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21. Un nuovo mondo

Rieccomi con un nuovo capitolo! Non dimenticate di votare e commentare! Vi aspetto nello spazio Ape in fondo... Ci sono delle novitàààààààààààà

e poi... vorrei dire... quella gif... aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa

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A seguito di quella notte, di quella nostra prima volta condivisa che aveva decretato il cambiamento più importante nella storia che avremmo costruito nell'immediato futuro, per me e Alex si aprì un mondo intero.

Dentro la nostra stanza d'albergo, in quella cittadina fredda e gelida sperduta in uno degli stati più dimenticati e ostili del pianeta Terra, io e Alex ci rinchiudemmo senza quasi mai uscire e i giorni successivi corsero via a una velocità inaudita, mentre noi riempivamo ogni minuto disponibile delle nostre giornate e delle nostre notti con un'unica cosa: solo e soltanto sesso.

Sembrava non riuscissimo più a fare altro.

Dopo la nostra prima volta, per noi si era appena aperta la porta per quel paese sconosciuto che avevamo solamente visto da lontano, di cui avevamo tanto sentito parlare e che avevamo potuto solamente immaginare come fosse provarlo realmente sulla propria pelle.

E la realtà che avevamo scoperto superava di gran lunga ogni nostra più fervida immaginazione.

Luisa e Gianluca, sempre uniti nei sacri furori della conoscenza che li legava, erano impegnati praticamente tutte le ore di tutti i giorni tra l'Università Statale dell'Alaska, che ci aveva fornito di vitto e alloggio, i convegni con gli altri professori e gli studenti in sede, e le spedizioni alla volta del vicino ghiacciaio dal quale andavano a prelevare campioni ghiaccio e terreno per studiare roba della quale a me fregava tanto quanto poteva importare a una marmotta dell'ultima moda in fatto di infradito: e quindi zero. Di conseguenza noi, i poveri figli abbandonati a loro stessi, approfittavamo di tutto il tempo che La Coppia non poteva dedicarci per stare insieme, soltanto io e lui.

Di tanto in tanto, durante le cene alle quali eravamo ovviamente entrambi costretti a partecipare per non destare eccessivi sospetti sulle nostre attività ricreative perpetrate nella camera da letto, Luisa si lasciava scappare il suo tremendo dispiacere nel lasciarci sempre così soli, noi due povere piccole anime in pena senza uno scopo di vita all'infuori del pianeta scuola e studio.

« Noi speravamo tanto di portarvi qui per farvi conoscere i luoghi incontaminati che l'Alaska può offrire », iniziava a dire con quel suo modo di parlare così simile a quello di una guida turistica prestampata, « ma purtroppo in questo periodo dell'anno il clima sembra essere inclemente. Io e vostro padre speriamo che non vi stiate annoiando troppo ».

Io alzavo le spalle, fingendo il minimo indispensabile di noia, e Alex mi imitava.

« Per lo meno avete i vostri compiti e il vostro studio; in questo silenzio e in questa pace credo che possiate studiare con gran soddisfazione e profitto », continuava, e io e Alex annuivamo convinti, trattenendo a stento le nostre risate.

« E così, Sara, può approfittarne per recuperare un po' di brutti voti arretrati », si intrometteva Gianluca. « Quale occasione migliore? »

Dopo la solita solfa che ci riservavano durante l'antipasto, arrivava la portata principale, di solito costituito da carne grigliata, stufata, bollita o arrostita di animali dei quali non chiedevo l'origine perché mi inquietavano e non poco; e con l'arrivo della carne e dei contorni, ecco che gli innamorati del secolo ci illustravano a proposito del loro lavoro, dei progressi che stavano portando avanti, delle scoperte relative a degli stupidi microbi o a elementi da tavola periodica dei quali non fregava niente all'umanità intera e che invece, per loro, valevano come la nuova cura contro il cancro. E poi si prendevano per mano, i loro sguardi si incrociavano, gli occhi che brillavano di amore per la scienza, e restavano a gongolare, forse immaginandosi un Nobel condiviso.

« ... e poi, io e vostro padre crediamo che con tutti i campioni che stiamo prelevando, potremmo finalmente scoprire di più a proposito della composizione dell'aria nell'era... », e io nel frattempo spegnevo il cervello e restavo con la mia espressione di finto sorriso interessato alle loro parole, mentre tentavo di tagliare delle bistecche enormi che, ogni giorno di più, ero convinta fossero di carne di orso da quanto fossero dure; e io continuavo la mia sceneggiata a orecchie e cervello spento, fino a che Alex non si preoccupava di toccarmi la gamba con la sua per farmi capire che sua madre si stava rivolgendo a me, e allora rimettevo in funzione cervello e tutto il resto e rinsavivo giusto il tempo necessario per ascoltare il proseguo del suo racconto. «... domani le previsioni indicano un inasprimento delle temperature », "ma chi cazzo dice inasprimento delle temperature?", « quindi possiamo chiedere a qualcuno qui in albergo per accompagnarvi a fare una gita: noi abbiamo una conferenza a cui partecipare, ma deve pur esserci una guida disponibile nei dintorni; sono certa che voi due potreste organizzare un paio di divertentissime escursioni ».

Io e Alex, seduti come sempre assieme di fronte a loro dall'altra parte del tavolo, passavamo tendenzialmente dall'espressione-compatimento, quella dei poveri fratelli abbandonati che cercano di aumentare il senso di colpa dei cattivi e insensibili genitori lavoratori, a quella dell'entusiasmo eccessivo.

« Ma è fantastico! » esclamavo io con un enorme sorriso che spiazzava i miei genitori adottivi, visto che io potevo essere definita una ragazza di qualsiasi tipo tranne che sorridente. « Alex, ti rendi conto? Un'arrampicata sui ghiacci, legati alle corde, con meno venti gradi sotto zero e con quelle scarpe chiodate all'ultimo grido: ti giuro, non vedo l'ora ».

E Luisa mi credeva davvero, e credette pure al fatto che i nostri tentativi per tenerci al passo con le ore di lezione saltate per quei giorni di vacanza fossero davvero impegnativi, con una mole di studio tale da tenerci occupati in camera per quasi tutte le ore del pomeriggio; ovviamente non era vero: Alex il secchione, i libri li aveva davvero portati, ma per tutta la durata della vacanza non li aprì nemmeno una volta. E io men che meno.

Luisa inoltre, che tentava continuamente di organizzarci quelle fantasmagoriche escursioni tra i ghiacci in mezzo a lupi, orsi, salmoni e a una temperatura che nelle giornate migliori arrivava a meno quindici gradi sotto zero, credette anche a tutta la lunga sfilza di malattie immaginarie che io e Alex ci inventavamo per rinchiuderci in camera ed evitare le sue gite; ovviamente erano tutti disturbi creati e progettati ad hoc e che costringevano il fratello sano ad accudire quello malato perché: « mamma, non vedi che Sara ha la febbre alta? Non posso di certo lasciarla qui in camera da sola mentre voi siete in università ... sapete, credo proprio che per stasera prenderò qualcosa dal ristorante per me e Sara e mangerò con lei in camera, ok? »

Ormai avevamo creato un'associazione a delinquere finalizzata a un unico scopo, e Alex era ben contento di farne parte, godendo di tutti i trucchetti salta-scuola che avevo imparato in anni di duro tirocinio scolastico, fatto di termometri piazzati vicino al termosifone, di false giustificazioni per entrare dopo a lezione, scuse per non aver studiato o per non aver portato il compito completato che spaziavano dalla morte di felini, roditori e persino testuggini che non avevamo mai posseduto, fino anche alla prematura dipartita di familiari mai conosciuti o esistiti. Alex si divertiva un mondo, quell'improvvisa libertà e continua trasgressione dalle regole lo elettrizzava come fosse su una giostra, e io mi divertivo con lui a fregare La Coppia con ogni metodo che la nostra immaginazione riusciva a progettare.

Quei giorni, per noi, furono l'emblema della perfezione e della spensieratezza, rinchiusi in una camera che stavamo imparando a conoscere centimetro per centimetro come le nostre tasche, senza mai mettere il muso fuori se non per le più impellenti necessità... per noi quella era la felicità massima: io e lui fuori dal mondo, senza nient'altro a disturbarci; ma sapevamo in cuor nostro, anche se non palesavamo le nostre preoccupazioni per non rovinare i momenti passati insieme, che al nostro ritorno in Italia le cose sarebbero cambiate, che comunque avremmo dovuto riprendere la solita routine e ricominciare a nasconderci con ancora più attenzione; ma provavamo a vivere nel presente senza guardare più in là dell'imminente domani. E il nostro presente lo vivevamo... eccome se lo vivevamo.

Forse era dato dal nostro essere praticamente cresciuti assieme, o forse era semplicemente per il fatto che ci amavamo oltre ogni limite, ma riuscivamo a capire l'un l'altro senza quasi dover parlare, e la chimica mentale ma soprattutto fisica tra di noi era innegabile. E come i ragazzi che eravamo, entrambi inesperti ma entrambi così ingordi di scoprire e soprattutto sperimentare il nuovo e lo sconosciuto, ci lasciammo cullare dolcemente nel nostro vomitevole amore proibito - così come lo chiamavo io per farlo sorridere - solamente per i primi due o tre giorni. Poi la storia cambiò. Nettamente.

Con la falsa ingenuità che caratterizza ogni adolescenza che può essere vissuta senza regole, noi sperimentavamo il sesso in tutte le sfaccettature che conoscevamo, e gettavamo uno sguardo anche a ciò che invece non conoscevamo ma che ci attirava come miele per gli orsi. Tutto quello che la nostra fervida e, in fondo, perversa immaginazione ci suggeriva di fare, noi provavamo a metterlo in atto, e tutto quello che avevamo voglia di fare, lo facevamo. Aiutati dalla tremenda familiarità che ci caratterizzava per l'essere fratelli, non avevamo vergogna di nulla, non provavamo pudore, non tentennavamo in nulla: lui era la mente, la parte inventiva del nostro duo, quello che spingeva i limiti come non avrei mai immaginato potesse fare prima di allora, mentre io ero il corpo, la parte più subdola che serviva nei rapporti con l'esterno, con le scuse che progettavo e rifilavo alla Coppia per restare in camera con lui ancora un po', e ancora un altro po'. Era come essere le due parti di uno stesso intero, e i pensieri che ci scambiavamo l'un l'altro non li giudicavamo, ma li accettavamo e li portavamo avanti senza farci troppe domande.

Ed è in questo caos solo all'apparenza controllato, che io e Alex eravamo rimasti invischiati: in quella ricerca diventata quasi ossessiva del piacere, del nuovo, del proibito, che ormai stava iniziando a controllare ogni singolo momento delle nostre giornate, in quella continua aspettativa del tocco reciproco, di una carezza, di un bacio rubato, che ricercavamo senza renderci nemmeno conto del pericolo che correvamo in ogni momento di essere scoperti; ci sfioravamo sotto il tavolo anche quando gli occhi dei suoi genitori erano puntati dritti sui nostri visi, sicuri al limite dell'avventatezza che non si accorgessero di noi, e ci guardavamo e bisbigliavamo sottovoce quando loro erano impegnati a parlare, escludendoci dai loro discorsi.

Ma soprattutto, non eravamo nemmeno consapevoli del fatto che stavamo viaggiando al limite della concezione di un rapporto malsano per quante volte ogni singolo giorno ci rintanavamo nelle nostre attività, tanto da farci dividere a fatica anche solo per quelle misere ore che La Coppia giustamente ci chiedeva di dedicarle; a volte, quando ci accompagnavano alla nostra stanza dopo cena, io e Alex ci ritrovavamo quasi a fremere e a boccheggiare nell'attesa che la porta si richiudesse dopo quel fatidico buonanotte che aspettavamo con immensa trepidazione. E quando quella porta si richiudeva, il tragitto era davvero breve verso il letto; o il mobile in legno, o il tappeto, o la vasca da bagno... insomma, l'ho detto che ormai conoscevamo quella stanza centimetro per centimetro.

« Ma sei sicuro che poi il tuo birillo non si rompe tutt'un tratto a usarlo così spesso? » gli avevo detto un pomeriggio dopo l'ennesimo amplesso, e quel giorno eravamo a quota quattro. « Sai, ci tengo a preservarlo ».

Entrambi nudi, con le lenzuola tirate soltanto fino alla vita, io ero rimasta a osservarlo con i gomiti puntati al materasso, il mio cuore che non aveva ancora smesso di battere forte e che lui riusciva a riaccendere anche solo con un semplice sguardo.

« Il mio birillo? » domandò divertito, allungandosi per tutto il letto sotto le lenzuola e stiracchiandosi tutto soddisfatto. « Così lo chiami? »

Scoppiai a ridere e mi appoggiai al suo petto con il mento. « Beh, la forma più o meno è quella ».

Alzò le lenzuola e guardò verso il basso, stringendo le labbra tra sé e osservando il birillo in questione con sguardo altamente concentrato. « A me non sembra proprio. E comunque non si rompe, stai tranquilla. Se ha superato la fase tredici anni, supererà ogni nuova avventura ».

« La fase tredici anni? Sarebbe? »

Alzò un sopracciglio e mi guardò con quella sua solita aria da so-tutto-io. « Secondo te, un ragazzo a tredici anni cosa fa da mattino a sera? »

Annuii quando intuii a che cosa si riferisse. « Ecco perché ci mettevi sempre così tanto a fare la doccia! » lo sbeffeggiai.

Ma lui non si offese e, anzi, continuò la sua spiegazione. « E dovresti chiederti soprattutto perché mi rinchiudessi in bagno a ogni occasione possibile, soprattutto la sera prima di addormentarmi. Ti ricordi che, ogni volta che ti presentavi in camera mia, io filavo subito in bagno? »

« Ehi, hai ragione! Non ci avevo mai fatto caso », ammisi senza smettere di ridere.

« Sai, nel mio letto venivi sempre a rompere nei momenti meno opportuni e mi lasciavi sempre a metà », borbottò incrociando le braccia dietro la testa.

Mi avvicinai sul materasso e strisciai sopra di lui; sollevai il lenzuolo e guardai l'oggetto della nostra conversazione. « Oh, povero, piccolo il mio birillino... interrompevo le vostre partite a solitario? »

Mi fece un ghigno e si spinse un po' avanti per baciarmi sulla punta del naso. « Esatto, tu entravi nella stanza in punta di piedi e io avrei voluto strozzarti perché mi spaventavi ogni volta. Poi mi abbracciavi, ti addormentavi nel mio letto, e allora... io continuavo da dove ero rimasto ».

Scattai a sedere sconvolta. « Tu facevi quelle cose con me nel letto mentre io ti dormivo accanto?! Ma sei uno schifoso! »

Scoppiò a ridere di gusto. « Dai, stavo scherzando, Sara... però venivi lì, con il tuo bel culetto contro di me, io che ero già eccitato da morire da... beh, da tutto il giorno in pratica... e così mi costringevi a rinchiudermi in bagno di nuovo. È stato un periodo decisamente stressante, devo ammetterlo ».

Mi rilassai e gli posai una mano sul ventre, accarezzandolo con delicatezza intorno all'ombelico, giocando con quella leggera peluria che finiva per nascondersi sotto il lenzuolo; e io, mentre lo accarezzavo, mentre percepivo i suoi addominali tendersi appena al sentore del mio passaggio, sentivo già il mio corpo scaldarsi di nuovo; immaginavo le mie dita che continuavano a scendere, e a scendere... e il mio cervello iniziava a non funzionare più a dovere. « Sai che non riesco proprio a immaginarti mentre... cioè, mentre ti fai quella cosa? Mi sembrerebbe... strano », commentai immaginandomi la scena e, contro ogni mia aspettativa, quell'idea di un qualcosa che un tempo mi avrebbe soltanto fatto ridere, mi eccitò all'inverosimile.

Alex mi accarezzò i capelli e si mise seduto per avvicinarsi a me; scese con la mano sulla mia guancia e fece passare il pollice sulle mie labbra; sussultò appena quando presi la punta tra i denti e succhiai appena, guardandolo dritto negli occhi, e infine un sorriso sornione si fece strada sulle sue labbra. « Vorresti vedere? »

Ecco. Questo è il livello dei discorsi che facevano da padrone ai nostri sparuti scambi verbali. E quando dicevo che ci piaceva sperimentare tutto quello che ci passava per la testa, non scherzo.

Ma più i giorni passavano e più mi rendevo conto che c'era qualcosa di diverso in Alex, qualcosa che non avevo ancora conosciuto in lui se non in qualche rado momento nelle settimane passate a casa e a scuola; erano aspetti più nascosti e oscuri del suo essere che non aveva mai mostrato nemmeno a me e che solamente in quella temporanea perdita di controllo e di inibizioni che il sesso per noi rappresentava, Alex riusciva a esternare tutto quello che evidentemente era una parte fondamentale di lui. Il ragazzo dolce, timido, sensibile e un po' impacciato che avevo imparato a conoscere negli anni, nel sesso spariva completamente; restò il solito Alex solo per i due giorni successivi alla nostra prima volta, quando ancora era timoroso di farmi del male, indeciso su come muoversi o su che cosa dirmi; poi, il suo modo di fare l'amore e di approcciarsi al sesso in generale cambiò radicalmente.

All'inizio faticai ad accorgermene perché fu un cambiamento graduale, poi però non potevo negare che l'Alex che avevo sempre conosciuto stava iniziando a modificarsi: i suoi modi erano sempre più sicuri, impazienti, agitati al limite dell'irruenza; il sesso e le attenzioni che ricercava in me avevano perso tutta la dolcezza che lo caratterizzava in principio in favore dell'erotismo più puro e spinto e io, all'inizio non sapendo come interpretare quel cambiamento, lo presi nell'unico modo in cui una ragazza riesce stupidamente ad accettare un cambiamento dalla persona che ama: lo accettai in silenzio, senza protestare o farsi troppe domande. Uno sbaglio che in molti compiono.

L'Alex che lui era stato in passato ovviamente non era sparito in una manciata di giorni: all'infuori del sesso, lui era sempre la stessa persona che conoscevo, ma ora non riuscivo più a ritrovare la bussola per capire quale fosse davvero il ragazzo che amavo: se quello che continuava ad aiutarmi ad allacciarmi la sciarpa perché con i nodi ero un disastro, che ogni volta prima di addormentarci abbracciati mi baciava dolcemente la fronte, quello che vado un attimo al bar dell'hotel e torno e rientrava con un fiore finto rubato da uno dei vasi sparsi per il corridoio; oppure l'Alex irruente e selvaggio, che mi teneva stretti i polsi nelle sue mani e li imprigionava dietro la mia schiena per impedirmi di muovermi, che mi bloccava sotto il suo peso quando lo sentivo ansimare all'orecchio parole che non credevo nemmeno conoscesse; che mi impediva di stare sopra di lui e prendere il controllo della situazione come a volte avrei voluto fare, che mi chiedeva di spingermi sempre un po' più in là con la trasgressione, in quello che lui scherzava chiamando il sondare luoghi inesplorati, nel chiedermi cose sempre diverse e a volte per me strane e bizzarre; e infine quello che a volte, nella foga del momento, in quel boccheggiare di desiderio represso per quelle due misere ore divisi che avevamo appena superato indenni dopo cena, mi prendeva contro la porta appena richiusa senza che io fossi pronta, che prendeva quello che diceva spettargli senza nemmeno chiedere. Come se nel nostro noi, ci fosse solamente lui.

Quest'ultimo Alex mi spiazzava completamente perché era pressoché un estraneo ai miei occhi; eppure io accettavo tutto da lui, incondizionatamente perché lo amavo, perché credevo che lui avesse bisogno di questo, di ciò che altro non era che puro e semplice controllo e sottomissione al suo volere, al suo desiderio e alle sue richieste. Voleva avere lui l'ultima parola, l'ultima scelta, voleva decidere lui cosa farne di me, e le sue prese e i modi che ricercava per bloccarmi sotto il peso del suo desiderio crescente andavano via, via a essere sempre più duri, al limite del dolore.

E la Sara che conoscevo prima di partire per l'Alaska, quella forte e indipendente, quella dei vaffanculo gratuiti ai genitori da tipica adolescente ribelle, quella che si predicava femminista e che odiava i bad boy e i ragazzi misteriosi, che vomitava di fronte al romanticismo, che sull'autobus aveva quasi slogato il polso di quel povero ragazzo che in prima liceo, quando ancora nessuno sapeva del suo caratteraccio, aveva osato toccarle il sedere senza il suo consenso, proprio quella Sara sembrava essere sparita; la nuova Sara accettava tutto in silenzio, senza battere ciglio: si lasciava dominare e controllare completamente, si lasciava cingere i polsi fino a farli arrossare, si aggrappava alla testiera del letto quando lui glielo richiedeva, restava in silenzio in quella presa stretta che tratteneva con energia intorno al suo mento fino a farle dolere la mascella, e non batteva ciglio a quegli schiaffi sui fianchi e sulle natiche che, da semplici sbuffi amorevoli e divertenti, stavano iniziando a trasformarsi in qualcosa di più; e tutto questo ribaltamento della situazione, del controllo e delle parti di potere, a lei piaceva; e non poco.

Avevo avuto dei segnali di avvertimento in passato, segnali che io non avevo mai colto e che riconosco solamente ora: quell'insistenza immotivata il primo giorno in cui avevo conosciuto Andrea sul fatto di essere sua; quella gelosia esagerata quando mi aveva vista uscire con Andrea solamente per andare a fare le fotocopie; quella spinta che mi aveva dato la sera del suo compleanno; quel gesto che aveva compiuto quella mattina, quando aveva voluto leccare via il sangue dalla mia ferita, come se io fossi stata una sua proprietà, nella gioia e soprattutto nel dolore. Erano quelli i segnali che avrebbero dovuto avvertirmi che, quando Alex perdeva il controllo, allora si trasformava in un'altra persona.

Non so davvero spiegare perché avvenne quel cambiamento dentro di noi, se il mio essere diventata improvvisamente mansueta nei suoi confronti fosse semplicemente una reazione al suo mutamento o viceversa; probabilmente c'era molto altro sotto: di mio, potevo annoverare il fatto di essere sempre stata una ragazza scontrosa e ribelle, sempre controllata nel mio andare controcorrente, e forse l'idea di vivere la mia vita in tranquillità cedendone completamente la guida a qualcun altro, era stata una boccata d'aria fresca; d'altro canto Alex, che per tutta la vita aveva cercato di fingersi perfetto per accontentare i suoi genitori e soprattutto quella madre che fondamentalmente lo ignorava e non gli aveva mai dato l'amore di cui necessitava, forse sfogava il suo sentirsi imperfetto e abbandonato sull'unica persona di cui si fidava e con cui sapeva di potersi aprire completamente, e in fondo l'unica donna della sua vita che lo abbia mai realmente amato.

A quel tempo ovviamente ero troppo giovane per arrivare a simili riflessioni sul nostro rapporto, così lo vivevo senza farmi domande, senza pensare troppo al fatto che, se quelle stesse attenzioni, quegli stessi gesti e richieste, quell'ombra di dominanza che in fondo Alex aveva iniziato a esercitare su di me, fossero arrivate da qualsiasi altro uomo sulla terra, io le avrei rifiutate in blocco: mi sarei infuriata e la mia testa calda sarebbe esplosa letteralmente; ma con Alex non ci riuscivo.

L'amore mi aveva resa alla sua completa mercé.

E per questo, in futuro, ne avremmo pagato le conseguenze entrambi.

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Spazio Ape:

Ok, devo ammettere che questo è il capitolo che mi dava più ansia di tutti perchè è da qui che poi parte la vera storia che avevo in mente. Spero davvero di aver reso in parole chiare tutto quello che mi frullava in testa e tutto quello che penso a proposito dei comportamenti di Alex.

Quindi, fatemi sapere cosa ne pensate di questo suo cambiamento...

E cosa importantissima! Ho iniziato una nuova storia alla quale tengo tantissimo perchè è quella che mi ha preso più impegno per scriverla, soprattutto in termini di intreccio e di trama, e credo proprio sia quella che mi è riuscita meglio: Nina e i diari dell'Acqua.

Passate a darle un'occhiata e una possibilità: mi riempireste di gioia! A domenica prossima!

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