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第6第-Ōjo (Seconda parte)

6-Ōjo

Masamune dall'inizio fino al termine del racconto era rimasto in silenzio osservando le espressioni della ragazza che passavano dal curioso a quello spaventato. Era spaventata e come darle torto. Un giorno due persone sconosciute e una amica che non aveva fatto altro che mentirle per tutti questi anni si erano presentati a casa sua, all'improvviso spiegandole che era la principessa di un altro mondo parallelo e che era in pericolo.

Forse avevano sbagliato. Avrebbero dovuto procedere a piccoli passi, invece adesso l'avevano sconvolta. Si accostò davanti alla porta del bagno e potè sentire distintamente le lacrime disperate della giovane ragazza. Avrebbe voluto entrare e dirle che sarebbe andato tutto per il meglio, ma allo stesso tempo non sapeva come comportarsi. Non era mai stato un asso nel consolare delle ragazze, ma soprattutto in quella situazione non si sentiva di doverle fare false promesse. Si era ormai ripromesso di non mentirle mai più.

Rimase con le spalle rivolte verso il bagno per tutto il tempo ascoltando quel pianto silenzioso come una sorta di punizione nei suoi confronti. Quelle lacrime erano dovute per un suo errore, come anche quelle sue ferite erano dovute per un suo errore.

Se non fosse stato così ingenuo così innamorato quella donna non avrebbe potuto distrarlo dai suoi doveri.

Il suo nome era Haruka Nakajima. Una giovane donna dai profondi occhi neri, i capelli biondi raccolti sempre in una coda disordinata e un comportamento impertinente. Si erano conosciuti alla tenere età di sette anni quando la piccola Haruka, figlia di una semplice cortigiana e un padre alcolizzato, rubò una piccola mela al mercato.

Masamune che osservò la scena rimase in silenzio, ma la ragazzina aveva già notato lo sguardo del ragazzo e con la mano gli fece segno di seguirla. Questi annuì portandosi le mani dietro la testa camminando con fare spavaldo.

Quando imboccarono in un vicolo buio e silenzioso la ragazza raccolse un piccolo coltellino che portava nascosto sotto il vestito e glielo puntò al collo.

«Sarà meglio che non dirai nessuno quello che hai visto. Altrimenti sei carne morta.» disse puntandogli la punta del coltello alla base del collo.

Il ragazzo scoppiò in una sonora risata e la ragazza incredula e imbestialita puntò nuovamente la lama contro di lui. Questi le sorrise e iniziò a dire:«Se volevo smascherarti avrei potuto farlo anche prima. Ma soprattutto...»

Con un movimento agile si appropriò del piccolo coltello e con un sgambetto la face cadere con il culo letteralmente per terra.

«Non basta sicuramente questo a fermarmi.» disse ridacchiando mostrando il suddetto soggetto.

Da quel giorno i due giovani avevano iniziato a vedersi assiduamente e da una semplice amicizia il passo all'amore fu davvero breve. Ricordava ancora il loro primo bacio e quel leggero formicolio che aveva attraversato nel suo stomaco.

Sentiva che lei era quella giusta, quella che avrebbe passato il resto della sua vita con lui. Però tutti i sogni avevano una fine.

Prima dell'attentato alla piccola principessa e dopo la prematura morte dei genitori di Haruka quest'ultima era cambiata. Il suo atteggiamento era diventato freddo, calcolatore e nemmeno i suoi baci esprimevano alcun tipo di sentimento. Era diventata un pezzo di ghiaccio, un guscio senza anima.

Un giorno mentre si trovava a fare di guardia alle mura del castello questi venne a fargli visiti. Indossava una lunga veste bianca e i suoi capelli corvini lasciati sciolti dietro la scienza la rendevano quasi come una divinità. Per lui era la donna più bella che avesse mai visto.

«Buonasera mio prode cavaliere.» disse con fare civettuolo avvinghiandosi al giovane. Questi sorrisi stringendosi la ragazza a sé.

«Ha bisogno di qualcosa signorina?» chiese con un tono divertito. Haruka sorrise e con violenza, quasi come se fosse una bestia affamata, affondò le labbra su quelle dell'altro coinvolgendolo in un bacio forte e violento. Senza alcun tipo di sentimento, ma soltanto di desiderio.

«Ho bisogno di te.» disse riprendendo a baciarlo fino a quando non riusciva più a respirare. Masamune si perse completamente in quel bacio, e portò le mani dietro la nuca di lei rendendolo ancora più profondo. Aveva un disperato bisogno di lei e della sua presenza.

«Ti prego. Vieni via con me.» continuò la ragazza riprendendo a baciargli le labbra, il naso e gli occhi, ma il ragazzo non le stava più presentando troppo attenzione. Piuttosto era rimasto a quella frase a cui non riusciva ad attribuire un significato.

«Che cosa vuoi dire?» chiese quando sentì un urlo di una donna provenire dal castello. Liberò la katana che aveva dietro la schiena ed era pronto a spalancare il grande portone quando sentì la mano della ragazza sulla sua. Si voltò quindi verso di lei. Perplesso.

«Vieni via con me Masamune. Lasciamo questa posto e costruiamoci una vita insieme.» disse ma ormai il ragazzo non riusciva più a seguirla. Qualcosa stava succedendo dentro al palazzo e lei pensava alla loro vita insieme?

«Mi dispiace Haruka, ma adesso devo andare.» le rispose lui lasciando la mano di lei, ma questi non si da per vinta e rafforzò la presa.

«Ti prego.» chiese quasi come una supplica, ma il ragazzo era irremovibile. Non poteva non adempiere al suo dovere. Quindi lasciò andare la mano della ragazza promettendole che sarebbe stato presto di ritorno, ma quello che non sapeva che da quella notte non avrebbe più rivisto la sua Haruka.

Qualche giorno dopo venne fuori che era imbrigliata in un circolo di traditori e sostenitori del principe usurpatore. All'inizio Masamune non voleva accettare l'idea, ma presto gli indizi confermarono perfettamente la dura realtà.

Haruka era una traditrice e quella notte avrebbe voluto portarselo con se.

Non rimpiangerà mai di non averla ascoltata, perché sentiva di amare il suo imperatore e non avrebbe mai voluto tradirlo. L'unico vero e proprio rimpianto era quello di non aver capito del suo cambiato, non averla aiutata a dovere.

Quando la porta del bagno si aprì allontanò tutti quei brutti pensieri e concentrò la sua attenzione su Akane. Aveva un aspetto orribile: capelli scompigliati, occhi rossi e labbra gonfie.

«Ci ho pensato molto.» iniziò a dire per poi continuare:«Non sarà di certo una cosa facile, ma non posso rimanere qui ad aspettare la mia morte. I miei genitori mi hanno portata qui per proteggermi e hanno sacrificato la loro felicità per me e quindi... ditemi qual è la prossima mossa?»

*

Il tempo chiusa in quel bagno le aveva dato modo di riflettere e dopo ore e ore a versare lacrime amare era giunta alla conclusione che non avrebbe dovuto buttare la vita che i suoi veri genitori le avevano donato, ma soprattutto il memoria di suo padre doveva essere forte.

Vivi e combatti bambina mia...

E lei avrebbe prestato fede a quelle parole. Avrebbe combattuto per la propria felicità e avrebbe continuato a vivere.

Shiori fu la prima ad avvicinarsi a lei e con le lacrime agli occhi e il sorriso sulle labbra l'abbracciò sussurrando sulle sue spalle:«Sapevo che non avresti mollato.»

Akane non era ancora pienamente sicura della sua scelta, in fondo lei volevano soltanto continuare a vivere la propria vita come una semplice ragazza della sua età. Però di una cosa era sicura, non si sarebbe mai piegata davanti a quella vicenda. Rimaneva soltanto una questione a cui non riusciva a dare una risposta.

«E lui che ha ucciso mio padre, vero?» chiese conoscendo già perfettamente la risposta. Shiori annuì stringendola ancora nel loro abbraccio.

Questi sentiva che non l'avrebbe più abbandonata e si sarebbe fatta caricare di tutto il suo dolore, come solo una vera amica sapeva fare.

Masamune osservava la scena in disparte a braccia conserte e rifletteva su tutto ciò a cui sarebbero dovuti andare in contro da quel giorno in avanti. Dovevano riportare la principessa al palazzo e farle reclamare il trono. I cittadini dovevano sapere che la loro principessa era viva e così avrebbe potuto porre fine al regno dell'imperatore Tokuma.

La prima a prendere la parola fu Fumiko che disse:«Non possiamo perdere altro tempo e ora per la principessa di tornare.»

Akane sentì un po' di ansia a quelle parole, ma cercò di non darlo a vedere. Prima di tutto però prima di partire sentiva di dover fare un'ultima cosa in questa vita.

«Prima di partire avrei una richiesta da fare.» disse attirando l'attenzione di tutti i presenti. «Vorrei vedere mia madre»

*

Quando attraversò le mura dell'istituto avvertì una sensazione spiacevole nel petto e sentiva gli occhi pizzicarle. Aveva una voglia matta di piangere, perché era consapevole che quella potrebbe essere l'ultima volta che avrebbe visto sua madre.

La trovò molto meglio rispetto a l'ultima settimana, ma i suoi occhi era ancora spenti. Vuoti.

«Mamma» disse e la donna si voltò verso la giovane figlia e le prese le mani portandosele sulle labbra lasciandoci un leggero bacio.

«So cosa sei venuta a dirmi. Ho fatto un sogno e so che davanti a te hai un nemico che difficilmente può essere fermato, ma tu devi farcela bambina mia. Tu devi vivere.» disse la donna asciugando con un dito una piccola lacrima sulla guancia della figlia.

«Qualsiasi cosa accade io ti vorrò sempre bene e tu sarai sarai sempre e per sempre la mia adorata mamma.» la donna addolcì lo sguardo e annuì lentamente.

«Lo so.» e aprì le braccia accogliendo forse per l'ultima volta la sua bambina. La ragazza che aveva visto crescere, quella che ogni notte si infilava nel suo letto quando aveva avuto un incubo, quella a cui faceva le treccine quando andava a scuola. Lei era sua figlia e nessun legame di sangue poteva smentirlo.

E con il sorriso sulle labbra la vide andare via come ormai faceva tutte le settimana, ma sapeva che quella sarebbe stata l'ultima volta.

«Vivi e combatti, tesoro.»

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