capitolo 32
Coralline, siccome il capitolo sarebbe venuto troppo lungo, preferisco spezzarlo che avere uno lungo 7000 parole. L'altra parte la scriverò spero almeno l'inizio domani. L'idea c'è ma voglio che sia emozionante. Però non volevo farvi aspettare una vita, quindi vi do questo che comunque é di passaggio, ma fa capire che le cose stanno prendendo forma oltre che sul campo fisico anche su quello sentimentale. ❤💋
{Coraline}
Ero ancora un tripudio di emozioni. Mille sfaccettature di tutto ciò che avevo provato la sera prima o, forse, già da molto tempo.
Nonostante Alexander sapesse che ormai ero irrimediabilmente sua, in ogni forma umanamente concepibile, non si era spinto oltre.
Il desiderio esplosivo mi sconquassava, e ammetto che mi sarei lasciata andare.
Invece dopotutto ciò, mi baciò ancora per un tempo infinito e comunque contarlo sarebbe stato inutile, con un'intensità che mi lasciava sempre attonita.
Anche i suoi baci erano come lui.
Camaleontici. Avevano la capacità di cambiare in un frammento di secondo da dolce a devastante, da passionale a infuocato, da lento e seducente a osceno e totalizzante.
Intrecciammo inconsapevoli, le rispettive mani dove avevamo le fedi che luccicavano nel buio della stanza, illuminata solo da un lieve fascio di bagliore lunare che proiettava nella stanza, dalla finestrella mal ridotta e mi abbandonai ad un sonno profondo con il suo corpo a coprirmi la schiena.
Capto ancora intrappolata nel mondo dei sogni, un dolce sfioramento morbido e languido, sul mio labbro inferiore che si schiude come un'automa sotto il passaggio di ciò che credo sia un polpastrello.
Lo sento tirarmi giú piano il labbro e toccare la morbidezza umida dell'interno, mentre un languore si espande nel mio ventre.
Tento di aprire gli occhi, ma é troppo bello lasciarmi assuefare da questo tocco.
《Sveglia, lyubov'.》 Il fiato caldo mescolato al tono basso e incantatore, per di più con una parola sussurrata nella sua lingua madre, fanno si che le mie palpebre compiano lo sforzo di sollevarsi.
Vengo abbagliata ancor prima che dalla luce, dal suo volto ad un millimetro dal mio, dove le guance si tirano e colorano subitanee di un porpora folgorante.
Osservo rapita la sua barba ora più folta, che incornicia sublilmente le labbra rosee e carnose. Una fitta mi fa segare il respiro dove forse senza volerlo, si passa lentamente la punta della lingua sul labbro inferiore per poi succhiarlo e tirarlo placidamente con i denti all'interno.
Cerco di deglutire in un vano tentativo, mentre il silenzio viene solo spezzato dal ticchettio del suo Rolex che sembra in perfetto sincrono con i battiti del mio cuore.
Risalgo più su, verso il suo naso che quasi sfiora la punta del mio, e poi decido di voler morire nel piantare le mie iridi sul suo ghiaccio, poiché quando siamo tra le nostre mura ci spogliamo del travestimento e torniamo i veri noi.
Ma temo, tremo e palpito, nello scoprire che forse l'unica messa in scena sono rimasti le lenti a contatto e i colori diversi dei capelli.
E il cuore? I sentimenti? Purtroppo stanno fiorendo dentro di me, e ogni giorno vengono annaffiati con cura dai gesti di Alexander, come se non volesse farli appassire.
Sbatto due volte consecutive le palpebre e il rossore si propaga ovunque, mordendomi l'angolo destro del labbro inferiore.
E ora le vedo quelle iridi che dal ghiaccio divampano in un cobalto con schegge d'indaco nel chiaro segno che é eccitato.
Ormai conosco ogni sua sfumatura e sono convinta che anche lui abbia notato le mie iridi profonde come le sue, di promesse sporche e indecenti.
《Che parola hai detto?》 Finalmente ritrovo la voce, anche se ancora bassa e molle, rifacendomi al suo saluto mattutino.
Lo noto abbassare lo sguardo esalando un sospiro, per poi tornare sicuro su i miei in trepida attesa che viene polverizzata dal suo scuotere la testa.
《Una semplice parola in Russo. Hai fame, Coraline?》 Oh si! Vorrei gridarglielo e poi fondermi con il suo corpo tonico e levigato. Perché il suo tono intenso e penetrante come il suo sguardo affilato, mi fanno pensare a tutto fuorché al cibo.
Cerco di assumere un tono seducente, alzandomi leggermente con il busto, per avvicinarmi maggiormente al suo viso.
Il suo sospiro mi colpisce l'arco di cupido, mentre le sue dita forti, afferrano la testata in ferro del letto da ambedue i lati, intrappolando il mio corpo ancora per metà disteso.
《Potrei averne.》 Sussurro ad un millimetro dalle sue labbra, ma rimanendo incatenati con gli occhi.
Si avvicina ancora un po'.
《Cosa desideri?》 Mi provoca suadente e intenso.
Sono in procinto di rispondere, ma ogni parola mi muore lungo la trachea e non esce, nel sentire le sue nocche, sfiorarmi l'interno coscia in un lento sali e scendi, senza mai arrivare al mio fulcro che avverto già umido e palpitante.
Non mi ero resa neanche conto che aveva tolto una mano, e si era intrufolato abile e tentatore sotto le lenzuola che odorano di noi.
《Allora? Vuoi che ti dia una mano?》 Maledetto e strisciante come il suo cobra tatuato su cui il mio sguardo lo ricalca, mi istiga a rivelargli i miei più sporchi segreti.
La nebbia della lussuria mi oscura tutto, la ragione sopratutto, e vorrei pregarlo di strapparmi le mutandine, salire più su e penetrarmi.
Il pensiero che si formula nella mia testa mi fa cacciare un ansimo che non riesco a frenare, e il suo respiro inizia a diventare incalzante.
Il suoi pettorali allenati si alzano e abbassano in una rapidità impressionante.
Continua ad accarezzarmi, a disegnare cerchi vicino al mio inguine. Reclino la testa all'indietro, offrendogli la vista del mio collo offerto a lui.
Voglio i suoi baci, morsi, leccate.
Voglio qualsiasi cosa di Alexander, perché mi rende pazza.
《Dimmelo.》 Ringhia rauco, schiacciando le sue labbra succulente sul mio lobo.
Vorrei essere ancora battagliera, ma i suoi polpastrelli che giocano con la stoffa della mutandina vicino all'inguine, mi fanno cadere le armi.
《Toccami, Alexander.》 Sospiro disperata il suo nome che scivola sulla mia lingua.
In un secondo sento le sue dita pressarsi sulla stoffa che racchiude le mie grandi labbra, quasi ad infilarmi il tessuto dentro.
《Così?》 Incita accattivante a farmi continuare le mie suppliche.
Mi mordo con foga il labbro, poiché le sue dita spingono e il tessuto mi stimola il clitoride gocciolante.
《Voglio sentirle dentro, ti prego.》 Abbandono ogni buon senso e mi lascio travolgere dalla sua furia.
Mi scosta violento le mutandine e senza farmi riprendere il respiro mi penetra con due dita.
I suoi denti corrono ad afferrarmi affamato il labbro inferiore già martoriato dai miei, per poi succhiarlo e affondare con la lingua.
Va in simbiosi con le sue dita, scopandomi la fica e la bocca, mentre i miei ansimi li divora insieme ai suoi gemiti gutturali.
《Lo senti? Senti quanto sei fradicia?》Parla con il suo tono basso e rauco sulle mie labbra, leccandomi i contorni per ritornare prepotente dentro.
Le lingue si frustano, battagliano, si cercano, allontanano e si amano.
《Alex ...》Espiro sulle sue labbra, mentre una mano mi tiene immobile per la nuca e l'altra compie magie dentro la mia fica umida.
Lo sento strizzarmi e giocare con il mio clitoride, e ora le dita sono tre. Mi innalzo appena per muovermi sotto il suo assalto.
Mi strofino sulla sua mano come una dannata, facendolo spostare dalla mia bocca per guardarmi nelle iridi appannate.
《Moya.》 Lavico e bollente, sussurra un'altra parola in Russo.
Pompa dentro la mia carne senza sosta, stimola il clitoride con precisione che mi fa annaspare.
Cerco i suoi occhi ma mi arrendo a chiuderli per godermi questi attimi.
Il collo si distende sempre di più e le sue labbra bollenti scivolano lungo il mio collo.
Soffia sopra per ricoprirmi di brividi, mentre il suo pollice indugia sulle mie labbra, per spingerlo dentro.
Lo accolgo come se fosse la sua erezione maestosa.
La ricordo così perfetta e dura.
La lingua formicola nell'assaporare la sua pelle salata.
Lo strofina sulla mia lingua facendolo uscire e rientrare. La sua bocca continua a mordermi la clavicola, cade lenta e disarmante lungo il mio petto che sembra scoppiare.
《Alex, oh...》 Non ho più forze per parlare. Getto ansimi a lui. Li dono.
Ruggisce come un'animale con le labbra premute sul mio corpo febbricitante.
《Chiamami ancora, Coraline. Fallo.》 Il suo ordine é più una richiesta frustrata. Sento il desiderio scorrere elettrico tra i nostri corpi.
Strofina la sua erezione contro il mio fianco, quasi a perforare la carne e sporcarla del suo liquido.
E nell'attimo che si tuffa su i miei capezzoli per morderli voracemente e leccarli implacabile, strizzandoli nel suo palmo grande e ruvido, un grido rimane compresso nel mio sterno.
Cerco di incanalare ossigeno e mi sgolo per urlare il suo nome, riversandomi sulle sue dita.
Gli spasmi mi scuotono il corpo. Il respiro é affannato.
Le sue dita mi abbandonano piano e mi collego con i suoi occhi che si sollevano dal mio seno per tornare su da me.
La mano si eleva da sotto le lenzuola, e come se fosse un gesto automatico, non stacca la connessione visiva e si infila una per volta le dita dentro le bocca, ruotando la lingua da serpente intorno ad esse.
《Hai fame, Coraline?》 Innalza sfacciato e bastardo, l'angolo destro delle labbra facendomi l'occhiolino per avviarsi nudo e glorioso verso la cucina.
Oh Dio!
《Stasera usciremo e, prima che tu possa dire qualsiasi cosa, non farai nessuna delle tue tipiche scenate.》 Mi accoglie in cucina, come un'avvertimento serio e mi mordo il labbro.
Non é durato poi così tanto questo suo castigo.
《Hai capito?》 Mi ricordo solo ora di non aver risposto, ed é come se quella domanda volesse enfatizzare il concetto.
Mi verso un po' di caffè dalla caraffa e mi giro con una lieve torsione del busto verso di lui, guardandolo da sopra la spalla.
Il suo sguardo ipnotico mi fissa, mentre mastica quasi come se volesse divorare me, un pezzo di uovo.
Non riesco a spostare le iridi che immagino dorarsi a quella vista delle sue labbra succose e ciò che sanno fare.
《Pensavo non volessi uscire.》 Lo pungolo sfacciata, poiché il suo sbuffo mi fa intendere che l'ho punto sul vivo.
Ma la sua espressione non é scocciata. Non é neanche divertita. É indecifrabile, così come il suo alzarsi e venire verso di me.
La tazzina trema nella mia mano, così come il liquido scuro all'interno, nel sentire il suo petto possente cozzare contro la mia schiena.
Un brivido feroce corre lungo la mia spina dorsale.
Le palpebre si serrano quando il suo fiato caldo e inebriante come un soffio, si deposita lungo la mia nuca.
Il fermaglio che tiene fermi i miei capelli all'insù, viene sfilato e li sento scendere a solleticarmi le scapole.
Un sospiro di voglia esce flautato, confondendosi con i vari odori che riempiono questi metri quadri.
Tutto sa ancora di noi.
Le sue dita odorano ancora di me, e si infiltrano esigenti tra le mie ciocche, per strattonarli.
《Pensavi male.》 Mi sussurra roco, stringendo le dita dell'altra mano sul mio fianco per sbattermi le natiche contro la sua erezione.
La sento possente e dura, che vorrei solo muovermi contro di lui, mentre mi accarezza tutta e mi ricopre il collo di baci che mi fanno ammattire, e abbassare appena la testa sull'orlo dello sfinimento.
Finché non risale lento lungo il mio collo fermandosi con l'indice sotto il mio mento.
Mi giro di poco con il volto verso il suo continuando a massaggiarmi il cuoio capelluto con i polpastrelli.
Le sue iridi accecano come un lampo le mie dove la pupilla é un puntino talmente piccolo che viene risucchiato da quell'indaco con barlumi di ghiaccio e bianco come la neve, per ridiscendere verso le mie labbra schiuse e a corto di salivazione.
Avverto quegli occhi bruciarmi il contorno delle labbra, tanto quanto il suo pollice che strofina quello inferiore, mentre cauto e tentatore si avvicina con le sue labbra ad un soffio dalle mie.
《Cosa ti ho sposato a fare, altrimenti?》 Resto ammaliata dal suo tono di voce voluttuoso e, prima di rendermene conto il pollice lascia il posto alle sue labbra che mi dominano.
Mi succhia vorace quello inferiore, guizza la lingua su quello superiore e gli lascio il pieno possesso di rivendicare la mia.
Vado incontro alla sua lingua che avvolge la mia. La sua mano scivola lungo la mia schiena e mi cinge i fianchi, ruotandomi in una mossa contro di lui.
La tazzina in ceramica cade a terra con un tonfo forzuto, macchiando la pavimentazione, mentre il mio fondoschiena resta pigiato sul piano freddo della cucina.
I suoi polpastrelli scavano sulla mia carne tenera, stringendo nel pugno della mano il lembo della maglietta.
Le mie mani dotate di vita propria si incastrano tra i suoi capelli, li tiro e ancor di più quando geme con un ringhio bisognoso, mordendomi la lingua.
Sono un groviglio di più elementi sotto la sua forza.
Sono fuoco che mi incendia le vene e brucia i neuroni.
Sono creta da modellare tra quelle falangi lunghe e ruvide che mi tengono ancorata al suo petto.
Sono un liquido che cola lungo le cosce, rendendo la pelle appiccicosa degli umori che mi causa.
Sono un refolo di vento calmo che si alimenta e diviene bufera solo in sua presenza.
《Hai un unico vestito lungo per stasera, sei costretta a non ribellarti.》 Mi comunica con un risolino, salendo con una mano per strizzarmi un seno con ingordigia.
Lo soppesa e mugugna in apprezzamento, sopratutto a sentire un mio ansimo esplodere tra i nostri corpi spalmati.
La sua durezza mi preme contro il basso ventre, e non riesco a restare immobile.
Tasto con le mani la sua schiena possente.
Le fasce di muscoli guizzano contro i miei palmi che scorrono senza freni verso i lombi.
《Coraline...》 Il mio nome risucchiato con esasperazione dalle sue labbra, é puro erotismo.
Un fiotto di umori si fa strada tra le grandi labbra, sfiorandole delicatamente, causandomi un brivido che mi sconquassa.
Riporto le iridi verso le sue. Sono due lame affilate di voglia lacerante che lascia tagli netti nella mia anima.
Sono lacrime di esigenza in cui mi specchio.
Un oceano di notte dove i miei occhi sono il suo faro.
Mi sporgo a leccare la sua mascella che si irrigidisce e il suo corpo vibra, fino a salire e succhiare il suo lobo dove conficca con cattiveria le dita sulla mia pelle.
Dio, Alex. Marchiami, sporcami, possiedimi ovunque, comunque.
《Shh...》 lo invito a restare in silenzio con un soffio caldo e avvolgente, mentre le mie mani girano verso i suoi fianchi e calano i suoi pantaloni.
《Merda, Coraline.》 Ringhia in un modo così proibito, da dover essere illegale.
Il mostro della lussuria lo possiede e mi beo di un suo gemito graffiato quando avviluppo le dita attorno alla base della sua erezione.
Getto un'occhiata ed é proprio come ricordavo. Lungo, spesso. Le vene in rilievo che sento in netto contrasto con la consistenza vellutata della pelle, mi fanno formicolare il palato.
Tiro dolcemente giù la pelle e sento il suo sospiro e il volto inabissarsi sulla mia clavicola.
Osservo rapita come sempre, la gocciolina perlata che fuoriesce dal frenulo e la raccolgo sul pollice.
Voglio assaggiarlo. Assaporarlo.
Renderlo dipendente dai miei gesti anche se impacciati.
Resto ferma così per avere la sua attenzione che non si fa attendere, poiché gira metá volto nella mia direzione, studiandomi da sotto le ciglia con quello sguardo da predatore e rapace.
Scivolo con l'altra mano a palpare i suoi testicoli e le sue palpebre si serrano un secondo, schiudendo in estasi le labbra.
Respiriamo in affanno e maggiormente quando piena di voglia che dilaga nel mio corpo fremente, mi spalmo come se fosse un lipgloss il suo liquido preseminale sulle labbra.
《Non puoi fare così e, sperare che io non ti allarghi subito la tua deliziosa fica stretta, con il mio cazzo duro come il marmo. Porca puttana, Coraline.》 Sbotta frustrato e crudo con parole sporche che mi fanno ansimare pesantemente e senza controllo mi avvento su quelle labbra demoniache, dove la sua lingua mi ripulisce dal suo liquido.
《Senti quanto sono buono e, lo sentirai di più quando un giorno la tua bocca sarà pronta ad accogliermi tutto. Tutto il mio cazzo, fino all'ultima goccia.》 Mi cinge il polso tra le sue dita, per riportarmi la mano sul suo membro eretto, e inizio a pompare.
Parto veloce ma come vedo che storce le labbra come se soffrisse ma volesse comunque subire senza riprendermi, lo faccio io.
Diminuiscono l'andatura, adattandomi all'altra mano che segue il ritmo su i suoi testicoli pesanti.
Ora lo sento gemere di piacere disumano che mi rinfocola.
É bellissimo con le palpebre socchiuse da ciò che gli sto facendo che lo sopraffà.
Le labbra che si morde e a tratti inumidisce, per incanalare aria ed esalare sospiri che gli gonfiano i pettorali sodi.
Abbandono i suoi testicoli continuando l'andatura lenta ma decisa lungo la sua asta di carne spessa.
Porto la mano su i suoi pettorali scolpiti, ricalco le linee dei suoi quadranti incisi perfettamente.
《Sei così bella. Moya.》 Amo il modo in cui mi venera e mi fa tendere tutta. Il cuore palpita e scalpita nel petto.
Vorrei affondare nel suo e marchiarlo con l'impronta del mio passaggio, sperando di restare indelebile.
Che il tempo non sbiadisca questo momento.
Che non sporchi ciò che stiamo provando.
Che ricordi che per coincidenze strane, il destino ci ha messo sulla stessa traiettoria, in modo bislacco e totalmente sbagliato, ma così maledettamente giusto da renderci dipendenti l'uno dall'altro.
Voglio sostituire il suo vento della Russia, divenendo solo io il suo alito di vento.
Vorrei dirgli tutto ciò ma la paura di non essere ricambiata mi fa franare la terra sotto i piedi e quindi continuo a sbatterlo nel mio pugno.
L'avambraccio va a fuoco ma vado avanti.
I suoi gemiti mi perforano i timpani, ma in modo piacevole.
Sono rochi, carichi di passione esplosiva e quando la sua mano risale veloce per afferrarmi in un pugno saldo parte di capelli e mi stringe a se, sento i suoi fiotti colpirmi il dorso della mano e schizzarmi sul ventre.
《Non istigarmi, Vlokov. Può darsi che stravolgerò i tuoi piani sul vestiario.》 Ed é con questa frase che lo lascio basito, con ancora il fiatone e una mezza risata per la mia solita lingua lunga.
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