In volo
Mentre sfrecciava in volo, mentre il vento gli soffiava nei capelli, mentre là sotto i volti del pubblico diventavano semplici punte di spillo color carne, capì che si era lasciato indietro non solo Hogwarts, ma anche la sua paura che pochi istanti prima lo divorava. Dopo quello che ad Albus parve un minuto, del castello nemmeno la più remota ombra.
Il cuore gli esplose di piacere, era una sensazione fantastica, stare lì sopra con la sua nuovissima Quickfire e vedere valli e monti distendersi sotto di lui. Il freddo era quasi sopportabile, e non si pentì di aver indossato un bel giubbotto regalatogli dalla mamma per il suo quattordicesimo compleanno. Alla sua destra, a circa duecento metri, intravide un paio di Auror, e capì che doveva proseguire dritto: se sbandava nella direzione sbagliata, i maghi gli avrebbero indicato la strada giusta. Il suo manico di scopa rispettava ogni suo movimento, dal più lento al più brusco. Provò a guardare dietro, lentamente, rallentando senza volerlo. In quel mentre vide sfrecciare davanti ai suoi occhi Connor, che lo salutò ironicamente. I suoi occhiali che lo proteggevano dal vento si stavano appannando e quindi si rigirò, continuando concentrato a quello che stava facendo prima che Connor lo superasse. Non ebbe idea di dove avrebbero potuto essere gli altri Campioni. Continuava a volare, sempre veloce, sempre convinto. Aveva promesso a sua cugina Rose che ce l'avrebbe fatta, non voleva deludere lei e il Grifondoro. I suoi guanti di pelle di drago lo proteggevano dall'aria glaciale scozzese, e pensò di come avrebbe affrontato la Corsa senza protezioni che lo riscaldassero, visto che, alzandosi sempre di più, il freddo aumentava. Intanto le montagne sottostanti a lui diminuivano, e pensò di trovarsi al confine con l'Inghilterra, vedendo il Vallo d'Adriano che scorreva su ampie colline.
Perse la nozione del tempo. Si chiese da quanto volasse; almeno da un'ora, pareva. Non c'era nessuna traccia di una tempesta, e il cielo limpido e fresco continuava a sovrastare le campagne inglesi. Era una vista mozzafiato, e giurò che un giorno, lì sopra, ci avrebbe portato suo padre: ne sarebbe rimasto molto contento, pensò mentre le folate di vento gelido cominciavano a fargli dolere le orecchie; ricordava di aver provato tanto freddo a cavallo di una scopa solo una volta prima d'allora, durante la salita alla magia con Elly, portandola a vedere l'intera Scozia da un'altezza spaventosa, quindi, pensò, che era già preparato ad 'altezze troppo vertiginose', e fortunatamente lui non soffriva di vertigini.
E come uno stormo di avvoltoi, vide due ragazzi in tuta bianca, ed Al ipotizzò che fossero gli italiani, e altri due spagnoli, che stavano abbastanza distanti fra di loro, ma visti da lontano parevano essere molto vicini. Albus non diede loro molta importanza, e proseguì il suo fantastico ed ininterrotto volo.
Albus andò a finire a dieci metri da un Auror, che gli fece cenno con la mano di andare a sinistra, verso le coste del Mare del Nord.
Ricordò Rose che gli disse di appellare qualcosa da mangiare quando si trovava sopra Newcastle, ma Al non aveva tanta fame quando intravide l'arco del Millennium Bridge della città, quindi proseguì. Nonostante il freddo e l'ora passata sopra quella scopa, il suo stomaco sembrava dormire, senza dare segnali di fame. L'adrenalina, la convinzione, l'eccitazione, e un pizzico di timore lo stavano sommergendo, e si permise il lusso di fare qualche giro mortale, urlando di gioia. Fu proprio mentre si esibiva in un'ultima acrobazia che lo vide: un esemplare magnifico, celestiale, divino. Albus mise a fuoco la creatura che gli volava accanto. Un uccello dal piumaggio molto vivace si presentò in un volo elegante e fluido. Era di un verde acido e le sue ali erano punteggiate da un giallognolo opaco. Emanava una melodia da brivido, rilassante e piacevole. Questi continuò a volare accanto ad Albus per cinque minuti, e il mago non riusciva proprio a staccarsi da quell'essere, voleva farsi coccolare per almeno un'ora da quel canto soave. Solo quando si rese conto che stava rallentando cercò di allontanarsi dall'uccello, ma invano: ritornò accanto a quello, ed ipotizzò che fosse un Fwooper. Per un istante gli occhi di Al sembravano guardarlo dolcemente, quasi sognando, ma un ricordo di una lettura su Tutto sulla Corsa dello Zoppo lo fece sussultare, e, scuotendo la testa, ritornò da quella che sembrava un'altra dimensione.
Il canto del Fwooper, benché all'inzio risulti piacevole, condurrà all'ascoltarlo sino alla follia.
Ma il canto del pennuto era troppo coinvolgente per ammutolirlo, ed Al si rilassò quasi nell'ascoltarlo, con gli occhi chiusi. Un rumore alla sua sinistra glieli fece aprire, e, con sua grande sorpresa, vide sfrecciare alcuni Campioni.
"Silencio" Il Fwooper cessò di produrre quelle fantastiche melodie, ed Albus recuperò posizione in soli venti secondi. Non sapeva se era primo, ma il suo raggio visivo diceva che non c'era nessuno, e continuò tranquillo, sfrecciando a trecentocinquanta chilometri orari. Sotto i suoi occhi si presentavano un sacco di città, da Middlesbrough a Leeds, da Nottingham a Bedford. Subito dopo i luoghi abitati dai Babbani c'erano distese d'erba e campagne che sembravano non finire mai. Ma proprio quando il cielo sembrava definitivamente azzurro e intenso, delle pesanti e nere nuvole coprirono improvvisamente le terre inglesi, ed Albus ebbe un brivido lungo la schiena che gli fece per un attimo socchiudere gli occhi, sperando di non abbattersi in delle creature lì in mezzo.
'Le nuvole sono tue nemiche' La frase di Rose gli tuonava nella testa. Cercò di prendere quota, ma le nuvole, oltre ad essere lunghe, erano alte, e sembrava non avessero fine. Erano sempre più vicine.
Vide fulmini fuoriuscire dall'immensa massa nera, e prese in considerazione l'idea di tornare indietro. Ma la voglia di andare avanti che lo rendeva audace pochi attimi prima, lo fece ragionare, e si fece coraggio all'idea di dover entrare dentro quelle spaventose cose grigie che facevano paura solo a guardarle. Entrò.
Per un momento sembrava tutto muto, come se il tempo si fosse fermato. Poi, improvvisamente, il corpo di Albus si inzuppò interamente e strati di ghiaccio si formarono sui suoi indumenti bagnati. Se Rose non gli avesse fatto quell'incantesimo che faceva respingere l'acqua dai suoi occhiali avrebbe dovuto gareggiare praticamente cieco. Faceva talmente freddo che l'unica cosa che provò quando vide un Dissennatore fu soltanto la tristezza ed il silenzio, tanto il gelo era già insopportabile. Albus fissò per alcuni istanti la figura incappucciata, le mani lucide e putrefatte, il lungo mantello bucato inzuppato anch'esso.
"Expecto Patronum!" Per la prima volta in vita sua vide il suo Patronus corporeo. Ne fuoriuscì una bellissima cerva d'argento. L'animale scalciò con le zampe e poi incornò la creatura, che si allontanò in men che non si dica. Una cerva d'argento? Albus Potter aveva lo stesso Patronus di sua nonna Lily e di Severus Snape. Allungò la bocca in un sorriso, ma questo svanì quando la sua pupilla si allargò rapidamente, a causa della paura indescrivibile che lo divorò in pochi secondi: aveva di fronte un centinaio di Dissennatori, le mani tese.
Non riusciva a pensare a qualcosa di bello, era troppo debole, si sentiva stanco. Le mani putrefatte cominciarono a toccarlo, era quasi una tortura. Poi, dietro Al, una nebbia argentea grande quanto un edificio si levò a mezz'aria, e tutt'e cento i Dissennatori sparirono oltre le nuvole. Albus si girò, e con una gioia immensa vide Elliot.
"Tieni! Mangia!" Il Serpeverde accostò la sua scopa a quella di Albus e gli tese un pezzetto di cioccolata. La afferrò e la mangiò, velocemente.
"Grazie!" Non seppe dire altro.
"E di che! Io ne ho affrontati venti prima. Pensi che queste nuvole siano generate da loro?" Urlò cercando di sovrastare le folate di vento che tuonavano nelle orecchie dei due.
"Credo di sì! Ma è meglio guardarsi bene! Possono sbucare da qualunque angolo!"
"Infatti! Non riesci mai a vedere cosa..."
Una creatura grande quanto Hagrid attaccò Flynn. Era spaventosa: aveva una forma umana, tranne per la coda a punta grigiastra e delle ali nere enormi da pipistrello. Non aveva un viso, o sì? Era un muso senza naso, occhi ed orecchie, tranne per una piccola bocca al centro della sagoma ovale nera. Aveva uno smoking nero, altrettanto la camicia e la cravatta. Anche le mani erano nere.
"Ma cosa sei?" Albus cercò la sua bacchetta nella tasca del pantalone mentre guardava, curioso e terrorizato, la figura completamente nera davanti a lui.
Appena la puntò sull'essere, questi si girò, spalancò la bocca e ne fuoriuscì una lingua squamosa e grigiastra. Sembrava un pitone, poiché stringeva la mano di Albus così forte da impedirgli di evocare incantesimi. La creatura continuava a dar fastidio ad Elliot aggrappandosi alla punta del suo manico, mentre con la lingua stringeva il polso di Al, strattonandolo ed urlando. Il suono che emanava era sinistro, stonato, quasi di una bambina in preda al panico.
"E lasciami stare!" Elliot fece partire un pugno diritto sul 'viso' del mostro, che si girò per la forte botta datagli dal mago. Ma quando si rigirò, le sue ali cominciarono ad ingrandirsi, sempre di più, sempre di più... finché si staccarono e si trasformarono in altri due esseri uguali al primo, anch'essi in smoking elegante. Le ali gli si riformarono in un secondo, con un semplice gesto fluido, e ora i due Campioni sembravano fossero spacciati. La scopa di Al traballò tutta, disarcionandolo violentemente. Elliot continuava a dimenarsi mentre le due creature gli urlavano e lo strattonavano.
'Non vi deluderò' Ricordò le parole dette a Rose.
"STUPEFICIUM" Lo Schiantesimo colpì entrambe le creature, e anche loro finirono nello sparire tra le nuvole, lasciando Elliot, ma Al aveva ancora aggrappato sulla scopa l'altro essere che aveva generato gli altri due.
"Stupeficium!" Flynn a sua volta liberò Albus dalle lunghe mani dell'essere nero che lo stavano torturando.
"Ma cosa erano?!" Riprese fiato.
"Non lo so! Ma qualunque cosa fossero, facevano paura, e che paura! Ci vediamo!" Elliot si mise bene sulla sua Goldbolt 360 e sparì tra le nuvole ghiacciate.
Albus sfrecciò in un grigio scurissimo con gli occhi che roteavano in tutte le direzione, come se si aspettasse un altro attacco improvviso e violento da chissà quale altra creatura. Il suo cuore batteva forte, ma era sempre eccitato: stava partecipando alla Corsa dello Zoppo.
Stare in mezzo alle nuvole era come stare sotto la pioggia, e i capelli di Albus erano riuniti in una frangetta incollata alla fronte. Ma quanto duravano le nuvole? Erano davvero così lunghe? Poi, successe quello che mai si sarebbe potuto aspettare: le nuvole erano scomparse, al loro posto un enorme vortice di fuoco ruotava con una velocità incalcolabile. Dal fuoco uscivano braccia grigiastre, quasi morte. Sembravano degli Inferi, pensò Albus, che ricordò la lettura sul libro della Corsa. Ne fu certo quando ne vide cascare uno giù. Cercò di girare intorno all'enorme massa del fuoco, che sembrava non avesse fine. Prese quota, e si trovò oltre le nuvole, che erano ricomparse. Era disorientato. Dove doveva andare? Di certo gli Auror non si sarebbero fatti trovare là, a dare indicazioni, o forse sì? Scese, e di nuovo il suo corpo si vestì di un freddo che tagliava la pelle. Sfrecciò alla cieca, finché non andò in contro a Draco Malfoy.
"Albus! Devi fare dietrofront! Ciao!" Lo salutò ed Albus volò a tutta velocità, sperando di non andare a scontrarsi contro qualche altro mostro. Andava talmente veloce che vide tre Dissennatori che si rifiutarono di inseguirlo. Alcuni fulmini lo sfiorarono.
Le nuvole non volevano per niente sparire, ed ora Albus capiva cosa intendeva Rose con "le nuvole sono tue nemiche".
"Bombarda Maxima!" Distrusse un enorme parete di mattoni creatasi dal nulla. Scorse Victoria Human, che gli passò così vicino che avvertì la sua paura. La nera si fermò, bloccata da un Troll Volante. Albus ci mise un po' a capire che quello era proprio un Troll Volante. "Esistono?" Borbottò tra sé e sé prima di essere attaccato da quello che sembrava un serpente alato. Aveva una bocca talmente grande che ci sarebbe potuta entrare bene bene la pancia del signor Pick. Albus cercò di deviarlo, ma questi si aggrappò sul suo collo. Era fastidiosissimo, viscido ed emanava un odore alquanto strano: sembrava un misto tra sangue e sudore. Lo strinse intorno alle braccia ed Albus non poté che arrendersi: cadde. Giù, sempre pù giù, in mezzo alle nuvole.
Non stava capendo niente, la testa gli esplodeva, dov'era finita la scopa? Il serpente continuava a stringergli le ossa.
"Accio Quickfire!" Dopo alcuni interminabili secondi di discesa con quel rettile aggrappato al suo corpo, afferrò la scopa con una mano e con uno sforzo disumano si mise in sella.
"Vipera Evanesca!" Il serpente scomparve, ed Al, preso da una confusione totale, andò al massimo della velocità, sperando di uscire da quelle nuvole che non facevano altro che peggiorare la situazione. Se avesse preso quota si sarebbe perso, e per questo rimase giù. Erano passate circa quattro ore, pensò, e da lì a qualche ora si sarebbe fatto buio. Chissà dove si trovava Spartamus. Aveva affrontato anche lui cento Dissennatori e tre creature nere alate con un serpente al posto della lingua? Dov'erano gli altri Campioni? Molte domande attanagliarono la mente di Albus, ma fu distratto da una figura incappucciata sparire oltre le nuvole. Era un Dissennatore, pensò calmo. Proseguì dritto, e con una gioia immensa si ritrovò nel cielo limpido e fresco di prima: le nuvole erano finite, e la tempesta continuava a esplodere dietro di lui. Felice e pensieroso, si girò, e vide l'enorme massa grigia che copriva la città di Luton. A sinistra intravide Francisco ed Enrico lanciarsi incantesimi, a destra Livia Verdi sfrecciare velocissima. Albus si abbassò un po', per vedere meglio dove si trovava, ma le immense campagne non lo aiutavano per niente. Si girò, e con suo grande stupore, vide Connor, che puntava verso di lui, e dietro ancora, le spaventose nuvole nerastre.
'E pensare che io c'ero dentro' Pensò Albus sorridendo, ma rabbrividendo.
"Ancora vivo, eh, Potter?" Connor si avvicinò a lui, ma senza guardarlo. Non sorrideva.
"Cosa ti fa pensare che sarei potuto morire?"
"Ho visto molte volte passarmi davanti scie verdastri, mi chiedevo se qualcuno ti stesse dando la caccia" Era concentrato e non mosse nemmeno un sopracciglio.
"Maledizioni Mortali? Io non ne ho viste" Disse lui a mo' di spiegazione.
Per la prima volta da quando erano decollati dal Campo da Quidditch, Connor lo guardò. Albus si meravigliò nel vedere un pizzico di stupore nel suo duro e minaccioso viso.
Senza dire una parola, Connor sfrecciò, ed Albus lo imitò, chiedendosi da dove avrebbero potuto derivare quelle scie verdi. Il Ministero non aveva imposto l'Impedimento? Però sugli studenti non funzionava...
Case ed edifici si mostrarono ai suoi piedi, e l'ennesima città si presentò a lui. Si abbassò ancora un po', sempre andando a circa trecento chilometri orari. Vide un grande parco con un lago a forma di serpente al centro, una torretta con un orologio in cima, un'enorme cerchio grigiastro, alcuni grattacieli e un'infinità di bus rossi a due piani. Si trovava nella sua città. La sua scopa era velocissima, quindi tentò di passare accanto al grattacielo più alto d'Europa: lo Shard of London, tanto i Babbani non lo potevano vedere. Il padre aveva un appartamento lì, ma lo usavano solamente il giorno di Capodanno, a volte. Dopo aver lasciato Londra alle sue spalle, intravide il mare in lontananza, e capì che aveva superato metà del tragitto. La gioia lo invase.
Fece un breve riassunto mentale di quello che aveva passato in mezzo alle nuvole. Si meravigliò quando le immaggini di quel serpente alato che lo fece cadere offuscarono tutti gli altri pensieri. Quei pensieri, a lungo andare, sparirono dalla sua mente mentre vedeva la Manica.
Quante creature avrebbe dovuto affrontare ancora? Di nuvole non ce n'erano tracce, e nemmeno degli altri Campioni. In fondo fino a quel momento se l'era cavata, e non poteva certo dire che aveva fatto una brutta figura, anche se la mano di Elliot era stata indispensabile per il suo proseguimento. Lo aveva salvato da un centinaio di Dissennatori e aveva Schiantato quell'essere nero in smoking.
Si lasciò alle spalle la Gran Bretagna, dirigendosi verso le meravigliose coste francesi. Si chiedeva ripetutamente dove avrebbero potuto essere gli altri Campioni.
Guardò giù, il mare limpido e intenso, il suo colore era divino e l'idea di tuffarcisi dentro fece sorridere Al, che era felice, ma allo stesso tempo preoccupato e ansioso. Era ancora congelato, ma ci si era fatto l'abitudine. Oltre al vento, non sentì alcun rumore, e questo strano ed impenetrabile silenzio lo inquietò un po', visto che su Tutto sulla Corsa dello Zoppo aveva letto che spuntavano creature ogni secondo. Poi, in lontananza, vide quella che sembrava una Fata... no, non era una fata.
'Le fate non hanno il pelo nero, e non hanno nemmeno quattro gambe e quattro braccia' Ragionò confuso.
La piccola creatura avanzò verso di lui, agitando le spesse, ricurve e brillanti ali. Sembravano delle ali di un coleottero. Per un attimo sembrava che fosse rimasta immobile, ma poi aprì la bocca e cercò di mordere il braccio di Al, che guardava con curiosità il Doxy. Cercò di scappare, ma il Doxy gli si era aggrappato sul braccio, mostrando i suoi affilati denti giallastri. E poi, come mille punture di vespe, Albus sentì un dolore straziante, mentre guardava il suo braccio sanguinante: la ferita era grande ed aperta, e del liquido verdastro accompagnava il sangue che colava a fiotti.
"Petrificus Totalus!" Il Doxy si immobilizzò, poi cadde giù, sparendo. La ferita era troppo dolorosa e insopportabile.
"Maledetta palla di pelo" Albus stava maledicendo la creatura, usando termini per niente carini.
Swam! Una scia rossa gli sfiorò gli occhi, e il suo cuore cominciò a battere così forte da far paura. Si girò lentamente, e vide Enrico Tiracorda con la bacchetta puntata verso di lui. I suoi muscoli sembravano più grandi, e i suoi occhi erano opachi, quasi grigiastri.
"Stupeficium!"
"Protego!" Albus si difese.
"Possumy!" Una scia gialla fuoriuscì dalla bacchetta dell'italiano. Albus fece in tempo a deviarla, e scappò, il più veloce possibile. Cos'avevano gli occhi di Enrico? Sembrava impossessato.
Sfrecciava, più veloce del suono, più veloce di tutti, il più veloce del mondo. I suoi vestiti cominciarono ad asciugarsi. Poi la vide, un'enorme creatura avanzare verso di lui. Era immensa, di un colore grigiastro. A mano a mano che avanzava, Albus capì di aver a che fare con un Ironbelly Ucraino, nonché il drago più grande del mondo. Le sue scaglie erano di un grigio metallico, i suoi occhi fecero rabbrividire Al, che tremò per qualche secondo, erano rossi vivo e gi artigli particolarmente lunghi ed affilati. Il suo volo era lento, visto che pesava quasi sei tonnellate.
"Un Ironbelly Ucraino!" Al spalancò la bocca, mentre, con una strana lentezza, prendeva la bacchetta, anche se non sapeva quali incantesimi avrebbe usato contro quel bestione.
Volava, col drago accanto. Poi, un enorme fiamma rossa lo costrinse ad abbassarsi. Il drago sputava fuoco e inseguiva Al, gli occhi verdi chiaro che sembravano tremare anche loro. Aveva tanta paura, poiché aveva letto che nel 1658 un Ironbelly uccise quarantadue maghi in sella ad una scopa. Pensò a qualche incantesimo che avrebbe potuto scagliargi, ma non gliene veniva in mente nessuno, visto che un Exscindo per i draghi era come un Riddikulus a Voldemort. Il drago si stava avvicinando sempre di più, allungando il collo.
"AAAAAAAAAHHH!"
Successe tutto in due lunghissimi secondi: Al vide una grossa fiamma rossastra avvicinarglisi sulla mano sinistra, che si ustionò. Urlò dal dolore. Spense velocemente le scintille battendosi la mano sulle parti rimaste bagnate dei suoi vestiti. Si guardò la mano: aveva perso un dito. Urlava, non seppe fare altro. Il dolore lo fece lacrimare. Poi, la folle idea.
A mente pronunciò "Levicorpus". Non seppe come ci era riuscito, ma ora controllava il drago con la bacchetta, le lacrime in volto. Lo fece allontanare, mentre questi si dimenava con le grandi ali di un color grigio scuro.
Quando ebbe posto una certa distanza tra lui e il drago, si mise la bacchetta nella tasca stringendo i denti per la ferita del Doxy e per il dito monco, e andò in contro a quello che sembrava Elliot.
"Elliot"
Il Serpeverde si girò, con un'inquietante lentezza. Anche i suoi occhi erano opachi e grigiastri. Piegò la testa di lato, e fece un sorriso alquanto spaventoso, quasi malvagio.
Prese la bacchetta e la puntò contro Albus.
"Ma cosa fai?!" Albus era sconvolto.
Elliot continuò ad avere quel sorriso ebete.
"ELLIOT! COS'HAI?"
"Stai zitto!" Sbraitò Flynn con occhi cupi e sinistri.
"Avada Kedavra!" Un lungo lampo di luce verde fuoriuscì dalla bacchetta del Serpeverde.
La morte stava per avvicinarsi ad Albus, con una velocità incredibile. Ma poi, improvvisamente, qualcuno lo spinse, e pochi secondi dopo cadde, perdendo il controllo della sua Quickfire. Il sangue sul braccio gli schizzò il viso e l'aria gli pompava sulla parte in cui avrebbe dovuto esserci l'indice del braccio sinistro. Scorse un'occhiata sopra, dove vide il volto di Dean Matthews, che stava scendendo in picchiata con la mano tesa.
"Afferra la mia mano!" Urlò sperando di farsi sentire da Albus.
Al reggeva con la mano destra il manico con uno sforzo enorme. Allungò la mano ferita e afferrò quella di Dean, che allungò la bocca in un sorriso. Al si mise bene sulla sua scopa e riprese l'equilibrio.
"È stato sottoposto alla Maledizione Imperius" Disse Dean con una calma incredibile.
"C-cosa?" Sperò che stesse scherzando.
"Sì, c'è qualcuno che vuole ucciderti"
Albus spalancò gli occhi. Allora anche Enrico era stato sottoposto alla Maledizione Senza Perdono pochi minuti prima.
"Da chi?" Albus assunse un'aria seria: la questione era grave e troppo pericolosa.
"Non lo so, se ti capita davanti un Dissennatore guarda bene se lo è davvero" E sfrecciò via. Albus rimase immobile lì sopra. Qualcuno aveva usato la Maledizione Imperius contro Enrico ed Elliot per farlo uccidere. Impossibile, chi avrebbe dovuto farlo? Qualche persona esterna? Impossibile, la sorveglianza era al massimo. Ogni dieci secondi si guardava dietro e ai lati. Era concentrato. Doveva vincere. Doveva accettare l'idea che qualcuno volesse ucciderlo.
Il tramonto cominciava a farsi vedere, e una bella mezza luna fece la sua comparsa. Si chiese da quanto volasse. Guardò il braccio destro, sanguinante e con una ferita aperta rossissima, col veleno all'interno. Poi guardò la mano del braccio sinistro, senza l'indice. Era davvero messo male. Ma si promise che avrebbe resistito, doveva farlo.
Sospirò, lentamente, chiudendo gli occhi, il cuore trafitto da emozioni sinistre. Proprio quando riaprì gli occhi che lo vide, nella sua unica e spaventosa veste nera. Era incappucciato, e il volto era oscurato da strati di tessuto nerastro, solo gli occhi erano scoperti. Era alto, molto. In mano teneva stretta la bacchetta più potente al mondo. Si rese conto che era un Molliccio, perché quando passò li accanto l'Auror Weddy Monsie, guardò il ladro e proseguì dritto.
Anche se era un Molliccio, metteva i brividi.
"Riddikulus!" Pensò al giorno del suo settimo compleanno, dove suo fratello James si era travestito in una strega Homanca, streghe peruviane che, invece di far paura, facevano solamente ridere: di solito erano vestite con mantelli con colori vivaci e grandi corni di Unicorno al posto del seno. Sì, corni al posto del seno.
L'incantesimo non funzionò, e il Molliccio continuò a volare come fumo accanto ad Al. I suoi occhi erano fissi su di lui, come se si aspettasse che da un momento all'altro sarebbe scappato. Ma Al non scappò.
"Riddikulus!" Ci riprovò, stavolta pensando ai vestiti della Umbridge. Niente.
Ma quando levò di nuovo la bacchetta, il ladro-Molliccio lo anticipò. Dalla Bacchetta di Sambuco fuoriuscì un grande lampo rosso, che sfiorò Albus per quelli che avrebbero potuto essere due centimetri.
Albus lo guardò meravigliato.
Senza parlare, il ladro-Molliccio gli scagliò un'altro Schiantesimo.
"ALBUS! SCAPPA! È LUI!" Sentì la voce soffocata di Dean, che sbucò dal nulla.
Albus prese quota, salendo di circa mille piedi, Dean alle calcagna.
Sperava stesse scherzando, ma proprio quando vide una Maledizione Mortale passargli davanti agli occhi capì che il gioco era finito, e che avrebbe dovuto lottare contro il ladro, di certo non poteva scappare.
Il ladro della Bacchetta di Sambuco alla Corsa dello Zoppo? Impossibile, assurdo, incomprensibile. Dopo tutto questo tempo?
Ma il ladro continuava a volare come il fumo, a circa venti metri dai due.
"Exscindo!" La scia bluastra di Dean venne respinta con tanta falicità che l'uomo sotto il cappuccio mosse lievemente la bacchetta.
Albus si fece coraggio. "Stupeficium!"
"Protego Maxima!" La voce del ladro era rauca, pesante, sinistra, la stessa che Al aveva quando sognò di uccidere il padre di Scorpius tre anni prima.
Il suo cuore batteva così forte che pensò di avere un cavallo lì dentro.
"Crucio!" Albus avanzò velocissimo verso Dean, proteggendolo dalla Maledizione con grande abilità, non seppe nemmeno come ci era riuscito.
Fece comparsa Elliot, che sembrava stordito. Aveva un ciondolo d'argento stretto in mano, e i suoi occhi non erano più grigiastri ed opachi: non era più sotto l'uso della Maledizione Imperius.
Con la sua Goldbolt 360, un manico d'oro velocissimo nuovo di zecca, avanzò verso Albus, mentre il buio cominciava a dominare sul giorno e la Manica spariva dietro di loro.
"ELLIOT!" Albus e Dean continuavano a lanciare incantesimi contro il ladro.
"ALBUS! Scusa... Prima... Me l'ha detto Dean, non potevo fare nien..." Improvvisamente cessò di parlare, mentre fissava con terrore uno zampillo di luce verdastra colpirgli la zona del cuore. Per un istante Elliot Flynn rimase assurdamente a braccia spalancate, come se avesse sbattuto contro una barriera invisibile. Poi, cadde, insieme alla scopa, gli occhi vuoti ed il ciondolo d'argento ancora stretto in mano.
(PROSSIMO CAPITOLO: IN MEMORIAM)
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