Capitolo 21
{Coraline}
Se Alexander non fosse arrivato, non so cosa sarebbe potuto accadermi.
Perché tra tutte le ragazze, proprio me?
E questo fantomatico, Myers?
Mille domande si frappongo come diapositive, una dietro l'altra, mentre Alexander guida.
Mi lancia ogni tanto occhiate, che miro attraverso il vetro, poiché sono girata verso la strada buia.
L'aria calda e satura dei nostri respiri in macchina, mi dona calore. Ma non lo stesso di quando mi sono lasciata condurre dalle sue mani ruvide, dentro la vettura.
Osservo il cielo terso e nebuloso, sopra le nostre teste, e vorrei fargli tutti i quesiti che mi martellano nelle tempie.
La sua mascella rimane rigida. Le labbra sigillate, e il silenzio un mero conforto.
Sono stanca. Assetata. Il cuore ancora batte impervio e non so quando arresterà questa corsa spedita, su cui mi porto un palmo aperto e socchiudo gli occhi.
Rivivo la sensazione di quelle mani addosso, e scatto sul sedile, come una molla al sentire un respiro sfiorarmi lo zigomo che subisce un palpito.
«Ti ho sganciato la cintura. Ti sei addormentata lungo il tragitto.» La voce calda e bisbigliata di Alexander, mi porta a voltarmi verso il suo viso perfetto.
Le labbra carnose più rilassate e stese in un sorriso fiacco. Provato. È stata una serata lunga per entrambi.
Le sue iridi artiche, ora sembrano meno temibili, e purtroppo sempre troppo affascinanti.
Mi lascio immergere da quel cristallo azzurro, e lascio di nuovo che le sue braccia robuste, mi alzino come una sposa, e mi riportino all'interno della prigione.
Superiamo i corridoi, per giungere alla mia camera già aperta, che richiude subito, depositandomi lentamente sul letto.
Sento il tocco delle sue mani, abbandonarmi piano. Mi sfiorano con devozione disarmante le anche, dove lasciano una lenta carezza che provoca formicolii subitanei.
Aggiusta i cuscini dietro la mia testa, e si allunga per prendere e porgermi un bicchiere d'acqua fresco.
«Ti lascio riposare.» M'informa rimettendosi in posizione eretta, e mi volta le spalle.
Ma prima che possa poggiare la mano sulla maniglia, la mia bocca da voce a ciò che il cervello le comunica, a ciò che il cuore esige.
«Resta.» Una semplice parola, che implica il bisogno sostanziale, di avere, di far sentire a qualcuno quanto tu abbia necessità di averlo lì.
Lo sento sospirare forte, come se avesse incanalato aria a dismisura e la stesse rilasciando in uno scoppio.
«Devi riposarti.» Mi ripete risoluto, e mio malgrado mi alzo dal letto.
Sento la debolezza incedere sulle mie ossa fragili, ma la mia mano che si posa quasi con timore sulla sua camicia sporca e sgualcita, gli fa voltare metà profilo verso il mio volto supplichevole.
«Puoi...» Sospendo per un secondo la richiesta, poiché mi imbarazza anche solo dirlo, e le guance tirano virando su un porpora acceso.
Osservo i suoi capelli scarmigliati. L'aria stravolta e stanca. Ed è così bello, da poterlo guardare incantata per ore.
Si volta perplesso verso di me, inarcando un sopracciglio dove due rughette appaiano nel mezzo.
«Posso...cosa, Coraline?» Lo sussurra demoniaco e tentatore, e mossa da un istinto, i polpastrelli sfiorano ancora la fossetta sul mento, e la ricrescita ispida che mi punge e mi allieta.
«Voglio che tu mi...» Abbasso incerta la testa, con voce suspiciosa.
«Lavi.» Termino con un sospiro la frase, e riemergo appena con le iridi che trovano le sue a fissarmi sbalordito dall'alto.
Non risponde ma lo noto seguirmi nel bagno, mentre mi piazzo al centro, volta di schiena.
Mi fa scivolare lungo le spalle la sua giacca in cui mi ha avvolta, e il rumore della stoffa che cade mogia a terra, spezza il silenzio teso.
La pelle d'oca corre a ricoprirmi, quando le sue mani volano con flemma sul perizoma.
Ma ciò che mi fa chiudere le palpebre con lentezza, e imprigionare il labbro inferiore tra i denti, è il suo indice che sfiora il filo sottile tra le natiche, sfiorandomi la pelle nel mezzo.
Scivola più giù, e dal suo gemito basso che mi fa contrarre l'intimità, so che ha sentito il tessuto madido di umori.
Si piega sulle ginocchia, dove volto di poco il viso, facendole scorrere lungo le gambe, dove alzo i piedi e mi tolgo i tacchi, e si rialza con le mie mutandine strette nella mano.
Le stesse che porta all'interno dei pantaloni, facendomi rimanere ammutolita.
«Queste le tengo io.» Mi rivela tenebroso e vibrante, contro il mio orecchio che freme con il suo respiro rovente, carezzandomi con le nocche il profilo del collo per spostarmi i capelli di lato.
Le sue labbra si posano bollenti su quello squarcio di pelle, mentre le mani mi tengono per i gomiti, sospingendomi dentro la doccia.
L'acqua tiepida che sprigiona il soffione, mi colpisce il corpo e lo noto a fissarmi rapito.
Mi bacia e morde con lo sguardo ogni lembo di pelle, su cui scendono a picchio le goccioline trasparenti.
Prende tra le mani il flacone del bagnoschiuma, spruzzandolo sulla spugna, e inizia a lavarmi il collo. Le spalle con un movimento rotatorio. sullo sterno, per poi passare tra i seni che massaggia, e con il pollice sollazza i capezzoli, dove reclino la testa sulle maioliche, preda di una voglia furiosa.
Lui riesce a cancellare eventi brutali, con un battito di ciglia, e questo mi atterrisce.
Culla il solco dei seni pesanti. Vira verso il ventre, e tra le cosce che vogliose e tremolanti si aprono, per offrire il tocco della sua spugna tra le pieghe.
Mi stimola il clitoride e fatico a contenere l'ansimo che mi fa mordere a sangue il labbro.
«Ho avuto paura, stasera.» Sta aprendo un pezzo a me, e sapere che si è preoccupato, porta le mie mani sulla sua camicia e trascinarlo dentro la doccia, completamente vestito.
«Avevi paura di perdere, la tua prigioniera?» Ribatto con una domanda sfacciata, per non lasciarmi soggiogare.
I capelli zuppi si attaccano alla sua fronte. La camicia bianca diviene trasparente e mostra ogni muscolo di quel corpo sublime, e il tatuaggio di ciò che rappresenta.
Osservo le gocce cadere a picchio sul suo volto, la lingua raccoglierne alcune, e scuote la testa.
«Avevo paura di perdere una promessa. Ma di questo non posso parlartene ora.» Rivela in un mormorio e lo scetticismo mi dipinge il volto.
«Myers, Chi é?» Gli domando allora sicura, mentre mi volta di spalle, e inizia a lavarmi la schiena che si inarca, e i palmi si poggiano alle maioliche.
«É il mio fratellastro.» Rivela di getto, e volto lo sguardo dilatato verso il suo.
«Cosa c'entra?» Sono sempre più confusa, ma devo cavarne fuori qualcosa.
«Quello di stasera era uno dei suoi uomini.» Domande, risposte.
«Cosa voleva da me?» Gli pongo la reale domanda, mentre la spugna scivola dalle sue mani, e il sapone scompare piano dal piatto di ceramica sotto le nostre piante dei piedi.
«Questo lo devo scoprire, e tu non porrai domande. So che adesso vorresti avere tutte le risposte, ma devi aspettare. Compio brutte azioni, Coraline. Ma sono anche meglio di come sembro. Talvolta anche peggio.» La sua ammissione a cuore aperto e sincera, mi spiazza, mentre mi porge il telo e mi asciugo.
«Ti aspetto sul letto.» Un sorriso genuino nasce sul mio volto, poiché sarebbe potuto andarsene e invece so che rimarrà qui con me, come gli ho chiesto.
Mi asciugo i capelli, che tornano in morbide onde, e mi osservo allo specchio. Ho ancora un contorno rossastro sulla guancia, per via dello schiaffo, ma almeno l'aspetto é rinvigorito.
Torno di là, trovandolo ad aspettarmi seduto ai piedi del letto, e ora la mia figura che gli arriva difronte, lo supera.
«Credo che dovrei ringraziarti.» Rivelo debolmente mentre scuote la testa.
«Credo che non ce ne sia, motivo e bisogno.» Ribatte tenue, e lascio cadere l'asciugamano ai miei piedi, montando sensualmente a cavalcioni sulle sue gambe fasciate dal pantalone, dove l'erezione dura, preme tra le mie labbra gonfie.
Sento il suo ringhio infrangermi l'udito, e le mie labbra schiantarsi morbide sul suo lobo.
«Credi?» Lo stuzzico sfacciata e ora le sento esigenti le sue mani che si aprono sulla mia schiena, spingendomi il petto contro il suo torace.
«Ne sono più che sicuro, Coraline. E sarei capace di approfittarmi di te. Ma una volta penetrata, lo sarai anche nel cuore, e non credo che questo sia un bene. Per nessuno dei due.» Mi lascia di stucco con questa frase, perché avrebbe potuto prendermi, e invece si stende sul letto, offrendomi il suo petto come rifugio per il mio corpo, e non ribatto quando mi copre con le lenzuola. Non replico neanche quando le sue dita mi massaggiano il cuoio, e casco dentro un sogno dove Alex non é il cobra, dove Coraline non é una ragazza spezzata.
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