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12: Controtempo (parte I)


    «Sembra che le voci siano scomparse» osservò SIRAH, scrutandolo.

    «Perché sei tornata?» indagò lui, evitando di ribattere.

    «Lo sai già il perché» rispose lei, inarcando un sopracciglio. «E poi, dopo quello che ho visto, non potevo lasciarti solo.»

    YUNE rimase pietrificato. Un brivido gelido gli rotolò giù, lungo la schiena. Le sue parole rimbalzarono nella mente dell'uomo fino a creare un eco interminabile. Conosceva perfettamente a cosa si stesse riferendo. Il suo malessere, il delirio, le voci, la droga. Una smorfia disgustata gli deformò i lineamenti. Sì, provava ribrezzo verso sé stesso e la propria debolezza. Quella donna era una sconosciuta, ma lui non era riuscito a nasconderle il suo tormento. Lei non c'entrava nulla, ma aveva assistito a tutto.

    «Se sei qui solo per questo, puoi anche andartene. Per non tornare mai più» sbottò, pronto a chiuderle la porta in faccia per l'ennesima volta.

    «Aspetta. Hai bisogno di aiuto, YUNE» lo bloccò SIRAH.

    «Ma dai?» replicò il Programmatore, con sarcasmo.

    La donna si passò una mano tra i corti capelli neri: «Sei davvero...» gesticolò, come se non trovasse la parola giusta.

    «Intrattabile?» suggerì l'uomo.

    «Sì!» sbuffò lei. «Perché ti ostini a scacciarmi? Lo sai che tornerò.»

    «Non voglio avere nulla a che vedere con te» disse YUNE, con sguardo indecifrabile. «Non mi posso fidare di un animaletto allevato dalle macchine.»

    «Come faccio a guadagnarmi la tua fiducia, se me ne neghi la possibilità?» s'infervorò lei, stringendo i pugni e i denti. «Come posso dimostrarti di non essere sotto il controllo degli androidi, se non sei nemmeno disposto ad ascoltarmi?»

    Quante altre voci avrebbe dovuto sentire? Non erano sufficienti quelle che gli risuonavano nella testa? Dovevano aggiungersi anche quelle esterne? Gli sembrava di essere con le spalle al muro. Era una sensazione che con gli era mai piaciuta.

    Sospirò. SIRAH non aveva di certo torto. Era lui, che non ne voleva sapere niente degli altri. Era... troppo complicato. Dover spiegare ogni cosa, con la paura di non essere compreso, con la sensazione di essere considerato un folle.

    Anche la donna si lasciò andare a un respiro profondo. Si avvicinò di alcuni passi, accorciando la distanza. YUNE riusciva a percepire il suo calore. Un tepore umano, che, lo notò ancora una volta, era totalmente diverso dalla fredda presenza degli androidi. La fissò, con sguardo costantemente in bilico tra l'indecisione e la fermezza.

    «Senti...» mormorò la donna, protendendo una mano e giocherellando con la cerniera della sua felpa, con lo sguardo basso. «Posso solamente immaginare cosa tu abbia passato e stia ancora vivendo, ma, te lo giuro, non ho nulla da spartire con le macchine. Voglio il tuo aiuto, è vero, ma desidero anche poter fare la mia parte.»

    Stava cercando di sconfiggere la sua opposizione? Il Programmatore la scrutò con occhi indecifrabili: non poteva negare che ci stesse riuscendo. Stava dimostrando empatia, solidarietà e spirito di collaborazione. Tutti tratti che l'uomo trovava difficile associare agli abitanti della Cupola. Il Sistema aveva abituato le persone a non interessarsi degli altri, a non provare pietà né desiderio di condivisione. SIRAH era una donna curiosa, al punto da apparire petulante, altra caratteristica che il Calcolatore Centrale non apprezzava.

    Non sembrava rientrare nello stereotipo di abitante modello.

    «Credo...» sussurrò lei con voce bassissima. «Che ci siano molte cose di cui discutere. Ho bisogno di capire. Di capirti. E poi... devo parlarti di una persona che potrebbe aiutarti.»

    «Aiutarmi?»

    «È un Glottologo.»

    YUNE represse a stento un sussulto. Che IAN le avesse parlato della sua richiesta? No, impossibile: era finito in coma neanche cinque pause dopo essere uscito dalla sua abitazione. Non ne aveva avuto il tempo. Il senso di colpa lo assalì nuovamente, ma lo ignorò. Si chiese perché SIRAH stesse facendo tutto ciò. Perché mai le interessavano così tanto i suoi problemi? Stava solamente cercando un modo per convincerlo a collaborare?

    Con un'espressione scettica, il Programmatore la squadrò e si allontanò dalla porta, lasciandola aperta. La donna lo fissò con espressione stralunata, ma il suo stupore durò solo pochi scatti. Non si fece di certo sfuggire l'occasione. Entrò e si chiuse l'anta alle spalle, poi iniziò a seguirlo per il corridoio. YUNE le dava le spalle: non poteva notare le occhiate incuriosite che lanciava alla parete alla loro sinistra.

    «Dov'è il tuo androide personale?» gli chiese lei.

    «Si sta occupando delle pulizie dell'abitazione» mentì, indicando il muro.

    In realtà, gli aveva fornito un nuovo programma difettoso da eseguire. Ogni volta doveva inventarsene di più complessi, per tenere impegnata la macchina e avere qualche scatto di libertà.

    Entrarono nella solita stanzetta. Senza troppe cerimonie, l'uomo si accasciò scompostamente sulla sedia ad antigravità. Ne sintetizzò una per SIRAH, accedendo ai pannelli tramite l'elaboratore della scrivania, collegato al calcolatore dell'abitazione. La donna ringraziò e si accomodò con più contegno di lui.

    «Allora?» la incalzò YUNE, ansioso di concludere quell'ennesimo e inutile colloquio.

    «Le voci» iniziò lei, scrutandolo. «Da quanto tempo le senti?»

    Il Programmatore la fissò: «Fai sul serio? Vuoi davvero intavolare una discussione riguardo ai miei problemi mentali?»

    «Non credo che tu abbia dei problemi mentali» rispose SIRAH, in tono cauto. «Sai già che sono una Storica e che ho discusso con un Glottologo. Le parole che hai pronunciato quella volta... appartengono a una lingua antica. Le rovine della Biosfera sono ricoperte di frasi simili.»

    L'uomo percepì il peso del macigno che portava sulle spalle diventare improvvisamente più gravoso. Cosa stava dicendo? Che quella tortura non era frutto della sua immaginazione? Che i suoi deliri in realtà avevano un senso? E quale senso, poi? Una risata flebile affiorò sulle sue labbra. I nervi crollarono in maniera definitiva, lasciando che diventasse sempre più fragorosa, fino a rasentare l'isterismo.

    Permise al capo di abbandonarsi all'indietro, reclinato sul poggiatesta. Il movimento spinse la sedia e la costrinse a ondeggiare sul vuoto. Era tutto così esilarante. Nella sua mente risuonavano parole provenienti da un mondo ormai morto, sepolto sotto le fondamenta della Cupola. Lo stesso mondo che tanto disprezzava, perché su di esso si basavano gli algoritmi obsoleti che governavano le macchine. Il suo tormento era forse una punizione?

    SIRAH non sembrava divertirsi quanto lui: «Non sto scherzando» ci tenne a chiarire.

    «Oh, lo so benissimo» rispose YUNE, dopo essersi ripreso dalla sua folle risata. «In effetti, sarebbe l'unica cosa sensata che ho sentito dire da dieci gruppi primari a questa parte. Escludendo la questione della mia presunta infermità mentale, ovviamente» disse liquidando la diagnosi delle macchine con un cenno della mano.

    Gli occhi della donna caddero proprio sulla cicatrice. Ogni volta che lei la fissava, il Programmatore si domandava cosa ne pensasse. Ne era disgustata o affascinata? O forse entrambe le cose? Lui la trovava carina. Gli ricordava che non era uno schiavo del Sistema, che, se voleva, poteva decidere autonomamente come rovinarsi.

    «Non sei pazzo» sospirò SIRAH. «Certo, ti comporti come un folle» aggiunse, con aria di chi lo aveva inquadrato bene. «E ti si può tranquillamente rinfacciare di essere una persona scortese, ambigua e incomprensibile sotto ogni aspetto. Tuttavia, non sono d'accordo con gli androidi ospedalieri. Non sei malato e sicuramente non hai bisogno della droga. Si tratta solo di un mezzo per reprimerti. L'ho capito quando ho visto quello.»

    Indicò il piccolo taglio, ormai cicatrizzato, sulla sua fronte. Istintivamente, YUNE vi portò le dita. Al tatto quasi non si sentiva, ma sapeva che visivamente sembrava una piccola linea chiara, quasi argentea. Era stata la macchina con le sembianze di sua madre a curarla. Per un attimo, lui aveva avuto l'istinto di disattivarla, di smontarla pezzo dopo pezzo. Pur di non dover provare quel senso di familiarità, che gli ricordava ciò che aveva perso, sarebbe anche stato disposto a distruggere l'androide. Però si era trattato solo di un istante. La ragione lo aveva trattenuto. A stento.

    «Non si sono minimamente preoccupati di disinfettarlo» proseguì SIRAH. «In quel momento, ho compreso che il loro unico scopo era di metterti a tacere. Non gli interessava se ti saresti ammalato: volevano solo che stessi zitto. Mi capisci, vero?»

    Certo. La capiva fin troppo bene. Era già accaduto in passato. Quando si era deturpato la mano per sbarazzarsi del microchip identificativo, il Calcolatore Centrale aveva ritenuto più conveniente accontentarlo piuttosto che lasciare che la voce dell'accaduto si diffondesse. Non voleva di certo che nascessero casi di emulazione.

    Annuì rigidamente, svuotato di ogni traccia del divertimento precedente. Gli androidi ospedalieri erano accorsi a drogarlo affinché smettesse di pronunciare quelle parole. Non si erano preoccupati della ferita perché non era la loro priorità.

    Un elaboratore era programmato per eseguire delle istruzioni: ciò che andava oltre la mansione assegnata non veniva considerato. Era evidente che non fossero stati mandati alla sua abitazione con l'incarico di curarlo, altrimenti avrebbero medicato la ferita, invece d'ignorarla. Non osava immaginare come avrebbe reagito il Calcolatore Centrale, se l'esistenza delle voci fosse stata divulgata.

    Impallidì: «Hai detto che ne hai parlato con un Glottologo.»

    SIRAH annuì: «Gli ho mostrato la registrazione fatta dal tuo androide personale. Puoi stare tranquillo» lo rassicurò, notando la sua espressione. «È un amico di IAN: non corri alcun pericolo.»

    «IAN è in coma» replicò seccamente lui. «Arrivati a questo punto, non mi stupirei nel venire a sapere che è opera di quegli aggeggi.»

    «YUNE...» la donna si massaggiò una spalla. «Senti... non sei l'unico che si trova in questa situazione. Ci sono dentro anche io: dal momento in cui ho sentito la prima parola, sono finita nel mirino del Calcolatore Centrale. Sebbene creda mi stesse già controllando: le mie ricerche storiche si spingono esattamente dove le macchine non vogliono che si vada a curiosare. MEEHA... il Glottologo, è a capo degli scavi nella Biosfera. Credo che pure lui sia monitorato a vista, anche se non se ne rende conto. A nessuno di noi conviene rimanere isolato: solo unendo le forze potremo arrivare a capo di questo mistero.»

    «Voi non c'entrate nulla con me» disse l'uomo a denti stretti. «Sono io il problema: se vi comporterete da bravi animaletti, non vi verrà fatto del male.»

    «Non posso fingere di non aver visto nulla.»

    «E cos'è che avresti visto?» sbottò YUNE, esasperato e innervosito. «Non te ne rendi conto? Se anche capissi cosa sono le voci e che significano, questo non cambierebbe nulla. Continuerebbero a perseguitarmi, come è sempre stato.»

    SIRAH scosse la testa e si alzò in piedi: «Dovresti saperlo: individuare la causa del male è il primo passo per debellarlo.»


continua nella parte successiva...


|| Il Nascondiglio dell'Autrice ||

La situazione inizia a farsi pericolosa :3

Ieri ho steso finalmente una scaletta definitiva

dei capitoli di Alius... ci aggiriamo attorno ai 65/70 capitoli

(potrei decidere di togliere o aggiungere qualcosa u.U)

Quindi sì... questo libro in realtà è due libri xD

Speravo di non dover arrivare a tanto ma è così u.u

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