28. Il posticino
Canzone consigliata per il capitolo:
Give me love - Ed Sheeran
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Bastò solamente uno sguardo ad Andrea per rendersi conto di come mi fossi irrigidita alla sua proposta. Lo guardai con le labbra socchiuse, bloccata nei movimenti mentre solo le mie mani riuscirono ad allontanarsi da lui.
« Io... ecco... », presi a balbettare, ancora troppo scossa dalla fuga dal supermercato, dalla corsa in moto e dal colpo che aveva appena subito il mio cuore alle sue parole: dormi con me questa notte.
Con un sospiro di comprensione per la mia reazione, si allontanò leggermente ma lasciò le sue mani sui miei fianchi. Le sue sopracciglia ebbero un leggero fremito, mi studiava attento come se cercasse disperatamente un modo per leggermi dentro e trovare il segreto che tentavo in tutti i modi di nascondere. « Sei per caso... vergine? »
Scrollai la testa, in parte sollevata che non si fosse per niente avvicinato alla verità.
Alla mia risposta sembrò rilassarsi nella postura, come se quella conferma, per lui, fosse stata fondamentale. Era palese che immaginasse già che io non fossi vergine, eppure intuii che se io avessi risposo affermativamente, allora sarebbero cambiate parecchie cose tra di noi. « E allora, qual è il problema? »
Posò una mano sul mio viso e prese ad accarezzarmi con il pollice. « Io non... non lo so; è troppo presto ».
Aggrottò le sopracciglia con fare confuso, le labbra provarono una parvenza di sorriso. « Non mi conosci da dieci minuti, Sara ».
« Lo so, ma non ci conosciamo nemmeno da così tanto tempo e », ma lui mi zittì con le sue labbra senza aspettare. Fu un bacio rapido, inaspettato; premette la sua bocca contro la mia, la lingua che passò rapidamente tra le mie labbra per ricordarmi il gusto che avevo conosciuto poco prima; fu così breve eppure così intenso, che questo bastò per lasciarmi di nuovo in balia del batticuore una volta che si fu allontanato da me.
« Non mi sembra che ti dispiaccia l'idea », sussurrò con fare allusivo tra le mie labbra, lesta la sua lingua a passare tra loro ancora una volta.
« Non lo so... », ammisi, del tutto a corto di parole, pensieri... respiri.
Mi sorrise per tranquillizzarmi, e forse in parte per godersi la soddisfazione di vedere ciò che il suo tocco e le sue labbra erano in grado di provocare sul mio corpo, e lasciò le sue mani a coppa intorno al mio viso per tenermi inchiodata al suo sguardo sicuro e deciso. « Non ti obbligherei mai a fare niente che non vuoi, Sara; ma stanotte mia madre dorme fuori con il suo compagno e ho la casa libera. Abbiamo quest'occasione e non vorrei poi essere costretto a rinchiudermi io e te nel bagno della scuola, quando avremmo potuto avere un letto tutto per noi. E comunque », vedendo la reticenza nel mio sguardo, continuò con tono più calmo e rilassato, « se ti fa sentire più tranquilla, possiamo anche solo dormire ».
Inarcai un sopracciglio con fare profondamente scettico. « Dormire? »
Le sue labbra si tirarono dal divertimento. « Non ho detto che non ci proverei senza ogni minimo ritegno », asserì con convinzione, ma sinceramente rallegrato dalle sue stesse parole, « ma se non vuoi... se non ti senti pronta, io posso aspettare.
Direi, però, che qualsiasi cosa è sicuramente meglio che restare contro questo muro nel cuore della notte come due idioti, non credi? »
Il cuore non aveva ancora smesso di scalciare furiosamente e la sua vicinanza, che non accennava a ridursi, non aiutava di certo la situazione; faceva freddo quella sera ma, anche attraverso la spessa felpa che indossavo, riuscivo a sentire chiaramente il calore della sua presenza.
« I ragazzi non lo fanno nei bagni di scuola », balbettai a disagio la prima cosa che mi venne in mente; un modo come un altro per tergiversare.
Soltanto un angolo della sua bocca si alzò e un sorriso sghembo e malizioso accompagnò le sue parole. « Oh, beh, per questo dovresti chiedere a tuo fratello: in fatto di bagni del piano di sopra, pare proprio essere un esperto ».
Una pallottola.
In quel preciso istante, le sue parole penetrarono fino al centro del mio cuore: un pallottola che trasudava dolore e rammarico.
« Come... come fai a saperlo? »
Avevo la gola secca e gli ultimi nervi che ancora combattevano per reggermi in piedi, per impedirmi di crollare a terra, ora sembravano volermi abbandonare all'improvviso.
« Vuoi sapere i suoni che faceva con quella ragazza del quinto anno? Se vuoi, posso chiedere in giro: credo che qualcuno li abbia pure registrati col telefono », spiegò con leggerezza, non immaginandosi quanto quelle parole mi facessero male: ogni sillaba, ogni silenzio tra una coltellata e l'altra.
Una parte di me, nonostante tutto, provò ancora stoicamente a sorreggermi, ricordandomi che io, in verità, ne fossi già venuta a conoscenza: qualche commento a proposito della nuova coppia più gettonata di tutta la scuola mi era già arrivato all'orecchio da giorni; ma dopo l'equivoco che era successo a causa di Susan, dopo aver creduto a delle stupide parole male interpretate, avevo preferito non prestare ascolto a delle voci di corridoio.
A essere del tutto sincera con me stessa, al tempo avevo nutrito l'illusoria speranza che sarei riuscita ad andare avanti senza venire mai a conoscenza di ciò che Alex faceva con le altre ragazze.
Insomma, oltre a non essere una grande studiosa, ero anche parecchio stupida.
Mi chiesi perché ne rimasi così sorpresa. In fondo, avrei dovuto esserne consapevole da giorni: in quella sorta di contratto che io e Alex avevamo stipulato, il sesso rientrava esattamente al punto passare il tempo con altri. E anche se tentavo di convincere la parte più sofferente del mio animo che le parole di Andrea non fossero importanti, che quel sesso fosse stato esente da ogni emozione, nella dolorosa speranza che nel cuore e nella testa di Alex ci sarei sempre stata io nonostante tutto, la quantità di dolore che stava graffiando le pareti del mio cuore non accennava a diminuire.
Non vedendomi più reagire, Andrea fece un passo avanti e ricercò il mio sguardo con i suoi occhi, abbassandosi giusto quel poco per farsi strada nel mio campo visivo. « Allora? »
« Io non vado a letto con i ragazzi così, come niente fosse ».
Corrugò la fronte, come se avessi appena detto che le lune in cielo fossero due. « Non capisco. Hai detto di non essere vergine e immagino che il pianto che hai fatto alla festa di tuo fratello prima di partire per la vacanza fosse a causa di un ragazzo; da quando sono arrivato a scuola, però, non ti ho mai vista con nessuno, quindi presumo che questo ragazzo non fosse stato il tuo fidanzato ufficiale. Forse era fidanzato con qualcun'altra o non lo so...
Insomma, non riesco proprio a capirti, Sara. Non credevo che ti facessi tutti questi problemi ».
« Le donne se li fanno questi problemi », ribattei.
Tolse le mani dal mio viso e le posò sulle mie spalle, prendendo a parlare con energia limpida e sincera. « Ma sono problemi insensati, non credi? Se fossi vergine, ti avrei capita e non ti avrei chiesto nulla, ma adesso non siamo più bambini. Stare ore a baciarci e a toccarci senza uno scopo, solo per essere più eccitati che all'inizio; non ha alcun senso aspettare quando entrambi vogliamo la stessa identica cosa. Tu vorresti farlo, te lo leggo in faccia e non mentirmi perché è quello che penso anche io: ho una voglia di fare l'amore con te che non hai nemmeno idea », ammise in completa sincerità, sorridendo un poco di quella confessione della quale, però, non si pentì. « Ne ho voglia dal primo giorno in cui ti ho conosciuta, ne avevo voglia quella sera in cui mi hai baciato alla festa, e se mi avessi almeno parlato dopo aver trovato quelle cazzo di rose sotto al banco, te lo avrei detto con il cuore in mano.
Ma oltre a questo, Sara, io ti avrei assicurato che volevo fare l'amore con te non una volta sola, ma cento volte. Lo farei oggi, domani, e per tutto il tempo in cui mi vorrai tra i piedi... la gente può pensare quello che vuole di me: forse sono un po' burbero e strafottente con gli altri, ma non me ne frega un cazzo perché con te sto bene e vorrei stare con te ogni giorno.
E se sono le garanzie che ti servono, allora puoi dormire con me questa notte e domani mattina ti porterei a scuola io stesso; non mi sembri il tipo che bada a queste puttanate da telefilm adolescenziale, ma se servisse per farti capire quanto ti voglio e quanto... quanto tengo a te, domani ti terrei per mano tutto il fottutissimo giorno per farti capire che per me non saresti mai solo una scopata e via... e vorrei che lo capissero anche tutti gli altri ».
Restai a fissarlo senza più riuscire a muovere un muscolo, né tantomeno a respirare; ero così agitata e confusa che avevo totalmente perso il verso dei miei pensieri. Tutta la mia ragione mi stava urlando che era proprio quello che volevo, che in fondo stavo cercando solamente quello da Andrea, e lui me lo stava porgendo su di un piatto d'argento; in aggiunta, tutto il plotone di ormoni che sapeva muovere così bene, grazie al suo sguardo intenso e penetrante, stava dando manforte a questa fazione.
Sentivo le gambe cedere a tratti e le sue mani, che ora erano salite nuovamente sul mio viso per permettergli di guardarmi e tenermi inchiodata al suo sguardo, parevano andare a fuoco, esattamente come il fuoco che ardeva nei suoi occhi. Non sapevo che cosa dire, la bocca riarsa mi permetteva appena di lasciar passare un accenno di respiro stentato.
« Dì qualcosa, ti prego », mugolò con frustrazione per il mio silenzio.
« Sì », fu l'unica cosa che seppi dire, dettata dalla coscienza e dalla mia sofferenza.
Volevo farlo, volevo togliermi quel peso una volta per tutte. Io e Alex avevamo bisogno di un diversivo fino al raggiungimento della maggiore età, quando avremmo potuto finalmente rivelarci ai nostri genitori, e Andrea era il diversivo perfetto. Alla fine del nostro percorso, io e Alex eravamo arrivati a quella svolta: resistere e rinforzarci sarebbe stata la nostra sfida e noi avremmo dovuto superarla. Sarei andata a letto con Andrea, ma io avrei pensato solo e soltanto ad Alex.
Il ragazzo di fronte a me sorrise al limite dell'incredulità, come se gli avessi appena fatto il regalo più bello del mondo. « Sul serio? »
Annuì sbrigativa e mi tolsi dalla sua presa. « Dove abiti? »
Restò in parte sorpreso dalla velocità con cui presi a muovermi, a scatti e agitata.
« Qui », rispose in tutta semplicità, alzando gli occhi al palazzo alle mie spalle.
« Oh », seppi soltanto dire.
Non ero mai andata a casa sua, ma ero già stata in quella zona; eppure, con il buio, non ero riuscita a riconoscerla.
Prese le chiavi dalla tasca della giacca per bloccare la moto e andare ad aprire la porta del palazzo, poi si fermò un istante raddrizzando la schiena, come se gli fosse venuto in mente qualcosa di particolare: tornò da me con una lunga falcata e mi abbracciò. Mi strinse con energia e mi sollevò per farmi arrivare alla sua altezza prima di baciarmi con entusiasmo. « Lo dicevo che tu eri diversa dalle altre ».
La mia testa e il mio cuore si erano agitati così tanto in quegli ultimi minuti che, alla fine, erano entrati in una sorta black out senza ritorno. Andrea mi precedette su per le scale interne della palazzina e, per tutti i passi che compì per salire fino al suo appartamento al quinto piano, io lo seguii in silenzio, con decisamente meno entusiasmo di lui.
Lo stavo per fare davvero e io non sapevo in alcun modo come comportarmi perché, oltre ad Alex, io non avevo mai avuto nessun altro; e furono solo questi i pensieri che mi accompagnarono mentre mi faceva entrare in casa sua: un piccolissimo e antiquato appartamento diviso tra una cucina, una piccola sala e un paio di camere.
Senza lasciarmi il tempo per vedere la casa, Andrea mi prese per mano e mi condusse subito in camera sua, accedendo la luce su quella che pareva essere la perfetta copia della mia camera da letto: il disordine era evidentemente un tratto che ci accomunava nel profondo. Il letto era sfatto ancora dalla mattina precedente e sul pavimento trovai sparse diverse magliette e pure una scarpa solitaria, probabilmente in cerca della compagna scomparsa. Mi ritrovai a ispezionare con curiosità la camera, notando le pareti spoglie da qualsiasi poster, eccetto che per un paio di fotografie in bianco e nero.
Forse Andrea mi stava guardando e studiando, forse si stava aspettando un passo da me, ma io ero troppo agitata e pensierosa per accorgermene. Guardai l'ora sull'orologio posato sul comodino e questo segnava soltanto le tre e mezza: la Coppia si svegliava tutti i giorni puntualmente alla sei e io sarei dovuta rientrare poco prima di quell'ora per non farmi scoprire; e l'idea che avessi a disposizione ancora tutta quell'enorme mole di tempo, senza nemmeno avere la scusa di dover tornare a casa, mi trasmetteva ancora più ansia.
« Ehi? Va tutto bene? » domandò Andrea con tono preoccupato.
Mi ero fermata davanti alla sua scrivania, un ammasso informe di altri vestiti e cianfrusaglie che non capivo a che cosa servissero. Mi tenevo stretta nella mia felpa come fossi sulla difensiva e le mani vibravano vistosamente per l'agitazione.
« Va tutto bene », ripetei le sue parole come un'eco vuota e tenni lo sguardo basso sulla scrivania; sinceramente, davanti a me non riuscivo a vedere nulla perché i miei pensieri erano ancora bloccati a ciò che Andrea mi aveva detto, al fatto di aver sentito Alex passare del tempo nei bagni con quella che dalla scuola, ormai, era definita come la sua ragazza.
Un paio di braccia conosciute mi cinsero in vita e Andrea posò con tranquillità la testa sulla mia spalla, guardandomi dal riflesso dello specchio che capeggiava sulla sua scrivania. « Sara, non ti costringerò mai a fare niente che tu non voglia, ok? Se vuoi solo dormire », disse con un mezzo sorriso atto all'unico scopo di trasmettermi sicurezza, « vorrà dire che me ne farò una ragione ».
Alzai appena la testa per incontrare il suo sguardo riflesso, e la calma che trasmetteva, insieme al mezzo sorriso che mi stava regalando, mi lasciarono rilassare almeno per qualche istante. In fondo, non avevo alcuna fretta, non c'era bisogno di correre e bruciare le tappe. Probabilmente, qualcosa di più sarebbe successo con Andrea, ma in quel momento mi dissi che avrei potuto stare semplicemente insieme a lui così come avevamo fatto altre volte in passato. Almeno per il momento.
Così annuii e mi feci più in là per sfilarmi definitivamente la felpa e posarla su una collinetta di altre felpe, nemmeno potessero farsi compagnia. Andrea fece lo stesso con la sua giacca, ma la lasciò su una sedia, anch'essa ricoperta di indumenti piuttosto stropicciati. In tutto quel caos, per lo meno, sembrava che i capi fossero ben suddivisi per tipologia.
« Quindi, deduco che gli armadi non ti piacciano », commentai cogliendo con un solo sguardo l'intera stanza.
Sorrise un poco, restando al centro della camera da letto a braccia incrociate. « No, così è molto più comodo: quando mi serve una cosa, la individuo subito a colpo d'occhio ».
« E tua madre non ti dice niente di questo disordine? Non che mi importi, sia chiaro, la mia stanza potrebbe competere per un secondo posto quantomeno decente, ma mia madre non perde l'occasione per rompermi le palle tutti i santi giorni ».
Alzò le spalle con fare annoiato. « Mia madre lavora sempre, e quando non lavora resta parecchio fuori casa. Quello che c'è da fare, dalla lavatrice a cucinare, lo faccio sempre io. Deve solo provarci a venirmi a dire qualcosa sul mio disordine », commentò.
Non trovai eccessivo astio nella sua voce, ma non percepii nemmeno il tono lontanamente affettuoso che generalmente i ragazzi usano quando parlano dei propri genitori. Nelle sue parole c'era soltanto il vuoto, l'indifferenza. Non mi aveva mai parlato troppo del padre, dal quale la madre aveva divorziato quando Andrea aveva poco meno di sette anni, e dai suoi discorsi avevo da tempo capito che non nutrisse molta stima di lei: una donna che aveva sempre lavorato, certo, ma che forse aveva pensato troppo al proprio bene, mettendo davanti al figlio gli uomini che si erano succeduti in quella casa e nel letto dopo il divorzio.
Afferrai quella sorta di bizzarro soprammobile in vetro che stavo fissando da qualche secondo, e che immaginavo bene quale funzione potesse avere, e glielo mostrai. « E di questo, invece, tua madre non dice nulla? » commentai alzando un sopracciglio.
Sogghignò con fare altamente divertito e venne verso di me, rubandomelo dalle mani. « Mia madre non mette piede qui dentro da almeno cinque anni, e anche se lo vedesse, sarebbe capace di rubarmelo per fumarselo lei stessa », rispose passando il pollice con fare casuale sul bordo superiore dell'oggetto.
Con un ulteriore passo verso di me, Andrea posò delicatamente una mano sulla mia guancia e mi guardò con gli occhi luminosi; anche se quel caldo contatto era estremamente piacevole, il mio corpo istintivamente si ritrasse un poco. E Andrea sospirò. « Sara, sei rigida come un tronco... sicura che vada tutto bene? Sembra che tu abbia paura di me », disse mettendo due dita sotto al mio mento per incitarmi a guardarlo negli occhi.
Annuii, fingendo una sicurezza solamente ostentata, ma le mie mani ancora non avevano smesso di tremare.
Non sembrò soddisfatto della mia risposta, così mi lasciò andare. « Senti, hai mai fumato erba qui dentro? » domandò infine.
Scrollai la testa. « Le uniche volte in cui ho fumato sono state insieme a te ».
« Dovrei sentirmi lusingato? »
« No, se mai in colpa per avermi portata sulla cattiva strada ».
Ci stavo provando a togliermi l'agitazione dalla punta delle dita e forse, parlando di futilità, avrei trovato un modo.
Andò a sedersi sul letto che si era ricavato un posto al centro della stanza; appoggiò quell'arnese sul comodino e ridacchiò della mia risposta. « Questa battuta ammetto che sia parecchio divertente ».
« Vuoi farmi fumare con il narghilè? » domandai incuriosita, osservandolo aprire il cassetto del comodino alla ricerca di qualcosa che potevo ben immaginare cosa poteva essere.
La sua risata si intensificò. « Sei proprio piccola, Sara. Questo non è un narghilè ».
« E come dovrebbe chiamarsi quell'affare? »
Andrea si mise ad armeggiare con un panno per ripulire la parte superiore del contenitore in vetro; prese la bottiglia d'acqua appoggiata sul comodino, riempì un poco la base del questo-non-è-un-narghilè, e tirò fuori dal cassetto del comodino una piccola busta colma di quella che riconobbi subito essere erba.
« Si chiama bong », spiegò mettendosi a cercare il suo accendino nella tasca dei pantaloni. « Merda, l'ho buttato prima di venirti a prendere perché non funzionava... hai da accendere? »
Sfilai il mio accendino dalla tasca dei pantaloni e mi andai a sedere sul letto accanto a lui per porgerglielo, gli occhi calamitati sui suoi movimenti. « Bong. Che nome stupido », osservai.
Preparò il tutto con gran maestria sotto il mio sguardo curioso. « Un po' stupido forse lo è, ma quando lo fumi per la prima volta, stai tranquilla che capisci il senso del nome. La botta che ti dà è assurda.
Dunque, sai almeno come funziona? »
In teoria, essendo una ragazza, avrei dovuto udire tutta una lunga serie di timori dettati dalla mia coscienza: erano cose che non si facevano, fumare era illegale, non dovevo farmi convincere a far cose che non volevo; ma io, essendo le tre di notte fuori casa all'insaputa dei miei genitori, nella camera di un ragazzo che aveva tappezzato i cassetti di erba e hashish - e non volevo sapere se ci fosse altro -, dopo essere scappata da un centro commerciale chiuso con il suddetto ragazzo che guidava una moto senza casco e patente... beh, ero solamente curiosa e un poco eccitata di poter provare a fumare da quell'aggeggio dal nome stupido.
« No... immagino da questo beccuccio qui? » tirai a indovinare.
Scrollò la testa, divertito dal mio errore. « No, da qua sopra », mi corresse mostrandomi l'ampia apertura superiore e, senza perdere tempo, prese a spiegare dell'adeguato livello dell'acqua sul fondo, del fumo che si sarebbe immagazzinato all'interno, dell'aspirare a pieni polmoni... e io ero così attenta come non ero mai stata nemmeno a scuola.
Andrea mi avvertì più volte nei momenti successivi, mi disse di restare seduta e di non strafare più di quello che avrei saputo reggere, ma dovetti infine ammettere di aver ben compreso il significato di quello stupido nome: altro non era che l'onomatopea della botta che il fumo sapeva darti, se aspirato in così grande quantità tutto d'un fiato.
Andrea riuscì a mettermi a mio agio ma, con il suo modo in qualche modo amichevole di avere a che fare con me, mi controllò e cercò di proteggermi; soprattutto da me stessa.
« Dai, ancora una volta », lo pregai tentando di rubarglielo dalle mani.
Nonostante anche la sua risata sembrasse essere abbastanza incontrollata, uno di quei sorrisi fissi e un poco innaturali che solo il fumo sa regalare - e che sono estremamente divertenti per un occhio esterno -, sembrava comunque più posata della mia. « No, per stasera basta; non voglio averti sulla coscienza, mocciosa ».
« Oh, ma dai; non fare il noioso... ancora un tiro », mi sporsi di nuovo a braccia tese, ma lui si fece ancora più indietro.
« Aspetta; un'ultima volta, ma come dico io, ok? » propose con le sopracciglia inarcate.
Alzai gli occhi al soffitto, ma lo accontentai. Lo guardai far partire per l'ennesima volta l'accendino, aspirò un grossa quantità di fumo con la bocca, che io mi sarei soltanto sognata visto che non ero per niente abituata, lasciò tutto sul comodino e si voltò verso di me, il fumo ancora nascosto dalle sue labbra. Si avvicinò con ostentata lentezza, o forse erano soltanto i miei sensi addormentati che mi fecero percepire quel momento come se si stesse svolgendo a rallentatore, e posò delicatamente le labbra sulle mie. Il bacio fu solo un tocco leggero perché il fumo prese subito a inondarmi la bocca passando attraverso le nostre labbra unite, e io lo aspirai istintivamente, rimandandoglielo poi indietro.
E in quei brevi momenti in cui le nostre labbra tornarono a cercarsi e a ritrovarsi, io mi sentii libera; ero completamente in pace con me stessa e con il mondo, senza più problemi a cui pensare, senza preoccupazioni e timori, senza sentirmi imbrigliata a un'altra persona che non fossi io: libera come mi ero sentita sulla sua moto poco prima.
In un certo qual modo, negli istanti che stavo vivendo con Andrea, io potei osservare l'adolescente Sara che sarei stata se fossi nata e cresciuta in un'altra famiglia; la Sara che avrebbe incontrato un ragazzo normale come lui e che avrebbe fatto tutta quella lunga serie di idiozie più o meno legali che vanno a costellare l'adolescenza di ogni futura donna: l'adolescenza che avrei avuto se fossi cresciuta senza avere Alex accanto.
E con il sangue che scorreva agitato, il cuore che pompava con incredibile potenza, le labbra di Andrea che non persero un momento per ritornare a lambire la mia pelle... in quel momento, Alex non c'era. Esisteva nel mio cuore, esisteva nella mia mente e nei miei pensieri più reconditi, ma in quel preciso momento, in quel letto in cui Andrea mi baciò, mi tenne stretta tra le sue braccia, mi toccò con gentilezza mentre mi sfilava i vestiti e io toglievo di mezzo i suoi, la mia metà sembrò offuscarsi.
Mi lasciai condurre tra le lenzuola e restai sotto di lui, a godere del tocco leggero delle sue labbra su di me, delle sue dita rapide e silenziose che scesero a sfilare via tutta la stoffa che ancora restava a dividerci. Allungai la mano alla ricerca dell'interruttore della luce appoggiata sul comodino, un caldo bagliore che rendeva quel momento troppo chiaro, troppo vero, troppo reale per essere sopportato. Ma Andrea non mi permise di appropriarmi del buio di cui avevo bisogno; rubò le mie dita e le portò sul suo viso, alla ricerca di una carezza leggera che io ero restia a dargli.
« Voglio guardarti, Sara », mormorò sulle mie labbra. « Sei così bella adesso ».
Era una lotta, una continua battaglia contro le sue parole, contro la dolcezza che continuava a usare consapevolmente contro di me, contro le mie barriere, contro le mie difese. Il suo tocco era gentile, il suo sussurro carezzevole e sincero, e io serrai gli occhi con forza perché ogni secondo passato sotto di lui, sentendolo conquistare nuovi centimetri della mia pelle e della mia muraglia difensiva, era un'agonia che volevo tenere fuori almeno dalla mia vista.
Aprii gli occhi solamente quando sentii il cassetto del comodino aprirsi, il fruscio di qualcosa che veniva aperto ed estratto dalla sua confezione, ma io tenni gli occhi fissi e lontani da lui, il cuore che ringhiava agitato, spezzato a metà tra quello che non avrei dovuto volere... e quello che in fondo volevo con tutta me stessa.
Fu il suo peso su di me a risvegliarmi da quel leggero stato di trance che mi aveva colta, fu la sua mano sul mio viso che, con un tocco leggero, mi costringeva e incontrare i suoi occhi, quei due universi antracite che mi fissavano con insistenza, con intensità, con gioia profonda.
« Sei qui con me? » mormorò avvicinandosi a me.
I suoi baci e le sue carezze mi avevano ricordato per tutto il tempo quanto fossero diverse dal tocco familiare di Alex, e io avevo cercato con tutte le mie forze di costringermi a pensare solo a lui e all'idea che ci fosse Alex in quel letto con me e non qualcun altro; ma quella luce... quella cupa intensità che pareva lambire soltanto il suo volto, come a monito e scherno nei confronti delle mie muraglie, compì uno degli ultimi atti della mia battaglia interiore prima dell'ultimo passo, prima dell'inevitabile. « Sì... sono qui ».
Andrea mosse lentamente i fianchi ed entrò cauto dentro di me, aspettando un rifiuto o un cenno dai miei occhi calamitati nei suoi... un rifiuto che mai arrivò. Lo lasciai farsi strada tra le mie difese e le mie paure, lo fece con la sua spinta gentile e lo sguardo colmo di piacere, uno sguardo che voleva comunicarmi quanto le sue labbra fossero ancora restie a dirmi. Nei suoi occhi trovai timore e qualcos'altro che non volevo ancora vedere e riconoscere.
Mi lasciò abituare a lui, alla sua presenza dentro di me; mi osservò per qualche istante con muta attenzione e solo quando non trovò un mio rifiuto, Andrea mi sorrise come un raggio di sole sfuggevole prima di iniziare a muoversi lentamente, con dolcezza, conscio della nostra presenza reciproca.
Posò una mano sulla mia guancia prima di unire le nostre labbra, e ad averlo dentro di me, a sentirlo prendermi una gamba per sollevarla contro il suo torace per agevolare i suoi movimenti, ascoltare i miei stessi sospiri che non riuscivo più a trattenere e zittire... io sentivo il mio cuore scoppiare e sciogliersi lentamente. Perché compresi presto che guardandolo negli occhi, mentre vedevo il sorriso sereno che continuava a regalarmi senza nemmeno accorgersene, il movimento gentile che applicò per capovolgere le nostre posizioni e lasciarmi condurre infine il gioco, il modo che usò per sollevarsi e tenermi abbracciata stretta a lui come raramente Alex mi aveva permesso di fare... capii che la promessa che avevo fatto era appena stata infranta: forse il posticino era ancora piccolo, forse era solo un angusto angolo del mio cuore, eppure Andrea era appena riuscito a entrarci; e avevo presto capito, mentre gli tenevo il volto tra le mani e gli sorridevo io stessa, che da quel posto lui non se ne sarebbe mai andato via.
Mi riportò a casa poco prima che la Coppia si svegliasse; una volta rivestiti, eravamo saliti sulla sua moto in silenzio, il corpo appagato ma la mia anima macchiata, e continuammo a trattenere quel silenzio anche nei momenti successivi: quando ricercò un abbraccio che ero tornata restia a volergli regalare, quando mi salutò con solo una semplice carezza sul volto, quando mi guardò risalire su per la grondaia fino alla finestra che avevo lasciato socchiusa prima di fuggire nel cuore della notte.
Non ero più agitata, in apprensione... ero vuota, ma allo stesso tempo colma di una nuova sensazione: angoscia.
E quando rimisi piede nella mia camera, alla vista del ragazzo seduto sul mio letto, gli occhi rossi e stanchi dal sonno che evidentemente non aveva onorato, ecco che quell'angoscia arrivò a scuotermi fin nelle viscere.
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Spazio Ape:
vi chiedo immensamente scusa per il ritardo ma ho avuto dei problemi da risolvere e, essendo un capitolo molto importante, volevo riservargli la giusta attenzione... non mi piace l'idea di pubblicare qualcosa del quale non mi reputo soddisfatta.
Okkkkk... quindi alla fine Andrea e Sara hanno concluso quello che tutti ci aspettavamo concludessero ehehe spero che questa loro prima volta vi sia piaciuta e vi abbia emozionato... perchè a me ha emozionato un sacco scriverla!
Cosa ne pensate del capitolo? Aspetto i vostri commenti e non dimenticate di mettere una stellina se la storia vi sta piacendo! :-)
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