32. La caccia
Canzone per il capitolo:
Suddenly I See – KT Tunstall
***************************************
I genitori di Alex non sono cambiati molto negli ultimi anni; a eccezione della generosa spolverata di capelli grigi che Luisa si rifiuta di voler coprire con la tinta, sono sempre i soliti intellettualoidi studiosi e chiusi di sempre; sono una coppia inossidabile e indistruttibile e, se non fosse per il pessimo gusto nel vestire di lei e nell'anonimità generale che caratterizza lui, sarebbero i protagonisti perfetti di una fiaba alla e vissero per sempre felici e contenti.
Alcuni cambiamenti, però, sono avvenuti in loro, soprattutto nel modo in cui si relazionano con me; dopo l'assenza prolungata di Alex, loro hanno dovuto convogliare le loro misere attenzioni di genitori solo sulla sottoscritta e, con l'aggiunta che di punto in bianco avevo iniziato a studiare e ad aumentare le mie medie scolastiche, sembrava che stessi riuscendo lentamente a entrare nelle loro grazie. Pian piano ero riuscita a sciogliere tutti i blocchi che trattenevo verso di loro, avevo imparato a non prendermela per il loro modo asettico di trattarmi e, nonostante ancora adesso io rimanga convinta che viga una disparità di trattamento tra me e Alex, ho imparato con il tempo a passarci sopra, a non fargliene una colpa eccessiva. Con gli anni ho capito che, forse, il loro modo di trattarmi è stato una conseguenza naturale al fatto di essersi ritrovati per casa una bambina che, un tempo, non era stata affatto un soggetto facile con cui trattare: da piccola dipingevo i muri con i pennarelli, addobbandoli di frasi sconce e parolacce; infastidivo Alex e il cane, facevo i capricci di continuo per futilità, andavo male a scuola e tutto il mio caratterino si evidenziava in maniera esponenziale per il mio essere così diversa dal bimbo perfetto con cui condividevo la casa e il letto d'infanzia.
Il culmine del loro amore e stima nei miei confronti, però, lo raggiunsero il giorno in cui avevo annunciato di essermi iscritta all'università, evenienza che non avevano mai e poi mai immaginato nemmeno nei loro sogni più sfrenati. E il merito della mia scelta e della svolta nella mia vita non era stato soltanto mio, del mio studio e del mio impegno... gran parte era stato merito della professoressa Ferrari.
Dopo i primi giorni in cui Alex era sparito, la professoressa di Inglese mi aveva chiesto di restare a scuola per mezz'ora dopo l'orario tutti i giorni, con la scusa di aiutarmi con le lezioni. Ovviamente, io non avevo nessun bisogno di aiuto in inglese perché era l'unica materia nella quale avevo sempre fatto meno fatica; e infatti, in quei momenti riservati solo a noi due, non parlavamo di certo di scuola. Lei mi ha dato una grossa mano a capire meglio la vita, le sfide che avrei dovuto affrontare; parlavamo a lungo di ciò che mi caratterizzava, in bene nei miei punti di forza, e in male nelle mie debolezze. Mi ha aiutato a passare uno dei momenti più difficili della mia adolescenza e, dopo essersi resa disponibile ad aiutarmi a recuperare tutte le materie insufficienti, anche se non competevano con la sua, e ad avermi indirizzata a scegliere la facoltà di lingue straniere, siamo rimaste in contatto per parecchio tempo in seguito al diploma.
Ma, ancora adesso, nessuno è mai venuto a scoprire di quel perdindirindina galeotto e nemmeno in quei momenti di riservatezza dopo la scuola, noi ne parlammo mai: fingevamo che non fosse successo nulla.
Nonostante ora non abbiamo più avuto l'occasione di sentirci telefonicamente e vederci da qualche mese... in qualche modo, è come se restassimo collegate dai nostri piccoli segreti.
Al mattino, scendo le scale con uno sbadiglio in atto e arrivo al piano di sotto. La Coppia adesso è in cucina, entrambi vestiti e in procinto di uscire per recarsi in università, puntuali come sempre. Alex, nel frattempo già quasi pronto, si aggira in pantaloni eleganti e camicia azzurra semi sbottonata e con la tazzina del caffè sotto il naso.
« E quanti giorni starete via? » chiede a Luisa.
Con il solito andamento lento e assonnato che caratterizza ogni mio risveglio, trascino me stessa e le mie ciabatte in giro per la cucina alla ricerca di latte e cereali e del santo caffè, senza il quale solitamente la mattina non connetto nemmeno per pronunciare un paio di sillabe in sequenza.
Ma stamattina, quel "quanti giorni starete via?" mi fa soltanto rizzare le orecchie per la curiosità. Come è sempre capitato, ancora adesso i genitori di Alex si devono assentare per partecipare o tenere convegni e conferenze in diverse facoltà d'Italia; e ora, mentre mi sveglio con calma e lentezza, inizio a pensare alle conseguenze del fatto che entrambi saranno via di casa per qualche giorno. E io e Alex avremo del tempo tutto per noi.
« Non molto, tre giorni, massimo quattro », spiega Luisa, tutta impegnata a mettere ordine nella sua valigetta sempre ricolma di fogli e dispense dei corsi.
« Come per gli altri convegni », aggiunge Gianluca.
Alzo un sopracciglio e proseguo nella preparazione della mia colazione. Per loro è sempre stato così: uno che finisce le frasi dell'altro; nell'ottica di due secchioni sfigati troppo cresciuti, il loro può definirsi come il prototipo di coppia più smielata mai esistita sul pianeta Terra; quando poi iniziano a snocciolare battutine amorose, dette con la loro solita freddezza e intercalate da accenni scientifici alle ultime scoperte, allora la questione tende a farsi decisamente seria e al limite del nauseante.
Fingo di non ascoltare e mi metto a versare il caffè che ha già preparato Alex anche per me; nonostante possediamo da un paio di anni una macchinetta del caffè super moderna, io resto sempre attaccata al buon vecchio caffè con la moka. Lui lo sa e, anche se non lo beve più da anni, lo prepara tutte le mattine solo per me.
« Allora, Sara, Alex mi ha detto che ti sei fatta licenziare di nuovo », inizia a dire Gianluca; si è messo a fissarmi con le braccia conserte e gli occhiali appena calati sul naso.
Prendo un respiro profondo e ritorno a versarmi il caffè che era rimasto a mezz'aria. Prima del mio caffè, io non parlo mai la mattina; ormai dovrebbero saperlo.
« Sara? Tuo padre ti ha fatto una domanda », si intromette Luisa.
Sto per ribattere qualcosa nel tono più acido che conosco, ma Alex mi precede appena in tempo. « Le ho già detto che oggi verrà con me in ufficio. Ho bisogno di una segretaria al piano di sotto, nell'ufficio comunicazioni con l'estero ».
« Oh, bene... sarebbe anche ora di trovare un lavoro adatto agli studi che hai fatto », è il commento conseguente di Luisa, che decide di lasciarmi perdere per evitare litigi inutili.
Mi siedo a tavola e, sempre in religioso silenzio, inizio a fare la mia colazione; per fortuna, la Coppia non commenta ulteriormente e se ne va salutando tutti in maniera generale.
Aspetto un paio di minuti, inconsapevolmente puntando lo sguardo verso il portone nell'attesa di vedere entrare Nana, il nostro San Bernardo che ci ha lasciati solamente due anni fa, dopo una longevità a dir poco straordinaria per un cane della sua stazza. Dopo di lei non ho più voluto avere cani ma, ogni mattina, non posso fare a meno di immaginarla entrare con la sua solita andatura lenta e pesante, come quando ne approfittava per entrare nel tepore della casa quando non c'era più la Coppia a impedirle di stare con noi. Sconsolata dalla realtà, alzo infine gli occhi e scruto Alex che, però, evita il mio sguardo, restando in piedi a guardare le notizie al telegiornale.
« Perché glielo hai detto? » domando posando la tazza di cereali sul tavolo con stizza.
Alex non mi degna di uno sguardo e, dopo aver lasciato la tazzina nel lavandino, prende a chiudersi i polsini della camicia azzurra che indossa. « Perché, volevi nasconderglielo come quando prendevi un brutto voto a scuola? Loro si preoccupano per te, Sara. E in ogni caso, sarebbero venuti a scoprirlo comunque. Non rompere ».
Sta litigando da circa venti secondi con il polsino destro, visto che lui con la mano sinistra non riesce a fare assolutamente nulla. Mi avvicino e mi metto ad abbottonarglielo io stessa con irritazione, innervosita dai suoi modi. Lo ha sempre fatto, proteggermi e starmi addosso di continuo, e quel vizio non è mai riuscito a toglierselo; in tutto il suo tenersi continuamente a distanza e sottocontrollo, ha preso a tenere sottocontrollo anche ciò che lo circonda; ma l'imprevedibilità che mi caratterizza, i miei modi di rispondere e le mie reazioni improvvise, per lui sono rimaste ancora fuori dalla sua portata. Ci aveva provato in passato a controllarmi completamente, e nell'ingenuità della mia giovinezza lo avevo lasciato fare, dando a lui quasi completamente il controllo della mia vita e delle mie decisioni. Ma quel tempo, il tempo delle rose gettate e delle promesse date senza pensare alle conseguenze, ormai è finito. Siamo cresciuti entrambi, in mezzo alle rotture con Andrea io ho avuto avventure estemporanee con altri ragazzi e, con il tempo, ho imparato a capire come destreggiarmi con gli uomini e, soprattutto, con Alex.
« Potevo dirglielo io, non sono più una bambina », borbotto prima di tornare a sedermi.
Alza gli occhi al cielo ed esce dalla cucina con uno sbuffo. « Vedi di muoverti a cambiarti; ho già avvisato Lamberti per il tuo colloquio e non voglio che fai tardi il tuo primo giorno ».
Ingurgitando tutto alla velocità della luce, torno in camera mia e cerco di prepararmi il più velocemente possibile... beh, al massimo della velocità che il mio animo ben poco mattiniero mi permette; il problema nella mia preparazione, però, è che negli anni sono molto cambiata.
Nell'adolescenza ero la donna meno femminile esistente: niente trucco, scarpe da ginnastica e tute erano all'ordine del giorno; e se qualcuno mi faceva notare che io fossi una ragazza e non un incrocio mal riuscito di cromosomi XY, faceva una fine non gradevole. Di conseguenza, la mattina non avevo mai impiegato molto tempo per prepararmi per andare a scuola.
Crescendo, invece, ho imparato a conoscermi meglio e, forse, ad apprezzare maggiormente il mio corpo; a parte tutte le persone che mi hanno sempre fatto notare che con il mio fisico avrei potuto tranquillamente posare come modella o persino sfilare, essendo magra e finalmente cresciuta abbastanza dagli scarsi centimetri che avevano caratterizzato la mia adolescenza. Assumendo nel corso degli anni le normali forme di ogni donna, ho capito che posso risultare affascinante agli occhi di molti uomini, fattore che varie volte ho dovuto ammettere mi sia risultato parecchio utile. Così, ho iniziato a vestirmi in maniera più femminile, fine ed elegante, prediligendo abiti e gonne rispetto alle vecchie tute; non che quelle siano sparite, è solo che le lascio per occasioni familiari e in casa.
« Sei pronta, cazzo? » sento tuonare Alex fuori dalla porta della mia camera, per l'ennesima volta negli ultimi dieci minuti.
Sbuffo e torno a guardarmi allo specchio, ignorando il suo insistente bussare. « Che palle, Alex; sì, ho quasi finito, mi sto pettinando », borbotto cercando di mettere a posto le onde create dai bigodini termici. Ho i capelli sempre abbastanza piatti e senza volume, e questi aggeggi fanno proprio al caso mio; ormai, non esco più di casa senza essermi fatta la piega.
Sento uno sbuffo e poi la porta si spalanca di colpo. Alex entra dentro, il mento puntato in alto mentre termina di aggiustarsi la cravatta. Resto sempre sorpresa nel notare quanto per il mio corpo, nonostante gli anni che avrebbero dovuto lasciarmi abituare alla sua vista, lui risulti sempre affascinante e bello. Oggi indossa un completo grigio molto scuro, la camicia color carta da zucchero e la cravatta abbinata, e devo ammettere che anche Alex ha cambiato parecchio il suo modo di vestire negli anni: è passato dalle felpe e dai pantaloncini che ricordavano sempre la sua passione per il basket, alle cravatte e ai completi eleganti che richiede ora il suo lavoro; ora Alex è a buon punto per ricevere la promozione come vicedirettore nell'azienda che controlla una delle maggiori catene di produzione di articoli di arredamento del nord Italia. « Cazzo, Sara, farai fare tardi a tutti e due. Il signor Lamberti, nonché il mio capo se te ne fossi dimenticata, arriva alle otto in punto e sono quasi le.... »
Ma il resto delle sue parole rimane bloccato all'interno della sua bocca spalancata, le labbra a formare una grande e buffissima O.
Sorrido soddisfatta, osservandolo dal riflesso dello specchio, e riprendo a pettinarmi. « Che c'è? Il mio gatto invisibile ti ha mangiato la lingua? »
Boccheggia qualche istante, le mani ancora annodate nella cravatta, e accarezza con gli occhi il mio corpo ancora seminudo dall'alto in basso per tre, quattro, forse cinque volte di fila; infine, trova le forze per riuscire a balbettare: « ma... ma cosa ti sei messa? »
Ah, già, ho dimenticato di accennare al fatto che il mio modo di vestire è cambiato anche per altri aspetti, soprattutto per quanto riguarda l'intimo. Solo fino a un paio di anni fa era già tanto se conoscessi la differenza tra reggiseno a balconcino e a triangolo, mentre ora, dopo aver lavorato in un negozio specializzato, lo stesso dal quale mi hanno appena licenziata, sono fiera di potermi considerare un'esperta e una valida promotrice dell'intimo provocante. Lo indosso sempre oramai, senza alcun secondo fine, persino quando vado a fare la spesa. Ormai è diventata una fissazione.
E poi, ai miei ex ragazzi, e soprattutto ad Andrea, è sempre piaciuto questo aspetto nascosto di me, così l'ho mantenuto.
Alex si appoggia con la mano allo stipite e prende un respiro profondo, senza staccarmi gli occhi di dosso.
« A cosa ti riferisci? Al reggicalze, al reggiseno o alle culottes in pizzo? » domando con un gran sorriso, finendo di mettermi il rossetto sulle labbra.
Quell'espressione estasiata, a metà strada tra il tormento e la soddisfazione, mi manda letteralmente su di giri.
« Ma tu... ma tu... cioè, tutti i giorni tu vai in giro con quella roba sotto ai vestiti?! »
« Certo... non lo sapevi? » mi volto verso di lui e resto a fissarlo con aria sicura.
E i suoi occhi non arrivano ancora a posarsi sul mio viso. « Certo che non lo sapevo... quando ti infili nel mio letto di notte, indossi solo i tuoi stupidissimi pigiami ».
« Stanotte, tecnicamente, indossavo solo la maglia del pigiama, e nient'altro ».
Alza gli occhi al cielo e finge di ignorarmi. « E vorresti venire in ufficio con quella roba sotto ai vestiti? »
Alzo le spalle. « Ovviamente ».
« Non ci pensare nemmeno », dice con voce stridula.
« Vorresti impedirmelo? » domando alzando un sopracciglio con aria scettica.
« Tu a lavoro così non ci vieni. Devo già farti il colloquio con il capo e se devo pure pensare a che cosa indossi li sotto io... io... »
« Io? » lo incito.
« Cambiati. Ora », ordina.
Mi avvicino alla sedia per afferrare la mia gonna color crema e, guardandolo con aria di sfida, inizio a indossarla.
Alex prende un respiro profondo e, guardandosi intorno con aria sconfitta, si fionda ad afferrare la mia camicetta bianca appoggiata sul letto; e mentre compie tutti questi gesti, continua a tenere lo sguardo basso per evitare di incrociare il mio sguardo. O il mio corpo.
« Sei una stronza. Forza, vestiti, siamo in ritardo ».
Quando sfioro la sua mano nel prendere la camicia che mi sta porgendo, noto che il brivido che è risalito su per il mio braccio non è sbocciato in solitaria, e vedo Alex allontanarsi da me quasi con uno scatto, come se lo avessi colpito con della corrente elettrica.
Alex si allontana guardandosi i piedi, poi si ferma sulla porta e resta a fissarmi ancora qualche secondo mentre mi vesto. Cerco di fingere di non vederlo, ma nella mia testa sogghigno di soddisfazione. Lo so, mi sento tanto nella caccia del gatto con il topo, ma non posso farne a meno. Io e lui abbiamo sempre mantenuto un'intimità particolare, qualcosa che nessun altro fratello e sorella ha mai sviluppato. Ma il passo più importante, quello che comunque entrambi desideriamo con più o meno timore, lo abbiamo accantonato tempo fa per costruirci le nostre rispettive vite, per andare avanti; io ho trovato dei compagni, alcuni temporanei come qualche avventura con i ragazzi conosciuti in università, altri più duraturi, così come Andrea, che è sempre stato presente nella mia vita; Alex, dal canto suo, non ha più avuto nessuna donna, per lo meno ufficialmente. Di certo, io non gli ho mai chiesto nulla in proposito perché so che ne soffrirei soltanto, e lui del resto non me ne ha mai parlato. Forse ha avuto qualche avventura anche lui, ma nulla che deve essere durato più di qualche giorno.
Io e Alex siamo progrediti nelle nostre vite su due binari paralleli, fingendo che tra di noi non fosse successo nulla di più che qualche innocente bacio; ma ora io non riesco più a resistere, a stargli lontana. Ecco perché, nonostante io stia ancora silenziosamente soffrendo per il tradimento di Andrea, riesco a non pensarci quanto la situazione dovrebbe suggerirmi.
Ora, finalmente, mi sento libera da quegli occhi antracite che per anni mi hanno tenuta legata a lui, e questa ondata di libertà improvvisa mi percorre come una continua corrente elettrica che mi trascina inesorabilmente verso di lui. Come se l'ultimo ostacolo che si fosse interposto tra di noi fosse stato finalmente tolto.
Alex resta a fissarmi ancora per qualche momento, in piedi dalla porta della mia camera, e per un istante sono quasi convinta di vederlo venire verso di me; poi, però, fa un passo indietro e, con un profondo sospiro di rassegnazione, esca dalla stanza.
***************************************
Spazio Ape:
Rieccoci ufficialmente nel presente... e pensare che, quando avevo iniziato a scrivere questa storia, avevo pensato di scrivere solo una decina di capitoli nel passato e che sarebbe stata una storia breve.... Ehehehe
Fatemi sapere cosa ne pensate del capitolo e della storia... ci tengo a leggere i vostri commenti perché mi servono per migliorarmi ;-)
Molti di voi mi hanno chiesto se posso velocizzare gli aggiornamenti, ma purtroppo non riesco più di una volta a settimana... aggiorno in settimana già molte altre storie e non ho proprio il tempo!
Un abbraccio e ci rivediamo domenica prossima! :-)
Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro