Capitolo 9
I silenzi di Sylas mi preoccupano più della sua presenza, strano a dirsi, ma è proprio così.
So cosa aspettarmi quando mi bracca, quando mi riempie di messaggi e chiamate, quando me lo ritrovo davanti ovunque vada. Dolore, nient'altro che dolore.
E al dolore ci sono abituata, in qualche modo riesco a gestirlo. Ma alla speranza, a quella non ci sono abituata. Per questo non riesco a tranquillizzarmi quando sparisce.
Perché non posso sperare che si sia rassegnato e mi abbia finalmente lasciata in pace. So per certo che non è così, che probabilmente non sarà mai così.
Ogni volta è solo questione di tempo prima che torni a farsi vivo e allora colpirà più forte delle volte precedenti. Fino a farmi più male, fino a distruggere il poco che è sopravvissuto alle botte, a lui.
Vengo distratta dalle persone intorno a me che iniziano a cantare e battere a tempo le mani. «Tanti auguri a te, tanti auguri a te, tanti auguri a Sheyla, tanti auguri a te».
Guardo la mia amica che sorride felice e circondata dalle persone che ama, chinarsi in avanti per soffiare le candeline presenti sulla sua torta colorata di lilla che è posizionata al centro del tavolino. Ventiquattro, per l'esattezza, tutte colorate e messe in cerchio.
Mi ritrovo quasi inconsciamente a scavare nei meandri della mia memoria per cercare di ricordare l'ultima volta che ho festeggiato il mio compleanno e sono stata così felice. È difficile e mi tocca scavare a fondo.
Avevo solo nove o forse dieci anni e da quel momento in poi non ho festeggiato più nemmeno un compleanno perché papà era in carcere, mamma stava già con Felix e zia Jo era sempre troppo fatta per ricordarselo. Poi è subentrato Sylas, ma nemmeno a lui è mai importato abbastanza.
Così ha smesso di importare anche a me. Non trovo che ci sia qualcosa da festeggiare, è solo un altro anno in più di una lunga e triste esistenza di merda.
Scaccio via il pensiero e mi soffermo su ciò che quella matta di Sheyla ha fatto scrivere sulla sua torta. Non che mi aspettassi un semplice "buon compleanno" o "tanti auguri", non sarebbe stato affatto da lei. Ma non mi aspettavo nemmeno che ci facesse scrivere sul serio "nessun cazzo è duro come la vita, per questo preferisco la fica".
«Mally», la mia amica mi cerca con lo sguardo e mi trova quasi subito grazie ai capelli rossi che mi rendono facilmente riconoscibile in mezzo a tante teste more e bionde. «Vieni qui, accanto a me e Bryony».
Non riesco a trattenere una smorfia perché lo sa bene che non mi piacciono i festeggiamenti, ma solo per stasera farò un eccezione. Sheyla è una brava amica ed io voglio esserlo per lei o quanto meno provare ad esserlo. Quindi fingerò di divertirmi e di non avere nessun pensiero per la testa, sono brava a farlo.
Mi faccio spazio tra la gente, stando attenta a non urtare nessuno perché ho il corpo dolorante per via dell'ora di allenamento avuta con Wolf. Poi affianco Sheyla che si ritrova così in mezzo a me e Bryony, la quale è piazzata alla sua sinistra.
La fidanzata della mia amica porta i capelli castani sciolti e mossi. Indossa un paio di pantaloncini di jeans che lasciano scoperte le sue gambe scure e chilometriche, un paio di stivali texani beige e un top bianco che lascia scoperta la pancia e quindi il suo piercing esposto agli occhi di tutti.
La pietra del piercing è lilla e non è un caso che sia il colore preferito di Sheyla. Bryony è romantica in un modo tutto suo.
«Aiutatemi a spezzare le candele», dice Sheyla, dopo aver ringraziato la cerchia stretta degli amici che ha invitato. Sia io che Bryony ci lanciamo un'occhiata complice, rassegnate ormai alle sue stranezze.
È convinta che dopo aver spento le candeline e aver espresso il desiderio, bisogna per forza spezzare le candele, altrimenti il desiderio non si avvererà e anzi, porterà sfiga.
Non ho bisogno delle candele per sapere che nessun desiderio si avvererà mai, grande o piccolo che sia. Ho i piedi piantati ben saldi per terra, Sheyla invece no. Lei vive tra le stelle e i desideri, i sogni e la speranza. È completamente il mio opposto.
Comunque io e Bryony la aiutiamo in silenzio e con pazienza a spezzare tutte e ventiquattro le candele. A fine lavoro sembra davvero soddisfatta e quasi sollevata, lo credo bene, dato che è molto, a tratti troppo, superstiziosa.
«Questa torta è perfetta, cazzo», dice, ammirandola come se fosse un'opera d'arte dipinta da uno dei suoi artisti preferiti.
«Sarebbe stata perfetta se dopo fica ci avessi fatto scrivere "di Bryony"», commenta la sua ragazza. Rido perché è folle, ma anche perché è terribilmente carina quando fa la gelosa. «Ma sì, tutto sommato non è male».
Poi sento gli occhi di Sheyla su di me, segno che sta aspettando che le dia anche la mia opinione a riguardo. «Perfetta non è il primo aggettivo che mi viene in mente per descriverla quando la guardo, ma una cosa è certa», dico, «Resterà comunque nella storia».
Bryony ride per ciò che ho detto ma anche per la smorfia che fa Sheyla alle mie parole. «Avresti dovuto vedere la faccia della pasticcera quando l'ha commissionata. Credo che non le abbiano mai chiesto niente del genere prima d'ora»
«Non ho alcun dubbio a riguardo, poverina, mi dispiace un sacco per quella donna».
«Addirittura poverina mi sembra esagerato, al massimo si sarà fatta due risate», borbotta Sheyla. «È così bella che quasi mi dispiace tagliarla», aggiunge poi, indicando con un dito la torta in questione.
«Possiamo sempre prenderla e toglierci di torno», le propone Bryony con un luccichio negli occhi, chinandosi in avanti per far sfiorare i loro nasi. Neanche a lei piace tanto festeggiare, ma Sheyla ama fare festa e spesso per amore si scende a compromessi. «Potremmo andare a casa tua e mangiarla sole solette».
«Ottimo tentativo di corruzione, amore», risponde la mia amica con un sorriso, poi le schiocca un bacio sulle labbra. «Ma rifiuto l'offerta».
«Tanto a casa tua dopo ci andiamo lo stesso», ribatte, approfittando del fatto che gli invitati siano andati quasi tutti distratti. Alcuni sono andati fuori a fumare o in bagno. Anche se dubito che avrebbe problemi a parlare apertamente anche in mezzo ad altre persone.
Si guardano con un'intensità e intimità tale da farmi sentire una terza incomoda, probabilmente è ciò che sono.
Mi schiarisco la voce per attirare la loro attenzione su di me, giusto per ricordare ad entrambe che sono ancora qui. «Stavo pensando, perché spezzare le candele quando avrei potuto benissimo reggerle?»
«Non essere gelosa, Mally», ridacchia Sheyla, poi mi prende a braccetto per avvicinarmi di più a loro. «Puoi venire anche tu a casa mia, se vuoi».
«Dubito che a Mallory interessino i rapporti sessuali a tre e onestamente nemmeno a me. Non più almeno», dice Bryony. «Senza offesa, tesoro», aggiunge ed io le faccio un gesto vago con la mano che sta a significare "non c'è problema". «C'è stato un tempo in cui avrei accettato senza pensarci due volte. Insomma, guardati. Ormai però mi sono data alla monogamia».
Sorrido alle sue parole. «Come se avessi accettato, ragazze. Grazie».
«Scherzo, Mal, sei la benvenuta se vuoi», dice Bryony con un sorrisetto. «Mettiamo su un bel film, ci tuffiamo sul divano e mangiamo un sacco di pop corn al cioccolato».
Non sarebbe la prima volta che facciamo una cosa del genere, ma non accadrà stasera. Voglio lasciare che si divertano e vivano a pieno la loro intimità senza avermi tra i piedi.
«Non mi metterò tra voi e la vostra maratona di sesso».
«Quella ci sarà comunque dopo che te ne sarai andata e dicono che l'attesa aumenta il desiderio, quindi nessun problema», risponde Bryony facendo spallucce. «Ci fa piacere la tua compagnia, lo sai».
«E a me fa piacere la vostra, ma facciamo che il film lo guardiamo un'altra volta. Finite i festeggiamenti da sole».
Alza le mani in segno di resa e guarda Sheyla. «Ci ho provato».
Lei annuisce, perché sa che se aggiungesse qualcosa non cambierei comunque opinione. «Tagliamo questo splendore prima che cambi idea?»
Sia io che Bryony annuiamo, ma in realtà Sheyla fa tutto da sola, perché è lei quella che ha il taglia torta in mano e più esperienza nell'arte di tagliare fette perfette senza ridurle in brandelli.
Poi alzo lo sguardo e se fino a questo momento avevo pensato che festeggiare al club dei Thunderstorms fosse un'ottima idea dato che Sheyla lavora qui. Per via del trattamento di favore e tutto il resto.
Ora, invece, penso che sia stata una pessima idea, una delle peggiori di sempre. Perché Aiden Hoffman si sta avvicinando a noi con il suo smanicato in pelle, la sua maglietta bianca a maniche corte, i suoi jeans neri, gli stivaletti dello stesso colore ed un sorriso che sembra illuminare tutto il dannato club.
«Mi hanno detto che qualcuno oggi invecchia», dice non appena si avvicina. I suoi occhi si posano brevemente su di me, poi guarda la mia amica, «Auguri, Shey, quarant'anni portati benissimo».
Lei gli mostra il dito medio, ridendo. Insieme a lei ride anche Bryony. «Fanculo, Denny», gli dice. Io resto zitta e cerco di passare inosservata accanto a Sheyla. «E grazie».
«A saperlo prima ti avrei portato un regalo».
«Se vuoi farmi un regalo, allontanati dal tavolo, cortesemente», risponde, «Sai com'è, non vorrei che passassi dalle mie cugine alle mie amiche».
Come se potesse essere sicura che non si sia fatto anche le sue amiche oltre che le sue cugine. Da quanto ne so questo tizio lo infila un po' ovunque.
«Se sono tutte come lei non hai niente da temere», dice, indicandomi con un cenno del capo. Mi irrigidisco e gli lancio un'occhiata omicida che lui però ignora totalmente. «Sono venuto per rubare un pezzo di quella, amo le torte».
E io odio sapere quanto lui ami davvero le torte.
«Lascia che glielo dia io», dico alla mia amica, «Così ci sputo dentro».
Lui mi guarda e non c'è traccia di irritazione sulla sua faccia. «La mangerei comunque, Malefica», risponde, come se niente fosse.
Mi limito a guardarlo con una smorfia di disgusto.
Sheyla lo guarda di sottecchi, come se stesse decidendo qualcosa fra sé e sé. «Se ti do un pezzo di torta, prometti di tenere il tuo cazzo lontano da qualsiasi persona di mia conoscenza?» gli chiede, senza troppi giri di parole. È un vero e proprio trauma il suo.
«Non ci allarghiamo troppo», le risponde lui, divertito dalla situazione. «Prometto di tenerlo lontano dalle tue cugine e dalle tue amiche, Malefica compresa. Ma solo per stasera».
Perché diamine deve tirarmi sempre in ballo?
«Vedi di tenerlo lontano da me anche tutti gli altri giorni a venire», m'intrometto, dato che ne ho tutto il diritto dal momento in cui si mette a parlare di me come se non fossi presente.
Sheyla fa spallucce, prende una fetta di torta, la mette nel piatto e gliela passa. «Affare fatto».
Non riesco a fare a meno di lanciargli un'altra occhiata scocciata, perché avrei voluto che si togliesse di torno subito e invece... A quanto pare resterà qui fin quando non finirà quel pezzo enorme di torta.
Gli occhi azzurri di Aiden si posano su di me. «Perché mi guardi in quel modo?» mi chiede. Poi mi tende il cucchiaino di carta bio che Sheyla ha comprato appositamente. «Vuoi imboccarmi, per caso?»
«Ti conviene lasciarmi perdere, Hoffman», lo avverto. «Oppure quel cucchiaino te lo faccio mangiare al posto della torta», aggiungo, per rendere più completa la mia minaccia.
Spero che il messaggio gli arrivi forte e chiaro. Ma ciò che dice dopo, mi fa capire che non gliene frega niente di ciò che ho appena finito di dire.
«Se vuoi imbocco te, non ho nessun problema a farlo».
«Denny, la promessa», gli ricorda Sheyla, che diventa la seconda destinataria delle mie occhiatacce.
Non ho intenzione di fare sesso né con Aiden Hoffman né con qualcun altro.
«La imboccherò con il cucchiaino, Shey, non con il mio cazzo», si difende lui. Poi si infila il cucchiaino con la torta in bocca, chiude gli occhi e fa un verso osceno mentre la gusta. «So che le piacerebbe, ma non è fattibile per svariati motivi», dice poi, facendomi diventare rossa dalla rabbia.
«Dì un po', Hoffman, quanta voglia di morire hai stasera?»
«Sono morto per quasi tre anni, credo che basti e avanzi, Malefica», risponde lui. Resto interdetta per qualche istante dato che avevo rimosso questo particolare dalla mia mente. «Apri la bocca che ti faccio l'aeroplano come si fa con i bambini».
«Toglietemelo di torno o questo compleanno presto diventerà un funerale», dico sia a Sheyla che a Bryony. Poi faccio per girarmi ancora una volta verso Aiden, ma qualcosa urta contro la mia bocca. «Che cazzo!» Riconosco subito il sapore della panna.
Mi ha imboccata con il suo dannato cucchiaino. L'ha fatto davvero.
«Se avessi aperto la bocca, cosa che ti ho consigliato di fare, la panna non ti sarebbe andata in faccia», dice con un sorrisetto divertito. Ci credo che si sta divertendo, lo stronzo. «Quindi ora non azzardarti a dare la colpa a me, Malefica. Perché è soltanto colpa tua».
«Mi hai spalmato la torta in faccia».
«Esagerata, ti ho sporcato solo un po' la bocca, niente che non si possa sistemare. Vieni qui», fa per chinarsi in avanti verso di me e pulirmi chissà come dato che non ha fazzoletti in mano, però indietreggio e lo guardo con aria truce.
«Stai lontano da me», dico, «Hai già fatto abbastanza».
Raccolgo un fazzoletto dal tavolo e mi pulisco la bocca sperando di rimuovere a primo colpo ogni residuo di panna.
«Shey, amore, mi dispiace dirtelo», inizia a dire Bryony, guardando la sua ragazza. «Ma secondo me questi due hanno già scopato alla grande o se non l'hanno fatto sono sulla buona strada per farlo», indica prima me e poi Aiden.
«Non ho scopato proprio con nessuno, Bryony».
«Anche se vorrebbe», aggiunge Aiden.
Ha proprio voglia di essere preso a calci nelle palle stasera ed io non mi tirerò di certo indietro. «Nemmeno se fossi l'ultimo uomo sulla faccia della terra».
«Le bugie hanno le gambe corte, Malefica».
«E il naso lungo come il tuo».
Sulla sua faccia appare un sorrisetto e so già che sta per dirne una delle sue. «Ti sbagli, non è il mio naso ad essere lungo, ma il mio...»
«Va bene, Denny, non vogliamo saperlo», s'intromette Sheyla, prima che possa concludere la frase di cui il senso è chiaro a tutti. «Grazie lo stesso».
Rivoglio l'attenzione alle mie amiche, ignorando la presenza del biondo, cosa che è quasi impossibile. «Vado in bagno a sciacquarmi la faccia». Mi sento appiccicosa e la cosa mi infastidisce.
Le mie amiche annuiscono e lui mi saluta con tranquillità e un luccichio divertito negli occhi. «Mi raccomando, lavati per bene la faccia, l'herpes, ricordi?»
Si riferisce alla volta in cui l'ho accusato di avere una qualsiasi malattia sessualmente trasmissibile. Ha una buona memoria il bastardo.
«Fottiti, Hoffman», esce fuori quasi come un ringhio, «Spero di non trovarti qui al mio ritorno».
«Starò facendo qualcosa di più interessante lontano da qui al tuo ritorno, cosa che non si può dire di te».
Decido di ignorarlo e mettere fine al nostro infinito botta e risposta, quindi mi allontano e cerco il primo bagno libero per chiudermici dentro.
Accidenti a te, Aiden Hoffman, sei un cazzo di tormento in carne ed ossa.
***
«La persona da lei chiamata non è al momento raggiungibile, la preghiamo di lasciare un messaggio dopo il segnale acustico. Grazie».
Chiudo la chiamata prima di sentire quel maledettissimo segnale acustico per la tredicesima volta e perdere la calma rompendo il cellulare in mille minuscoli pezzi.
Mi sto iniziando a preoccupare sul serio, perché è vero che Jo è la nemica numero uno dei cellulari e li odia, ma alle mie chiamate risponde sempre e quando non può, mi avvisa con un messaggio.
Provo a chiamare per la quattordicesima volta, sperando che sia quella buona, ma niente da fare. Risponde ancora la segreteria telefonica ed io decido che è arrivata l'ora di andarla a cercare.
Non è la prima volta che sparisce nel nulla e non è la prima volta che mollo tutto per andarla a cercare in tutti i posti che solitamente frequenta.
Esco fuori dal club dopo aver salutato velocemente Sheyla e Bryony. Nel mentre chiamo un'altra volta mia zia con la speranza che risponda, ma ciò non accade.
«Dove cazzo sei finita, Jo?»
Infilo il cellulare nella tasca della gonna di jeans rossa che indosso e quando faccio per andare via, qualcuno parla alle mie spalle. La voce della persona che sta diventando il mio tormento, come se non ne avessi già abbastanza.
«Adesso ti metti anche a parlare da sola?»
Aiden è in un angolo appartato e insieme a lui, appoggiata al muro, c'è una ragazza. Non riesco a vedere molto di lei e onestamente nemmeno mi interessa. «Hoffman, non ho tempo per le tue stronzate», metto subito in chiaro.
Ho cose ben più importanti a cui pensare. Provo ad elencare mentalmente tutti i posti in cui potrei andare a cercare Jo, non sono molti. Forse tre o quattro.
«Ma il tempo per parlare da sola ce l'hai».
«Fingi di non avermi vista, non sono mai stata qui. Torna a fare ciò che stavi facendo fino a qualche istante fa», dico, indicando lui e la ragazza appoggiata al muro. «Che a occhio e croce sembra sia infilare il tuo cazzo moscio dentro un qualsiasi essere vivente fornito di apparato riproduttore».
«Per prima cosa il mio cazzo non è moscio, toccare per credere», dice, non curandosi della ragazza che cerca le sue attenzioni. «Seconda cosa, apparato riproduttore? Davvero?»
La ragazza, quella ancora incastrata tra il corpo di lui e il muro, si schiarisce la voce, infastidita dall'essere passata in secondo piano o da quella che vede come un interruzione da parte mia.
«Che ne dici di andare in posto più appartato, Denny?» gli chiede mentre gli accarezza con fare seducente il petto con la speranza che le dica di sì.
«Segui il consiglio della tua amica, Denny», lo prendo in giro. Non credo di averlo mai chiamato in quel modo prima d'ora.
«Zoe, entra dentro, ti raggiungo più tardi», le dice lui. Poi le schiocca un bacio all'angolo della bocca e lei lo guarda confusa.
Sono confusa sono anch'io, perché la raggiunge più tardi e non ora?
«È Chloe, in realtà», risponde lei. Scoppierei a ridere per la figura di merda che ha appena fatto Aiden se non fosse che sono troppo preoccupata per Jo e meno stronza di quanto sembro per ridere in faccia ad una ragazza che non ha colpe. «Ma va bene».
Non si ricorda nemmeno il suo nome e lei accetta di vederlo comunque, incredibile. Io gli avrei tirato un calcio nei testicoli e me ne sarei andata senza pensarci due volte e senza guardarmi indietro.
Ma come dice McKenna, non tutte ragionano con il cervello, alcune si fanno offuscare la ragione dagli ormoni e il cazzo.
Poi Chloe, non Zoe, decide di fulminarmi con lo sguardo prima di entrare nel club.
Fulmina me con lo sguardo senza ragione quando il tizio che vuole scoparsi l'ha appena chiamata con un altro nome. A quanto pare c'è qualcosa che non funziona a norma nel suo cervello.
«C'è qualcosa che non va», dice Aiden, studiandomi da lontano. Come se gli bastasse soltanto guardarmi per leggermi in faccia ogni emozione. Questo non mi piace.
Non si avvicina, tiene le distanze e non so se questa decisione sia più per il suo bene o per il mio, ma a me va bene così.
«Sì, nel tuo cervello».
E non solo nel suo, ma anche in quello della sua amica. Questo però è un pensiero che tengo per me.
Lui non molla, anzi, tutt'altro. «Qual è il problema, Malefica?» stavolta fa dei passi nella mia direzione e siamo un po' più vicini. Non abbastanza da toccarci ma quanto basta per farmi venire voglia di indietreggiare.
«Vorrei poter dire che il mio problema sei tu», rispondo, «Ma più che un vero e proprio problema, sei un fastidio».
«Kraus sta continuando a romperti il cazzo». La sua non è una domanda, è un'affermazione, anche se al momento è totalmente sbagliata.
«Non so di cosa tu stia parlando e non mi interessa saperlo, ho cose più importanti da fare che stare qua a fare questo, qualsiasi cosa sia, con te», rispondo, «Me ne vado».
Mi giro davvero per andarmene, ma la sua voce mi fa bloccare sul posto ancora una volta. «Mallory».
Vorrei ignorarlo ma qualcosa mi dice che sarebbe inutile, perciò mi giro di nuovo verso di lui e gli rispondo. «Allora te lo ricordi il mio nome».
«È Kraus?» insiste e questa volta è una domanda, vuole averne la conferma anche se non mi è ancora ben chiaro il motivo.
«Non è lui», rispondo. Dubito che mi crederà, ma questo è solo un problema suo. «E non sono affari tuoi, perciò ora che ti sei tolto il dubbio lasciami stare ed entra dentro».
«Puoi parlarmene o posso seguirti per tutta la sera per scoprire se mi stai mentendo», dice e non dubito un solo istante delle sue parole. Sembra piuttosto serio e motivato. «A te la scelta, io non ho niente da fare».
«Chloe avrebbe qualcosa da ridire».
«Chloe può aspettare», ribatte, poi incrocia le braccia al petto e nel farlo, tutti i suoi muscoli si flettono.
Lo detesto.
«Da quando sei il mio fottuto babysitter, Hoffman?» gli domando, perché mi sono persa questo passaggio. È lui tra i due quello ad aver bisogno di una balia.
«Al massimo sono una guardia del corpo, Malefica», risponde, «Ho promesso ad Avie di tenere il tuo culo al sicuro, ricordi?»
Alzo gli occhi al cielo perché non è per niente vero. Non le ha promesso niente del genere. Bugiardo.
«Hai promesso ad Ava che mi avresti insegnato come tenere il mio culo al sicuro, il che è diverso», puntualizzo. «Cosa vuoi sapere esattamente?»
«Voglio sapere dove vuoi andare all'una di notte, a piedi e per giunta da sola», dice, come se gli riguardasse o gli dovessi una qualche spiegazione.
Contro ogni aspettativa, però, mi decido a rispondergli e dirgli la verità soltanto per togliermelo di torno. «Devo cercare mia zia», gli dico, «Ora che lo sai, puoi tornare a fare ciò che stavi facendo».
Stavolta gli volto le spalle intenzionata ad andarmene, ho già perso fin troppo tempo e Jo è ancora chissà dove, non so con chi e non so nemmeno in quali condizioni versa.
Mi fermo soltanto all'angolo dopo, per via dei passi incessanti che sento dietro di me e che pensavo fossero soltanto frutto della mia fantasia o delle mie paranoie.
Per poco non vado a sbattere contro il corpo tonico e asciutto di Aiden. Pianto i piedi ben saldi a terra per far sì che non accada. «Perché cavolo mi stai seguendo?»
«Ti sto accompagnando a cercare tua zia», risponde tranquillamente. Poi aspetta che riprenda a camminare come se niente fosse, ma non succede, perché non andrò da nessuna parte con lui alle calcagna.
«Il mio non era un invito, Hoffman. Te l'ho raccontato per toglierti dai piedi».
A quanto pare, però, ho ottenuto l'effetto contrario. Avrei fatto meglio a stare zitta.
«Non ho bisogno dell'invito, Malefica. Quindi chiudi la bocca e cammina», ordina, facendomi venire voglia di mollargli un pugno sul naso. Non sarebbe il primo ma quasi sicuramente nemmeno l'ultimo. «Anzi, per fare prima possiamo prendere la mia moto».
«Noi non prenderemo nessuna moto perché tu non verrai con me», ripeto lentamente per far sì che il concetto gli entri in testa. Non mi sembra una cosa tanto difficile da capire.
«Dovresti imparare ad accettarla la mano quando ti viene tesa per aiutarti e smetterla di morderla».
Lo trovo difficile dato che raramente mi hanno teso la mano per aiutarmi. Me l'hanno quasi sempre tesa per tirarmi giù nel baratro insieme a loro.
«Non mi sembra di averti chiesto qualcosa».
«Mi sembra di capire che tua zia è nei guai mentre noi ce ne stiamo qui a decidere sul da farsi, Malefica», dice, cambiando discorso, forse perché sa che non ne uscirebbe fuori nulla di buono. «Ergo, non stiamo facendo altro che perdere tempo».
Continua a parlare al plurale e la cosa mi irrita. «Non hai intenzione di cambiare idea, vero?» È testardo quasi più di me, anzi, sicuramente più di me.
«Le opzioni sono due, Malefica, accetti di buon grado la mia presenza oppure posso continuare a seguirti», risponde con nonchalance, «D'altronde la strada è pubblica. Percorrere lo stesso tragitto non è mica un reato».
È la persona più strana che io abbia mai conosciuto e detto da me significa proprio tanto, perché di persone strane ne ho conosciute. «Hai appena detto che vuoi seguirmi, questo è un reato», gli faccio notare.
«Il tempo scorre», ribatte lui. Questo mi riporta al motivo principale per cui siamo ancora fermi sul marciapiede, ovvero Jo.
«Va bene, cazzo», cedo, perché qui non se ne viene a capo. «Ma ad una condizione». Lui aspetta che gli dica cosa voglio. «Devi tenere la bocca chiusa».
Aiden non risponde, si limita a fingere di cucirsi la bocca e gettare via la chiave, proprio come fanno i bambini. Mi sento già sull'orlo di una crisi nervosa.
Jo, quando ti troverò ti farò il culo grande quanto una casa.
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