34. Non provocarmi
Per tutto il resto del tragitto in auto resto in silenzio, persa tra i miei pensieri che vagano alle sue parole, al suo ennesimo rifiuto. Alex ha troppa paura e non vuole fare nessun passo avanti; non vuole sorpassare la linea che abbiamo tracciato e io, con le mie continue provocazioni, non lo sto rispettando come merita, e me ne sto rendendo conto.
Il fatto è che... non ne posso fare a meno.
Quando scendiamo dall'auto, Alex fa il giro rapidamente e viene ad aprirmi la portiera, aiutandomi a indossare il soprabito e accompagnandomi all'entrata del palazzo; tiene una mano sulla mia schiena per condurmi avanti a lui e aiutarmi a evitare le numerose pozzanghere lasciate dalla neve semidisciolta. Mi è sempre piaciuto sentire quel tocco su di me, quel messaggio di protezione e richiesta di avvicinamento che veicola; per tanti anni ci siamo nascosti e ora desidero così tanto abbattere tutti i muri che non riesco a pensare a nient'altro.
L'atrio dell'edificio è abbastanza affollato, tutti uomini in giacca e cravatta e donne ben imbellettate nei propri tailleur firmati. Ammetto di sentirmi in apprensione, visto che questo sarebbe il primo vero lavoro che potrebbe darmi un reale futuro; spero solo che il colloquio di lavoro andrà bene e che Alex possa starmi vicino.
Entriamo nell'affollato ascensore e ci dobbiamo spingere sul fondo per lasciar entrare altre persone, e io mi stringo a lui per evitare di spalmarmi contro una specie di uomo mela dall'aria malsana e il parrucchino non più in equilibrio a causa del vento esterno. Alex si fa più vicino alle mie spalle e, senza farsi notare visto che siamo schiacciati contro l'angolo dell'ascensore, inizia a far scendere la mano dalla mia schiena sempre più giù, inserendosi nel taglio posteriore dell'impermeabile e trasformando quel messaggio di protezione in ben altro. Nel frattempo, come niente fosse, come se la sua mano non stesse tentando di sollevare una parte della gonna per finire a sfiorare il pizzo delle calze, in una maniera quasi disinteressata, Alex saluta cordialmente quelli che immagino essere alcuni suoi colleghi, il tutto mentre lo sento accarezzarmi piano il resto della coscia con la punta delle dita. E io, con lo sguardo abbassato e fingendo di conoscerlo a malapena, spero con tutto il cuore che il fondotinta faccia il suo lavoro e nasconda il rossore che deve essere spuntato sulle mie guance improvvisamente accaldate.
All'arrivo al piano dell'amministrazione e una volta che ci siamo ricomposti, usciamo dall'ascensore e ci rechiamo nello spazio dedicato alla reception, con l'ampio pavimento ricoperto di un sottile strato di moquette che impedisce alle mie scarpe con il tacco di evidenziare la mia presenza; Alex mi porta direttamente nell'ufficio del direttore del personale, dove troviamo anche Lamberti, e mi presenta in qualità di sua sorella. Come tutti i maschi fanno solitamente quando si ritrovano con i membri della stessa specie di marziani e di fronte a un essere venusiano, ecco che si scambiano un paio di battute dello spessore culturale della carta da parati e danno il via al colloquio, con Alex che resta seduto a destra del capo.
È un colloquio abbastanza breve, ovviamente tutto in lingua inglese e con qualche digressione di spagnolo e tedesco per dimostrare che riesco a esprimermi abbastanza fluentemente in tutte le lingue, e il periodo di prova inizia seduta stante.
A essere sincera, io non ho mai nutrito molte aspettative sulla mia vita professionale; non sono cresciuta immaginandomi il lavoro dei sogni, e nemmeno dopo l'università di lingue avevo pensato realmente al mio futuro; ho semplicemente cercato i primi impieghi che trovavo qui e là senza pormi grossi obiettivi di carriera. Di solito, chi si iscrive a lingue straniere lo fa perché vorrebbe viaggiare, girare il mondo facendo l'interprete, traduttrice o persino guida turistica; io invece no. Non mi è mai piaciuto viaggiare, muovermi... a meno che non ci fosse Alex con me.
Alex e Lamberti mi accompagnano personalmente al piano sottostante della sede principale, mostrandomi dove lavorerò se supererò il periodo di prova canonico dei trenta giorni - sempre se riesco a tenere anche questo lavoro, visto che per gli ultimi cinque non ho avuto molta fortuna -. L'ambiente è ampio e luminoso, con una decina di scrivanie, tutte suddivise tramite bianchi pannelli che mimano la privacy di piccoli uffici inesistenti. Numerosi computer ronzanti, un orologio salva impiegato appeso alla parete, telefoni e una macchinetta per caffè, e noi sorpassiamo tutto fino a lasciarmi di fronte alla donna che sarà il mio diretto superiore: Paola Manfredi. La donna assomiglia incredibilmente a una sorta di basso e grasso cubo con i capelli grigi e spettinati e la voce profondamente arrochita dal fumo; inoltre, così come intuisco chiaramente nelle ore successive in cui cerca di comandarmi a bacchetta e usarmi come fattorino per consegnare messaggi da un ufficio all'altro, a occhio e croce credo che il cubo non scopi da almeno due anni.
Come mi accade da sempre fin dai tempi della scuola, aspetto con ben poca pazienza che tutta la mattina scorra il più in fretta possibile, attendendo la pausa pranzo per potermi riprendere e mangiare qualcosa; il capo sembra avere intenzione di usarmi come assistente, anziché per la mansione di centralinista per cui dovrei essere stata assunta, e spero che il modo che ha usato durante tutta la mattina per rivolgersi a me non duri ancora molto, perché so già che la mia indole potrebbe non reggere a lungo. E non voglio deludere Alex.
Solo verso mezzogiorno riesco a sbirciare il telefono nascosto nella borsa e, oltre a quattro chiamate senza risposta, trovo un nuovo messaggio di Andrea.
Andrea: Ti prego, ho bisogno di parlarti. Devi capire alcune cose e non voglio che tu sparisca così. Quando possiamo vederci? Stasera? Passo da te?
Questi messaggi stanno iniziando a esasperarmi e, conoscendo Andrea da tanti anni, immagino che sarà capace di andare avanti all'infinito fino a farmi perdere la pazienza. Così, decido di rispondergli una volta per tutte.
Sara: ok, ma solo per parlare. Però passo io domani sera da te alle sei e mezza. Oggi non posso.
E l'ok perfetto come risposta non tarda ad arrivare.
Sono telegrafica e fredda, ma ne ho bisogno, e ne avrò bisogno ancora di più domani quando lo rivedrò. Ormai è passato troppo tempo e io sono stanca di sentirmi divisa a metà, quando ora Alex ha ripreso a occupare gran parte dei miei pensieri; ho provato per troppo tempo a restare con il piede in due scarpe, sono stata per anni sotto il volere e le preoccupazioni di Alex. Ora sono stanca; ora voglio prendere io in mano le redini della situazione, decidere cosa è meglio per me. Anche se domani vedere Andrea so che non mi sarà del tutto indifferente, dovrò mantenere il controllo e porre fine a una relazione che ho trascinato dietro per troppo tempo.
Dopo un panino che avevo preparato questa mattina prima di salire in macchina, sbircio l'orologio al polso e mi rendo conto che la pausa pranzo, passata in completa solitudine alla scrivania che mi hanno temporaneamente assegnato, non è ancora terminata; ma io mi sento sola e non so che fare. Sarei tentata di andare al piano di sopra per trovare Alex, ma forse ha del lavoro da sbrigare e non vorrei disturbarlo.
Ma essendo che non mi va nemmeno di restare qui a fissare lo schermo del computer, decido di sgranchirmi le gambe e andare in bagno, anche se non ho idea di dove sia. Quando infine riesco a trovarlo, però, mi rendo conto che è pieno di donne e che dovrei aspettare almeno un quarto d'ora anche solo per lavarmi le mani; ed essendo che io non sono mai cambiata, di sentire i pettegolezzi delle donne che perdono tempo a parlare di abiti, fidanzati e amanti, non ne ho per niente voglia.
Esco quindi dall'affollato bagno e provo a percorrere un paio di corridoi, finendo per trovare le scale e salire di un paio di piani; escludendo il terzo piano di Alex, salgo ancora e mi ritrovo in un piano completamente deserto: nel vero senso della parola. Niente scrivanie, niente porte, niente luci al neon appese: sembra essere un piano in ristrutturazione. Penso già che il bagno di questo piano sia inevitabilmente chiuso e fuori servizio, così come dice il cartello appeso fuori dalla porta, ma io entro lo stesso e mi rendo conto che, invece, è aperto e stranamente pulito. Trovo persino il sapone liquido nel dispenser, così mi avvicino al lavandino, mi specchio per controllare che i capelli siano sempre in ordine, mi lavo le mani e osservo le porte socchiuse dei quattro bagni alle mie spalle.
E qualche istante dopo, sento tirare uno sciacquone. "Merda"; penso che forse non dovrei essere qui e che potrebbero dirmi di tutto. Mentre vedo la porta del bagno aprirsi, sto già pensando di scappare via e nascondermi da qualche parte, quando invece vedo l'alta figura di Alex.
« Ehi, ero sceso a cercarti e non ti ho trovata », esclama, sorpreso di vedermi.
« Dovevo andare in bagno, ma nel mio piano erano tutti occupati », spiego tornando al lavandino con le mani insaponate e osservandolo dal riflesso dello specchio.
Passandosi le dita sulla cravatta per posizionarla meglio, si avvicina con passo cauto e si mette al mio fianco. « La pausa pranzo è sempre un delirio, ma per qualche mese questo piano è inagibile per ristrutturazione e quindi ci vengo praticamente solo io senza dirlo a nessuno. Il cartello fuori servizio l'ho appeso io, così non viene nessuno a rompere », spiega facendomi un occhiolino.
Resta accanto a me e lo vedo che mi sta guardando intensamente, scorgo i suoi occhi vagare furtivamente tra il mio corpo e l'ambiente circostante, come se volesse appurare che non ci sia nessuno qui con noi. « Buono a sapersi; allora ti toccherà condividere questo piccolo segreto con me se mi terranno al lavoro », commento divertita.
Solo dopo qualche istante, Alex torna a guardarmi attraverso il riflesso; gli lascio lo spazio necessario per farlo avvicinare e lavare le mani nel mio stesso lavandino, così come abbiamo sempre fatto in casa. « Ti terranno, stai tranquilla. A meno che non ti metti a litigare con qualcuno ».
« Ci proverò », dico pensierosa. « Anche se Manfredi immagino che mi darà del filo da torcere ».
Alex nota le mie mani insaponate e, invece di mettere le sue sotto il getto dell'acqua, me le afferra e, passandomi dietro, inizia a insaponarle insieme. Posa il mento sulla mia spalla e ci guarda dal riflesso dello specchio. « Com'è andata questa mattina? »
Il mio cervello in questo momento si è soffermato solamente sulla sensazione scivolosa del sapone tra le nostre mani unite, sul suo corpo che preme appena contro il mio, il suo respiro vicino all'orecchio... così impiego qualche istante per ricordarmi di rispondergli con qualcosa che non sia semplicemente il mio battito cardiaco accelerato. « Bene, spero... per ora ho solo aiutato a scrivere un paio di noiosissime lettere e indirizzi, ho ricopiato delle robe che non capivo al computer... nulla di che ».
Direi che le nostre mani sono ormai più che pulite e sciacquate, eppure restiamo così, ad accarezzarci, a osservare le mie dita che salgono in lenti saltelli fino ai suoi polsi e li accarezzano delicatamente. Mi sporgo appena all'indietro con il bacino per sentire il suo corpo contro il mio, e la sua risposta in avvicinamento è praticamente immediata.
« Ho perso il filo... », mormora con la voce abbassata e più roca, passando lentamente le sue labbra sulla stoffa della camicetta di seta che mi copre la spalla. « Cosa stavi dicendo di Manfredi? »
Lascia che le nostre mani continuino a ricercarsi e a giocare tra loro e, nel frattempo, le sue labbra finiscono per accarezzare e baciare quella piccola porzione di collo lasciata scoperta dalla camicetta chiusa; e io, con il cervello ormai spento, senza più trovare la lucidità per rispondergli, inclino la testa per agevolare i movimenti delicati della sua bocca, scannerizzo con accurato godimento la sensazione del suo corpo contro il mio. Lo sento alle mie spalle, più vicino, imponente nella sua presa fisica ma soprattutto psicologica, una presa che potrebbe tenermi legata a lui anche solo con un semplice sguardo. Osservo i suoi movimenti quando, senza staccarsi da me, afferra la carta assorbente per asciugare le nostre mani ancora unite; e mentre lo fa, i suoi occhi inchiodano i miei dal riflesso nell'eccitazione che sta salendo ogni secondo di più, nella voglia reciproca che, con quello che è successo in macchina questa mattina, non ha fatto altro che aumentare dentro di me e in lui.
Con gesti cauti e controllati, Alex sposta definitivamente i miei capelli dalla spalla per raggiungere con più agilità il collo, lasciandomi infine abbandonare la testa sulla sua spalla.
« Lo sai che questa notte non sono riuscito a chiudere occhio con te accanto? » mormora salendo fino al mio orecchio, accarezzando e succhiando il piccolo pendente d'oro che mi aveva regalato al mio ultimo compleanno. Una mano scende ai miei fianchi per avvicinarmi ancora a lui, con la precisa intenzione di farmi sentire la sua eccitazione che spinge con più invadenza verso di me. « Lo sai che non riesco a pensare ad altro che ora non c'è più quello tra i piedi, che non abbiamo più nessuno ostacolo a bloccarci... fino a ieri ero tranquillo, sereno, e ora tu rimescoli le carte in tavola per farmi impazzire. Ci godi a vedermi così, vero? »
Non riesco a parlare, a emettere suoni che non siano semplicemente sospiri o gemiti spezzati di desiderio; la sua voce, le sue labbra, la sua lingua che mi accarezza, le sue mani che vagano sopra i miei vestiti alla ricerca spasmodica di una varco per entrare... tutto sembra riuscire ad azzerare i miei pensieri. « Io ho sempre cercato di resisterti, e negli ultimi mesi l'ho fatto. Ci siamo toccati a malapena, e non sai quanta fatica e sforzo mi è costato il provare a resistere, a farlo per te e perché credevo che potessi avere un futuro con Andrea ».
« Solo tu mi hai toccata, tu non hai più voluto che mi avvicinassi nemmeno », provo a dire facendo scendere le mie mani sulla sua giacca, scendendo alla ricerca cieca della cintura e della lampo dei pantaloni, ma lui me lo impedisce subito, spingendomi con più forza contro il lavandino.
« Shh, zitta », dice con tono secco e deciso. « Lo sai che non voglio ».
« Perché? » chiedo per la milionesima volta.
« Lo sai bene il perché ».
« Dimmelo », lo prego.
« Non voglio superare quella linea, Sara. Mai più, non posso permettermi di perdere di nuovo il controllo ».
« Non lo farai », provo a dire, ma non riesco quasi a terminare la frase quando la sua mano, slacciando abilmente un bottone della camicetta che indosso, si intrufola al di sotto di essa. Le sue mani sono calde, le mie artigliate al lavandino sono gelide, e lo sento arrivare senza difficoltà ad accarezzarmi sotto il reggiseno, mentre la compagna fa risalire la gonna su per le cosce.
« Ridurti così per me è abbastanza. Deve esserlo, non ho altra scelta ».
Torna a fissarmi dallo specchio, lo sguardo fermo, duro, profondamente sensuale, e osserva con attenzione la sua mano alzare la gonna e infilarsi sotto le culottes.
« Lo sai che sei bellissima? » geme osservandomi con attenzione, sbirciando la sua mano sparire tra le mie gambe.
« Potrebbe entrare qualcuno », provo a dire, ma non so se le parole riescano a uscire davvero.
« Non viene mai nessuno qui », ma io non riesco a smettere di virare lo sguardo dallo specchio alla porta.
Mi accarezza, tocca ogni minima parte di tutto quello che voglio, ma continua a girarci intorno e non mi lascia godere di quello che desidero di più da lui. Mi rendo conto che è tutto un controsenso, che lui continua a parole a dirmi di non volermi, eppure con i gesti non fa altro che farmi capire il contrario... e tutto questo mi confonde.
« Alex, ti prego ».
« Questa mattina ti guardavano tutti quando sei arrivata in ufficio, sai? »
Sospiro. « Non mi importa ».
« Ah no? Beh, a me importa », dice muovendosi con più energia tra le mie cosce. « A me importa, sai perché? Perché non mi va che qualcun altro possa fare fantasie su di te. Perché ho cercato di accettare l'idea che Andrea ti abbia fatto certe cose, ma ora non sopporto più il pensiero che qualcuno altro ancora ti provi a toccare, che qualcun altro possa anche solo pensare di avere una possibilità con te. Tu sei mia, lo sei sempre stata... e Andrea e tutti gli altri avranno soltanto le briciole ».
Con un gesto violento strattona le culottes in pizzo fino a scucirle e strapparle via, lasciandomi a bocca aperta per la sorpresa. Le stringe nel pugno e, allontanandosi di un solo passo, le infila nella tasca dei pantaloni; fa scendere la gonna e si fa più indietro, lasciandomi senza il suo tocco, del tutto accesa e profondamente insoddisfatta.
Vorrei soltanto piangere in questo momento; è infantile e stupido, ma sono così frustrata che vorrei piangere. Mi volto verso di lui con gli occhi lucidi. « Perché fai così? »
Ora il suo sguardo è duro, rigido nel non mostrare l'eccitazione che gli muove i pensieri e il sangue nelle vene. « Perché non voglio che ti comporti più come questa notte. Perché sai che sforzo immane mi costa il lasciarti vivere la tua vita senza interferire. Se vuoi possiamo giocare di tanto in tanto, posso farti divertire e soddisfarti con quello di cui hai bisogno », spiega abbassando il tono di voce e arrivando a bloccarmi il volto tenendomi il mento con la punta delle dita. « Se hai bisogno di me, io posso esserci come ho sempre fatto, ma non chiedermi niente di più. Non provocarmi. Deve esserci quella linea, ne ho bisogno perché, se la supero, sai bene che non riuscirò a fermarmi, che non saprò più dividerti con nessuno... né con il mondo intero ».
Stringo i denti, arrabbiata perché so bene che ha ragione, ma fa male lo stesso. « Sei crudele ».
Sospira e si allontana definitivamente con un passo indietro. « Io non sono mai cambiato, Sara. Io sono lo stesso di sempre, sono lo stesso che ti ha fatto del male... sto solo cercando di controllarmi.
Odiami pure se vuoi, ma ho bisogno che tu capisca che non puoi giocare così con me ».
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Spazio Ape:
vi chiedo scusa per l'enorme ritardo ma ultimamente ho avuto qualche problema e quando ci si mette pure l'ispirazione che scarseggia, purtroppo ci posso fare ben poco.
Come sempre aspetto i vostri commenti su questo capitolo e vi invito a passare su Unfaithful, l'altra mia storia d'amore che sto aggiornando in questi giorni.
Vi avverto che non so se riuscirò a mantenere la domenica come giorno fisso per gli aggiornamenti... spero che l'ispirazione torni in fretta e che non vi dovrò fare aspettare troppo!
A presto! ;-)
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