20. L'apice
Canzone per il capitolo:
My immortal - Evanescence
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Alex si fermò per un istante, sorpreso, confuso e preso alla sprovvista dalla mia richiesta, ma lasciò che le sue labbra socchiuse restassero a sfiorare ancora le mie. « Come hai detto? »
« Voglio fare l'amore con te », ripetei con più convinzione.
Si fece più indietro di pochi centimetri, i suoi occhi che balzavano rapidi e trepidanti tra i miei. « Qui? Adesso? »
Non potei trattenere una debole risata nel vederlo così smarrito e sorpreso, e il lampo di apprensione che gli passò nello sguardo mi intenerì. Ero agitata, in quei momenti non pensavo lucidamente di certo, ma avevo capito di aver rischiato di perdere così tanto che sentivo la profonda necessità di riappropriarmi di lui e donargli me stessa il prima possibile, prima di rischiare di perderlo di nuovo.
« Sì, ora. Adesso », dissi con premura avvicinandolo di nuovo alle mie labbra e premendo le mie mani sulla sua schiena.
Lo sentivo eccitato e pronto sotto ai suoi leggeri pantaloni della tuta e il trovarmi così vicina, il suo corpo intrappolato tra le mie gambe divaricate, gli diede lo stimolo per spingersi ancora di più verso di me. Per qualche secondo restò a godere del nostro bacio, del debole contatto di quell'incontro che volevamo entrambi, poi però sembrò ricredersi e si fermò. « Sara... sei proprio sicura? »
Annuii con premura, troppo rapidamente per aver davvero pensato a quello che gli stavo realmente chiedendo. « Non mi importa più di aspettare... ho rischiato di perderti una volta e non voglio che succeda di nuovo. Sei mio e voglio che tu possa esserlo in tutto e per tutto. E voglio essere tua perché per me non esiste nessun altro oltre a te, Alex ».
La sua bocca sembrò esitante quando tornò a baciarmi, quando si avvicinò alle mie labbra senza chiudere le palpebre, per trattenere il più a lungo possibile i miei occhi nei suoi. Prese il mio viso tra le mani con delicatezza e io riuscii a scorgere i suoi tratti a malapena visibili nel buio della stanza, ma la sua presenza intorno a me e dentro il mio cuore era così imponente che non avevo bisogno della vista per capire quanto i suoi gesti e le sue attenzioni mi comunicassero quanto mi amasse. Lo avevo lasciato senza parole, e questo a me bastava.
Avevo scelto di credergli, avevo scelto di fidarmi di lui, e ora volevo soltanto godermi il frutto di quella fiducia, quel regalo che già da tempo avrei voluto che ci fossimo donati a vicenda; perché in un modo o nell'altro sapevo che ci eravamo sempre appartenuti, fin da quel primo giorno in cui le nostre piccole e infantili anime si erano conosciute e in cui mi aveva chiesto di fidarmi di lui prendendogli la mano, e avevo la certezza speranzosa che a prescindere da cosa sarebbe accaduto nel nostro futuro, io gli sarei sempre appartenuta qualsiasi scelta avrebbe compiuto, qualsiasi strada avrebbe deciso di intraprendere.
Aprii lentamente le mie labbra a specchio delle sue per tornare ad assaporarlo in un bacio dolce, gentile, ma non di meno profondo; i movimenti languidi delle nostre labbra che si sfioravano, che scivolavano umidamente l'una contro l'altra, mandavano messaggi continui e alternati al mio cuore, alle mie emozioni che ormai vivevano soltanto di quel contatto.
Le sue mani abbandonarono il mio viso solamente dopo qualche minuto e, mentre l'attrazione che ci muoveva evolveva in pura passione, queste fuggirono a nascondersi sotto la maglia che indossavo, per andare a toccare e a riappropriarsi nuovamente di ciò che Alex sembrava aver abbandonato per troppo tempo.
E soltanto quando cercò di togliermi la maglia definitivamente, ecco che io ripiombai nella realtà e un moto di imbarazzo mi colpì, risvegliandomi improvvisamente dal sogno nel quale volevo tuffarmi a capofitto senza pensarci due volte.
« Alex? » lo richiamai, provando a staccarmi dalle sue labbra.
Mugugnò qualcosa di incomprensibile e mi guardò per un istante.
« Ho bisogno del bagno... urgentemente », provai a dire, sperando che capisse al volo e mi togliesse dall'imbarazzo.
La linea delle sue sopracciglia si incurvò tremendamente, imitando uno sguardo dispiaciuto e deluso. « Proprio urgentemente? »
« Sì... dopo quattromila ore di volo, ho davvero bisogno di una doccia », spiegai. « Prima mi sono messa a letto e non l'ho fatta ».
Si avvicinò abbassando le spalle e riportò le sue labbra tentatrici sul mio collo, leccando avidamente fino a sfiorarmi il lobo. « Potrei farla insieme a te... che ne dici? »
Il solo sentirlo parlare con voce così suadente accanto al mio orecchio fece disciogliere buona parte del mio autocontrollo all'improvviso... ma no: avevo davvero bisogno di stare da sola per qualche minuto. Nonostante tutta la trepidazione che provavo, il mio cervello aveva preso il sopravvento e aveva bisogno di lavorare in una temporanea assenza di ormoni in circolo, che mi avrebbero fatto agire senza pensare adeguatamente a quello che stavo per fare.
« Alex... ti prego... solo pochi minuti », gemetti quando lo sentii avvicinarsi di nuovo al mio bacino per tentarmi e riaccendermi per l'ennesima volta.
Annuì con agitazione e mi lasciò infine scendere dal mobile. « Ok... io... io ti aspetto qui », disse nervoso.
Il mio cervello in completo subbuglio non seppe suggerirmi che cosa rispondere e io mi rifugiai nel bagno che, dopo la doccia che Alex aveva fatto quando io invece ero abbozzata nelle coperte, sembrava non essere stata ancora usata.
Cercai di impiegare il meno tempo possibile a fare la doccia, lavarmi i denti, depilare quello che dovevo depilare per rendermi almeno presentabile alla modica ora delle tre del mattino... ma ero così agitata che impiegai il doppio del tempo tra tubetti del dentifricio che mi saltavano via dalle mani, scivolate evitate per un soffio sulle pozzanghere d'acqua che avevo formato sulle piastrelle fredde del pavimento, e infine quel terribilmente imbarazzante tremore alle mani che sembrava voler aumentare ogni secondo di più. Il cuore continuava a battere impazzito come al termine di una corsa, e pareva non voler smettere nemmeno per un secondo; lo sentivo pulsare nella gola impedendomi di tanto in tanto di respirare normalmente e mi ritrovai a costringere me stessa a guardarmi allo specchio ripetendomi di non comportarmi da fifona.
Mi sentivo una stupida perché mi sembrava di essere finita dentro una battaglia, e quella porta chiusa alle mie spalle e che scorgevo dal riflesso dello specchio ne avrebbe decretato l'inizio. Ma non avrei dovuto sentirmi così: "per la miseria, tutti gli adulti parlano solo e soltanto di sesso e da quel minimo indispensabile che so, deduco che sia anche parecchio divertente... allora perché me la sto facendo sotto e tremo come una maledettissima foglia?"
Artigliai le mani al lavandino e sperai che con la pressione il tremore cessasse, ma niente sembrava funzionare; il cuore pareva essere fluito via nelle vene e ora tamburellava fin nelle tempie, sudavo freddo e sapevo che, se non mi fossi seduta immediatamente, sarei potuta svenire da un momento all'altro. Andai a occupare l'angolo della vasca da bagno che fungeva anche da doccia e mi sedetti sul bordo con i piedi nudi appoggiati sul morbido tappetino, coperta solamente da un asciugamano e i miei capelli corti ormai quasi completamente asciutti dopo il breve incontro con il phon.
« Sara? » chiese Alex bussando alla porta chiusa con fare incerto.
Persino la salivazione si era azzerata e dovetti provare a deglutire un paio di volte per poter articolare i suoni di modo che risultassero almeno vagamente appartenenti alla lingua italiana. « Solo... solo un momento », blaterai in mezzo ai balbettii.
"Sono solamente una stupida fifona", mi ripetevo all'infinito, osservando di sottecchi quella porta e cercando di zittire le voci nella mia testa che mi dicevano che avrei potuto chiudermi dentro e lasciar perdere ogni cosa.
Dopo qualche minuto, Alex ritentò. « Posso entrare? »
« No », risposi immediatamente, ma il mio rifiuto ribadito con troppa veemenza e rapidità valse a poco perché, un paio di secondi di silenzio dopo, la porta si aprì appena e Alex infilò la testa dentro per sbirciare.
« Che succede? » chiese e, nel vedermi seduta e probabilmente pallida come le bianche piastrelle che mi circondavano, si preoccupò immediatamente. Entrò nel bagno con solo i boxer indosso e si inginocchiò davanti a me per scorgere la mia espressione e capire che cosa mi prendesse.
Abbassai lo sguardo e mi ripetei di essere forte. « Non è niente... stavo per... stavo per uscire ».
« Ma tremi come una foglia », ribatté lui. « Hai la febbre? »
Scrollai la testa e sentii che improvvisamente la gola si era seccata di nuovo nel vederlo tanto bello. Lo desideravo così tanto ma, allo stesso modo, ero seriamente terrorizzata. Prima ero guidata soltanto dal cieco istinto ma, ora che il mio cervello aveva fatto il suo perfido lavoro, mostrandomi quale fosse veramente quell'importate passo che stavo per compiere e soprattutto le conseguenze che avrei dovuto aspettarmi dopo, la paura aveva preso il sopravvento.
Alex si alzò di scatto e mi prese la mano. « Vieni di là, mettiti almeno sotto le coperte ».
Lo seguii in silenzio senza sapere cosa dire o fare, sentendomi piccola e inutile, vergognandomi per la mia paura e maledicendomi per le mie stupide insicurezze; perché in fondo era proprio di questo che si trattava, oltre alla più che naturale paura che provavo per qualcosa di sconosciuto: nonostante il mio essere ribelle e scontrosa, il mio fingermi sicura al limite della superbia con il mondo intero, quando ero con Alex mi ero sempre sentita inferiore e in difetto.
Mi tenni stretta nell'asciugamano e solamente quando uscii dal bagno, con Alex che mi tratteneva con energia per un braccio per paura che svenissi da un momento all'altro, mi resi conto di quello che era silenziosamente riuscito a fare mentre io perdevo tempo a terrorizzare la mia immagine allo specchio: aveva sfilato i materassi dai rispettivi letti divisi e li aveva posati entrambi a terra al centro della camera da letto, uno accanto all'altro, coprendoli con le lenzuola e le coperte nascoste nell'armadio per ricreare un piccolo giaciglio solamente per noi. E io, a quella vista, riuscii intimamente a sorridere e sentii che in un angolo del mio cuore, una piccola parte della mia paura si era appena spenta, soffiata via da quelle premure che mi erano così tanto mancate in quegli ultimi giorni.
Alex non commentò nulla e mi fece soltanto sdraiare sotto le coperte; si accucciò al mio fianco e mi tastò la fronte. « Sei gelida... cosa ti prende? Mi stai facendo spaventare... »
Tenne la sua mano su di me e la lasciò sulla mia guancia per darmi calore, ma io non riuscivo ancora a respirare, figuriamoci a mettere in fila delle sillabe con un senso compiuto; così scostai le coperte e lo tirai soltanto verso di me per fargli capire le mie intenzioni; Alex si infilò allora sotto le lenzuola e mi strinse immediatamente tra le sue braccia, le mie mani intrappolate contro il suo corpo alla ricerca di un barlume di calore che, però, avrei dovuto ricercare dentro di me e non al di fuori.
E di nuovo, nel sentire la sua pelle a contatto con la mia, un'altra fiammella delle mie paure si spense.
Tra il calore del suo corpo e le pesanti coperte che ci avvolgevano e proteggevano, riuscii a scaldarmi abbastanza velocemente nei minuti successivi e a tranquillizzarmi giusto quel poco che mi permise di sciogliermi e ritrovare l'uso della parola.
« Scusami, Alex... mi vergogno così tanto », mugugnai con la testa nascosta sotto il suo mento.
« Ti vergogni perché non stai bene? Non è mica colpa tua... avrai preso troppo freddo oggi », ribatté, applicando più pressione all'abbraccio che mi tratteneva contro di lui.
« No... io sto bene ».
« E allora, che succede? » domandò confuso.
Tenni gli occhi chiusi per trovare la forza per parlargli con la dovuta sincerità. « Ho... ho avuto paura », ammisi in un sussurro.
Tendevo sempre a farmi vedere troppo forte dal mondo e Alex era l'unico che mi aveva vista nei miei momenti peggiori, ma allo stesso tempo non volevo che nemmeno lui potesse vedermi troppo debole e vulnerabile come mi sentivo in quei momenti.
Una delle sue mani si posò sulla mia testa e mi accarezzò lentamente i capelli mentre il suo respiro improvvisamente approfondito mi lasciava intuire la sua delusione. « Ci hai ripensato, vero? »
Il suo tono amareggiato e sconsolato mi fece uscire parzialmente dal mio bozzolo protettivo; alzai la testa e lo guardai negli occhi, vedendo chiaramente quel verde che amavo ora che la luce della lampada sul comodino rischiarava la stanza. « No... no, Alex... è solo che...» alzai le spalle, a corto di parole. « Ho solo tanta paura ».
Appoggiò il viso sul cuscino restando voltato su di un fianco verso di me, e io lo imitai nella stessa posizione per poterci guardare direttamente negli occhi, tenendo però le nostre mani unite tra i nostri corpi, e provò a sorridermi per confortarmi. Sapevo che Alex era oggettivamente bello, e lo avrei capito anche senza tutti gli apprezzamenti che ogni giorno riceveva dalla popolazione femminile della scuola; a volte, però, a causa della familiarità e del passato in comune che ci univa, allora tendevo a dimenticarmene, a non pensare a quanto in realtà fosse affascinante: i lineamenti del volto e del naso erano definiti e regolari al limite di quella perfetta imperfezione che rende le persone uniche e irresistibili; le sopracciglia erano dritte e folte e disegnavano una meravigliosa cornice per suoi occhi intensi ed espressivi. Ma oltre a tutto questo, che poi era ciò che mi faceva ricordare quanto fossi attratta fisicamente da lui, la parte che amavo di più era il suo sorriso: quel sorriso sempre sincero, aperto al mondo al limite della vulnerabilità, quello specchio che mi permetteva di guardare oltre e scorgere i suoi pensieri più profondi; era il sorriso della bontà, dell'ingenuità, del vero ragazzo che era, con quelle fossette che mostrava solamente nei momenti più felici ed ilari.
« E pensi che io non abbia paura? » domandò alzando un sopracciglio, fingendo una sicurezza che però veniva prontamente tradita dal tremore nella sua voce.
« Davvero? »
Mi sorrise e aumentò appena la presa delle sue mani sulle mie. « Da morire ».
Non so perché, ma quelle parole mi fecero sorridere e rilassare; forse perché incominciai a capire che in quella situazione saremmo stati in due ad affrontare qualcosa di sconosciuto, e l'essere uniti e non da soli sicuramente ci dava forza a vicenda: avevamo affrontato tutto insieme da sempre, e forse avremmo potuto affrontare anche quella nuova avventura uniti, come una cosa sola; ma, soprattutto e oltre alla forza, ci serviva coraggio per affrontare insieme qualcosa che, anche se fingevo di non pensarci e che non mi importasse, ci era profondamente proibito.
La questione dei suoi genitori, nella mia testa, aveva sempre occupato uno scalino secondario; non erano i miei genitori naturali e io e Alex non eravamo fratello e sorella di sangue, quindi non potevo pensare che il nostro fosse un vero incesto; però eravamo cresciuti insieme e lui per me, nonostante tutto e nonostante avessi iniziato a evitare di chiamarlo così, sarebbe sempre rimasto il mio fratello maggiore: quello che mi aiutava nei compiti o mi proteggeva dalle prese in giro dei compagni; quello che mi aiutava con i cerotti quando mi tagliavo o quello che mi accoglieva nel suo letto a braccia aperte quando mi svegliavo la notte per un incubo. I suoi genitori, nonostante i loro modi freddi e distanti che avevano dimostrato negli anni con me e Alex, faticavo a sopportarli ma sapevo anche che si erano sempre presi cura di me; non mi avevano mai fatto mancare nulla e, nel loro modo asettico di dispensare affetto anche tra loro stessi come coppia, mi avevano amata fin dal primo giorno. Al tempo non lo capivo ancora bene e plasmavo la mia confusione e il dolore per il loro affetto mancato in rabbia ma, nonostante ciò di cui non ero ancora consapevole, sapevo di non volerli deludere del tutto; capivo bene che non avrebbero mai e poi mai accettato, nella loro mente rigida di scienziati calcolatori, che io e Alex pensassimo anche solo lontanamente di diventare qualcosa di più che semplici fratello e sorella. Sapevo che, se mai ci avessero scoperti, li avremmo delusi su tutta la linea e io, in fondo alla freddezza che artigliava il mio cuore nei miei rapporti con loro, non avrei mai voluto farlo: un po' perché mi sentivo in debito con loro per avermi accettata nella loro casa e per essersi presi cura di me, e un po' perché volevo loro bene, anche se faticavo ad ammetterlo. Preferivo di gran lunga rispondere male, strillare dalla mia stanza, rifiutarmi di fare i compiti o mangiare quello che cucinavano giusto per infastidirli, ma non avrei mai arrecato loro un dispiacere così grande. E lo stesso, anche se più intensamente perché loro figlio naturale, valeva per Alex. Stavamo provando a vivere quella storia così come gli eventi ce la porgevano su un piatto d'argento, muovendoci nel presente senza pensare al futuro, a quella storia che, in ogni modo, non sarebbe mai potuta uscire allo scoperto.
La mano di Alex si posò delicata sulla mia guancia e si avvicinò fino a che le sue labbra furono a pochi centimetri dalle mie. « Sara... possiamo rimandare se non vuoi. Io ti aspetto, ti ho aspettato fin'ora e ti aspetterò sempre ».
Abbassai lo sguardo sentendo le mie guance prendere improvvisamente colore perché, se da una parte quelle parole mi stavano offrendo una via di fuga dalla mia paura, dall'altra ero così attratta da lui, dal disegno perfetto delle sue labbra, dal suo corpo che restava fermo accanto al mio, che una parte di me non voleva affatto una via di fuga. « Io... non lo so. Forse è normale avere paura, non credi? »
Mi sorrise comprensivo e mi baciò la fronte. « Credo proprio di sì... ora vieni qui e dormiamo un po', cosa ne dici? »
No. No, no, no e poi ancora no.
« Sei... sicuro? »
Mi sentivo sulla cima appuntita di una montagna, la roccia umida di pioggia e nebbia, e io continuavo a scivolare da una parte all'altra dei due versanti delle mie decisioni, e iniziai a intuire che le parole non mi sarebbero servite a nulla.
Volevo Alex e, in fondo al mio cuore, ero certa che lo avrei voluto nonostante tutti i miei timori. Quelli ci sarebbero sempre stati, e il tempo non avrebbe cambiato le cose.
« Sì... se non vuoi, Sara, io non voglio costringerti; mi dispiace per tutto quello che è successo... io avevo già tutto in mente, mi ero programmato ogni cosa e ho mandato tutto a quel paese », bisbigliò affranto.
« Programmato? » chiesi posandogli una mano sul collo e accarezzandogli il mento che si muoveva agitato mentre parlava.
« Sì; avevo pensato a ieri sera, al mio compleanno, al fatto che volevo parlarti e smetterla di ignorarci una volta per tutte, e che magari avremmo potuto fare finalmente pace; mamma e papà erano già partiti e saremmo stati in casa da soli. Avevo comprato le candele profumate già la settimana scorsa, e avevo anche fatto un cd con la musica... ma ora è a casa. E poi sono arrivati i miei amici che mi hanno organizzato quella stupida festa a sorpresa, poi ho visto Andrea salire nella tua camera e avevo pensato che lo avessi chiamato tu e... ho perso completamente la testa.
Mi dispiace... speravo di organizzarti qualcosa di speciale e ho rovinato tutto ».
Una piccola parte di me restò delusa da quelle parole, all'idea di aver perso l'occasione per avere la prima volta perfetta che tutte le ragazze sognano; ma dall'altra, sapere che lui aveva predisposto ogni cosa con cura e premura come lui faceva sempre in tutto quello a cui teneva, riuscì in una volta sola a spazzare via buona parte delle ultime ancore che mi tenevano ancora artigliata alle mie paure.
Mi avvicinai senza più dire nulla e gli accarezzai semplicemente le labbra con le mie, in un bacio semplice e tenue; gli sfiorai delicatamente tutta la linea delle labbra con la punta della lingua e, mentre mi avvicinavo lentamente, Alex posò le mani sui miei fianchi per attirarmi a lui, indeciso e confuso sul da farsi.
Restai a perdermi su quelle labbra per parecchio tempo mentre mi tranquillizzavo, mentre prendevo coraggio e mi avvicinavo al suo corpo, spostando una gamba sul suo fianco per tornare a sentirlo eccitato contro la mia nudità coperta solamente dall'asciugamano, la stoffa dei suoi boxer che si inumidiva lentamente al contatto. E Alex, a quell'avvicinamento improvviso che gli suggeriva una cosa e una soltanto, gemette di desiderio e quasi ringhiò nella mia bocca, mentre si assicurava la mia gamba intorno ai suoi fianchi strizzandomi appena la coscia. Salì rapidamente con le sue carezze infilando una mano sotto l'asciugamano che era in procinto di aprirsi del tutto e, sotto il suo tocco energico e impaziente, in mezzo ai battiti impazziti e tremendamente eccitati del mio cuore, capii che ero pronta, che lo volevo e nonostante il timore continuo non mi lasciasse una tregua, avevo deciso di fare quel passo.
Alex fermò per un istante le sue carezze e lasciò combaciare la sua fronte con la mia. « Sara... non ce la faccio più... se non vuoi adesso, allontanati un attimo perché io non ».
« Lo voglio », mi affrettai a dire, ritornando sulla sua bocca con premura. « Ti voglio... voglio fare l'amore con te; voglio ricordarmi di questo per sempre ».
Lasciò quelle parole in sospeso per meno di un secondo, fino a quando le sue labbra tornarono avidamente a riappropriarsi delle mie con impellenza, gemendo quando il bacio diede finalmente il via a quella passione che ci avrebbe consumato lentamente.
Mi fece voltare con la schiena al materasso e torreggiò sopra di me per il tempo necessario ad aprire completamente l'asciugamano e a osservarmi nuda sotto di lui. Si tenne sollevato con le braccia e si abbassò per baciarmi il collo, scendendo e tracciando in una strada calda e umida un lungo percorso fino al seno, al ventre e poi fin giù, dove desideravo così ardentemente di sentirlo prendersi cura di me. Percepivo il mio respiro tremendamente accelerato, spezzato dal pulsare potente e inarrestabile del sangue nelle vene che ancora non lasciava in pace la punta tremolante delle mie dita, così nascosi le mani tra i suoi capelli morbidi e soffici per bloccare il tremore, traendo piacere anche solo dal sentirli accarezzarmi le cosce e l'inguine.
La sua lingua mi accarezzava delicata ma sicura, le sue dita ritornarono in quella casa che le avrebbe sempre accolte senza poterne fare a meno, massaggiando e muovendosi alternativamente per prepararmi a tutto quello che sarebbe arrivato poco dopo.
Stringevo spasmodicamente i suoi capelli tra le dita e rilassavo e contraevo continuamente le gambe mentre la sua testa restava affondata tra di esse, in un silenzio appena sospirato.
Finii quasi per raggiungere il limite quando lo fermai in tempo e lo feci ritornare sopra di me. Infilai immediatamente le dita sotto l'elastico dei boxer e lui mi aiutò a sfilarli rapidamente giù dalle sue lunghe gambe; lo guardai per qualche istante allungato sopra il mio corpo, ammirandone la bellezza del viso, degli occhi lucidi di desiderio, del torace ampio e robusto, delle braccia muscolose in tensione per la posizione. « Ti amo », mormorai d'istinto quelle parole che parevano scoppiarmi nel petto.
Gli accarezzai gentilmente la garza che copriva il taglio sul braccio che gli avevo procurato con le forbici, e ora tutto quel dolore mi sembrò solamente il lontano ricordo di un incubo quasi dimenticato.
Mi sorrise così apertamente che la felicità che lo mosse a quelle mie parole mi colpì di rimando come un proiettile. « Ti amo, amore mio... mi dispiace di non averti dato tutto quello che avrei voluto », sussurrò abbandonandosi con il peso sopra il mio corpo per potermi abbracciare e nascondere il viso tra la mia spalla e il cuscino. « Volevo che fosse tutto speciale, tutto perfetto come lo avevo immaginato, e non su due stupidi materassi buttai a terra ».
Sorrisi e in tutta quell'agitazione e la confusione che non mi permettevano di ragionare lucidamente, dovetti trattenere le lacrime tra le ciglia per non lasciarle fuggire via. « Ma noi siamo casa, adesso; siamo nel tuo letto », mormorai chiudendo gli occhi e immaginando tutta la scena, ogni particolare, ogni dettaglio con precisione; « la luce è spenta, ci sono le candele profumate alla vaniglia... c'è la musica.... Io sento tutto... tu no? »
Si tirò in alto, appoggiandosi sui gomiti per guardarmi negli occhi con un sorriso che mi fece letteralmente sciogliere il cuore. « Posso sentire ogni cosa se ci sei tu insieme a me », sussurrò accarezzandomi un lato del viso.
Si posizionò delicatamente sopra di me e solo allora lo sentii chiaramente, così vicino come non lo eravamo mai stati prima, senza stoffa o barriere a dividerci. Si appoggiò soltanto a me e prese a muoversi lentamente, con una dolcezza che però non riusciva a trasmettermi per intero perché sentirlo così vicino, muoversi in quel modo tra le mie gambe ma senza osare di più, mi faceva solamente desiderare di saltare ogni tappa intermedia e arrivare il più in fretta possibile alla meta finale.
Con le sue labbra che non perdevano il contatto con le mie, sentivo le sua mani accarezzarmi i fianchi, le gambe, il seno, e lui non rallentava il movimento di quella frizione soltanto accennata che riusciva a farmi perdere completamente la ragione; non mi chiese nient'altro per il momento se non quella semplice vicinanza e, quando provai ad accarezzarlo su un fianco, per permettermi di far nascondere la mia mano tra i nostri corpi uniti e di toccarlo per prepararlo e rendergli almeno in parte quello che lui aveva fatto a me pochi minuti prima, Alex me lo impedì. « Scusa ma... è meglio che faccia da solo... altrimenti rischio di concludere prima ancora di iniziare », spiegò con sguardo intimidito.
Sorrisi appena e quella sua paura mi intenerì, quell'insicurezza che mi stava mostrando mi fece amarlo ancora di più. In fondo era la prima volta anche per lui, così lo rispettai e restai a godere delle sue carezze ancora per qualche minuto, aspettando che si sentisse pronto.
« Sara... dovrei prendere i preservativi nella valigia », mormorò imbarazzato al mio orecchio.
Impiegai qualche secondo per concentrare la mia attenzione su qualcosa che non fosse la sua erezione che mi accarezzava proprio nel mio punto più sensibile, che faceva muovere il mio bacino in risposta e in maniera incontrollata e che mi spingeva a permettergli quell'accesso che bramavo con così tanto desiderio.
« Io non... », iniziai timidamente a dire, poi mi corressi. « Cioè... io prendo la pillola da un po', non serve ».
Ero convinta che lui lo sapesse, che già da tempo avevo iniziato a prenderla per regolarizzare il mio ciclo perennemente irregolare.
Restò interdetto da quel piccolo cambio di programma nella precisa sequenza che gli eventi si erano ricavati nella sua testa e nei suoi progetti, e io restai a fissarlo con trepidazione da sotto in su. « Alex... non voglio quella cosa di plastica a dividerci », lo rassicurai portando la mano sulla sua guancia per accarezzarlo. « Voglio sentire te e nient'altro ».
Si morsicò il labbro e passò brevemente la mano sugli occhi per stropicciarli e concentrarsi. « Io... ecco... ho paura di non farcela senza. Ho paura di sentire troppo e di... beh, di venire subito e fare la figura del cretino », confessò con grande difficoltà.
Portai il pollice sulle sue labbra e mi sollevai appena dal cuscino per avvicinarmi a lui. Aveva bisogno di essere rassicurato, così come io avevo avuto bisogno del suo contatto e del suo calore per superare la paura di quello sconosciuto che ora invece stava tormentando lui. « Non succederà... e anche se fosse, abbiamo tutto il tempo per ripeterlo ».
Continuavo a sentirlo pronto tra le mie gambe e la visione celestiale di lui che torreggiava sopra di me, bellissimo, eccitato, accaldato e fremente, ma allo stesso tempo fragile come lo ero io, mi mandava in confusione. Gli accarezzai ancora le labbra e lui baciò appena il polpastrello, accendendo ogni mia singola fibra nervosa a quel semplice contatto.
Mi lasciò rilassare sul cuscino e, con un sospiro appena tremolante, cambiò di poco posizione e tenne gli occhi fissi nei miei mentre, delicatamente, provò a spingere appena per poter entrare.
Avevo ancora paura, le mie mani non avevano ancora smesso di tremare del tutto, e la strana sensazione che a quella richiesta di accesso provai, la sensazione di non essere adatta, di non essere in grado di soddisfarlo, che forse le nostre differenze fisiche non sarebbero state compatibili, mi fece vacillare per un secondo; ma subito dopo, tutto si assopì sotto l'inizio di quell'intenso piacere che il suo movimento delicato e appena accennato mi procurava. Afferrai le sue braccia quando cercò di spingere appena di più e io gemetti in risposta con più forza, riversando la testa all'indietro sul cuscino.
« Cazzo, Sara... se fai così già ora, non posso farcela », mormorò chiudendo gli occhi.
Si abbassò per poggiarsi sugli avambracci e sentii il suo torace completamente premuto contro il mio seno, mentre il movimento continuo si alternava lentamente tra dolore pungente e profondo e intenso piacere. A ogni nuova spinta che richiedeva più profondità, io soffocavo un gemito nella sua bocca, mentre i suoi respiri si facevano più veloci e agitati cercando di controllarsi. « Se vuoi che io rallenti o che mi fermi, Sara... io... », mormorò continuando a muoversi, come se le sue parole non avrebbero potuto comunque avere un effetto sui suoi gesti istintivi e al limite dell'autocontrollo.
E io non lo avrei mai voluto. Era così delicato e premuroso nel cercare di non farmi troppo male, che non avevo bisogno di nient'altro se non che lui continuasse esattamente come stava già facendo. Ogni volta che i suoi affondi aumentavano di profondità, ecco che si fermava un secondo per farmi sopportare appena quel particolare dolore che non ho mai provato in nessun altro momento della mia vita, quella sensazione di masochistico piacere nel provare dolore, nel sopportarlo e nel volerne ancora un po'.
« Sei perfetto, Alex... non smettere, ti prego », gemetti tra le sue labbra.
Si staccò per un attimo dal nostro bacio e rallentò fino quasi a fermarsi, nascondendo la testa sulla mia spalla. « Non credo di riuscirci », ammise in un sospiro.
Gli feci alzare il viso per osservarlo e gli accarezzai le tempie e la fronte appena sudate dallo sforzo. « Vuoi fermarti un attimo? »
Scrollò la testa. « No... è tutto l'insieme », mormorò in un accenno di sofferenza. « Solo il vederti così mi manda fuori di testa... sei così bella e so che ti faccio del male ma non... non lo so cosa mi prende... è tutto troppo intenso e io ho solo paura di non essere abbastanza per te ».
Mi si strinse il cuore a quella confessione, a quel timore che era assolutamente infondato. « Sei tutta la mia vita, Alex... sei qui con me ed è tutto perfetto questa sera ».
Alzai il viso per collegare di nuovo le nostre labbra e, appena il contatto si approfondì, feci scivolare le mani sulla sua schiena fino alle natiche e lo spinsi più a fondo dentro di me nella speranza che tornasse a muoversi. Quel mio invito inaspettato spezzò violentemente il suo autocontrollo e, nonostante il bruciore che saliva a ogni suo movimento, sapevo che non mi importava e che volevo azzittirlo solamente con il piacere delle sue spinte dentro di me. Percepivo chiaramente il dolore, ma lo avrei sopportato fino in fondo per il mio piacere e per il suo.
Alex continuò a spingere e a ritrarsi appena in quel movimento che solo l'istinto sa insegnare, andò avanti fino al limite del mio dolore e delle mie ultime barriere non ancora intaccate, e io non riuscii più a restare in silenzio mentre il piacere si faceva strada nel mio petto, in quella sensazione familiare di calore e brividi che però quella notte si tinse di una sfumatura completamente differente da quella che avevo provato in passato.
E finalmente, quello stupido e temporaneo dolore che non avrei mai più provato in vita mia, mi abbandonò presto e godetti profondamente nel momento in cui Alex si mosse con più libertà dentro e fuori di me, acquisendo più familiarità con il mio corpo e con il suo a ogni spinta, a ogni affondo sempre più intenso e rapido.
Sentivo che stavo per arrivare al culmine dell'inesplorato, che lui mi stava per raggiungere, e in quell'ultima corsa finale si appoggiò completamente sopra di me e mi artigliò una gamba, facendomela stringere intorno ai suoi fianchi; strizzò con forza la pelle sotto la sua mano facendomi gemere con più forza nella sua bocca. Mi sembrava di essere arrivata alla meta finale del piacere, eppure tutte quelle sensazioni potenti e intense mi sembravano non essere ancora abbastanza, di volere ancora di più, con più forza; volevo semplicemente abbandonarmi totalmente a lui, perdere il controllo del mio stesso corpo per donarglielo completamente e lasciargli fare tutto quello che avrebbe voluto, tutto quello di cui avrebbe avuto bisogno per godere attraverso di me.
Il calore si propagò con così tanta forza e velocità su per tutto il ventre, il petto e poi fino al centro della testa che non mi accorsi quasi degli ultimi spasmi che mossero i suoi fianchi con una sequenza di deboli e ultime spinte irregolari. Mentre entrambi tentavamo di riprendere fiato, Alex si appoggiò a me e premette le sue labbra sul mio collo mormorando qualcosa che nella confusione del momento non capii.
Lentamente, tutto stava tornando normale. I suoni, i colori, le sensazioni, la realtà; eppure tutto aveva appena preso una sfumatura differente. Alex si mosse appena per ritornare a guardarmi e mi baciò rapidamente le labbra. Sentivo il mio corpo ancora pulsare fino alle estremità, Alex ancora fermo dentro di me mentre riprendeva fiato da quella corsa in cui eravamo arrivati insieme fino al traguardo.
E io, appagata e del tutto confusa dal maremoto di emozioni che mi aveva appena ribaltato l'anima a quella piccola tappa della mia vita appena sorpassata, non seppi che altro fare se non ridere, mentre le lacrime che avevo trattenuto per tutto il tempo scivolavano via dai miei occhi per lasciarmi sfogare della gioia immensa che provavo.
Lo guardai così felice e finalmente libera che mi accorsi che tutta la felicità che provavo doveva essere arrivata fino a lui perché, subito dopo, ecco che la sua risata fece eco alla mia. Sorridendo senza controllo, mi baciò la punta del naso, le guance umide di lacrime, la fronte, entrambi gli occhi, e io continuavo a ridere e godere del suo tocco, di quel ti amo che continuava a ripetere a ogni bacio e che io gli rimandavo prontamente indietro, sentendo il cuore scoppiarmi di gioia nel petto e pensando che, forse, insieme eravamo riusciti a toccare almeno per qualche istante l'apice della felicità della nostra breve vita.
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Spazio Ape:
innanzitutto auguri anche se in ritardo... mi scuso davvero per il ritardo nella pubblicazione ma con le feste di mezzo è stato un delirio.
Ci tenevo tanto a questo capitolo e ho voluto prendermi il tempo per curarlo al meglio perchè è davvero importante. Spero di aver reso tutto al meglio senza cadere in inutili volgarità.
Aspetto i vostri commenti e mi scuso in anticipo ma vi avviso che il prossimo aggiornamento arriverà con l'anno nuovo, anche se non so di preciso quando. Un bacione a tutti e non dimenticatevi di votare e commentare! A presto!
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