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12: Controtempo (parte II)


    Gli si avvicinò, mentre portava una mano alla tasca dei pantaloni. YUNE si piegò in avanti, poggiando i gomiti sulle ginocchia e passandosi le dita tra i capelli. Davvero era convinta di poter venire a capo di quell'enigma? A che scopo? Non c'era cura per le voci. Voleva aiutarlo? Non ne aveva il potere. Magari lo faceva solo per soddisfare la sua sete di conoscenza. Sì. Forse in realtà ciò che le interessava davvero era continuare le sue ricerche. Come biasimarla? Lui era una risorsa inestimabile: conosceva una lingua morta senza capirne il motivo ed era in grado di fornirne una pronuncia esatta, che altrimenti sarebbe stata dedotta solo dopo interi gruppi primari di studio.

    La donna estrasse dalla tasca il suo palmare. YUNE la fissò, stanco, completamente sfinito. Lei armeggiò con le applicazioni per qualche scansione e poi gli porse il dispositivo. Lo accettò con poco entusiasmo, lanciando uno sguardo allo schermo. Corrugò le sopracciglia di fronte al fermoimmagine di una registrazione. Una macchia bianca dalle fattezze umane spiccava davanti alla parete. Se avesse creduto al paranormale, avrebbe giurato che fosse un fantasma.

    «Il tuo delirio non è l'unica cosa che ho visto» mormorò SIRAH.

    «Non riesco a seguirti» ammise lui.

    «È una diapositiva della registrazione del tuo androide» gli spiegò lei. «Quella figura compare nella tua abitazione, YUNE. Proprio mentre stai avendo la crisi. Il video sfarfalla solo per poche scansioni, ma è abbastanza tempo per vederla apparire e volatilizzarsi. All'inizio avevo pensato a un riflesso delle luci o a un malfunzionamento, ma...»

    «L'immagine è troppo definita» concluse il Programmatore, osservando attentamente la forma bianca dalle fattezze umane, con espressione incomprensibile.

    «Infatti» proseguì SIRAH. «Un riflesso avrebbe provocato una macchia più nebulosa, mentre un malfunzionamento l'avrebbe resa irriconoscibile. Invece... questo sembra una specie di abito, ma non ne ho mai visti di simili. E poi qui... e qui... si tratta sicuramente di arti e di un volto umano, è certamente una persona, anche se è troppo sfuggente per intuirne i tratti.»

    YUNE inclinò lentamente la testa di lato, con lo sguardo perso nell'immagine. Ne scrutò attentamente i contorni. Osservò i lineamenti a malapena accennati del viso, in gran parte coperto da un ampio ed etero cappuccio, che scendeva a formare una specie di mantello.

    Il bianco degli indumenti sfumava, come se si dissipasse. Si riuscivano a intravedere i pannelli sintetizzanti della parete dietro alla figura, che era una presenza quasi spettrale. Tuttavia... neanche per una scansione il Programmatore si pose la domanda più essenziale. Non per un solo istante si chiese perché quell'immagine fosse comparsa nella sua abitazione.

    Gli sembrava di conoscere le risposte per le questioni più ovvie che potessero sorgere alla mente. Allo stesso tempo, se qualcuno gliele avesse fatte, lui non avrebbe saputo cosa replicare. Era come se le spiegazioni fossero nascoste, chiuse a doppia mandata nel profondo della sua mente, inaccessibili persino a lui.

    Strinse gli occhi, concentrandosi per tentare di rievocare alla mente i ricordi.

    Sì. C'era qualcosa... qualcosa di familiare, in quella figura.

    Degli squarci nel passato si stavano aprendo nella sua coscienza.

    Una scena. O forse erano molte? Non riusciva a capirlo. Era tutto così vago. Indefinito. Era come se non fossero i suoi ricordi. Non era la sua vita.

    Abiti bianchi.

    Volteggiavano in una danza sublime.

    C'era una piacevole litania di sottofondo.

    Ricordava il sorriso sulle labbra di una donna.

    La sua risata cristallina gli trafiggeva il cuore.

    Lo sguardo profondo del suo migliore amico lo angosciava.

    Non avrebbe mai voluto che le cose andassero così.

    «Che hai?»

    Risate. Le sue e dei suoi compagni.

    Si stava festeggiando... sì, ma cosa?

    Un suo successo, forse.

    Una bella illusione.

    Era tutto più semplice, prima che avvenisse.

    «YUNE?»

    Aveva preso una decisione.

    Lei non voleva.

    Poteva sentirne il pianto disperato.

    Il suo amico non sarebbe rimasto a guardare.

    Lui era l'unico a non meritare pietà.

    Disapprovazione.

    Abbandono.

    Tristezza.

    Paura.

    Morte.

    «YUNE!» SIRAH lo prese per le spalle e lo scosse.

    Il Programmatore sussultò. Alzò lo sguardo assente sulla donna, mentre le sue mani allentavano la presa. Il palmare scivolò via dalle sue dita, cadendo prima sulle gambe e poi a terra con un tonfo lieve. Confuso, lui abbassò gli occhi, fissando il dispositivo come se fosse un oggetto alieno. Come se non lo avesse mai visto. La donna sbuffò e si chinò a raccoglierlo. Si accertò che fosse ancora integro e funzionante, poi bloccò lo schermo tattile e lo ripose nella tasca dei pantaloni, al sicuro.

    «Si può sapere che ti prende ogni volta?» sbottò, seccata.

    Avrebbe voluto saperlo anche lui. Cos'era quello che stava provando in quel momento? Era doloroso, orribile e familiare. Nostalgia? Rimpianto? Per cosa? Non riusciva a capire. Era tutto così confuso, così estraneo. All'improvviso aveva perso i punti di riferimento. Di cosa stava parlando con quella donna? Perché lei era lì? Cosa voleva da lui? Aveva importanza?

    Cercò di fare mente locale. Era come se avesse assunto una dose di droga. Il suo sguardo si perdeva su dettagli insignificanti, faticando a mettere a fuoco il volto di SIRAH. Davanti alle pupille gli pareva che volteggiassero ancora dei preziosi abiti bianchi. Erano così belli. Unici e speciali. Esattamente come coloro che li indossavano.

    «Io...» cercò di formulare un pensiero coerente.

    Cosa era appena accaduto?

    Quelle immagini erano reali? Erano ricordi? No. Impossibile. Non aveva mai vissuto un'esistenza libera. Non aveva mai amato una donna. Non aveva mai provato rimorso nel tradire qualcuno che neanche conosceva. Stava ricominciando a delirare? Adesso, oltre alle voci, si aggiungevano scene, visioni di un passato celestiale?
Era da folli anche solo pensarlo, ma quale altra spiegazione avrebbe potuto dare all'esperienza appena avuta? Ciò che sentiva, che vedeva e che provava era nebuloso, come un sogno. Persino in quel momento non riconosceva sé stesso. Se qualcuno gli avesse chiesto chi era e che ci faceva lì, in quell'abitazione, non avrebbe saputo cosa rispondere.

    SIRAH notò la sua perdizione. Lo scosse di nuovo e lui, ancora una volta, sussultò. La fissò con sguardo smarrito. Aveva reagito così anche la prima volta che aveva sentito le voci. Sua madre, così bella, così dolce, si era preoccupata tantissimo. Il bambino che era stato non aveva minimamente risposto ai suoi richiami, finché, finalmente, era riuscito a uscire dallo stato allucinatorio.

    «YUNE! Che ti succede? Mi stai facendo preoccupare!» pigolò SIRAH.

    Anche sua madre aveva pronunciato le sue stesse parole. Le sorrise con dolcezza. La donna rimase impietrita a fissarlo. Perché tutti si angustiavano per lui? IAN, SIRAH, sua madre, suo padre. Le persone che lo circondavano non provavano altro che ansia per le sue condizioni. Anche quella donna sconosciuta e il migliore amico che non aveva mai avuto.

    Cosa gli stava succedendo?

    «L'ho già visto» mormorò, accarezzandole una guancia.

    «Come?» trasecolò la donna, ritraendosi per lo stupore suscitato da quel gesto.

    Il suo sorriso divenne più aperto. Era naturale che si tirasse indietro. Non aveva fatto altro che scacciarla e maltrattarla per tutto il tempo. Adesso, stordito da quella visione confusa, la trovava la sua unica ancora di salvezza.

    Lei gli aveva rivelato la connessione delle voci alle rovine della Biosfera. Era grazie al suo impegno se poteva finalmente parlare con un Glottologo e dare un senso al delirio. Era venuto a sapere di quella figura umana, comparsa nella sua abitazione, unicamente per via della sua esasperante curiosità.

    Forse anche ciò che aveva visto era legato al passato. Finalmente quella tortura stava assumendo i contorni di qualcosa di definibile. Magari le voci e la visione erano legati a quell'immagine eterea. Se solo avesse potuto scoprire chi fosse e perché si divertisse così tanto a distruggerlo...

    «Quell'uomo»insistette, fissandola. «Io l'ho già visto da qualche parte.»    



|| Il Nascondiglio dell'Autrice ||

Fine dodicesimo capitolo!
Che ne pensate? A me questa seconda parte piace un casino! ^w^

Annuncino: il prossimo capitolo sarà una scheda tematica sul CID.

Annuncino due: venerdì non pubblicherò perché è il mio comple xD

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