nome più appropriato. C'erano state diverse proposte, come ad esempio "Lingua Pre-Flagello", in riferimento al calendario pre-Flagello, oppure "Lingua Pre-Fondatori", poiché sicuramente più antica dei Fondatori stessi.
Tuttavia le due ipotesi erano state scartate. La prima perché facente riferimento a un evento non legato alla lingua stessa, in quanto non c'erano prove che il nuovo idioma scoperto fosse effettivamente in uso nel periodo pre-Flagello. Le rovine erano infatti molto più antiche rispetto a quella che veniva universalmente considerata la data dell'avvento della catastrofe. La seconda proposta era stata ritenuta imprecisa nella datazione, per gli stessi motivi. Si era quindi convenuto per un nome meno specifico, ma più esplicativo.
Lanciò uno sguardo alle proprie spalle. La sua squadra di Glottologi, tutti rigorosamente avvolti dalle tute isolanti, lo seguiva con l'entusiasmo di una massa di androidi personali. Nessuno di loro era felice di trovarsi lì. Molti erano spaventati alla sola idea che potesse crearsi un taglietto nella protezione delle tute. MEEHA era convinto che si sarebbero abituati presto e che alla fine si sarebbero calmati. Gli abitanti della Cupola potevano vantarsi di possedere una grande capacità di adattamento.
Giunsero alla sede degli scavi in meno di metà scatto. A guidarli era stato un androide di pattuglia, che era stato programmato per lo specifico compito di sorvegliare la Biosfera e chi vi aveva accesso. Il Glottologo non avrebbe saputo dire se l'automa era lì per la loro sicurezza o per quella dell'ecosistema in cui avevano fatto incursione.
La sede amministrativa dei lavori di scavo era una piccola unità abitativa mobile, costruita sul posto con l'ausilio di pannelli sintetizzatori portatili. A giudicare dallo spessore delle pareti, non era stata progettata per stare su troppo a lungo, dato il rischio di terremoti a cui la Cupola era soggetta. Non era fornita del lusso delle abitazioni comuni, ma ci si sarebbe potuto adattare.
D'altronde non sarebbe stato lì che per riferire eventuali scoperte: il permesso di accesso alla Biosfera valeva solo durante gli archi. Negli antiarchi, si svegliavano le creature notturne e la sicurezza diventava insufficiente.
Entrò, insieme agli altri Glottologi e all'androide di pattuglia, nell'unità. Ad attenderli vi era un altro automa e dei calcolatori a parete. Dopo le necessarie formalità, furono loro distribuite diverse aree di scavo, dove erano stati ritrovarti altri reperti da tradurre. A MEEHA fu assegnata la zona più esterna e lontana, dove erano attivi solamente due Archeologi e uno Storico. Nessuno che lui conoscesse. Il pensiero di essere quasi solo non lo avrebbe scalfito, se non si fosse trovato nella Biosfera.
Ad accompagnarlo fu lo stesso androide di pattuglia. Gli altri Glottologi sarebbero stati scortati da altrettante macchine. Il silenzio, mentre camminava al seguito dell'automa, era diverso dal solito. Nella Cupola, si udivano solamente i rumori delle attività altrui o, al massimo, dei marchingegni in funzione. La Biosfera aveva dei suoni tutti suoi, che in verità lo spaventavano.
Udiva i versi degli uccelli, il gracidio degli anfibi, il fruscio delle foglie quando un animale le sfiorava. Il cuore gli batteva talmente forte, all'idea che una bestia selvatica potesse aggredirlo, che avrebbe giurato di doversi recare alla sede ospedaliera al più presto. Quando però giunse all'area che gli era stata assegnata, la paura fu acquietata dalla cacofonia dei macchinari impegnati a scavare nella terra.
Osservò, incantato, le dune di suolo e le fosse, scavate con una meticolosa logica di adiacenza. Erano una grande costellazione di dislivelli, attorno ai Monoliti. Erano le rovine che aveva descritto a IAN, quando era andato a trovarlo alla sede ospedaliera. Si ergevano dal terreno come i componenti guasti di un pannello sintetizzatore, sparsi qua e là a testimonianza di ciò che era la costruzione antica.
Attorno ai Monoliti, il suolo era punteggiato di altre rovine minori. In confronto a una persona erano, in ogni caso, imponenti, con una altezza variabile tra le quaranta e cinquanta staffe. Erano rimaste sepolte per molto tempo, ma gli scavi le avevano riportate alla luce.
Non erano gli Archeologi a ritrovare le testimonianze: il lavoro pesante era portato avanti da automi primitivi, dalle molteplici braccia meccaniche, in grado di utilizzare con precisione gli strumenti necessari a scrostare via la terra dai reperti, senza però danneggiarli. Gli Storici erano invece impegnati nei tendoni, dove si stavano dedicando all'osservazione e all'analisi dei ritrovati.
Dopo essersi congedato dall'androide di pattuglia, MEEHA si presentò ai suoi colleghi, con dei saluti sbrigativi. Non si sentiva a proprio agio e loro non sembravano interessati al suo arrivo, quanto piuttosto a proseguire con lo studio dei reperti. Li poteva capire: tutti gli Storici della Cupola erano un po' sulle loro. Preferivano un pezzo di metallo antico alle persone. L'unica eccezione, per quel poco che l'aveva conosciuta, era SIRAH.
Quel nome rotolò nella sua mente, ricordandogli ciò che era accaduto. Istintivamente, portò la mano alla coscia, lì dove solitamente c'era la tasca in cui riponeva il palmare. Prima di accedere alla Biosfera, aveva dovuto consegnare i suoi abiti, per poter indossare la tuta isolante. Il dispositivo era rimasto in deposito: MEEHA si era dato dell'idiota per averlo lasciato incustodito.
La donna gli aveva caldamente raccomandato di non mostrare la registrazione a nessuno, prima di scaricarla nel suo palmare. Lui ormai lo portava ovunque: era ossessionato da quella voce. Non sarebbe riuscito a togliersi dalla mente le parole di YUNE, finché non fosse riuscito a tradurle. Non voleva pensare di star aiutando il suo rivale in amore: preferiva credere che le sue azioni fossero in nome della Storia.
Il Programmatore, già. Non era affatto come lo aveva descritto IAN. Era peggio in ogni cosa: più debole, più pallido, più vulnerabile. Conoscendo l'Archeologo, non si era stupito, quando aveva visto che genere di persona lo attirasse. YUNE era esattamente il suo tipo: qualcuno da proteggere a ogni costo, proprio come un reperto fragile e, per questo, prezioso. Nonostante la sua timidezza, MEEHA non era così. Lui non aveva mai avuto bisogno di aiuto. Si ergeva come un Monolite della Biosfera: danneggiato, solitario, ma incrollabile.
Per questo IAN non lo aveva mai considerato. Come gli Storici radunati nel tendone, prestava attenzione ai reperti più usurati, nella speranza di poterne ricostruire almeno una minima parte, senza avere la certezza che ciò permettesse di ottenere delle risposte.
I Monoliti, invece, nella loro bellezza, dicevano molto. Il popolo che aveva eretto la struttura da cui provenivano, doveva averlo fatto all'insegna della magnificenza. Lo intuiva dall'imponenza dei resti e dalla minuzia di particolari con cui erano stati scolpiti, per creare arabeschi e incidere rune in una lingua ormai sepolta.
Fuori dal tendone, allontanatosi dai suoi colleghi, MEEHA camminava tra i pilastri dell'antica civiltà, osservandoli dal basso della sua piccolezza umana. Nonostante fossero protetti dalla calotta di materiale autorigenerante, erano stati consumati dal tempo. I bassorilievi, che un tempo dovevano essere di un'evidenza quasi fastidiosa, adesso erano appena accennati, smussati e levigati dalla pioggia artificiale.
Con le dita guantate, sfiorò il profilo di uno dei Monoliti più alti.
Il marmo che li componeva, un materiale di cui si leggeva solamente nei documenti storici, era sfregiato dalle macchie dell'umidità, che lo avevano imbruttito, ledendo anche la ragione per cui era stata usata una pietra così particolare. Una roccia metamorfica, che si era formata affrontando le intemperie del mondo. Quale meravigliosa simbologia, di fronte alle rovine che erano sopravvissute al Flagello.
Prima della catastrofe, gli abitanti del pianeta erano in possesso delle conoscenze scientifiche necessarie all'uso, in architettura, del vetro, dell'acciaio, del cemento, della plastica e dei più recenti materiali autorigeneranti. Secondo i documenti che il Calcolatore Centrale aveva reso disponibili nella sua banca dati, non mancavano degli strumenti necessari a mettere in pratica le tecniche siderurgiche.
Le rovine della Biosfera, nonostante risalissero a prima del Flagello, non erano antecedenti allo sviluppo di quelle conoscenze. Per quale motivo un popolo che disponeva di tali tecnologie avrebbe dovuto sprecare tempo, risorse ed energie nell'uso del marmo? Possibile che fosse stato tutto dettato dal senso estetico? Oppure il motivo era un altro? Lui non era solo un Glottologo, ma anche un Archeologo, e non riusciva a comprendere perché i suoi colleghi non si ponessero le sue stesse domande.
Accarezzò, senza poterla toccare davvero, la roccia macchiata d'umidità. Avrebbe voluto che i Monoliti potessero parlare, come gli androidi. Gli sarebbe piaciuto potergli chiedere direttamente quale fosse la loro storia. Com'era fatto il palazzo da cui provenivano? Quale era stato lo scopo della sua edificazione? Quali erano le attività che vi si svolgevano all'interno?
Sfiorò delicatamente i bassorilievi smussati. Tra gli arabeschi leggeva parole in Lingua Antica, sparse qua e là a formare frasi all'apparenza insensate. La struttura grammaticale dell'idioma era diversa da quella usata nella Cupola. Nonostante ci fossero molte similitudini fonetiche, era ancora molto lontano dal decifrarne la logica. I singoli lemmi mantenevano stabile la radice, a fronte di una variazione delle desinenze. Sospettava inoltre che una stessa desinenza potesse avere un diverso significato, a seconda della posizione del termine all'interno della frase e della eventuale vicinanza di vocaboli particolari.
A rendere più difficile il compito di Glottologo era l'assenza di un punto di riferimento. Le uniche altre lingue conosciute nella Cupola erano quella dei Fondatori, una versione più arcaica del comune idioma usato dagli abitanti, e quello dei calcolatori, creato sulla base di strutture logiche duali. La Lingua Antica era molto diversa in quanto a struttura e complessità: MEEHA e i suoi colleghi avevano capito da tempo che la casistica relativa era ben più vasta e articolata.
continua nella parte successiva...
|| Il Nascondiglio dell'Autrice ||
Si riparte! Finalmente!
Lo so, in questa prima parte del capitolo non accade molto,
ma prometto che io e Alius ci faremo perdonare nella seconda parte u.u
E... niente... boh... mi sa che non devo aggiungere nient'altro xD
E poi dicono che le note d'autore spezzano la narrazione xD
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