33. Mia... soltanto a metà
Una volta in macchina, è Alex a ricordarmi di dover indossare la cintura di sicurezza, così come fa da sempre perché io tendo ogni volta a dimenticarmene. Ho dovuto togliere il cappotto per evitare di sgualcirlo visto che, da casa nostra all'ufficio in cui lavora Alex in centro Milano, ci vogliono almeno quaranta minuti di macchina.
A essere sincera, questo lavoro Alex me lo aveva già offerto quasi un anno fa, quando era appena salito di grado nell'azienda per cui lavora da diversi anni, nonostante la sua giovane età; ma io lo avevo rifiutato perché volevo provare a cavarmela da sola.
Tentativo evidentemente fallito.
Avendo Alex raggiunto la massima votazione all'esame di maturità, e soprattutto vista la sua praticamente impeccabile carriera scolastica nel corso degli anni, il preside della nostra scuola aveva voluto dargli una mano per il suo futuro lavorativo; e così, parallelamente all'università di Lingue Straniere che Alex ha frequentato per tre anni insieme me, il preside era riuscito ad aiutarlo a inserirlo come stagista nell'azienda della propria famiglia già durante l'estate dopo il diploma. Il preside aveva sempre nutrito una profonda stima nei confronti di Alex, nonostante quello che era venuto a scoprire su di noi e sulle lunghe assenze di mio fratello nei periodi in cui era tornato dall'Inghilterra; ma, così come aveva fatto la professoressa Ferrari, lui non aveva più fatto cenno ai nostri trascorsi per tutto il periodo scolastico. Agli occhi del mondo e nella realtà, noi due ci eravamo divisi definitivamente, e questo sembrava essere bastato per placare animi e dicerie di ogni sorta.
A volte, mi sembrava che quello che era successo con loro due, i discorsi a proposito dei loro avvertimenti e ciò che avevo visto tra lui e la professoressa, fossero stati rilegati soltanto nei miei ricordi... come se non fossero mai realmente avvenuti.
Il preside, sapendo quanto meritevole fosse mio fratello, sempre ligio al dovere e controllato in quello che faceva, lo aveva inserito in uno stage nell'azienda per permettergli di imparare il mestiere; di conseguenza Alex, oltre allo studio per gli esami all'università, dovette passare diverse ore al giorno negli uffici come assistente del capo, il direttore Lamberti. Ricordo bene Alex durante gli anni dell'università: era sempre molto stanco e stressato dallo studio e dal lavoro, ma tutta la fatica e l'impegno che aveva impiegato in quegli anni, gli hanno fruttato l'essersi ricavato un posto di lavoro fisso dentro l'azienda ancora prima di essere assunto ufficialmente. In un anno scarso, era riuscito a salire di posizione molto rapidamente, soprattutto perché il direttore lo aveva subito preso in simpatia e lo usava come suo braccio destro per tutte le faccende, anche quelle più importanti. Tutti noi ci stavamo convincendo che un giorno, quando il direttore della filiale si sarebbe ritirato, allora sarebbe subentrato Alex al suo posto. E io sarei stata solamente felice per lui perché se lo meritava.
Ma in tutto questo, molte volte la Coppia aveva chiesto ad Alex perché, visto il lavoro fisso che non era poi così vicino a casa, non prendesse un appartamento in centro e andasse a vivere da solo. Ora ha ventisei anni e i soldi con il ruolo che ricopre nell'azienda di certo non gli mancano; ma lui ha sempre ignorato quelle parole, paventando scuse diverse che, nella realtà, non hanno né capo né coda. Potrebbe sembrare un mammone, un vigliacco che cerca di vivere ancora sulle spalle dei suoi genitori oltre il termine consentito, ma... io so qual è il vero motivo. Alex è rimasto per me. Sa che con i contratti a termine dei miei lavori passati, non mi sarei mai potuta permettere un appartamento da sola; sa che sono costretta a rimanere in casa con la Coppia fino a che non trovo un lavoro decente e lui, dopo avermi abbandonata per tutti quei mesi per andare in Inghilterra, ora cerca sempre di dedicarmi tutto il tempo possibile, quasi volesse cancellare la sua assenza nel passato.
E poi, c'è sempre il problema che conosciamo bene e che un giorno o l'altro saremo costretti ad affrontare: non potremmo rimanere in casa con la Coppia per sempre; prima o poi, dovremmo andare a vivere da soli e iniziare le nostre vite da adulti, ma noi non vogliamo ancora farlo; continuiamo a non pensare al momento in cui dovremmo dividerci, perché sappiamo bene che le nostre vite, a quel punto, si allontanerebbero definitivamente. Non possiamo di certo andare a vivere insieme io e lui, ognuno con il proprio lavoro... parrebbe troppo strano ai nostri genitori e, nonostante gli anni passati, Alex non ha mai più voluto affrontare l'argomento di rivelare quello che abbiamo trascorso insieme. Ormai tra di noi non c'è più la relazione che avevamo un tempo, che cosa dovremmo dire loro ormai?
Lo squillo che fuoriesce dalla borsa mi rende noto l'arrivo di un messaggio; prendo il telefono e leggo il messaggio di Andrea.
Ho bisogno di vederti, Sara. Sei sparita e non mi hai nemmeno lasciato il tempo di spiegarti come stavano le cose.
Ti prego, ho bisogno di parlarti.
Solo il pensiero di Andrea mi fa innervosire così, anche se so che vedrà la spunta blu della visualizzazione, metto via il telefono in borsa senza rispondergli e torno a guardare fuori dal finestrino, senza pensare a lui. Il problema è che, nonostante io mi sforzi di sentirmi superiore e non toccata da quello che mi ha fatto, so bene che non riuscirò mai a ignorare ogni cosa; in fondo, nemmeno Andrea mi sarà mai indifferente e per quanto io possa provare a concentrarmi solo su una parte del mio cuore, quella parte che ora sta guidando nel traffico al mio fianco, non posso fare a meno di sentire la continua presenza dell'altra metà.
Mentre la macchina procede lentamente nel traffico rallentato, tra uno strato leggero di nebbia e uno meno sottile di neve bagnata e fangosa che è caduta nella notte, Alex tiene lo sguardo fisso davanti a sé. Per un osservatore esterno, questo potrebbe significare concentrazione, ma io riesco a vedere la sua mascella contratta, il modo in cui si mordicchia la parte interna della guancia, e questo mi comunica soltanto che è teso e pensieroso.
« Sei arrabbiato con me? » gli chiedo vedendolo così silenzioso.
Aspetta qualche secondo prima di rispondere, come se fosse indeciso se mentirmi o confessare la verità. Alla fine, è la verità ad avere la meglio. « Sì, non fare la finta tonta ».
Alzo gli occhi al cielo. « E perché, di grazia? »
Grugnisce mentre è costretto a rallentare quando vede la coda di macchine imbottigliarsi nel traffico solito delle otto di mattina. « Lo sai già ».
Incrocio le braccia sotto al seno. « No, non lo so ».
« Quando fai così, sei insopportabile, Sara ».
« Mi vuoi spiegare o no, invece di parlare in codice?! »
E la sua risposta non tarda di certo ad arrivare. « Non mi lasci in pace, Sara, porca puttana! Mi sembra di essere tornati ragazzini, quando non mi mollavi un attimo e me ne combinavi di tutti i colori a ogni ora del giorno e della notte! » sbotta in tono duro e tagliente.
« Quante storie che fai... cosa avrei fatto stavolta? » chiedo con fare innocente, fingendo davvero di non capire a cosa lui stia facendo riferimento.
Volta appena la testa per guardarmi e poi torna a dedicare la propria attenzione alla strada. « Sara, è da ieri notte che continui a tormentarmi. Ti diverti? No, perché io non mi diverto nemmeno un po' ».
Sbuffo e inizio a mordicchiarmi un'unghia. Non mi è mai piaciuto quando mi faceva la paternale. « Stavo solo scherzando, Alex, smettila ».
« Scherzavi? » chiede alzando un sopracciglio e lanciando un'occhiata esterrefatta nella mia direzione. « Ti metti nel mio letto quasi completamente nuda, continui a toccarmi e a provocarmi come se non ci fosse un domani, e mi dici che scherzi? A me sembra che tu mi stia prendendo per il culo ».
Mi sembra di essere sotto interrogatorio, così finisco per agitare la gamba come faccio sempre nei momenti di stress. Non mi va di parlare di questo argomento qui in macchina, ho bisogno di aria. « Lascia perdere, sono solo una stupida e nient'altro. Mi dispiace di averti infastidito così tanto ».
Il suo profondo sospiro è seguito da una sterzata improvvisa che porta la macchina ad accostarsi rapidamente sul ciglio della strada, occupando una piazzola di sosta microscopica sulla tangenziale. « Che cazzo combini? Mi hai fatto prendere un colpo! C'è pure la neve, potevamo sbandare! ».
Alex tiene ancora le mani salde sul volante, poi le stesse scendono a sfilare la cintura per voltarsi a guardarmi più agevolmente. « Sei sempre stata un po' tarda, ma non credevo fino a questo punto ».
Spalanco gli occhi e sto per schiaffeggiarlo con forza, così come ho sempre fatto fin da quando eravamo bambini, ma lui mi blocca la mano a pochi centimetri dalla sua guancia. Mi tira verso di lui e resta a fissarmi, i suoi occhi a pochissima distanza dai miei. « Ora basta giochetti, Sara. Sii sincera e non prendermi ancora in giro ».
« Io non ti prendo in giro », riesco a dire in un soffio incerto.
Il suo respiro arriva senza difficoltà sulle mie labbra, sulla mia pelle improvvisamente dimentica del freddo. « Ah, no? »
Scrollo piano la testa, completamente soggiogata dal suo sguardo. Sento la sua presa farsi più decisa sul mio polso e il mio corpo seguire la direzione che sta dettando tirandomi appena verso di lui. Alex avvicina le sue labbra alle mie e io sto già per socchiudere gli occhi nell'aspettativa di quello che verrà, quando il tatto finisce per inviarmi informazioni contrastanti. Sento le sue labbra muoversi lente e quasi esitanti, ma non sulla mia bocca dove mi aspettavo di trovarle, ma sul collo. Percepisco il colletto della sua camicia che mi solletica la spalla, la sua lingua che percorre lentamente la strada fino al mio orecchio, dove la sua voce ritorna a farsi sentire. « Sara, non metterti mai contro di me. Sono il fratello maggiore, ricordi? E io ho sempre ragione ».
Quella voce, in arrivo direttamente dalla sua gola e penetrante fino al centro del mio cervello in subbuglio, insieme al suo tocco delicato, sono una miscela esplosiva. Gli passo una mano sulla nuca e lo avvicino ancora di più, ma al mio gesto irruente si ferma e si fa più indietro per staccarsi da me.
« Alex, io ti voglio, non riesco più a pensare ad altro », quasi mi ritrovo a gemere per la frustrazione quando torna a guardarmi negli occhi, lo sguardo colmo di desiderio represso.
Ma Alex scrolla subito la testa, fingendo una freddezza che non prova, ma che sono anni che si è perfezionato nel mostrare verso di me. « Lo sai che non voglio, Sara. Dopo quello che è successo io... io non penso ad altro che ti ho fatto del male e non me lo perdonerò mai ».
« Ma è successo tanto tempo fa, Alex. E io lo so che non lo volevi fare davvero; eri ubriaco ».
Il suo sguardo pare intristirsi alle mie parole. « Non devi essere così buona con me. Non me lo merito ».
Gli prendo il viso tra le mani e lo guardo intensamente, anche se lui tenta di evitarmi. « Tu ti meriti tutto, Alex. Non sei mai stato cattivo. Hai fatto degli sbagli e anche io ne ho fatti, ma vorrei che potessimo finalmente passarci sopra ».
La sua testa si atteggia di nuovo in segno negativo. « Non possiamo sapere come sarà e lo sappiamo entrambi come finirebbe; io... io non sono cambiato del tutto. Sto provando a trattenermi e a moderarmi, ma dentro sono fatto così come mi hai sempre conosciuto: sono impulsivo e ho bisogno di controllare tutto... persino te, così come ho cercato di fare in passato; ho paura di cadere di nuovo nello stesso sbaglio. Non posso, è già successo una volta e non posso finire per perdere così il controllo ».
Ricordo bene quei momenti, il male che ci siamo fatti, il modo che aveva di cercare di controllarmi in tutti i modi possibili, e di certo quel lato di lui non mi era mai piaciuto.
Il fatto è che io e lui siamo come fratelli e, se gli stessi atteggiamenti, le stesse richieste e provocazioni le avessi ricevute da qualsiasi altro uomo sulla Terra, io le avrei rifiutate in blocco compatto.
Ma lui è Alex, io e lui siamo cresciuti insieme; gli scherzi dell'infanzia e i giochi maneschi ai quali ci siamo dedicati fino all'adolescenza hanno cambiato ogni cosa; il nostro rapporto è sempre stato fisico e carnale, in ogni modo in cui l'età passata ce lo proponeva, e la confidenza che abbiamo sempre avuto tra di noi, in qualità di membri della stessa famiglia, ci ha alla fine permesso di sopportare tutti i nostri difetti e i nostri sbagli, qualunque essi fossero.
Le mie mani stanno ancora cercando di trattenere il suo viso per mantenere il contatto tra i nostri occhi. « Ma ora siamo adulti, sarebbe tutto diverso ».
« Che cosa sarebbe diverso, Sara? Questo? » chiede osservando il reggicalze che spunta appena dalla mia gonna che si è sollevata sulle gambe. « Questi strumenti diabolici che un tempo non ti sognavi nemmeno di indossare? Dio, Sara, da quando ti ho vista in camera non riesco a pensare ad altro ».
« Sarebbe diverso perché sapremo trovare un limite; avevamo solo sedici anni... non commetteremo gli stessi sbagli ».
La sua mano resta a giocare con il reggicalze, quasi ne fosse rapito. « Forse tu... ma io non lo so se ci riuscirei ».
Gli alzo il viso di nuovo con entrambe le mani. « Dammi una possibilità ».
Mi avvicino a lui e gli bacio una guancia. « Soltanto una... », mormoro prendendo a tracciare con le mie labbra la strada sulla pelle liscia e profumata di dopobarba, arrivando lentamente fino a pochi millimetri dalla sua bocca. « Non chiedo altro ».
Sento il suo respiro sparire improvvisamente, la sua presa sulla mia coscia farsi più intensa. L'ultimo centimetro che resta dall'unione delle nostre labbra deve essere il suo, perché io lo so... in tutto questo, deve essere lui a volerlo fino in fondo. Ma ora non è il suo viso a muoversi, quanto la sua mano che, percorrendo il disegno del pizzo delle calze, circonda la coscia e inizia a salire verso l'inguine, nascondendosi sotto l'ombra della gonna.
« Sai che non smetto di sognarti ogni notte da allora? » sussurra sulle mie labbra, alzando finalmente gli occhi per incontrare i miei, mentre la sua mano arriva ad accarezzarmi fino al limitare delle culottes. « E io non rinnego nessuno di quei sogni; immaginare di averti di nuovo, di poterti toccare e possederti come quei giorni è la cosa più bella che io possa desiderare dal mio sonno, quando di giorno non posso averti ».
Sento le sue dita percorrere il bordo della stoffa in pizzo delle culottes e ritrovo il suo sorriso soddisfatto quando realizza che non riesco più a tenere le gambe unite a quell'intrusione inaspettata; dopo tanto vagare, finalmente sento la sua mano posarsi delicatamente sopra la stoffa lavorata, premendo appena come per chiedere un permesso per la loro presenza, un permesso che io avevo già dato prima ancora che me lo chiedesse.
« Ti ricordi quando la mattina mi risvegliavo eccitato non soltanto dalla tua presenza accanto a me? »
Annuisco con estrema lentezza, assaporando le sue carezze sempre più intense e socchiudendo gli occhi per concentrarmi sul suono delle sue parole. « Oppure, quando ti raccontavo dei miei sogni, e poi la mattina giocavamo a ricrearli insieme... e riuscivi a rilassarmi come nessun'altra cosa al mondo è riuscita a fare mai? »
Con un balzo leggero, la sua mano si infila svelta sotto il pizzo delle culottes e inizia a cercarmi con sicura familiarità, a cercare quel luogo che nessun altro ha mai conosciuto bene quanto lui. Alex lo trova subito e mi guarda con muta attenzione quando entra dentro di me, mentre io riesco soltanto a gemere e a sospirare sotto i suoi movimenti sicuri. « Sara, tu non hai la minima idea dell'effetto che mi fai ogni fottutissimo giorno della mia vita... io potrei impazzire di nuovo se superassimo quella linea che abbiamo tracciato anni fa », afferma in un sussurro al mio orecchio, il mio bacino che pare seguire istintivamente i movimenti ritmici e sempre più rapidi delle sue dita, sempre più in profondità. « E questo, quello che ti faccio tutte le notti, quello che non hai mai raccontato a quei cretini dei tuoi ex, a quel coglione di Andrea... il sentirti ansimare sotto le mie dita, sotto la mia lingua... questo è niente, perché so di poterlo controllare ».
« Alex, io voglio di più.... Questo non mi basta più », riesco soltanto a dire mentre mi avvicino al punto di non ritorno, con quella maestria nel giudicare e guidare il mio corpo che non ho ritrovato mai in nessun altro uomo. Le sue dita continuano il movimento e io resto a fissare il suo sguardo attento e rigido, l'elemento in aggiunta che non posso fare a meno di ricercare ogni volta per permettermi di raggiungere il limite. Appoggio la schiena al sedile e mi lascio infine andare, chiamandolo in un sospiro mentre gli artiglio l'avambraccio, in una supplica di avvicinamento e allo stesso tempo allontanamento.
Si avvicina a me, chinandosi appena per lasciarmi un veloce bacio sulle labbra quando percepisce il mio respiro in via di ritorno alla normalità. « Io non posso darti nient'altro, Sara. Non posso rischiare, questa cosa mi fa troppa paura e la sola idea di imboccare un sentiero di cui non conosco ogni svolta e immaginarmi la fine peggiore, con te che ti allontani definitivamente da me perché ti ho fatto male di nuovo... non posso sopportarlo, e allora voglio che restiamo così.
Voglio che resti mia... soltanto a metà ».
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Spazio Ape:
buona domenica! Spero che il capitolo vi sia piaciuto!!!
Diciamo che le cose tra Sara e Alex stanno tornando un po' come nel passato ma... vedremo come proseguirà!
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