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31. Di nuovo il 3 dicembre

3 dicembre 2015...

« Sara? » mormora Alex tra le mie labbra, sempre più desiderose, sempre più avide di lui e di quello spiraglio che mi aveva appena concesso.

È ancora notte, è ancora dicembre, ma non ho più freddo come quando sono arrivata nel suo letto. Cerco di riprendere fiato quando lui si stacca da me con lentezza e difficoltà; sento il modo con il quale continua a stringermi al suo petto senza volermi davvero lasciare andare, sento come le sue labbra cercano lo stesso di mantenere un minimo contatto con le mie nonostante il suo tono di voce ammonitore, e soffro profondamente per il distacco. Perché, in fondo, so bene che cosa mi voglia dire pronunciando il mio nome in quel modo.

« Non dirmelo », mi ritrovo a gemere in risposta.

Provo a ritornare a dove ero rimasta, passandogli le dita tra i capelli morbidi e riportando la sua bocca sulla mia con possesso rivendicato, ma lui si allontana definitivamente e si mette a sedere nel letto. « Mi dispiace, Sara; lo sai che non voglio... non quello che vuoi tu ».

Lo guardo alla flebile luminescenza del lampione esterno che illumina la stanza con la sua luce fredda e distante; tiene la fronte aggrottata e l'espressione concentrata di chi sente un estremo bisogno di mantenere il controllo e io, sconfitta da tutto ciò che ho cercato di mettere in piedi per provare a convincerlo a darmi qualcosa di più, butto nuovamente la testa sul cuscino tirando un lungo sospiro esasperato. Se fosse stato qualsiasi altro ragazzo sulla faccia della terra, ora mi starei infuriando come non mai; mi sentirei profondamente frustrata per questo rifiuto che arriva nel momento in cui ci eravamo più scaldati ma, anche se non posso reputarmi felice e soddisfatta, lo capisco. Non posso dire nulla, so bene ciò che lo blocca e il ricordo del passato, nonostante siano trascorsi ormai quasi dieci anni dal pomeriggio del capolinea della nostra storia, non è mai svanito dalla nostra mente. Non posso di certo dire di non aver più ripensato a quei momenti perché il male c'è ancora, nonostante gli anni che mi dividono da quel giorno; eppure tutto si è affievolito con il tempo e il desiderio di tornare con lui è diventato ormai troppo intenso da poter essere ignorato.

Rivoglio il mio Alex, così come eravamo stati un tempo. Voglio ricominciare da capo, voglio cancellare tutto il passato e provare di nuovo a cercare qualcosa di più con lui; lo voglio adesso perché siamo adulti: abbiamo venticinque anni ed entrambi siamo molto cambiati, siamo maturati e sono certa che non commetteremo più gli stessi errori.

« Non dire almeno che non lo vuoi », gli dico borbottando con le braccia conserte, « il piccolo Alex ti direbbe che sei poco credibile ».

Alex sbuffa profondamente. « La smetti di chiamare il mio uccello così? Per la miseria, solo tra noi uomini possiamo chiamarlo in certi modi. E poi, è una cosa da ragazzini ».

Grugnisco e punto lo sguardo al soffitto per impedirmi di prenderlo a ceffoni per il nervoso che, inevitabilmente, segue a ogni frustrazione. « Scusami, stavo solo cercando di stemperare il momento ».

« Certo che se non ti presentassi mezza nuda nel mio letto, sarebbe un buon modo per stemperare », mi ammonisce e il tono, almeno in parte, inizia a prendere una sfumatura scherzosa e divertita.

Mi innervosisco sempre quando lo vedo così freddo, così controllato. Alex era così istintivo un tempo, così vero e autentico... e ora, invece, sembra un disegno che cerca in tutti i modi di non uscire dai suoi bordi con i colori che lo caratterizzano, e che ormai lo lasciano sembrare come un mero schizzo in bianco e nero. « Tecnicamente, sono tutta nuda sotto la maglia, ma ok; se la cosa ti dà tanto fastidio ».

Mi copre meglio con il lenzuolo fino al collo e mi accarezza la guancia. « Lo sai che non mi dà fastidio... il problema è un altro ».

Sbuffo e prendo ad agitarmi sotto le coperte mentre gesticolo. « E allora, qual è il problema?

Alex, a quel tempo eravamo due ragazzini, non sapevamo nemmeno quali potessero essere le conseguenze delle nostre azioni. Ora siamo adulti e io non ci trovo niente di male a rilassarci un po'... non sarebbe bello? Senza pensieri, senza problemi... »

Alex scrolla la testa e si appoggia al cuscino accanto a me. « Sara, tu per me non sei solo un rilassamento, né tantomeno un passatempo... e non lo sarai mai ».

Sospiro con veemenza, arrabbiata con me stessa e anche con lui. Quanto mi odio quando finisco per rovinare tutto così. « Non volevo dire quello... comunque, è meglio che me ne torni in camera mia ».

Sto per alzarmi e andarmene, ma Alex mi trattiene per il polso. « Sara, resta con me, per favore... io...io... cazzo, io non voglio che succeda solo perché ti sei lasciata con quel coglione di Andrea », mormora distogliendo lo sguardo, « e soprattutto, non quando ci sono mamma e papà nell'altra stanza ».

Mi corico di nuovo e lui, puntualmente, mi copre con cura per non farmi prendere freddo. Mi abbraccia e spinge delicatamente la mia schiena contro il suo petto per adeguarci l'un l'altro, per dormire nella solita posizione che ci accompagna ormai quasi tutte le notti. Restiamo così qualche secondo, in silenzio, plasmandoci l'un l'altro e senza muovere un muscolo per paura di dover riprendere il gioco di prima.

Perché io sono istintiva e impulsiva, lo sono sempre stata e, anche se il mondo mi ha addomesticata con gli anni, ciò che celo dentro non è mai cambiato; e ora che ho scoperto, a causa di quel messaggio che ho trovato sul suo telefono, che Andrea mi ha tradita con un'altra, io l'ho voluto lasciare senza nemmeno sentire spiegazioni; l'ho fatto così, su due piedi, oggi pomeriggio quando abbiamo pranzato insieme e, nonostante il dolore che pulsa ancora nel mio cuore, il mio primo pensiero è stato quello di correre da Alex... l'orgoglio è ferito, ma per ora cerco di non pensarci.

E oggi, per la rabbia dell'aver scoperto quel messaggio, ho finito per prendere a schiaffi una cliente estremamente maleducata che aveva preso a inveirmi contro in negozio perché non l'avevo salutata all'entrata. A essere del tutto sincera, quella non era una cliente normale... quella stronza biondo platino era Susan, la mia vecchia compagna di scuola che ormai si aggira in tailleur sempre coordinato e una quantità di puzza sotto al naso che basterebbe per riempire l'intero negozio di abbigliamento in cui lavoro... lavoravo, ormai. La stronza, dopo essersi ripresa dallo shock improvviso dello schiaffo che le ho mollato sulla guancia, me ne ha reso uno in risposta, e fortuna per lei che la mia titolare è subito intervenuta per dividerci, altrimenti tutta quella puzza sotto il naso gliel'avrei infilata con molta cura e godimento da qualche altra parte.

Ovviamente, sono stata licenziata in tronco, e ora resto a fissare la porta chiusa, con il corpo caldo di Alex contro la mia schiena, con le sue braccia che mi stringono e la sua mano che non perde occasione per accarezzarmi i capelli, le sue labbra di baciarmi di tanto in tanto silenziosamente la tempia, e ripenso alla ragazza che, per un breve periodo di tempo, ha rischiato di rovinarmi l'esistenza; ripenso ad Andrea e a quel messaggio, al fatto che probabilmente abbia iniziato a tradirmi chissà da quanto tempo e che io, in fondo, non dovrei sentirmi male; non dovrei essere gelosa perché so bene che con Alex il rapporto non è più rimasto platonico da tempo e che non dovrei essere ipocrita. Io e Alex non siamo mai andati oltre la linea che ha voluto tracciare, ma di certo i baci e le carezze non si sono più fermate sopra ai vestiti da parecchi mesi... quindi, posso davvero arrabbiarmi con Andrea per ciò che ha fatto?

E la mia testa non fa altro che rispondermi di sì, perché non posso farne a meno: il mio essere istintivo e irrazionale non è mai stato domato del tutto.

Ma il problema di fondo forse è un altro; in tutto questo tempo ciò che ho mantenuto in piedi con Alex, nonostante fossi fidanzata ufficialmente con Andrea, ha sempre ricoperto un significato ben diverso; nella mia testa e nei miei ragionamenti contorti, io non ho mai tradito Andrea con Alex. Forse pare stupido e infantile, e probabilmente anche tremendamente egoistico da parte mia, ma sono la mia testa e il mio cuore che dettano i miei pensieri, e io posso solo seguire ciò che mi suggeriscono. Nella mia impulsività, io ho sempre pensato di seguire le sensazioni di giusto e sbagliato che il mio corpo mi dava, e se sentivo il bisogno che mio fratello si prendesse cura di me, questo non impediva in alcun modo al mio cuore di continuare a volere bene ad Andrea con la stessa intensità di sempre. Perché loro due, nella profonda differenza che caratterizza i loro caratteri, hanno sempre occupato parti ben distinte della mia anima, e ognuna di queste parti, nel tempo, ha reclamato i propri tempi e spazi con sempre più forza... come si può dire a una pianta di vivere solo tramite i suoi rami, solo grazie al sole che le foglie ricevono? Non ha essa stessa bisogno anche delle sue radici per restare in piedi? Per assorbire l'acqua e tutto ciò di cui necessita per crescere e spingersi ancora di più verso il cielo?

E così, adesso, resto a godermi l'abbraccio delle mie radici, di quella persona che non sparirà mai dal mio cuore e che sarà per sempre parte di me.

« A cosa pensi? » sussurra al mio orecchio.

Provo a virare sullo stemperare la situazione, di modo da togliermi un po' dalla rigidità che sta caratterizzando questo momento. « Stavo pensando... », provo a dire, sorridendo anche se lui non lo può vedere, « che non sarebbe la prima volta che succede qualcosa qui dentro mentre la Coppia è nella stanza accanto ».

« Smettila », mi intima, anche lui con un sorriso invisibile ai miei occhi, ma che riesco a cogliere chiaramente dal tono della sua voce.

« Ma è vero », ribatto. « Ti ricordi quella volta che », ma lui mi interrompe prontamente.

« Lo so bene che è vero, ma avevamo sedici anni ed eravamo due incoscienti ».

« Ci pensi se fossero entrati in camera allora? »

« Non farmici pensare, sarei voluto finire al centro della Terra ».

Scoppio a ridere con la bocca contro il cuscino per impedirmi di far troppo rumore. « Ci pensi? Oddio... ma secondo te avrebbero capito che cosa stava succedendo? Cioè, tu credi che sappiano queste cose... o forse ti hanno procreato in vitro nel loro laboratorio in università? »

Sogghigna e mi pizzica un fianco. « Che stronza, guarda che per farmi nascere hanno fatto esattamente come fanno tutti gli altri ».

« Mi meraviglia il pensiero di loro due a letto insieme... probabilmente, lo hanno fatto solo quell'unica volta per sbaglio... non si stavano nemmeno accorgendo di quello che stava succedendo.

Ehi, aspetta, magari si erano ubriacati dopo aver conseguito il dottorato di ricerca e poi hanno chiuso serranda », ipotizzo con gran divertimento. « Ecco perché mi hanno adottata: perché non si ricordavano più come si faceva! »

« Sei tremenda, Sara ».

Mi accoccolo un po' di più contro di lui per farmi stringere con più forza. « Lo so, me l'hai sempre detto da quando ti lanciavo fuori le scarpe in cortile ».

« Vero... comunque, domani mattina ci svegliamo presto che vieni in ufficio con me », sentenzia.

« Perché? »

« Hai detto che ti hanno licenziata, no? In ufficio mi serve una segretaria e tu faresti proprio al caso mio », spiega.

Sorrido e mi morsico il labbro all'idea di poter lavorare con lui tutti i giorni. « Uh, uh, ma guarda un po'. E da quando ti serve un'altra segretaria? Non hai lo stuolo di cretine che eseguono i tuoi ordini a bacchetta e ti guardano il fondoschiena quando ti giri? »

Ero andata un paio di volte a trovarlo a lavoro per passare la pausa pranzo insieme, e ogni volta lo avevo trovato in compagnia di colleghe un po' troppo carine che gli ronzavano intorno continuamente, con gli occhi sognanti e pronte a eseguire i suoi comandi con gran piacere.

« Nessuno mi guarda il fondoschiena; e comunque, mi serve una segretaria da questo momento ».

« Ma io il caffè non te lo porto. Te lo scordi che mi comandi a bacchetta come fai con le altre », borbotto divertita.

Si mette a ridere. « Tu stai zitta e fai quello che ti dico io perché sei la minore tra noi due. Vorrei ricordarti che abbiamo quasi un anno di differenza e che io ho sempre ragione in tutto. Sono più grande quindi... zitta e muta.

In ogni caso, a parte gli scherzi, dicevo sul serio per il lavoro. Non saresti proprio la mia segretaria, però, ma quella dell'ufficio al piano di sotto; quindi, se dovrai portare del caffè, cosa praticamente certa e mettitelo in testa... quel caffè purtroppo non sarà per me ».

« E chi è il fortunato? » domando maliziosa. « Così ti faccio ingelosire a morte ».

Sbuffa e scrolla un poco la testa ai miei scherzi. « Si chiama Manfredi di cognome e di nome Paola. Ha quasi sessant'anni ed è molto, molto poco affascinante ».

« Uffa ».

« Ti è andata male... Buonanotte Sara ».

Sento il suo bacio sfiorarmi una tempia e il suo abbraccio stringermi più forte. « Buonanotte, piccolo Alex ».

« Sei veramente incredibile... sei peggio di quando avevi dieci anni ».

« Non è vero », mi lagno.

« E invece sei peggio ora, perché al tempo non ti sopportavo proprio e ti riempivo di schiaffi quando mi facevi dannare ».

« E io non ero da meno con i calci che ti rifilavo ».

« Vero ».

« E adesso? Ancora non mi sopporti? »

Appoggia la testa dietro di me e io chiudo lentamente gli occhi. « Non hai idea di quanto vorrei sopportarti, amore mio ».

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Spazio Ape:

dopo un lunghissimo salto temporale siamo tornati nel presente, quasi dieci anni dopo il fattaccio... so che ci sono ancora molte cose da spiegare, ma nei prossimi capitoli tutto si aggiusterà.

Come sempre, aspetto i vostri commenti a proposito della storia, che sono davvero molto utili per me ;-)

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