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25. Una promessa

Percorsi il vialetto che portava a casa nostra così velocemente che inciampai pure un paio di volte mentre mi toglievo il cappello dalla testa e passavo rapidamente le dita tra i corti capelli scuri per pettinarli un poco.

« Non ci penso minimamente, Alex », sbraitai una volta che chiudemmo la porta di casa e potemmo finalmente liberarci come avremmo voluto.

Eravamo rimasti in completo silenzio per tutto il viaggio di ritorno sull'autobus, io a mordermi la lingua e le labbra per non scoppiare a urlare all'improvviso davanti a tutti, e Alex perso tra i suoi pensieri; e adesso che eravamo tornati in casa, non potevo più trattenermi. « Ma ti rendi conto di quello che hanno detto? È quasi un ricatto!

È fuori questione. Io con un altro non ci esco manco morta. E non azzardarti nemmeno a pensare di uscire con qualcun'altra senza il mio permesso o ti strappo gli attributi con i denti », lo minacciai voltandomi verso di lui soltanto per un secondo, l'indice puntato con minaccia ben poco velata al suo petto ampio.

Si bloccò in quella che sembrava essere una corsa nel tentativo di raggiungermi, visti i miei passi veloci in giro per casa, e mi guardò con i suoi occhi verdi scuri, spalancati e un poco terrorizzati dalla mia intimidazione.

Lanciai lo zaino sul divano e mancai per poco la povera Nana, intrufolata subito in casa per fuggire al freddo pungente dell'esterno. Era tutto così assurdo e irreale che stavo iniziando a sperare che quella situazione fosse solo il frutto di uno stupidissimo sogno.

Salii rapidamente le scale con Alex alle calcagna, passi su passi che superavano gli esigui scalini disponibili, e io stavo continuando a correre, inseguendo i miei piedi che correvano e correvano e non sapevo nemmeno io dove volessi andare. Ero infuriata, confusa, agitata, stordita, impaurita... insomma, ero del tutto fuori controllo e se Alex avesse detto anche una sola cosa che non mi fosse andata a genio, sarei del tutto scoppiata.

« Sara, possiamo almeno parlare civilmente di quello che è successo? »

La sua voce pacata e, almeno all'apparenza, tranquilla mi seguiva pazientemente nei miei passi rapidi e al limite dello schizofrenico.

Alex mi raggiunse nella mia camera e lasciò la porta socchiusa per assicurarci di essere soli, nel caso i nostri genitori fossero malauguratamente tornati prima dal lavoro. In teoria avremmo dovuto pranzare a quell'ora, come facevamo tutti gli altri giorni al nostro ritorno da scuola, ma evidentemente eravamo ancora così scossi che nessuno dei due aveva fame o la minima intenzione di mettersi a cucinare alcunché. « E di cosa vorresti parlare, scusa? » domandai con tono sarcastico una volta in camera, prendendo a misurarne tutta la larghezza dal letto alla scrivania con le mie falcate. « Non c'è niente di cui parlare ».

Alex, ritto in piedi dalla porta, i jeans chiari e una delle sue larghe felpe della Champions indosso, mi osservava aggirarmi per la stanza come una psicopatica in preda a una crisi; mi sembrava un po' troppo calmo, eccetto che per quel ciuffo disordinato di capelli color bronzo che gli scendeva sulla fronte, quando invece io ero in completo subbuglio interiore ed esteriore; insomma: si era così tanto arrabbiato per delle stupide rose e per il fatto che io non dovessi più parlare con Andrea, che ero convinta che avrebbe dato di matto al solo pensiero della proposta che la professoressa ci aveva fatto.

« Di tutto dobbiamo parlare... per la miseria, Sara, siediti un minuto e datti una calmata. Ho bisogno di pensare e riflettere e se tu ti agiti e urli così, non riesco a concentrarmi », disse lasciando lo zaino a terra accanto alla scrivania.

Io avevo ancora la giacca indosso, che nella foga del momento non avevo nemmeno tolto; Alex si avvicinò risoluto per aiutarmi a toglierla, anche se io non gli rendevo di certo il lavoro facile perché trattenevo le braccia incrociate al petto e sbuffavo ripetutamente per il nervoso, e quando infine riuscì nell'impresa di sfilarmela, io mi allontanai di un passo. Avevamo passato tutte le ore precedenti fingendo di non esistere l'uno per l'altra, e ora faticavo a non sentirmi a disagio per la sua vicinanza, come se potessero esserci ancora occhi e orecchie indiscrete pure nella mia stanza. Per la miseria, essere stati scoperti e, per di più, rivelati in quello squallido modo... così, davanti a tutta la scuola e ai professori, era tra le cose peggiori che avremmo potuto immaginare.

Ero ancora troppo scossa per pensare e ragionare su cosa avremmo potuto fare e, nonostante non riuscissi a sopportare la sua vicinanza perché avevo bisogno dei miei spazi, di pensare, di camminare e gesticolare - in pratica, di placare tutto il mio animo agitato -, sapevo anche di avere un estremo bisogno di lui, del fratello maggiore che aveva promesso di proteggermi da quando eravamo bambini: quel giorno in quella stessa casa mi aveva presa per mano e aveva promesso di starmi vicino; e, in quel preciso momento, mentre il cielo si rannuvolava preannunciando solo della flebile e gelida pioggia, avevo bisogno che la parte più assennata e intelligente del nostro piccolo duo trovasse una soluzione al nostro problema, così come lui aveva sempre fatto per me. Perché nonostante i suoi difetti, i suoi problemi, quello strano modo che aveva iniziato a usare per relazionarsi con me, io lo amavo, e così lo accettavo; lui era l'unica cosa che avevo che mi permettesse di restare integra e... viva. Oltre a lui, non avevo nessun altro.

« Potresti venire a sederti qui con me? » domandò esasperato dopo quasi cinque minuti di completo silenzio, occupato soltanto dai passi delle mie scarpe umide sul tappeto della camera. Avevo mangiato tutte le unghie fino al limite ultimo e, in breve tempo, avrei incominciato a torturarmi le pellicine fino a sanguinare.

Lo vedevo con la coda dell'occhio e sapevo che si era seduto sul mio letto con i gomiti appoggiati sulle ginocchia, intento a pensare e a riflettere. Si raddrizzò un poco con la schiena, guardandomi con sguardo sicuro, e posò una mano sul copriletto accanto a lui per invogliarmi a sedermi al suo fianco, battendola un paio di volte sulla stoffa soffice esattamente come faceva per richiamare Nana.

Forse ero io esagerata, o forse lo era lui a essere troppo calmo, ma comunque non potei impedirmi di sbuffare, battere i piedi rumorosamente a terra e sedermi accanto a lui di getto, facendolo sobbalzare sul materasso; e, non contenta, sbuffai di nuovo. Non so per quale ragionamento contorto del mio cervello in subbuglio, ma in parte attribuivo la colpa ad Alex di quello che era successo, e forse un poco avevo pure ragione: glielo avevo ripetuto tante volte che tirava troppo la corda, che non prestava la giusta attenzione al mantenimento della segretezza del nostro rapporto, e lui non mi aveva mai voluto dare ascolto. Si era impuntato di stare nel banco accanto al mio, di saltare le lezioni di basket, di passare i minuti dell'intervallo sempre in mia compagnia, di non uscire più spesso con gli amici come aveva sempre fatto...

Alex sospirò più rilassato quando mi vide accanto a lui e, incurvando nuovamente la schiena, si rimise nella sua posizione chiave di riflessione. Quando riprese a parlare, lo fece con lo sguardo puntato al tappeto, il tono di voce piatto e incolore come se stesse affrontando un argomento lontano da noi; ma sapevo che era tutta una copertura per non lasciar trasparire la sua agitazione: lo faceva per tranquillizzarmi, per farmi credere che la situazione fosse sotto il suo controllo; e sapevamo bene entrambi che, in quel modo che aveva sempre attuato con me quando risolveva i problemi al posto mio, io riuscivo a calmarmi e a cedergli le redini di tutte le mie decisioni. « Allora... credo che siano successe un po' troppe cose stamattina per riuscire a metterle in ordine e ragionare con lucidità. Dobbiamo per prima cosa analizzare il problema, provare a ipotizzare delle soluzioni e vagliare... »

Ma io non ero mai stata analitica come lui e, anche se mi ero in parte calmata, non riuscii a tenere la bocca chiusa: ero istintiva, impulsiva e non ragionavo, così lo interruppi di getto. « Ma la vuoi piantare? Non è un cazzo di esperimento scientifico. Voglio sapere come cazzo facciamo adesso a toglierci da questo problema. La Ferrari e il preside stesso hanno deciso di darci una mano per coprirci dai tuoi genitori, e loro si aspettano che nei prossimi giorni ci mettiamo a uscire a destra e a manca con i primi che ci capitano a tiro, altrimenti lo diranno alla Coppia.

Non me ne frega un cazzo di ipotesi e soluzioni: io non esco con nessuno, e tu men che meno. È completamente fuori questione ».

« Ho capito, Sara, non lo voglio nemmeno io, ma qualcosa dobbiamo pur fare e dobbiamo ipotizzare una soluzione alternativa », si difese.

Mi passai le dita tra i capelli con apprensione. « Non potremmo semplicemente fingere di aver litigato e ignorarci? Piuttosto vengo a scuola tutti i giorni in bici e ci facciamo cambiare di banco; potremmo rivolgerci a malapena la parola in classe e ci ignoriamo beatamente... così dovrebbe funzionare con i compagni, non ti pare? »

Scrollò la testa, un mezzo sorriso amaro a dipingergli il volto. « Sì, certo, e poi ci mettiamo una maglietta con scritto che io e te stiamo insieme. Dai, ignorarci a questo punto della situazione è la mossa peggiore che potremmo fare: confermeremmo tutti i loro dubbi ».

Sbuffai con forza. « E allora, cosa facciamo? Ci lasciamo davvero? » fu il sarcasmo a prendere il sopravvento in quella mia domanda, come se quell'evenienza non potesse essere contemplata in nessun universo parallelo. E, per fortuna, anche per Alex era lo stesso.

« No », fu la sua risposta di getto. « Non pensarci nemmeno, non mi arrendo così facilmente.

E in ogni caso, non sarebbe un cambiamento così palese da dare nell'occhio abbastanza da farlo notare alla Ferrari. Loro vogliono avere delle prove più... visibili e immediate ».

Incrociai le braccia e restai a fissare il muro della mia camera. « Anche perché viviamo nella stessa casa e vedrei difficile e complicato ignorarci pure qui », osservai amaramente.

Era un qualcosa sulla quale non avevo mai riflettuto con la dovuta attenzione, e fu solo in quel momento che realizzai la situazione: se per qualsiasi caso del destino io e Alex ci fossimo lasciati nei mesi o negli anni a venire, ignorarci come due normalissimi ex fidanzati sarebbe risultato praticamente impossibile. E quello, sarebbe stato un bene, o un male?

In fondo, avevo iniziato a intuirlo da quando la Ferrari aveva messo le carte in tavola e ci aveva detto che cosa si aspettasse da noi: c'era una sola soluzione da attuare, e forse era l'unica possibile; forse dolorosa, forse sconvolgente, ma non avevamo molte altre scelte.

Presi un respiro profondo e provai a parlarne con lui, chiaramente. « Ascolta, Alex... io pensavo che... che forse potremmo provare a dirlo ai tuoi genitori ».

La sua espressione non mutò di una virgola in principio, poi lo sconcerto e la confusione presero il sopravvento quando analizzò con cura le mie parole: le sue sopracciglia fecero un balzo incredulo verso l'alto e sulle sue labbra si formò un sorriso rigido di allarme annunciato. « Che cosa? »

« Dico che potremmo parlarne civilmente, spiegare ai tuoi genitori tutto con calma... possono arrabbiarsi fin che vogliono, ma alla fine io e te non siamo davvero fratello e sorella. Magari capiranno... ».

Alex iniziò subito a scrollare la testa prima ancora di lasciarmi finire. « No, è fuori questione ».

« Ma perché? » ribattei.

« Perché non accetteranno mai la cosa, Sara. Ci lasciano dormire insieme, stare sul divano insieme sotto le coperte, ci lasciano in casa da soli tutto il pomeriggio perché non si immaginano minimamente quello che facciamo. Per loro probabilmente esiste solo ed esclusivamente il sesso dopo il matrimonio, figuriamoci che cosa penserebbero se scoprissero che i loro due figli vanno a letto insieme ».

« Io non sono loro figlia », risposi immediata.

« Anche se ti ostini a non volertene accorgere, loro ti trattano come tale. Per mamma e papà sei loro figlia esattamente come lo sono io e non accetteranno mai una cosa del genere tra noi due. Come minimo, ci dividerebbero e manderebbero uno di noi due dagli zii e io non ho intenzione di vederti solo una volta a settimana sotto loro stretta sorveglianza ».

Sospirai sconfitta. Io non sapevo che cosa fare: come in una partita di tennis, io e Alex continuavamo ad annullare tutti i nostri tentativi di trovare una soluzione alla nostra situazione, rilanciandoci le ipotesi a vicenda senza mai concludere niente. Sinceramente, l'idea di essere spedita dagli zii come un pacco di cianfrusaglie non più volute - e sì, perché se uno dei due figli doveva essere trasferito, allora il figlio prescelto sarei stata io di sicuro - non mi era nemmeno passata per la testa; avevo pensato agli scenari più tragici, perfino che La Coppia mi potesse costringere a ritornare alla casa famiglia... ma in cuor mio sapevo, e più che altro speravo, che non si sarebbero mai spinti a tanto. Ma mandarmi in un'altra città, costringendomi a cambiare scuola in corso d'anno, quella sì che sarebbe stata una buona soluzione per le loro menti fredde e analitiche.

« Tu lo fai per non deludere tua mamma: non vuoi dirlo perché sai che lei non ne sarebbe affatto contenta. Ammettilo ».

Alex abbassò lo sguardo perché il mio colpo, sparato a bruciapelo e senza nessun avvertimento, era appena andato a segno. Di quel discorso ne avevamo parlato raramente; io sapevo quanto lui ci tenesse ai suoi genitori, ma soprattutto a sua madre: a quanto tutto quello che facesse nella scuola, nello sport, il suo essere perfetto e senza macchia, fosse soltanto un modo per renderla felice e, in parte, per reclamare quell'amore che lei non gli aveva mai dato. Quella donna arida di emozioni, che gli aveva dato affetto giusto il minimo indispensabile, che all'età di sei anni aveva iniziato a considerarlo già come un uomo fatto e finito, senza più bisogno di inutili smancerie, era da quella donna che lui ricercava ancora una conferma, un appoggio; sua madre guardava solo alla carriera scolastica, ai voti, al futuro radioso che aveva pensato per lui: magari come avvocato, o come professore universitario, oppure ancora come manager a capo di una grande azienda.

Per quanto riguardava me, invece, sapevano di non doversi aspettare più di tanto, e forse era stato un bene per la sottoscritta: per lo meno, non ero stata costretta a crescere sotto delle aspettative gigantesche, lasciandomi libera di fare quello che volevo della mia vita. Al contrario, Alex percepiva chiaramente tutta la pressione sul presente e sul proprio futuro, e crescendo in quel modo non aveva la minima intenzione di disattendere le irraggiungibili aspettative dei suoi genitori.

« Certo, lo faccio anche per lei... non voglio deluderla, lo sai », ammise in tono basso e timoroso, distogliendo lo sguardo dal mio. Aveva le dita delle mani intrecciate e si morsicava l'interno della guancia.

Presi un respiro profondo e imitai la sua posizione, spingendomi un poco in avanti per poggiarmi sulle mie gambe. Sulla parete opposta avevo appeso un poster di Josh Hartnett, una stupida cotta che mi ero presa dopo aver visto Pearl Harbor; a scuola sembravo essere l'unica a snobbare Ben Affleck in suo favore: quell'uomo dal buco sul mento non lo sopportavo proprio. Così, mentre cercavo le parole migliori e il tono più calmo per parlarne con Alex, osservai quel vecchio poster che si stava iniziando a sgualcire agli angoli. « Non possiamo tenerglielo nascosto per sempre, Alex. Prima o poi questa cosa uscirà fuori ».

« Non lo so quando uscirà fuori, magari quando saremo maggiorenni, ma ora... ora no. Non me la sento, Sara. Lo sai che mi sento sempre uno schifo e non riuscirei a sopportare di guardarli in faccia se vedessi il loro disprezzo per me. Non... non ce la faccio », mormorò passandosi le mani sul viso, come a voler scacciare via il disagio che lo abitava.

Non capivo perché non reagiva, perché se ne stava lì a piangersi addosso quando dovevamo trovare una soluzione insieme. Nemmeno a me sarebbe piaciuto dirglielo e sorbirmi la litigata conseguente, ma per lo meno avremmo messo una tregua a quel continuo nasconderci e, nonostante tutto, io non aspettavo altro.

« Senti, ho capito... ma allora che cosa facciamo? La Ferrari e il preside si aspettano qualcosa da noi. Mi sembra che siano stati abbastanza chiari in proposito: non è un favore, ma uno scambio quello che vogliono ».

I suoi occhi, stretti in due piccole fessure, mostravano i suoi tentativi di concentrazione... e io speravo con tutte le mie forze che almeno la sua mente geniale e acuta riuscisse a trovare una soluzione alla quale io non ero ancora riuscita ad arrivare.

E poi, dopo lunghi minuti passati in silenzio, ecco che Alex se ne uscì semplicemente con: « Potremmo... provare a seguire il consiglio della Ferrari », provò a dire in un mormorio sommesso.

« Cosa vuoi dire? » domandai confusa.

Voltò il viso solo per un istante per guardarmi, ma notando l'incredulità nel mio sguardo lasciò perdere e tornò a concentrarsi sulle sue mani unite. « Dico che forse dovremmo fare quello che ci hanno detto di fare », rigirò le parole perché non riusciva ad ammettere chiaro e tondo quello che voleva comunicarmi.

Restai a bocca spalancata per parecchi secondi, confusa, delusa, amareggiata e addolorata mentre comprendevo quello che davvero voleva comunicarmi, fino a che Alex non si voltò a guardarmi per capire il motivo del mio silenzio prolungato. « Hai capito quello che ho detto? »

« Tu vuoi che ci facciamo vedere insieme ad altre persone? » sospirai sottovoce, come se avessi avuto paura che dicendo quelle parole con un volume adeguato, allora avrebbero davvero acquisito quel significato che mi terrorizzava.

« Io non lo voglio, ma se questa idea servisse per far placare le dicerie... non è detto che non finisca per giovarci, no? »

Aggrottai la fronte e lo fissa costernata. « Tu lo sai che la Ferrari intendeva di uscire con altre persone e non soltanto di farsi tante belle amicizie... lo hai capito questo o fai il finto ingenuo? »

« Ho capito bene, non sono così sprovveduto », replicò acido.

Restai raggelata a fissarlo. Lo aveva detto davvero? Voleva davvero lasciarmi per farsi vedere in giro con delle altre ragazze?

« Tu... tu mi vuoi lasciare? » domandai sull'orlo delle lacrime.

Il cambio repentino nella mia espressione sembrò farlo reagire e lui scrollò vigorosamente la testa, intrappolando le mie mani nelle sue. « No, no... ed è per questo che forse dovremmo darle ascolto. Sarebbe solo una questione di qualche settimana, solo apparenza, Sara... pensaci: possiamo fingere di uscire con qualcuno, così la prof è contenta e gli altri la smetteranno di parlare di noi due ».

Presi qualche respiro profondo perché non riuscivo quasi più a parlare; per fortuna che le mie mani erano intrappolate nelle sue, così almeno avrei evitato di prenderlo a schiaffi e fargli del male, visto che era l'unica cosa che in quel momento avevo voglia di fare. « Tu vuoi uscire con altre ragazze! » lo accusai.

Alex mi guardò come se gli avessi detto che il sole girava intorno alla Terra. « No, ma sei impazzita?! Io non voglio, per la miseria! Mi dà fastidio pure che gli altri ti guardino, figuriamoci a vederti insieme a un altro ragazzo... no, non voglio nemmeno pensarci ma... non vedo altra soluzione.

Potremmo semplicemente fingere: la prof non se ne accorgerebbe mai; potremmo solamente uscire con qualcuno, farci vedere all'intervallo alle macchinette insieme, ma senza doverci fare nulla. Tipo... amici ».

Sganciai le mani dalle sue con gesto stizzito e mi alzai in piedi, fissandolo dall'alto al basso come se avesse del tutto perso la testa. « Oh, che idea geniale, Alex. E dove me lo trovi un ragazzo o una ragazza che, alla nostra età, accetterebbe di uscire insieme a noi senza provarci spudoratamente. Tu usciresti con ragazze come Susan e io dovrei credere che, dopo aver passato un intero pomeriggio fuori casa, voi abbiate soltanto bevuto una stupidissima tazza di cioccolata calda al bar, parlando del tempo? Che lei non abbia cercato di accarezzarti, di toccarti, di baciarti? Dio, non riesco nemmeno a pensarlo che impazzisco. Hai tutte le ragazze della scuola che ti muoiono dietro, e di certo nessuna di loro vorrebbe esserti solamente amica ».

La mente geniale di Alex, evidentemente messa sottosopra dagli ultimi avvenimenti, sembrava non aver analizzato il piccolissimo particolare del fatto che, se avessimo finto, non avremmo dovuto farlo da soli, ma con la complicità di altre persone. « Alex, se usciamo con qualcuno, lo facciamo davvero... e io non ho alcuna intenzione di mettere in scena una buffonata di questo tipo ».

E così dicendo gli voltai le spalle e tornai alla finestra, le braccia incrociate al petto, provando a non pensare alle sue parole che, invece, mi avevano colpita nel profondo.

Parlò dopo tanto tempo, perso anche lui tra i suoi pensieri. « Sara... io non trovo altra soluzione. L'idea di lasciarti per me non esiste in alcun modo e sto provando a pensare a una qualche soluzione temporanea per... per poter resistere almeno fino a quando prenderemo il diploma. Allora ti prometto che ne parlerò con mamma e papà io stesso. Poi ce ne andremo via da qui, andremo all'università e vivremo insieme in un qualche appartamento in centro. Ma finché resteremo qui, non voglio che lo scoprano ».

Restai con la schiena voltata verso di lui. « Allora, la tua grandiosa soluzione è di scoparti Susan il pomeriggio e poi farti tua sorella nel letto la sera? È questa la tua idea geniale? »

Cancellai rapidamente la lacrima che aveva preso a scendere sulla mia guancia nel pianto silenzioso che mi aveva colta. Solo il nominare Susan mi mandava la bile in gola e, in quel momento, capii perfettamente quello che provava Alex quando mi vedeva con Andrea.

Il letto cigolò mesto con il movimento che non vedevo e Alex si alzò per arrivare da me. Mi cinse con le sue braccia e nascose il viso nell'incavo del mio collo, restando alle mie spalle. « Lo so, è un'idea orribile, la peggiore che ci sia ma... voglio provarci, Sara. Non voglio rinunciare a te così facilmente. Voglio combattere per averti e per quello che abbiamo, perché io ci credo, fino in fondo. Tu sei tutta la mia vita, te l'ho già detto, e io non riesco nemmeno a pensare a un futuro senza di te. Tu ci sarai sempre. E se devo decidere tra il dirlo a mamma e papà e non vederti più, e questo... beh, questo mi fa un po' meno male ».

Scrollai la testa e mi lasciai stringere un po' di più mentre sentivo la punta del suo naso solleticarmi la spalla, lasciando di tanto in tanto qualche bacio delicato che io fingevo di non percepire per non soffrire ancora di più.

Dopo qualche minuto in cui le nostre parole si erano bloccate all'interno dei meccanismi dei nostri pensieri, Alex mi voltò delicatamente per guardarlo negli occhi. Mi prese il viso tra le mani e mi guardò intensamente. « Tu lo sai che non apparterrò mai a nessun'altra... lo sai vero? » e poi lo ripeté ancora, non trovando una mia risposta. « Lo sai? »

Riuscii soltanto ad annuire mentre, ormai, le mie lacrime avevano trovato un varco nascosto per uscire senza il mio permesso.

« Sara, forse non siamo i primi a passare in questo casino, ma gli altri hanno mollato a metà strada e io non voglio farlo. A scuola tenteremo di fare come abbiamo sempre fatto, magari passando solo l'intervallo e il tragitto in scuolabus separati, ma non di più. Pian pianino tornerò a uscire con gli altri e poi... »

« Non dirlo... ti prego », gemetti distogliendo lo sguardo da lui, anche se non ci riuscivo completamente.

Difatti lo vidi abbassare appena le palpebre, la sua mascella si irrigidì con forza prima di avvicinarmi e abbracciarmi. Mi strinse a sé con forza, accarezzandomi i capelli delicatamente. « Vuoi provare, Sara? Vuoi combattere insieme a me per quello che abbiamo? O per te non è... non sono abbastanza? »

« Ma certo che lo sei », lo rassicurai. E forse, in una piccola e riservata parte di me, tentavo di rassicurarmi io stessa.

« E allora, non facciamoci influenzare da nient'altro, da stupide convenzioni sociali, e tentiamo per questa strada. Sarà solo per qualche settimana, giusto il tempo di far placare le chiacchiere ».

« Ma stai dicendo sul serio, Alex? »

« Tu hai qualche altra soluzione? Perché io non ne vedo », commentò amaramente. « Dovremmo però darci delle regole ».

« Quali? » chiesi appoggiandomi al suo petto perché, oltre alla sua voce che sembrava stesse firmando la condanna a morte della nostra relazione, non potevo sopportare nient'altro di lui.

« Saremo due mondi separati. Non parleremo mai tra di noi di quello che farai tu o di quello che farò io... dobbiamo promettercelo, perché altrimenti io non riuscirei a sopportarlo. Quando tu uscirai con qualcuno, io non lo vorrò sapere e io farò lo stesso con te ».

Le sue parole erano sofferenti, eppure il solo fatto che le stesse pronunciando per me valeva come una pugnalata al cuore; perché non riuscivo nemmeno a immaginare l'idea di vederlo di ritorno a casa dopo aver passato il pomeriggio con un'altra ragazza, magari infilandosi subito nella doccia, per poi ritrovarlo in camera mia per abbracciarmi, così come forse aveva fatto con lei. Di quella strada che vedevo davanti a noi, io scorgevo solamente il cartello pericolo, ma non vedevo nulla oltre la prima curva repentina; Alex aveva detto che altri avevano mollato alla prima difficoltà, che forse quello che provavamo l'uno per l'altra sarebbe potuto sopravvivere e avrebbe potuto superare anche questo ostacolo... non lo sapevo ed ero sicura solamente di una cosa: avrei dovuto pensarci a fondo.

« Alex... ci stiamo infilando in qualcosa di più grande di noi... sei sicuro di sapere quello che stiamo per fare? »

Annuì sicuro. « Forse non riesco ancora a vedere tutto con chiarezza... ma so di poterlo fare perché ci sei tu qui con me. So che insieme possiamo superare tutte le difficoltà, anche se capisco che non sarà affatto semplice... ma so anche che quello che abbiamo non è paragonabile a niente di ciò che hanno i ragazzi della nostra età.

Voglio provarci, Sara... per te, per noi... Allora, cosa ne dici? »

Scrollai la testa tornando a guardarlo negli occhi. « Non lo so... devo pensarci, Alex... e dovresti pensarci bene anche tu ».

Annuì lentamente, ora che sembravo io quella meno restia, ecco che il dubbio sembrava aver trovato un varco per farsi strada dentro di lui. « Ok, ci penseremo entrambi ma... se decidiamo di farlo, voglio solo che ci promettiamo una cosa ».

« Che cosa? »

Mi sfiorò il seno con una mano e posò la mano sul mio cuore; in fondo, forse nemmeno lui era consapevole del guaio in cui ci stavamo tuffando, ma dal modo in cui irrigidiva la mascella, dalla lucidità dei suoi occhi addolorati, dal tocco delicato della sua mano su di me, sapevo che aveva paura.

« Mi devi giurare che qui dentro ci sarò sempre e solo io. Che non mi importa di quello che succederà fuori da questa casa, se sarai con... con chiunque altro a fare qualcosa che non voglio nemmeno immaginare... io voglio solo che penserai solamente a me, e che quando saremo di nuovo insieme, qui in questa casa, allora il mondo fuori non esisterà più ».

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Spazio Ape:

Vi chiedo scusa per il tremendo ritardo, ma la storia per il concorso mi sta portando via un sacco di tempo e, per questa storia, non avevo più capitoli da correggere... e scrivere di getto un capitolo senza avere la traccia del successivo non mi piace per niente.

Infatti, non sono soddisfatta di quello che è uscito fuori negli ultimi capitoli. Mi dispiace molto per questo, ma spero che voi li abbiate apprezzati comunque.

Questo è un capitolo importante perché rappresenta un grosso cambiamento per i protagonisti... sono curiosa di sapere che cosa ne pensate: non tanto di quello che pensate di questa situazione come se la viveste voi in prima persona, ma vorrei sapere se all'interno di questa storia e della trama che ho creato, per voi ha un senso logico. Io spero di sì perché nella mia testa ce l'ha, ma forse non l'ho reso adeguatamente con le parole scritte.

Il prossimo capitolo non l'ho ancora scritto e, devo essere onesta, non so quando riuscirò a pubblicarlo. Per ora non ho ispirazione, quindi potrei dirvi anche tra un mese, ma non è detto che non mi arrivi l'ispirazione tutta di getto e che quindi io non riesca ad aggiornare prima.

Vi chiedo solo di essere pazienti fino a fine marzo, quando terminerò la storia per il concorso e la situazione ritornerà alla normalità.

Come sempre, vi invito a passare a leggere anche le mie altre storie d'amore, che spero possano piacervi, e magari consigliare questa storia ai vostri amici di wattpad... avere tante visualizzazioni è sempre un ottimo incentivo ehehehe ;-)

Vi ringrazio per continuare a seguirmi e spero di ritornare il più in fretta possibile!

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