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Capitolo 3


$Alexander$

Avevo chiesto esplicitamente a Dominick di essere il suo fedele segugio. Sorvegliarla e seguirla ovunque, senza dare nell'occhio.
E in questo era il più abile. Parlava poco, e non fissava mai con insistenza, cosa che lo rendeva anonimo.
Avevo scoperto che lavorava dai grandi magazzini della catena Macy's, e aveva un futuro marito brillante, che la teneva segregata a fare bella esposizione come un soprammobile che va sempre spolverato per non apparire mai sporco, tarpandole le ali.
Una vita da monaca di clausura, in parole spicce.

Il topolino spaventato era finito nella trappola del gatto sadico.
Mi sarei divertito ad aggirare la sua mente a mio piacimento fino a farla impazzire.
Ma in lei avevo notato anche una lieve nota combattiva.
Un sorriso incurvato lateralmente, si increspa sul mio volto, per capire fino a dove si sarebbe spinta, e finalmente arresa ad essere una delle mie amate fiches.

Alzo appena il mento, per aggiustarmi il nodo della cravatta grigio perla, stringendola sulla gola. Il ricordo della mia mano che l'ha stretta sullo stesso punto, me le fa prudere.
Una piccola e graziosa vergine, dentro un covo di troie sfondate.
Un diamante raro e prezioso, in mezzo a pietre grezze.
Un sole ammaliante, in mezzo a nubi oscure.

Dovrei occuparmi di una situazione delicata, come le amo chiamare, io.
Ma prima decido di fare una visita alla mia nuova roulette.
Coraline. Suona come un corallo. Uno che ho trovato, sul fondale di una vita triste e già scritta.
Il destino aveva tracciato la sua strada, ma io sono il destino, io l'ho cambiata.

Mi avvio a lunghe falcate, verso il penultimo piano del mio regno.
Questo e l'ultimo sono gli unici a cui ho accesso solo io e Dominick, poiché nessuno ve ne é a conoscenza.
L'adrenalina pompa forte nelle vene, e il sangue ribolle come lava pronta ad eruttare fuori.

Sono eccitato come un bambino in un parco giochi.
E cazzo, io amo giocare!

Maschero con il mio volto serio e lo sguardo glaciale, il sorriso che ho tenuto stampato per tutta la rampa di scale.
Il controllo di me stesso è la cosa più importante. Devo essere padrone di ogni situazione. Proprio come nella roulette.
Concentrazione e poi sta tutto nelle mani del signore. Ma del resto io non credo in Dio, e quindi sta tutto alla sorte, destino, fato.
Enigmatico, come me. Perfido, come piace a me.

La porta blindata si para davanti alle mie iridi artiche, che risplendono del brillio per ciò che contiene all'interno.
Non provengono rumori, e speravo che la ribelle stesse trovando un modo per strappare le cinghie di ferro.
Sarebbe stato comunque inutile, ma interessante vederla ancora ribellarsi e poterle tappare la bocca carnosa in mille modi diversi, otre che con lo scotch.
Una ventata di eccitazione, alla visione della sua bocca che accoglie sotto il mio dominio, il cazzo, ancora stesa e arresa, mi fa tendere la patta, rischiando di perdere la mia autorità.

Devo esalare dei respiri, prima di afferrare il piatto di ceramica con un croissant alla marmellata, riposto sul carrellino accanto alla porta, e subito lo stridulo agghiacciante della porta, mi accoglie come la nona sinfonia di Beethoven.

Il buio angusto, mi avvolge come un manto e avverto distintamente il suo respiro teso, nel silenzio assordante che ci circonda.
La trovo stesa come è stata per tutta la settimana, ma ho deciso che se ne occupasse Dominick. Oggi invece voglio sorprenderla io, come la prima volta.

Mi avvicino silenzioso come una pantera nera, verso il suo corpo immobile.
Poggio il piatto su un vecchio tavolino bianco, di quelli in plastica da giardino, e noto il suo petto alzarsi e acquietarsi ad un ritmo che non ha nulla di rilassato.
I seni floridi che gonfiano il tessuto della maglietta, risvegliano il mio languore, sopratutto nel notare i capezzoli turgidi per il freddo che svettano gloriosi.
Li immagino averli tra le mie labbra schiuse li attorno. I denti che li tirano provocandole dolore e la lingua a lambirli per donarle piacere subito dopo.

La patta tira sempre di più, mentre continuo ad esaminare il suo corpo.
Rimango rigido a vegliare sopra di lei, come un capo supremo.
Scivolo con uno sguardo pieno di eros languido, sul suo corpo da sirena.
Il ventre piatto. Le gambe lunghe e snelle. I piedi dove le dita sono arricciate come le punte di una ballerina di danza classica.
E la conchiglia che protegge la perla all'interno.
Una perla che non ha mai visto nessuno. Non ha mai sfiorato nessuno.
E invece starebbe dannatamente bene avvolta dalla mia lingua insaziabile.
Ma so che se continuerò a fissarle quello spicchio, potrei commettere un'errore.

Riporto in uno scatto fulmineo, le iridi che sono tornate ibernate sul suo volto.
Le labbra carnose sono schiuse, per lasciare uscire il respiro tratteggiato.
Le narici si dilatano di poco ad ogni sospiro più o meno teso.
E le lunghe ciglia nere e folte che contornano le palpebre abbassate.

Potrei andarmene ora, e chiamare Dominick, come ogni fottuto giorno che vengo a trovarla, scappando come un ladro.
Ma mentre formulo questo pensiero, sento un lieve mugolio.
Le labbra storcersi in una smorfia sofferente, per la posizione a cui la sto costringendo, e in un secondo le sue palpebre si sollevano.
Lente, dolci, placide. Come se volessero rimanere serrate per l'eternità.
La osservo sbatterle ripetute volte come un tic, e vorrei sorridere per ciò che troverà una volta rimessa a fuoco la vista.

Invece rimango impassibile, e difatti appena le ribatte con enfasi per l'ultima volta, quel nocciola caldo, si scontra con il ghiaccio freddo.

«Ben svegliata.» Il mio tono rauco e suadente, cozza con il mio sguardo, mentre lei si riprende dal torpore e in un secondo quel caldo viene sostituito da un'occhiata truce.

Posso sentire i suoi denti perlati, stridere e mordersi la lingua rossa, per frenare imprecazioni che comporterebbe delle reazioni sgradevoli da parte mia.
Lo so io, lo sa lei.
Sembra intelligente il mio corallo.
Dominick l'ha addestrata a dovere.

Rimaniamo a fissarci per minuti interminabili, e io sono il primo a distogliere lo sguardo, solo per prendere il croissant tra le dita, e ritornare da lei.
Le briciole fragranti si attaccano ai miei polpastrelli, avvicinando il croissant verso le sue labbra, che si serrano più forte tra loro.

«Yest'» Le intimo con una finta calma e dolcezza, di mangiare.
La punta ricurva del croissant combacia con le sue labbra, facendole voltare il viso verso il muro.

Fa la difficile la ragazzina.

«Yest'» Ripeto con maggior enfasi, sapendo bene che tra poco perderò il controllo. Sembra brava a farmi schizzare i nervi e girarmi le palle proprie come la pallina all'interno del piatto nella roulette.

Riporto questa merda di cornetto, verso la sua bocca e di nuovo sposta il viso, verso la mia direzione.
Un ruggito scaturisce dalle mie labbra serrate, e in uno scatto violento le agguanto il mento tra il pollice e l'indice scavando su quella pelle di velluto.

Le sue pupille si spalancano di terrore, e tutto ciò mi rinvigorisce. Un toccasana per il mio sadismo. Mi fa eccitare oltre livello.
Mi abbasso minaccioso e artico sul suo bel viso.
Trema come un topolino spaventato.
E tutto ciò mi fa venire solo voglia di fare una visita accurata dentro la sua conchiglia preziosa.

«Ho detto di, mangiare.» Ringhio feroce sul suo volto, e le sue palpebre si serrano automaticamente, per il freddo gelido del mio fiato.
Porto dentro i nevai. Il freddo della Russia.
Il vento Buran di casa mia.

Rilascio appena la presa sul suo mento, nel notarla finalmente dare un morso al croissant.
Osservo compiaciuto come lo mastica da guancia a guancia, finché non mi arriva uno scaracchio sul mento, di saliva misto a briciole ammollate da quella sostanza vischiosa.

Le narici si dilatano come un toro in un'arena, e sciolgo con furia la cravatta per pulirmi dallo schifo.
La stessa che subito dopo, stringo in una mano.
Il suo sguardo soddisfatto, viene sostituito in una frazione, da uno di pura paura.
E fa bene il mio corallo ad averne.

«Sai Coraline...» Sibilo il suo nome come un serpente a sonagli, e nel mentre le apro le labbra che fanno resistenza, ma non mi arrendo.
Cerca di mordermi ma è solo una povera sciocca, ragazzina.

«Posso essere molto bravo...» Voglio farle capire che certi modi la porteranno solo a morte certa. Esattamente come suo padre. Ma sarò io a deciderlo stavolta.

«E allo stesso modo, posso essere molto diabolico.» Schiaffo quella realtà con una nota graffiata e rigida, infilandole la cravatta appallottolata tra le labbra, mentre si dibatte furiosa.
I miei denti staccano con ferocia un pezzo di scotch grigio, mentre un palmo preme le sue labbra spalancate con la stoffa.

Il sorriso perfido riappare sulle mie labbra, una volta che ho finito la mia opera.
Le sue iridi velarsi di tutto ciò che più oscuro si può temere.

Faccio un passo indietro, ammirandola.
Trema. Il corpo si scuote preso da spasmi. Convulsioni. Sembra su l'orlo di una crisi epilettica.
Non può ribattere, lo faccio io allora.
Generoso fino infondo.

«A te la scelta.» Le do le chiavi in mano, per lasciarle l'agio di far uscire una delle due parti del mio carattere.

Credevo fosse ancora più battagliera. E quindi eccola lì la sua occhiata di fuoco.
Lava come il sangue che ancora mi sfrigola dentro.
Voglia di uccidermi, come la mia voglia di fotterle corpo e mente.
E ci riuscirò Coralline.
Sarai la più bella fiches sul piatto.

Ma ormai sono stufo di giocare, almeno per ora. E il mio caso delicato reclama le mie attenzioni molto diaboliche.

Ciaoooo ragazze. Dopo avervi dato molti soprannomi: Rose, Dee.
Qui vi chiamerò Coralli. 😂❤️
Un altro capitolo in attesa che Death Silent giunga al termine.
Ovviamente non posso scrivere 3 storie contemporaneamente concluso con Jackson e Sky.
Perciò inizierò dal nostro Giocatore Russo.
Per andare a far visita nel divertente mondo di Clare e le sue sfortune.
E poi volare a Cuba tra Mafia, passione, prostituzione e guerra. 😘😘😘😘
Potselui (baci)

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