Albion Ombre capitolo tagliato
CAPITOLO 31
Silenzi
Helena era felice di scappare all'archivio. Quel giorno sembrava che tutti si fossero messi d'accordo per parlare solo di due argomenti: la caccia di quella sera e l'inaugurazione del club di scherma del giorno successivo. La festa, ovviamente, non le interessava, e la questione della caccia era sempre complicata. Così Helena fu la prima a uscire dall'aula di diritto. Si fece largo tra la calca degli studenti che si riversavano in corridoio e puntò verso la grande biblioteca di storia, con l'idea di attraversarla, uscire nella piazza d'armi e imboccare la scalinata esterna che portava su, alla sala dei quadri. Il percorso più breve per arrivare all'archivio.
Nonostante il corridoio, già stretto, fosse impraticabile per il numero di studenti fermi a chiacchierare davanti alle aule, Helena avrebbe compiuto il tragitto in poco tempo.
Se solo non avesse rallentato.
Se solo non si fosse ritrovata a fissare una schiena, tra tutte.
Se solo non si fosse fermata a guardare Marco, mentre, faccia al muro e tracolla tra le gambe, si ostinava a terminare la trascrizione degli appunti proprio lì, in corridoio. Aveva piazzato il quaderno sulla parete, teneva il tappo della biro in bocca e scriveva con il gomito largo. La sua mancanza di senso pratico le suscitava il solito sentimento strano. Rabbia, ma anche un'insensata tenerezza. Rimase a guardarlo un istante di troppo e lui si girò. Lo sguardo del ragazzo le rammentò quanto le cose andassero male.
Dalla discussione al pub non c'era stato più un solo incontro che non fosse stato imbarazzante o silenzioso. O entrambe le cose.
Vigeva una tregua elettrica. Marco bofonchiò qualcosa di indecifrabile. Poi si tolse il tappo dalle labbra.
«Ehi».
«Ehi» rispose lei.
Poi scese un silenzio annunciato.
«Hai bisogno di qualcosa?» le chiese.
«No, figurati. È un corridoio» minimizzò Helena. «Ci passo per andare all'archivio».
Di nuovo silenzio. Senza scampo. Se l'imbarazzo fosse stato misurabile, avrebbe raggiunto un valore fuori scala. Marco si passò una mano tra i capelli, che ricaddero sulla fronte con un disordine a cui Helena cercò di non pensare. Così come si sforzò di ignorare la sua cravatta allentata e i bottoni slacciati della camicia. Non le passava mai la voglia di rimettere insieme i suoi pezzi.
«Archivio» ripeté Marco. «Certo. Chiaro» era diventato più serio. «Ci passate un sacco di tempo. Tu e Lance, intendo».
Sembrava un'insinuazione, ma Helena provò a passarci sopra.
«Tu dove vai?»
«Ti importa?» Marco raccolse la tracolla con un gemito. Frustrazione, probabilmente. Sentimento che Helena conosceva molto bene.
«Non te lo chiederei».
«Alla clubhouse» mise via il quaderno. Lo schiacciò in fondo alla tracolla. «Almeno stasera c'è la caccia» ora sembrava consolare se stesso.
«La caccia ti piace» disse Helena. «Spero che ti divertirai».
«Già».
«Allora ci si vede» concluse lei.
«Al solito» Marco si infilò la tracolla. «Stammi bene».Helena se ne andò, provando a non correre. Era tutto storto, sbagliato, ingiusto, e a tratti perfino innaturale. Lei e Marco non riuscivano più a parlare senza ferirsi; non si capivano mai e stavano facendo a brandelli qualunque cosa ci fosse stata tra loro. Stava camminando a testa bassa, in mezzo alla piazza d'armi, immersa in quei pensieri, quando alzò lo sguardo. Morgana aveva appena oltrepassato il pozzo coperto e camminava verso di lei. Anzi, sfilava. Ancora una volta, Helena si ritrovò a pensare che di fronte a creature come lei l'autostima rischiava di essere disintegrata. Aveva un'andatura da passerella, che faceva sentire goffi. Una magrezza felina, che faceva sentire grassi. Una bellezza trionfale, che faceva sentire insignificanti. E quando Helena la vedeva vicino a Marco, come era accaduto sabato al pub, Morgana era molto più di tutto questo. Con lui di fianco, era Morgana amplificata, elevata a potenza. Stavano bene insieme, e quella era la cosa che Helena non riusciva a perdonare a nessuno dei due.
Si sforzò di sembrare naturale, preparò un saluto, qualcosa che fosse adeguato ma anche rapido. Meglio fare presto. Ci mancava solo che Morgana le tenesse un'altra indimenticabile lezione sulle sue emozioni.
«Proprio tu, Helena Gomez» cantilenò l'altra indugiando sul suo nome. «Ti cercavo». Le porse un foglietto piegato in quattro. «Si caccia in team e tu sei tra i quindici questori sorteggiati. Ti tocca fare la squadra» sorrise, una smorfia morbida e sprezzante allo stesso tempo. «Scegliere non è mai stato il tuo forte, pensi di potercela fare?»
«Certo» rispose Helena, odiandosi perché era riuscita a balbettare nel tempo di due sillabe. Dovette tirare appena per sfilare il foglio dalle dita di Morgana e, prima di poter tagliare la corda, si guadagnò un'occhiata canzonatoria. Esattamente com'era accaduto con Marco, ce la mise tutta per non mettersi a correre.
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