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Chapter IX - Simon

Simon's point of view

«Non dovevi sgridarla così» mia sorella mi fissò con uno sguardo, che poteva uccidermi da un momento all'altro, mentre io ero intento a fissare la cannuccia del mio bicchiere di coca cola.

Avevo mandato in fumo tutto quello che stavo costruendo pezzo per pezzo, le avevo urlato in faccia che era diventata un problema e che era meglio non averla conosciuta.

Non pensavo davvero quelle cose ma ormai il danno era fatto e Brenda non si faceva vedere da due giorni «non credi nemmeno tu a quello che le hai detto e lo sai! Allora perché diamine l'hai fatto?» continuò Layla sbattendo una mano sul tavolo.

Mi massaggia gli occhi con le dita e mi fissai intorno, Matthew era uscito con Lydia, per delle commissioni, e a casa c'eravamo solo io e Layla.

Quest'ultima aveva colto l'occasione per urlarmi in faccia cose che, effettivamente, sapevo.

Tossì rumorosamente quando la coca cola mi andò di traverso, nonostante la cannuccia.

Maledetti cosi, non servivano a nulla.

Fuori era nuvoloso, il che significava che tra qualche ora avremmo visto un acquazzone «mi stai ascoltando?» urlò ancora Layla, sotto il mio sguardo furente.

Avevo capito, più tardi sarei passato da lei e le avrei chiesto scusa.

Per adesso volevo soltanto rimuginare sulla cosa e aspettare che la sua rabbia sbollisse, se ci fossi andato adesso sicuramente mi avrebbe sbattuto la porta in faccia all'infinito, il che sarebbe anche la minima cosa che mi farebbe.

Avevo iniziato ad imparare un po' il carattere e il modo di fare di Brenda e, quando era arrabbiata, meglio starle cinquanta chilometri di distanza.

Basti pensare agli spaghetti che aveva buttato addosso a me e a Lydia, potevo ancora sentire il sugo sulla mia testa, era stato disgustoso.

Mi grattai la nuca, esausto.

Layla addolcì lo sguardo e mi fissò con un ghigno, accavallando le gambe
«lo so che stai morendo dalla voglia di continuare a farlo» dissi guardandola freddamente e mantenendo una certa compostezza.

Layla mi fece gli occhi da cucciolo e mi girò intorno, consapevole ma soprattutto colpevole «eddai! Lo sai che non è colpa mia. E comunque, sicuramente ti prenderebbe a mazzate, altro che porta in faccia» stavo per risponderle, quando improvvisamente grugnì dal dolore.

Layla cambiò immediatamente espressione e divenne bianca come una lenzuolo.

La ferita della mia gamba si era riaperta e adesso tutto il sangue mi aveva macchiato i pantaloni bianchi.

Ansimai pesantemente e mi accasciai per terra mentre mia sorella corse verso di me, cercando di aiutarmi.

I suoi occhi divennero come due pietre preziose e luccicanti mentre la mano destra si adagiava sopra la mia gamba.

Layla si morse il labbro inferiore e mi fissò negli occhi, rassicurandomi.

Annuì soltanto e le feci fare il suo lavoro, la mia gamba si illuminò mentre la ferita si rimarginò.

Layla sospirò e si sedette per terra, sostenendosi con le braccia, ansimò pesantemente e si portò la testa all'indietro «se ricapiterà devi farti controllare da Matthew, non voglio obiezioni! Lo sai che non sono ancora abile come te a utilizzare ciò che so fare, ma mi sto allenando notte e giorno. La ferita non si è ancora rimarginata e, mi costa ammetterlo, non sono ancora abbastanza forte» non dissi nulla e distolsi lo sguardo.

Odiavo vedere mia sorella vulnerabile o preoccupata, lo ero ancora di più da quando era accaduto quell'episodio.

Mia sorella era stata male per giorni, se non mesi e adesso si era un po' ripresa.

Layla si alzò e mi porse la mano, spero non mi avesse letto nel pensiero anche stavolta, sarebbe stato un brutto colpo per lei.

Accettai il suo aiuto e le presi la mano mentre lei mi sollevava da terra, borbottando qualcosa di incomprensibile «dovresti dimagrire, sei diventato pesante»
le diedi un colpetto amichevole in testa mentre lei era pronta a strillare da un momento all'altro «io ho un fisico fantastico, sei tu che sei gracilina per la tua età» l'argomento "età" per Layla era un tasto dolente perché le rinfacciavo sempre il fatto di essere nato quattro minuti e un secondo dopo di lei, il che, in qualche modo, mi rendeva il fratello maggiore.

Lei mi fissò male per alcuni secondi poi mi puntò il dito contro «sei più grande di me di quattro minuti e un secondo»
mi urlò, visibilmente arrabbiata.

Che vi avevo detto?

Layla aveva il vizio di gonfiare le guance quando non le andava bene qualcosa o quando la voleva.

Era sempre stato così, sopratutto perchè le cose preferiva "pensarle" anzichè dirle e gonfiando le guance, le otteneva sempre.

Questo mandava sempre a quel paese la mia filosofia di vita sulla "legge del più forte".

Mi avvicinai a lei e scoppiai a riderle in faccia mentre lei continuava a ringhiarmi contro, ops avrà letto nuovamente i miei pensieri.

Una cosa che odiavo di mia sorella era la sua fastidiosissima intelligenza che non le permetteva di comprendere le cose al volo.

Negli anni avevo provato ad insegnarle a controllare l'arte della lettura del pensiero, soprattutto quando farlo ma, evidentemente, questo era il potere più forte che possedesse.

I poteri più forti di una qualsiasi persona della nostra specie possono prendere il sopravvento in qualunque situazione, come Layla ad esempio, lei utilizza il suo potere in ogni singolo momento «non c'è nulla da ridere Simon» piagnucolò e io le accarezzai la testa, cercando di non ridere.

Mia sorella in quello stato era troppo divertente «comunque mi hai chiamato qui per una cosa importante, di cosa parlavi?» le dissi cercando di cambiare discorso.

Comunque era vero, avevamo parlato soltanto di cose futili, sopratutto sull'argomento "Brenda Kylei".

Layla mi guardò con malizia e io aggrottai le sopracciglia mentre lei toglieva bruscamente la mia mano dalla sua testa, allontanandosi da me
«e tu prendi l'argomento Brenda Kylei come qualcosa di futile?»
mi disse mentre io cercavo di risponderle ma non ci riuscì, di nuovo
«comunque penso che Lydia volesse dirtelo prima ma, essendo il mio ragazzo, volevo farlo io»
notai che quando mia sorella aveva nominato Lydia la sua faccia aveva assunto un espressione di disgusto, strano, pensavo che l'astio nei suoi confronti fosse cessato tempo fa.

Mia sorella si morse il labbro, trattenendo la felicità «Adam torna in città dal Giappone!» mi disse contenta.

Ero felice che il suo ragazzo, nonché mio futuro cognato, tornasse in città e questo rendeva Layla molto più felice «ma con lui si porta anche suo fratello che vuole tanto vedere la sorella» dicendolo alzò gli occhi al cielo e mi fissò frustrata «fantastico un altro Lydia, in versione maschile» urlò nuovamente, sdraiandosi a pancia in giù sul divano.

Beh io non potei dire altro, Lydia e Matthew erano rientrati.

***

Quel pomeriggio lo passai in casa, sdraiato sul mio letto e fissando il soffitto.

L'avevo fatto dipingere di rosso, come il resto della stanza.

Mi piaceva come colore, mi ricordava il fuoco, un elemento indomabile e pericoloso, un elemento che portava distruzione e angoscia ovunque esso andasse, come me del resto.

Sbuffai annoiato e mi avvicinai alla finestra, scostando la tenda.

Brenda era in camera sua, intenta ad asciugarsi i capelli ignara del mio sguardo fisso su di lei, se solo avessi voluto e potuto mi sarei ritrovato subito in camera sua ma non potevo.

Chiusi la tenda e decisi così di andare dalla ragazza che in quel momento mi odiava più di Jason o di chiunque altro.

Quando l'altra mattina anche lei si era accorta dei miei pantaloni completamente sporchi di sangue, non potevo dirle di aver incontrato per strada dei vampiri che cercavano da una vita di uccidermi.

Lei aveva già dimenticato il suo "incontro ravvicinato" con un vampiro, avevo personalmente cancellato i suoi ricordi.

In realtà Dawson era l'ultimo tra i miei problemi.

Era una vita che cercava di uccidermi e alla fine era morto lui, un po' mi dispiaceva ma non potevo più esporre Brenda ad altri pericoli.

Presi velocemente il mio giubbotto di pelle e scesi le scale con due caschi sotto braccio.

Scendendo in salotto trovai Matthew seduto sul tavolo con delle carte e delle penne sparse per il tavolo mentre Layla mi apparve con una ciotola di yogurt alla frutta in mano.

Mi guardò con le sopracciglia inarcate e intraprese un gioco di sguardi tra me e i due caschi.

Durò al lungo ma alla fine si soffermò su di me, probabilmente provando a percepire i miei pensieri ma, prima che potesse farlo, uscì velocemente di casa.

Stranamente oggi Lydia non si era fatta vedere, non che mi dispiacesse ma era strano per lei.

Nemmeno un secondo che già ero di fronte casa Kylei.

Beh, Brenda mi aveva promesso che mi avrebbe aiutato a riavere le chiavi della mia auto.

In realtà Layla me le aveva date già da giorni, per questo non ero più andata a prenderla.

Si ok, magari ero stato un po' stronzo ma capitemi, dei vampiri mi perseguitavano e stavo mettendo a rischio la vita di un essere umano.

Suonai al campanello e da dentro casa si sentirono dei rumori assordanti seguiti da voci che identificai come quelle della mamma di Brenda e di una donna sulla cinquantina d'anni «Chiyo vado io!» urlò la signora Kylei a questa Chiyo, oddio mi sentivo un tale idiota, seguì un silenzio tombale finché l'altra donne le rispose «ma signorina Lydia» si sentì una risatina e la porta si aprì mentre io ero intento a sfregarmi le mani dal freddo e a fissarmi intorno; oh anche lei si chiamava Lydia, mi dispiaceva così tanto.

Ma beh, fantastico, avevo già fatto la figura dell'idiota totale, tossì rumorosamente mentre la signora Kylei mi fissava da una macchinina rossa, aspetta cosa?

Era legale farlo per casa?

Comunque sarebbe stato divertente, ecco cos'ero quell'affare da Brenda, io pensavo fosse un aggeggio da ornamento «bello il colore della macchinina, mi complimento con lei signora» idiota, pensai.

La madre di Brenda mi fissò a lungo, poi aprì davanti la sua faccia un ventaglio «grazie mille genero, ma dimmi cerchi forse Brenda?» genero?

Mi grattai la nuca, visibilmente a disagio, ma cercai di non farlo notare.

La guardai senza far tralasciare alcuna emozione e la signorina Lydia sostenne il mio sguardo, ma cosa?

Ci fissammo per minuti poi lei urlò
«ah, beccato! Hai distolto lo sguardo» grr, avevo perso senza neanche sapere come o cosa stavamo facendo
«sono Simon Pevensie, molto piacere signora Kylei» la madre di Brenda rise allegramente, anche se a me sembrava più una risata diabolica «chiamami solo Lydia» annuì indeciso, questa donna è capace di mettermi a disagio
«allora Lydia, cercavo Brenda»
le dissi, come suonava strano; in ogni caso, ero ancora più indeciso mentre i suoi occhi si illuminavano, forse più luminosi dei miei.

Le vidi in faccia un sorrisetto diabolico che mi fece fare qualche domandina
«Brenda non c'è, è agli studi» stava per dire qualcos'altro ma prontamente la dileguai e me ne andai, sotto il suo sguardo deluso.

Mi stava mettendo troppo a disagio e chissà cosa aveva in mente.

Ritornai a casa, silenziosamente e mi sentì ferito nel profondo, Brenda Kylei aveva proprio deciso di ignorarmi se era andata agli studi proprio mentre stavo venendo da lei.

Ok poteva anche non saperlo, ma io?

Io non ci avevo per niente fatto caso, eppure prima c'era, era in casa.

Ma quanto tempo ci avevo messo per mettermi una giacca?

Di solito, quando l'avevo conosciuta, quando lei era nei paraggi la mia nuca iniziava a formicolare, un formicolio quasi piacevole, adesso invece non succedeva da giorni.

Mi buttai nuovamente sul letto stranamente abbattuto, fissando nuovamente il soffitto.

Questa cosa era così deprimente che mi addormentai subito.

***

Mi svegliai qualche ora dopo dal rumore prodotto dal campanello, guardando l'orologio accanto al mio letto

20:45

Ma chi poteva essere a quest'ora?

Ma la domanda più importante era del perché stavo dormendo così presto.

Il campanello suonava e suonava, facendomi innervosire.

Scesi velocemente le scale e guardai il biglietto davanti la porta di mia sorella:

Siamo andati da Thomas, ci ha convocati tutti ma tu non ti decidevi a svegliarti, torneremo verso le 21:00.
Non dormire troppo ;)

-Layla

Staccai il biglietto e lo buttai a terra, se solo avessi potuto avrei ucciso quel maledetto.

Odiavo Thomas, odiavo quel maledetto anziano e le sue inutili regole.

Nel frattempo il campanello suonò ancora e stavo quasi per spaccarlo
«ma chi è che rompe le palle a quest'ora?» urlai da dentro casa, aprendo la porta.

Uscì fuori e imprecai sottovoce
«fantastico, sta anche piovendo»
mi lamentai ancora.

Mi bagnai tutto da capo a piedi e stavo per dare fuoco a tutto.

Davanti a me sentì ridacchiare e la vidi.

La fissai male per qualche momento, poi la sentì ridacchiare nuovamente e capì che probabilmente aveva bevuto.

Ma non mi aveva chiaramente urlato in faccia che odiava gli alcolici?

Va a capire tu certi dilemmi di una donna.

Capì che si era ubriacata e mi avvicinai a lei con le braccia in avanti, titubante
«Brenda ma che..? Sei ubriaca?»
lei ridacchiò ancora e cercai di toccarla per farla entrare in casa.

Di tutta risposta lei mi scansò indietreggiando lentamente e cominciando a piangere.

Ma che? Aveva il ciclo?

«Non toccarmi! È tutta colpa tua»
mi urlò ancora, probabilmente non aveva ancora capito di essere a casa mia e di essere ubriaca fradicia.

La guardai col terrore negli occhi, non sapevo cosa fare e non sapevo nemmeno cosa le fosse successo.

Tutto questo mi rendeva vulnerabile e inutile, non potevo proteggerla o fare qualcosa di concreto per lei.

Mi avvicinai più lentamente mentre la pioggia si faceva sempre più fitta, bagnandoci sempre di più.

Ero così pietoso in quel momento, mi muovevo lentamente, come se lei fosse un cane feroce pronto ad attaccarmi
«non ti farò del male» le dissi, senza rendermene conto, santo cielo, che stupido.

Lei ridacchiò prontamente e smise di piangere, si avvicinò a me ed io non mi mossi, come ipnotizzato «ma tu mi hai già fatto del male» una scintilla di confusione mi attraversò gli occhi, io sono riuscito a farle del male?

Non riuscivo a capire e, mentre i miei pensieri cercavano di combaciare e sistemarsi, lei si avvicinò a me e mi baciò.

Probabilmente anch'io ero partito con la testa e non ero nemmeno ubriaco, perché le cinsi la vita con le braccia e ricambiai il suo bacio.

Lei intrecciò le sue mani sul mio collo e ridacchiò tra le mie labbra.

Ero caduto nella stessa trappola anch'io, come lui.

Mi stavo rovinando con le mie stesse mani, come lui.

Semplicemente anch'io mi ero innamorato di un essere umano, come lui.

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