11. Fantasie
Ero terrorizzata.
Restai in completo silenzio, gli occhi chiusi e la testa quasi rannicchiata del tutto sotto le coperte. Per la miseria, indossavo soltanto i pantaloni del pigiama, per il resto c'era solo il lenzuolo a coprirmi; sentivo il cuore battere all'impazzata e questo non mi aiutava di certo a mimare un respiro regolare.
Gianluca aprì piano la porta ed entrò silenziosamente, illuminando il mio viso e quello di Alex della luce accesa in corridoio. « Alex? Sara è qui? »
Alex finse di svegliarsi lentamente, io invece tenni strette le lenzuola per tenermi coperta anche se la voce di suo padre arrivava dalla porta e quindi non era vicino.
« Sì, è qui », mormorò stringendomi appena a sé.
« Ah, ok; sono andato in bagno e sono passato in camera sua per controllare e non l'ho trovata. Come sta? »
Per arrivare prima in camera da Alex avevo finto un tremendo mal di testa, uno di quelli inventati ad hoc per il ciclo che in verità non era ancora arrivato: una delle armi migliori per restare a casa da scuola o nascondermi in camera con Alex prima del solito; era la scusa perfetta perché Gianluca non poteva nemmeno sentir nominare la parola ciclo come se, visto che lui ne ignorava l'esistenza in qualità di essere maschile, allora anche noi donne potessimo evitare di farcelo venire; Luisa invece, che almeno in quello mi capiva, abboccava e mi lasciava stare relativamente tranquilla quando le dicevo di non stare bene.
Alex rispose, ma qualcosa dal tono che usò mi fece intuire che stava tentando di trattenere un sorriso. « Credo che stia meglio, adesso », sussurrò e, nello stesso istante, furtivo e silenzioso, fece scendere di nuovo la sua mano sui fianchi, aggirando la coscia e infilandosi di nuovo nella stoffa degli slip. Prese a muoversi come niente fosse, come se non stesse parlando in tutta tranquillità con suo padre a pochi metri da noi, come se io non stessi esplodendo a sentirlo muoversi lentamente dentro e fuori da me, come se io non dovessi fingere di dormire beatamente e non andare a fuoco. Strinsi i denti e provai a concentrarmi su qualcos'altro, ma non era affatto facile con la sua mano che si muoveva con una sadica lentezza tra le mie gambe.
« Bene... e domani mattina, quando vi svegliate, dille che non accetto scuse e che non salterà la scuola come la scorsa settimana », borbottò a bassa voce. « Ha la verifica e non voglio che la salti di nuovo ».
Strinsi ancora di più i denti e la mascella e restai immobile, quando invece avrei voluto dirgliene di tutti i colori. Per un istante avevo creduto che fosse davvero interessato e preoccupato per il mio stato di salute, e invece voleva solo ricordarmi che in questa casa, a meno che la malattia in questione non fosse annoverata nella famiglia della lebbra o della tubercolosi, a scuola ci si doveva andare lo stesso.
Tentati allora di ignorare anche lui e le sue parole, ma non avevo altro su cui concentrarmi che non fosse Alex e il suo tocco su di me.
« Non preoccuparti, domani glielo dirò. Buonanotte », disse rimettendo la testa sul cuscino dietro la mia e, intanto, spingendo le dita ancor più in profondità. Fui costretta a fingere un colpo di tosse per reprimere un gemito.
Quando suo padre finalmente se ne andò, soffocai un'espirazione profonda nel cuscino e, appena sentimmo la porta della stanza della Coppia richiudersi, Alex mi trascinò contro di lui di scatto, aumentando la presa, i movimenti, la profondità che ricercava dentro di me e nei baci che disperdeva lungo il collo. Ero completamente inerme tra le sue braccia, sotto i suoi movimenti e il suo volere.
E quella perdita di controllo mi piaceva da impazzire.
Voltai la testa per ricercare la sua bocca e ritrovai la sua lingua che, immediata, incontrò la mia e iniziò a muoversi con desiderio quasi famelico. Con la mano libera Alex mi toccava il collo, mi teneva ferma per la gola per non lasciarmi agitare troppo sotto la sua presa d'acciaio, e io potevo solo ansimare tra le sue labbra per ricercare l'ossigeno che mi stava rubando. Le sue dita continuavano a muoversi con gesti lenti ma decisi, di tanto in tanto uscendo dal luogo più segreto e perdendosi a toccarmi e sfiorarmi tutt'intorno.
Quella sensazione che cresceva sempre di più dentro di me l'avevo già conosciuta ma, nonostante nelle mie fantasie più recondite l'attore principale era sempre e soltanto Alex e quello che facevamo insieme, quel giorno raggiunsi il culmine del piacere in maniera inaspettata, diversa da quello che avevo provato o immaginato. Raggiungere il mio primo orgasmo con lui fu come perdere il controllo per un brevissimo ma profondamente intenso istante, abbandonandomi anima e corpo a lui, a quello che dettava e ordinava tramite i suoi gesti; e mentre cercavo di azzittire i miei gemiti contro la stoffa del cuscino pinzata tra i denti, mentre godevo profondamente del suo fiato accelerato su di me, dell'idea di averlo fatto accendere a tal punto dal sentirlo eccitato attraverso la stoffa dei pantaloni e spingere contro di me, per la prima vera volta provai l'impulso irrefrenabile e concreto di volere qualcosa di più.
Lo volevo.
Volevo lui e ogni sua minima parte. Fino a quel momento avevo spesso pensato al sesso, con curiosità, con desiderio, e con un po' di sano timore, ma in fondo erano tutte fantasie e, nella realtà, non avevo mai seriamente realizzato che, un giorno, mi sarei dovuta concedere a qualcuno. Forse sembrerà stupido, ma nella mia testa il rapporto con Alex, seppure ben al di là di una concezione platonica di amore, non si era mai concretizzato in qualcosa di più; non avevo mai pensato che avrei potuto donare proprio a lui la mia prima volta, rubandogli così la sua in cambio.
E in quel momento, quando il piacere mi travolgeva, fu la prima volta in cui pensai a quella possibilità. Volevo che quelle dita invadenti fossero sostituite da qualcos'altro; volevo vederlo andare in estasi grazie a quello che io potevo fare a lui, grazie a me e insieme a me, e non solo sentirlo eccitarsi grazie al riflesso del mio appagamento.
Quella notte capii che c'era qualcosa di più nell'egoistica ricerca del piacere, che la magia si creava in due.
Restai parecchi secondi con la testa affondata nel cuscino, tentando di calmare il respiro e il battito accelerato del mio cuore in tumulto. La sua mano aveva interrotto i movimenti ma era rimasta ferma nell'incavo nascosto e umido delle mie gambe unite; i suoi baci leggeri mi solleticavano il collo, la spalla, in attesa della mia ripresa.
« Come... », provò a chiedere, esitante e insicuro, « come è stato? »
Mi voltai lentamente verso di lui, la bocca riarsa che mi permetteva di parlare appena. « Non so cosa dire », ammisi.
Si sporse con la mano libera per accendere la lampada sul comodino e il suo sorriso si illuminò quando tornò a guardarmi. « A me sembra proprio che ti sia piaciuto », cantilenò soddisfatto.
Sorrisi, con un velo di imbarazzo. « Non so come descriverlo... è stato intenso, anche se... »
La sua espressione mutò velocemente in preoccupazione. « Anche se? Ho fatto qualcosa di sbagliato? Ti ho fatto del male? »
Lo guardai intenerita da quell'insicurezza immotivata. « Non pensarlo nemmeno... è solo che mi sento in colpa ».
« E perché? »
Posai una mano sul suo petto, alla ricerca del battito del suo cuore sotto il palmo. Rabbrividì per le mie mani fredde, ma non si scostò. « Perché hai fatto tutto tu... mi sono sentita inutile ».
Sorrise e si avvicinò per baciarmi la fronte. « Volevo che fosse così, lo avevo sempre immaginato in questo modo ».
« Immaginato? » domandai.
Mi baciò sulle labbra, le fossette che si intravedevano alla luce della lampada. « Esatto, immaginato... Tante », disse e tornò a baciarmi, « tante », e ripeté il bacio ancora a seguire, « tante, tante e tante volte per essere del tutto onesti ».
Sentii un profondo, intimo ed egoistico piacere nel venire a sapere che lui aveva immaginato questa mia prima volta; non soltanto la sua, come era giusto che fosse, ma anche la mia.
« E io... beh, ecco... in quelle immagini non facevo niente? » provai a chiedere.
Scrollò la testa, facendo toccare la punta dei nostri nasi a contatto. « No... eri esattamente così... anche se papà non c'era nella mia fantasia e le tue mani erano meno gelide ».
Sorrisi mordicchiandomi il labbro. Lo osservai con i capelli scompigliati dalle mie dita, il sorriso acceso e soddisfatto, le guance appena arrossate, e mi chiesi se fosse normale che, dopo aver raggiunto l'appagamento, soltanto il guardarlo mi faceva venire voglia di ricominciare tutto da capo; la sua mano era ancora intrappolata tra le mie gambe, appoggiata alle mutandine, e sentirla lì mi faceva soltanto venir voglia di chiedergli di muoverla di nuovo.
« Ma tu non... », volevo dire in qualche modo, ma mi bloccai non sapendo come proseguire.
Per fortuna era sempre stato più intelligente di me, e sicuramente più perspicace. Si appoggiò sulla mano libera, con il gomito appoggiato al materasso, per guardarmi dritta negli occhi e disse: « Sara, non hai la più pallida idea di quanto io mi senta soddisfatto e appagato in questo momento per averti anche soltanto guardata, all'idea di averti fatta sentire così. Sinceramente, non lo credevo possibile ».
Sbarrai gli occhi incredula. « Cioè, tu sei... sei... ».
Scoppiò a ridere all'improvviso, ma dovette azzittirsi quando lo intimai di far silenzio per non farci sentire dalla Coppia. « Sara, ma cosa credi? Non ho più tredici anni, non vengo mica nelle mutande! »
Lo sospinsi per la spalla. « Non essere così volgare », lo ammonii e poi lasciai la mia mano di nuovo sul suo cuore.
Tentennai con le dita che tamburellavano incerte sulla sua pelle. Volevo scendere, ero intenzionata a fare qualcosa per lui, ma ero inesperta, non avevo idea di come muovermi ed ero terrorizzata di fare delle figure stupide; lui era stato perfetto, e io non sapevo proprio che fare.
« Alex? Tu vorresti che io ti... toccassi? »
Quelle parole mi costarono una fatica incredibile; nonostante quello che avevamo affrontato quella sera, l'idea della mia inesperienza e il parlare liberamente di certe cose con lui ancora mi mettevano a disagio.
Mi sorrise e, sfilando delicatamente la mano dai miei pantaloni, mi circondò il polso. « No, Sara. Questa sera, no... volevo che fosse una cosa soltanto per te ».
Strinsi le labbra e finsi di non sentire le sue parole, né la sua presa sul mio polso, così iniziai a scendere dal suo petto molto lentamente, accarezzando gli avvallamenti degli addominali.
Ero pronta, volevo farlo per lui, anche se mi sentivo agitata e in apprensione.
Il suo respiro si fece all'improvviso irregolare e i suoi occhi si socchiusero appena quando le mie dita incontrarono l'elastico dei suoi pantaloni. « Non sei costretta a farlo se non vuoi » mormorò, il respiro quasi impercettibilmente cambiato e la presa sul mio polso che restava debole, quasi a volermi assecondare.
« Voglio... però vorrei che mi guidassi tu », sussurrai avvicinando le mie labbra alla sue.
Sempre tenendosi sollevato su un braccio, si chinò su di me per approfondire il bacio. La sua mano stava già per prendere il controllo della mia, spingendola ancora più giù, ma si bloccò per un istante e divise le nostre labbra. Sentivo le mie stesse dita friggere dalla trepidazione di sentirlo davvero e chiaramente e quasi dovette fermarmi nella mia discesa inarrestabile.
« Ne sei proprio sicura? »
Sospirai, lasciandomi quasi uscire un gemito di disperazione. « Stai zitto e fai quello che ti dico », borbottai esasperata, ma con una punta di divertimento che riuscì a donarmi una fuggevole sensazione di sicurezza.
Alex sorrise, e si avvicinò di nuovo. « Sempre la solita prepotente ».
Posò le labbra sulle mie e sentii la mia mano scendere, ma questa volta non ero più io a muoverla; si spostava e lo accarezzava soltanto obbediente ai suoi dettami, lui alla ricerca della propria soddisfazione e io di quel piacere indiretto che lui aveva trovato attraverso di me, e lo osservai con curiosa attenzione godere sotto i miei movimenti lenti e decisi, prima intrappolati dalla barriera della stoffa e poi improvvisamente liberi, seguendo il ritmo che lui aveva dettato ma che io stavo continuando ad assecondare.
Quella notte non finì così perché, dopo averlo sentito sussurrare con foga il mio nome all'orecchio quando finalmente anche lui aveva potuto raggiungere il massimo del piacere, ci rendemmo conto del circolo vizioso di piacere e desiderio entro il quale eravamo appena entrati e che, dopo esserci diretti silenziosamente al bagno per rimetterci in sesto, ci fece ritornare al punto di partenza.
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Spazio Ape:
dai che la storia sta per entrare nella parte più interessante ehehehe.
Cosa ne pensate fin'ora? Spero con tutto il cuore di aver scritto bene questo capitolo... ho sempre paura di risultare volgare e non lo sopporterei. Leggo troppe brutture in giro e mi dispiacerebbe rovinare tutti i momenti che Sara e Alex passano insieme descrivendoli in maniera grossolana e sbrigativa. Però, più scrivo, e più mi rendo conto che sia davvero difficile scrivere di certe scene... quindi, aspetto i vostri commenti!
Un abbraccio a tutti!
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