Capitolo 6
«Mi spieghi ancora una volta le dinamiche dei quattro omicidi?» chiese Derek, passandosi una mano tra i capelli. Avevo notato che era un gesto che faceva spesso, molto spesso a dire il vero, e quando glielo avevo sottolineato, stizzito mi aveva fatto notare che lo facevo anch'io insieme probabilmente a circa mezza popolazione del pianeta.
Non si poteva scherzare con quell'uomo.
Sbuffai ancora una volta. Era tutta la giornata che eravamo chiusi nel mio ufficio. Esattamente da quando, dopo la colazione e la breve chiacchierata avuta, avevo convinto Derek a seguirmi in centrale. Avevamo analizzato svariate volte i casi di omicidio di cui mi stavo occupando e avevamo staccato solo per mangiare un boccone a pranzo.
«Olivia ho bisogno che collabori. So che è tutto il giorno che ripeti queste cose, ma devi farlo ancora una volta se vuoi che ti aiuti» disse, sorridendo.
«Si sono invertiti i ruoli, Mr Bomer?» domandai divertita. Lui scosse la testa, sopprimendo una risata.
«Okay. Le quattro donne si assomigliavano tutte. Capelli scuri ... »
« ... che lui taglia loro prima di ucciderle» riflettè, fissando insieme a me le scartoffie e le fotografie sulla mia scrivania.
«Esatto. Tutte quante trovate all'interno delle proprie vasche da bagno ... »
« ... affogate» disse sovrappensiero, interrompendomi ancora.
«Esatto» mormorai.
«Non è possibile!» mormorò Derek, alzandosi di botto e iniziando a vagare per l'ufficio.
«Cosa ... Cosa non è possibile?» domandai imitandolo. Mi alzai e aggirai la scrivania, ponendomi di fronte a lui. «Fermati. Mi stai facendo venire il mal di testa» dissi, fermandolo dal girovagare in un buco di stanza.
«C'era un uomo quando ero ad Alcatraz. Dean Collins. Fu sbattuto ad Alcatraz per omicidio ... » Si bloccò di botto, interrotto dal suono del telefono del mio ufficio. Imprecai silenziosamente e andai a rispondere.
«Olivia Brosnan».
«Miss Brosnan. Sono il capitano della squadra dei marines» disse la voce all'altro capo.
«Capitano» dissi formalmente. Era tutto il pomeriggio che provavo a parlare con lui.
«Mi hanno informato che ha provato a chiamarmi oggi. Come posso aiutarla?»
«Avrei bisogno di quei dossier, capitano» dissi. Alzai lo sguardo su Derek, fermo in fondo alla stanza che continuava a fissarmi con un'espressione imperscrutabile. Le braccia strette al petto. Il maglioncino che indossava risaltava il fisico longilineo mentre i muscoli delle sue braccia guizzavano ad ogni movimento o tensione. Se ne stava lì fermo ad osservarmi, a studiarmi oserei dire, senza dire una parola.
«Vuole che glieli mandi in centrale?» chiese.
«Sì, se è possibile. Ho bisogno dei dossier dei detenuti che sono stati rinchiusi ad Alcatraz diciamo dal 2000».
«Miss Brosnan, sono informazioni che ... »
«So che fino a qualche anno fa rinchiudevate uomini in quel carcere, capitano. Ho bisogno di quei dossier. Subito. I miei uomini verranno a prelevarli domattina» dissi furiosa. Come osava occultare la verità ancora e ancora?
«Aspetto i suoi uomini. Le raccomando la massima discrezione».
«Gliel'assicuro» dissi interrompendo la chiamata. Ero fuori di me.
Chi si credeva di essere? Pensava di parlare con una principiante?
«Olivia».
Chiusi per un istante gli occhi e abbassai la testa, reggendomi alla scrivania. Era tutto un tale casino. Troppe bugie. Troppi misteri celati dietro quel luogo.
Cosa si celava realmente dietro quel posto?
«Olivia». Derek mi richiamò una seconda volta, alzando la voce.
Alzai lo sguardo su di lui, che mi stava ancora fissando, ma prima che potessimo ribattere, fummo interrotti da Mac e Zack che entrarono nel mio ufficio come una furia.
«Brosnan» disse Mac nella sua solita forma di saluto, prendendo posto di fronte a me sulla scrivania. Derek rimase in fondo alla stanza, lì dove l'avevo lasciato, con lo sguardo di fuoco puntato su di me. Certamente non aveva gradito quell'ultima interruzione. Zack si avvicinò lentamente a Mac, rimanendo qualche passo indietro.
«Mac» sospirai, gettandomi sulla mia sedia. Ve n'era un'altra proprio accanto alla mia, che aveva ospitato Derek fino a qualche istante fa. «Lui è Mr Bomer. Derek Bomer. Mi sta aiutando con le indagini» dissi, ricordando di non aver fatto alcuna presentazione.
«So chi è. Pensi che ti farei lavorare col primo che passa?» disse Mac, voltandosi verso Derek e rivolgendosi a lui per dire: «Senza offesa, Mr Bomer».
Derek rimase in silenzio. Lo fissò semplicemente, riportando poi i suoi occhi su di me. Si incontrarono per un breve istante, ma fui la prima a distogliere lo sguardo. «Un tempo ero la prima a sapere le cose» dissi stizzita.
«E lo sei ancora. Mi sarà passato di mente, Olivia».
Certo come no. Ero stata l'ultima a sapere anche di Alcatraz.
«Tieni a freno la tua lingua, tesoro» mi ammonì Mac.
«Non ho parlato».
«Posso immaginare il vorticare della tua mente. Abbi pietà di un pover uomo come me».
Come lo sapeva?
«Dimmi piuttosto se hai trovato qualcosa sul caso» continuò, sistemandosi sulla sedia.
«Ancora niente, Mac» dissi. Scambiai una rapida occhiata con Derek e guardai subito dopo Zack, notando che ci stava fissando.
Ebbene sì, avevo deciso di non dire nulla di ciò che stava per dirmi Derek. Tecnicamente non sapevo nulla. Ma non avevo mai divulgato alcuna informazione se prima non mi accertavo della sua attendibilità e non intendevo perdere quell'abitudine proprio in quel momento.
«Tienimi informato e se hai bisogno di qualcosa, fammelo sapere» disse Mac alzandosi e avvicinandosi alla porta.
«In realtà ho bisogno che i tuoi uomini vadano a prelevare alcuni dossier ad Alcatraz domattina» dissi, fermandolo sulla soglia.
«Avevamo detto che dovevi andarci tu in quel dannato posto, Olivia».
«Ci sono già stata con Zack e ci andrò, Mac. Ovvio che ci andrò, ma non solo per prelevare dei dannati dossier» dissi alzando la voce. «So come svolgere il mio lavoro. Non è la prima volta».
«Va bene» mormorò Mac, alzando le mani in segno di resa. «Ci vediamo domani» disse, uscendo dal mio ufficio. Zack lo seguì poco dopo. Non aveva osato aprir bocca.
«Tu sì che sai come farti rispettare» sussurrò divertito Derek, avvicinandosi alla mia scrivania.
«Non sopporto quando si mette in dubbio il mio operato. Mac mi conosce da anni ormai. Non sono come tutti gli altri e se mi ha affidato il caso è proprio per questo» ribattei, indossando la mia giacca. Derek mi imitò e mi aiutò subito dopo a riordinare le scartoffie sulla mia scrivania.
Era ora di andare.
Spensi la luce del mio ufficio e mi chiusi la porta alle mie spalle, seguendo Derek all'esterno del distretto. Il parcheggio era quasi deserto, fatta eccezione per pochissime auto.
«Come mai non hai detto al tuo capo di quello che stavo per dirti?» domandò Derek. Ci fermammo accanto alle nostre rispettive auto.
Sospirai. «Perché tecnicamente nemmeno io so quello che volevi dirmi e poi perché non rivelo mai informazioni prima di esserne certa. In realtà non rivelo mai nulla. È la prima volta che lavoro con qualcuno, Derek. In coppia con qualcuno, intendo».
«Il tuo collega, Mr Dicory, allora?» chiese confuso.
«Mi ha semplicemente accompagnata a San Francisco e mi ha presentato a te. Lavoro sempre da sola» dissi, stringendomi nella mia giacca e osservando la leggera nube di condensa creata dal mio fiato. La temperatura era scesa in maniera esorbitante. «Devi ancora rivelarmi quelle informazioni».
«Non adesso. La serata è finita e sarai stanca» disse, fissando ancora una volta i miei occhi.
Già. Ero stanca. Talmente stanca da non notare che eravamo passati a parlare direttamente con il tu, come se ci conoscessimo da tempo.
«Quando allora? La settimana è finita, e francamente non credo di riuscire a resistere fino a lunedì senza sapere nulla» dissi, meravigliandomi della volubilità del tempo. La settimana era davvero finita e io non avevo ancora nulla tra le mani.
«Domani sera» mormorò sommessamente.
Cosa?
«Mi stai chiedendo forse di uscire?» domandai sorpresa.
«Accetteresti?» domandò, toccandosi il retro della sua nuca, e non sapevo se fu per la sua domanda o per la luce del lampione sopra la sua testa o semplicemente per l'atmosfera che si era creata, ma il suo invito non mi sembrò affatto strano: alle mie orecchie appariva come qualcosa di appetitoso e proibito, formulato da un uomo altrettanto affascinante.
«Immagino di non poter rifiutare» mormorai delicatamente. «Ormai devi essere a conoscenza della mia sete di informazioni, altrimenti non useresti quest'informazione contro di me».
«Touchè, Miss Brosnan. Sa sempre come ribattere».
«La ringrazio, Mr Bomer» risposi, allontanandomi e aggirando la mia auto. «A domani, Derek» dissi, prima di salire sulla mia auto. Presi un profondo respiro e fui vagamente consapevole della replica di Derek.
Dovevo allontanarmi. Non mi ero mai comportata in quel modo con un collega, ma in effetti l'avevo detto anch'io che non lavoravo mai con nessuno. Avevamo filtrato di brutto. Avevo bisogno di allontanarmi. Quell'uomo mandava in pappa il mio cervello, oppure erano solo i miei ormoni. In fondo mi avvicinavo alla trentina. Mia madre me lo ripeteva di continuo.
Scossi la testa e mi allontanai velocemente, sfrecciando per le strade di Chicago, desiderosa come non mai di raggiungere il mio loft.
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