VIII. in realtà, è cosi.
"È così, in realtà. È solo che ieri sera sono stata fino a mezzanotte al telefono con una mia amica che studia fisica. E mi ha spiegato dei trucchetti per svolgerlo senza errare."
"Sei piena di risorse a quanto vedo" dice.
"Si, abbastanza. Più di quanto pensi" gli dico, rimanendo impassibile. Ma non fredda.
Non so a cosa si riferisce lui. E lui non sa a cosa mi riferisco io.
(In realtà, la mia, era una contro battuta senza alcun fine, la sua non so.)
"Comunque questi non li mette mai o almeno così ha detto" gli dico, indicando un tipo di funzione fratta con il denominatore fratto. E grazie a Dio. Perché manco li ha spiegati. "E nemmeno le matrici, quest'anno. Cazzo erano le cose che sapevo fare meglio, poi dimmi se non devo ritenermi sfigata."
"Ricordati che anche il pandoro non è fortunato" dice.
Non capisco, lo guardo stranita. Lui ride, da solo tra l'altro.
"Perché è Maina gioia" dice ancora.
"La prossima volta che spari una battuta, avvertimi in anticipo così mi preparo per fingere di ridere" lo beffeggio, lui mi guarda male. Poi ride.
"Hai un bel caratterino sai? Però sei simpatica"
"Almeno quello" rispondo, a voce bassa.
Non credo mi abbia sentita, ma intanto ho commesso un errore. L'ennesimo. Perché no, oh no, mai farsi vedere debole dagli altri Valentina. Dovresti aver imparato oramai. Fatti vedere sicura. Sicura. Anche se non lo sei.
Anche se la tua sicurezza è precaria, non darlo a vedere.
"Come scusa?"
"Niente, andiamo avanti?"
"Non ne ho voglia. Fa caldo, matematica non mi piace e tra poco c'è lezione fino alle 7 di stasera. Caffè?" chiede.
Faccio cenno di no con la testa, ma mi chiede ugualmente di accompagnarlo alle macchinette al piano di sotto.
Mi chiede se sono in pari con gli esami, gli dico che me ne manca solo uno dell'anno corrente e due del primo anno.
Lo osservo, ha un bellissimo profilo. La punta del naso è all'insù, naso né troppo grande né troppo piccolo. Nella norma, insomma. Nessuna gobba.
Ha le labbra sottili, guardandole bene. Ora sono pressate, completano a pennello l'espressione indecisa che il suo volto ha assunto. E i suoi occhi, beh, sono impegnati a rastrellare (uno ad uno) tutti i diversi tipi di caffè sui pulsanti delle macchinette.
Le sopracciglia sono increspate, sulla sua fronte si sono formate delle rughe d'espressione e, ora, si è anche portato una mano sul mento. Come se stesse studiando un dipinto in una galleria d'arte. Assurdo.
"La prendi sul serio questa storia del caffè" gli dico. Poi rido.
Lui mi guarda stranito.
"Siamo qua da 10 minuti, non hai ancora deciso. E si è formata la coda" rido ancora.
Lui mi guarda, arrossendo quasi e posa il suo sguardo su di me per un po'. Sorride.
Poi ritorna a guardare la macchinetta, pigiando il pulsante caffè ristretto e poi 5 volte il pulsante dello zucchero. Il massimo, insomma.
E, alla faccia.
"E comunque, devo offrirtelo un caffè. Lo bevi, vero?" mi chiede.
Annuisco, ma gli dico che la mattina lo bevo già a colazione. Per questo non lo bevo mai in università.
"Beh, allora un pomeriggio"
A/N
Ciao, dopo 8 parti sono qua a chiedervi cosa ne pensate fino ad ora.
Come avrete notato, le parti non superano le 700 parole. Ed era proprio così che me l'ero immaginata. Perché, come ho già detto, è nata come uno sfogo.
95% sfogo, 5% invenzione.
Fatemi sapere cosa ne pensate di Valentina e Stefano. O solo di Valentina. O solo di Stefano.
Dei caratteri, dei personaggi. Del contesto. Datemi un riscontro. E se non dovesse arrivare non fa niente, anche se mi farebbe piacere.
Continuerò comunque a scrivere per quelle poche persone che continueranno a leggerla. E anche se non è una delle cose migliori presenti su questa piattaforma, ringrazio ogni singola persona che spende un po' del suo tempo per leggermi.
Buona serata, much love xx
S.
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