Capitolo 8
Brucia.
Brucia ogni cosa.
Brucia la pelle, bruciano i polmoni, brucia respirare.
Il caldo è così insopportabile che vorrei strapparmi i vestiti di dosso e lo faccio. Mi sfilo con disperazione la giacca di pelle che per me rappresenta tutto e la getto via come se fosse niente.
Poi mi tolgo la maglietta, ma la situazione non migliora, anzi, peggiora di secondo in secondo.
Fa ancora caldo, brucia ancora tutto.
Brucia di più la consapevolezza che in questo posto ci morirò da solo. Che è solo colpa mia se mi trovo in questa situazione.
Le fiamme continuano a divorare tutto ciò che si trovano davanti ed è questione di tempo prima che arrivino a divorare anche me.
Apro gli occhi di scatto, boccheggio, cerco di mettere a fuoco l'ambiente intorno a me. Scatto in avanti e mi ritrovo seduto su quello che dopo una manciata di secondi riconosco essere il mio letto.
Sono madido di sudore, tossisco e cerco di riprendere aria. Ho caldo, mi sembra di andare a fuoco. Mi ripeto in mente di respirare, che sono a casa e che va tutto bene, ma il mio corpo è ancora scosso e destabilizzato, non vuole saperne di collaborare.
Quindi il respiro ci mette un po' a regolarizzarsi, così come i battiti frenetici del cuore nel mio petto. I miei sensi continuano ad essere offuscati ma allo stesso tempo in allerta, combinazione strana da spiegare e ancora più strana da capire.
Prendo il cellulare dal comodino per guardare l'orario. Sono le tre del mattino ed io posso dire addio all'idea di tornare a dormire, so che non ci riuscirei nemmeno se ci provassi.
Mi lascio cadere all'indietro sul letto e chiudo gli occhi per qualche secondo. Prendo tre, quattro boccate d'aria. C'è ancora gente che urla nella mia testa. Grida di dolore, grida di disperazione e panico. Grida di terrore e morte.
Decido, dopo qualche minuto, di sbloccare il cellulare e navigare su Internet per smettere di pensare a ciò che ho appena sognato o meglio ricordato. Cerco di mettere a tacere le urla, i miei pensieri, tutto quanto.
In un altro momento della mia vita, probabilmente quello peggiore, quello che mi ha fatto toccare il fondo, avrei provato a distrarmi in un altro modo. L'unico che conoscevo e che non ha mai fallito.
La droga.
Mi sarei andato a cercare lo sballo, lo stato di euforia, ma allo stesso tempo anche la quiete, il silenzio, la pace e gli attimi di tregua dai ricordi che solo gli stupefacenti riuscivano a donarmi.
Ciò che mi stava uccidendo mi faceva sentire come se fosse l'unica cosa in grado di aiutarmi a sopravvivere.
Mi distrae l'arrivo di un messaggio. Controllo l'ora, sono le tre e venti. Mi acciglio e mi affretto ad aprirlo per poi leggerlo, dato che è da parte di Avie.
Che ci fai online a quest'ora?
Anzi, che ci fai sveglio a quest'ora?
Sorrido mentre leggo e subito dopo le rispondo.
Ciao, mammina.
La vera domanda è: cosa ci fai tu sveglia a quest'ora? Mio fratello non ti lascia dormire?
In realtà tuo fratello è l'ultimo dei miei problemi. La vescica non mi dà tregua e tua nipote nemmeno.
Hai avuto un incubo?
Torna a dormire, Avie.
Ne hai più bisogno tu di me
Vorrei dormire, ma purtroppo non dipende da me. Non sei incinta e non lo sarai mai, perciò non puoi capire.
Ma... non hai risposto alla mia domanda, Speedy.
Tu mi ferisci, essere incinta è il mio sogno da sempre e tu l'hai appena infranto.
Speedy, stai divagando.
Vieni a casa, faccio un po' di cioccolata calda e stiamo un po' insieme.
Ci sono cinquanta gradi e tu vuoi fare la cioccolata calda?
Allora ci mangiamo il gelato.
Ti aspetto, non accetto un no come risposta.
Avie, non c'è bisogno...
Sono io che bisogno di te.
Vuoi che mangi il gelato alle tre del mattino tutta da sola? Non ti dispiace neanche un po'?
Faccio una doccia e ti raggiungo
Mi trovi qui ad aspettarti, non ti assicuro nulla sul gelato però...
Per entrare in casa di mio fratello uso la copia della chiave che mi ha dato anni fa e mi muovo cercando di fare meno rumore possibile per non svegliare Caiden, anche se quel bambino ha il sonno pesante.
Avie mi sta aspettando seduta a gambe incrociate sul divano, tiene con la mano sinistra un barattolo di gelato al cioccolato e con la destra un cucchiaio. I capelli biondi sono raccolti in una crocchia disordinata che addosso a lei sembra comunque ordinata ed elegante.
«Criminal Minds alle quattro del mattino?» le chiedo non appena alza gli occhi su di me. «Tu mi preoccupi, Avie». Lei sorride e ogni tipo di tensione che provavo prima di venire qui svanisce quasi in automatico.
«Vieni qui, Speedy. Ti stavo aspettando», picchietta con la mano il posto libero accanto a lei, poi torna a reggere il gelato. Faccio come mi dice e vado a sedermi. «Quanto cavolo ci metti a fare una doccia? Non ti lavavi da anni, per caso?»
«Mi sono fatto una s...»
Non finisco la frase perché so che potrebbe sembrare qualcosa di sconcio e quindi lo faccio per il solo gusto di vederla arrossire. Ed è proprio ciò che accade, arrossisce e mi dà una gomitata senza farmi male.
«Skin care, scrub del corpo e capelli», aggiungo con un sorrisetto. «Ormai sei sulla strada per la dannazione eterna, Avie. Mio fratello ti ha rovinata per sempre».
«Hai la tua buona dose di colpe, Aiden», risponde lei, «Dalla tua bocca escono solo cose sconce di tutti i tipi».
È una cosa che non posso negare, perciò mi limito a sorridere, soddisfatto. «Mi prendo volentieri buona parte del merito».
«Vuoi un po' di gelato?» mi indica il barattolo per metà vuoto, io nego con la testa.
Il gelato è sacro per lei e comunque non riuscirei a mangiare in questo momento, ho lo stomaco chiuso.
«No, grazie», rispondo, «Però vorrei che alzassi un po' il volume. Ancora no capisco come tu faccia a capire ciò che dicono tenendo il volume così basso».
Fa spallucce. «Anni di pratica ed esperienza».
«La piccola ha smesso di muoversi?» chiedo, indicando il pancione che sembra una bomba ad orologeria pronta ad esplodere in qualsiasi momento.
Manca meno di un mese alla nascita della bambina e siamo tutti piuttosto in ansia. Io non vedo l'ora di conoscerla e sono sicuro che ci darà tanto filo da torcere, sicuramente più del fratello.
Se ci penso, a volte un po' mi dispiace per mio fratello, avrà un bel da fare... poi però mi ricordo quanto è stronzo e ci godo un sacco.
«Ogni tanto mi assesta qualche calcio potente», dice, passandosi una mano sulla pancia. Sembra esausta anche se non lo dice, non si lamenta quasi mai e non so come faccia. Se avessi un cocomero al posto della pancia starei tutto il tempo a lamentarmi. «Tu come stai?» mi chiede, guardandomi negli occhi.
Occhi a cui non potrei mentire nemmeno volendo, perciò sono fregato ancor prima di aprire bocca. «Una favola, come puoi ben vedere». Indico con l'indice la mercanzia, che in questo caso è il mio splendido corpo, e lei alza gli occhi al cielo.
«Aiden...»
«Sono qui e respiro», rispondo e lei lascia perdere il gelato. Mi sento subito in colpa. «Direi che potrebbe andare peggio».
«Potrebbe andare decisamente peggio. Ed è già andata peggio, Aiden», risponde lei, posando una mano sulla mia. La sua è fredda per via del gelato che reggeva, la mia è bollente. «Questo non significa che tu non possa stare comunque male».
«Non sto male, Avie», cerco di rassicurarla. «È che a volte i ricordi tornano a galla ed io non sono ancora tanto bravo a gestire la situazione».
Non so se diventerò mai bravo a gestire il casino di emozioni contrastanti che provo, ma ci sto mettendo tutto me stesso per riuscirci e questo dovrà pur significare qualcosa. È già un passo avanti per me.
«Devi venire qui da noi ogni volta che ne hai bisogno, tutte le volte, sempre», dice, stringendo la mia mano nella sua. «Non voglio che vada a finire come l'ultima volta, non voglio dare per scontato che tu sappia che ci sono».
«Non accadrà, ho troppo da perdere. Puoi stare tranquilla», le dico, mentre le accarezzo le nocche per calmarla. «E non dire stronzate, Avie, non hai mai dato per scontato nulla, me l'hai sempre dimostrato».
È la verità, questa giovane donna che ne ha passate decisamente tante nella vita c'è stata fin dal primo momento per me, senza chiedere nulla in cambio.
Il legame che abbiamo instaurato fin da subito è quasi impossibile da spiegare a parole, qualcosa di forte e indissolubile, che è rimasto integro nel tempo e che anzi, non ha fatto altro che legarci ancora di più l'uno all'altra.
Avalyne è stata paziente quando ha scoperto dei miei incubi, mi ha addirittura fatto dormire nel letto insieme a lei e mio fratello ogni volta che ne avevo bisogno sapendo la situazione e cazzo, quante altre persone lo farebbero? Nessuno a parte lei.
Ancora oggi pur avendo un bambino a cui pensare e una bambina in arrivo, continua ad esserci per me in ogni senso possibile e immaginabile, in modi in cui fino a quando non è entrata nella mia vita, c'erano stati solo i miei fratelli.
Non importa se non ci scorre lo stesso sangue nelle vene, Avalyne è mia sorella. È entrata a far parte della mia famiglia ancor prima che si avvicinasse a mio fratello.
«Cambiamo discorso», dico. «Non vedo la grande bestia feroce, gli hai dato un sonnifero per metterlo fuori gioco?» cerco di alleggerire l'atmosfera e ci riesco, perché lei ridacchia.
«A volte riesce a non essere invadente, ci sta lasciando un po' di tempo per stare da soli», dice. «Non so quanto durerà», aggiunge poi con una risata divertita.
Mio fratello è diventato Aviedipendente, se lei si alza dal letto, lui si sveglia subito, come se sentisse che gli manca qualcosa. Se lei sta via troppo a lungo, lui la cerca e anche quando c'è, in realtà, la cerca sempre con lo sguardo.
Vederlo così innamorato senza che cerchi di nasconderlo è strano, ma ci sto facendo l'abitudine e anche tutti gli altri. Sono felice per lui e soprattutto sono felice per Avie.
Anche i più stronzi alla fine capitolano e mio fratello ne è l'esempio lampante.
«Non avevo dubbi», le rispondo con un sorrisetto divertito.
«Com'è andata con Mallory?»
Mi basta solo sentire il suo nome per farmi quasi venire un ictus. Ok, dubito che gli ictus vengano a causa di altre persone, ma se così fosse, Malefica sarebbe la causa del mio, senza ombra di dubbio.
«Passami il gelato», dico, sciogliendo la stretta delle nostre mani. Lei lo fa e sembra che la piega che sta prendendo il discorso le piaccia e non poco.
«Speedy, non mi sfuggi», dice, come se avessi mai pensato o sperato di poterlo fare. «Ti sei comportato in maniera quantomeno decente con lei?»
Mi guarda di sottecchi, come se volesse incutermi in qualche modo paura. È buffa e riderei anche, se solo non mi avesse appena offeso insinuando che mi sia comportato male con la vipera rossa.
Devo restare serio e indignato per almeno qualche minuto, devo mantenere la mia reputazione da duro. Ah, no, quello è mio fratello.
«Non mi chiamo Phoenix, io mi comporto sempre in maniera decente con tutti», borbotto, «Grazie tante per la fiducia, comunque».
Se dovessimo tirare le somme non sono io quello che si comporta in maniera non decente con lei, ma è esattamente il contrario.
«Siete entrambi vivi e avete tutti gli arti attaccati al corpo, è già un buon segno», risponde lei, ignorando il mio finto vittimismo. «Secondo me finirete per andare d'accordo».
Non scoppio a ridere solo perché non voglio svegliare mio nipote. «O uno dei due finirà per perdere gli arti che ora vedi ancora attaccati al corpo», dico, per poi infilarmi una cucchiaiata di gelato in bocca.
È proprio buono, ci credo che ne mangia così tanto.
«Non le torceresti un capello nemmeno per sbaglio».
«Potrei pagare qualcuno per farlo». Prendo un'altra cucchiaiata di gelato. «Anzi, credo che esista gente che se la toglierebbe dai piedi pure gratis».
Pessima battuta dal momento in cui è vero, vista la situazione in cui si ritrova. Ma sono famoso anche per il mio black humor, quindi Avie non ha molto da ridire.
«È andata così male?» chiede, guardandomi in maniera più seria adesso.
Probabilmente si starà sentendo in colpa per averci infilato in una situazione del genere dato che è palese che nessuno dei due sopporta l'altro. Apparentemente, almeno.
«No, ma è una rompicoglioni irriconoscente», dico, dopo aver ingoiato l'ennesima cucchiaiata di gelato. «E se vogliamo dirla tutta, è problematica fino al midollo». Ma questo già lo sa.
«Non è che tu sia un santo, Aiden», difende la rossa ed io le lancio un'occhiataccia. Dovrebbe stare sempre dalla mia parte, che cazzo. «Le dai il tormento dal primo giorno, mi sembra normale che sia reticente in tua presenza».
Come se dessi il tormento solo a lei... Lo faccio con tutti, a partire dai miei fratelli da praticamente tutta la vita, per poi finire ai miei amici e anche quelli che non sono miei amici, come in questo caso Mallory.
«Lei non è reticente in mia presenza, è proprio una stronza del cazzo», puntualizzo, perché non mi va che passi per la vittima della situazione. È lei quella che sfila gli artigli ogni volta che ne ha l'occasione.
«Non è che sotto sotto ti piace?» domanda Avie, guardandomi con un luccichio di divertimento negli occhi.
«Me la scoperei? Sì», le rispondo molto sinceramente. «Ma non è niente che va oltre questo, Avie, non farti strane illusioni», aggiungo, «E prima che tu dica qualsiasi cosa, ho detto che me la scoperei, non che me la scoperò, c'è una grande differenza».
Perché al momento non ho nessuna intenzione di farci sesso, come ho già ripetuto varie volte, ha troppi problemi per i miei gusti e la vedo... emotivamente instabile, oserei dire quasi persa, come se fosse continuamente disorientata.
Faccio sesso con donne che sono del tutto lucide, che non hanno la mente offuscata o annebbiata da chissà che cosa. Evito maggiori problemi a loro e mi evito parecchi problemi io, così siamo tutti contenti.
«E mia sorella, invece?»
Non mi aspettavo questa domanda, perciò la guardo accigliato e allontano il cucchiaio dalla bocca. «Lei l'ho già scopata».
Dovrebbe saperlo ormai, non è un mica un segreto.
«Aiden, che cavolo!» mi schiaffeggia sul braccio mentre io continuo a mangiare il suo gelato.
Spero ne abbia altri nel congelatore perché ho tutta l'intenzione di mangiare questo fino all'ultimo.
«Me l'hai chiesto tu».
Lei sbuffa, poi si passa la mano sulla pancia dove si era formato un bozzo terrificante. Credo che mia nipote si sia mossa. «Non volevo sapere quello».
Beh, mea culpa, avrò capito male.
«Non stiamo insieme, Avie», le dico, pensando che le interessi sapere questo. «Non diventeremo cognati alla seconda, mi dispiace».
Cazzo, ora che ci penso bene se mi mettessi insieme a Tara, mio fratello diventerebbe mio cognato. Sarebbe divertente per me e meno divertente per lui, ma anche parecchio strano.
Un rumore improvviso ci fa voltare entrambi verso la persona che ci ha appena raggiunti nel salone, ovvero mio fratello.
Se non dormissi nello stesso identico modo, potrei dire che è allergico alle magliette dato che indossa solo dei pantaloncini sportivi addosso, ma dormo nello stesso identico modo. Quindi posso dire che è un vizio di famiglia, odiamo i pigiami.
Mi lancia una sola occhiata per assicurarsi che sia tutto apposto, non abbiamo bisogno di parole, ci basta guardarci un secondo. Capisce che sto bene, quindi parte all'attacco chiedendo: «La seduta spiritica è finita?»
Sorrido perché sono già pronto e carico per rompergli il cazzo. «Di solito si conclude quando appare il demone, quindi direi proprio di sì».
«Diventi ogni giorno sempre più testa di cazzo».
«Ho preso dal migliore, saranno i geni di famiglia», rispondo. Poi guardo Avie, rassegnata ormai ai nostri battibecchi. «Sono contento che Caiden abbia preso da te e spero lo stesso per Adhara».
«Davvero volete iniziare a discutere alle cinque del mattino?» ci chiede lei. Guarda prima me e poi mio fratello in attesa di una risposta che ovviamente sarà positiva, almeno da parte mia.
«Io voglio sapere che ci fai ancora sveglia alle cinque del mattino», le dice lui, serio. Incrocia le braccia al petto e il modo in cui Avie lo guarda rischia di farmi vomitare il gelato sul divano.
«Guardo la televisione e mangio un gelato insieme a tuo fratello, mi sembra piuttosto evidente».
«La perspicacia non è una dote che gli appartiene», fingo di sussurrarglielo all'orecchio ma in realtà lo dico a voce alta per farmi sentire anche da Phoenix.
Lui mi ignora, «Hai bisogno di dormire, faccia d'angelo». Su questo sono d'accordo con lui.
«Ho bisogno di qualcuno che sopporti il peso di questo pancione enorme e i calci di Adhara al posto mio, ma questo non è possibile, perciò...»
Si riappropria del suo gelato e lo solleva in direzione di mio fratello, come a dirgli "mi tocca questo".
«Dovresti parlarne con il medico».
«Per dirgli cosa?» gli chiede con un sorriso divertito. Anche a me diverte l'ipocondria che mio fratello ha sviluppato nei confronti di Avie e dei suoi figli. «La bambina non mi lascia dormire perché si muove in uno spazio ristretto?»
Beh, messa in questo modo...
«Ci sono già passata, Phoenix», gli dice, come per tranquillizzarlo. Dubito però che funzioni. «Sono agli sgoccioli ed è normale, va tutto bene, non preoccuparti».
«Cosa che vuoi che faccia?»
«Mi tieni compagnia tutte le volte che non riesco a dormire, è già abbastanza», gli risponde Avie con un sorriso dolce, «In questo momento però vorrei che venissi qui e che smettessi di litigare con tuo fratello».
E lui lo fa, si siede accanto a lei che si ritrova in mezzo a noi due. Dubito fortemente che le darà retta sulla seconda parte della richiesta.
Avie appoggia la testa sulla spalla di mio fratello e gli prende la mano fra le sue, lui le accarezza delicatamente le nocche, quasi come se avesse paura di romperla. Io li guardo fiero.
«Gli hai appena chiesto una cosa praticamente impossibile, lui adora litigare con me».
Phoenix mi lancia un'occhiata annoiata mentre continua ad accarezzare Avie. «Se non continuassi a rompermi il cazzo non ti calcolerei minimamente».
Sappiamo entrambi che non è affatto vero, se non sono io quello ad iniziare questi battibecchi, lo fa lui. È il nostro modo di dimostrarci affetto, ognuno ha il suo.
«L'hai detto tu che ti piace quando ti rompo il cazzo», gli rinfaccio le sue stesse parole con un sorriso soddisfatto e divertito.
Mi guarda come se fossi impazzito. «Quando avrei detto una cosa del genere?» chiede, «Nei tuoi sogni, forse».
Avie nel frattempo si gode la scena mordendosi le labbra per non scoppiare a ridere.
«Quando sono tornato, hai detto che il mio tormento ti piaceva più del silenzio assoluto». Ricordo benissimo le sue parole, le ho impresse nella testa. È una delle poche volte in cui mio fratello mi ha detto qualcosa di minimamente gentile ed emozionante. «Wolf è testimone di queste parole».
Non so se ho fatto bene a tirare in causa nostro fratello, conoscendolo direbbe di non aver sentito niente e continuerebbe a farsi gli affari suoi.
«Non ricordo niente del genere, stai delirando», borbotta lui, «Faccia d'angelo, non mangiare quel gelato, ci hanno messo qualcosa dentro».
Non posso fare a meno di ridere. «Negalo pure quanto vuoi, ma l'hai detto e mi hai dato il consenso di romperti le palle per tutta la vita», dico, «Anche se non ne avevo minimamente bisogno».
«Eccola, forse i vostri battibecchi le piacciono», Avie si accarezza il pancione ed io riesco a vedere il movimento della bambina. È inquietante ma allo stesso tempo tanto magico da togliere il fiato. «La divertite tanto quanto divertite me».
Io la diverto di sicuro, insomma, sono simpaticissimo. Phoenix invece è una palla al piede, una specie di cappio al collo.
Mi dispiace, Adhara, ti è toccato il papà brontolone, ma almeno avrai lo zio bello e simpatico.
Mio fratello poggia una mano sul pancione e si abbassa a quell'altezza per poi parlare. «Ciao, stellina», dice ed io lo guardo stupefatto. Non aveva mai parlato con il pancione davanti a qualcuno che non fosse Avie, prima d'ora. «Dovresti smetterla di tirare così tanti calci alla tua mamma e farla riposare un po'».
Avalyne lo guarda con gli occhi pieni d'amore e poggia la mano su quella di lui. La pelle candida di lei in contrasto con quella tatuata di lui. Così diversi ma al tempo stesso complementari.
Ho sempre pensato che fossero fatti l'uno per l'altra e giorno dopo giorno ne ho la conferma.
«Ringrazia che ho dimenticato il cellulare a casa, altrimenti avrei registrato la scena», dico. «Lui era quello che trovava "strano" parlare con una bambina non ancora nata», aggiungo poi, parlando con Avie.
«Fatti i cazzi tuoi».
«Non funziona, Phoenix», s'intromette Avie, per non dare inizio all'ennesimo scambio d'insulti. «Sai che impazzisce quando sente la tua voce».
«Ciò significa che dovresti tacere, così faresti un favore ad Avie e anche a me, già che ci siamo», aggiungo io.
Phoenix mi lancia un'occhiataccia che se fosse in grado di uccidere a quest'ora sarei dieci metri sotto terra.
«Sto per alzarmi dal divano per spaccargli la faccia», dice ad Avie, ignorandomi, come se non ci fossi.
«Provaci, papino», lo sfotto e lui fa per alzarsi davvero, ma Avalyne lo ferma.
«Tu resti seduto qui e non rompi la faccia a nessuno», dice a Phoenix, io guardo la scena tutto sorridente, contento che la strigliata sia toccata a lui. Poi però lei si volta verso di me e smetto di sorridere. «E tu, smettila di dargli fastidio».
«Solo perché me lo chiedi tu», le dico, dopodiché le schiocco un bacio sulla guancia e sento mio fratello sbuffare.
«Ruffiano del cazzo».
«Lo vedi che è lui?»
«Presto avrò quattro bambini a cui badare», mormora Avie. «Però amo con tutto il mio cuore questi momenti», aggiunge. Poi poggia una mano sulla coscia di Phoenix, la testa sulla mia spalla e restiamo tutti e tre in silenzio, perché non c'è nient'altro d'aggiungere.
Mi accorgo solo ora che da quando sono arrivato qui non c'è più gente che urla nella mia testa, non ci sono più pensieri invasivi o ricordi che vorrei cancellare.
Ci sono solo le risate di Avie, la voce di mio fratello e la sensazione di essere a casa, al sicuro.
☄️☄️☄️
Mi sono sempre ritenuto una persona alquanto pacifista. Per esempio, non sono mai il primo ad iniziare una rissa, al massimo sono quello che mette fine, che sia gettandomi nella mischia o smorzando la tensione con un po' di umorismo e una bevuta.
Più che fare la guerra, mi piace fare festa. Perciò non cerco lo scontro, cerco il divertimento. Ma quando è lo scontro a cercare me, allora in quel caso non mi tiro mai indietro.
Così come non mi tiro indietro davanti alle ingiustizie. Non sono il tipo d'uomo che resta fermo con le mani in mano a guardare, devo fare qualcosa. È più forte di me.
E no, non si tratta della sindrome della crocerossina, credo sia semplice empatia umana, cosa che al giorno d'oggi scarseggia.
Perciò quando mio fratello mi ha chiamato un quarto d'ora fa per dirmi che finalmente si era deciso ad andare di persona da Sylas Kraus, non ho potuto far altro che raggiungerlo per accompagnarlo.
«Merda, ci sono i Thunderstorms», iniziano a sussurrare i coglioni degli amici di Kraus quando io, Wolf e Phoenix entriamo nel loro ritrovo.
Un ex bar fatiscente che hanno aggiustato alla meglio. C'è un bancone che un tempo doveva essere stato di marmo lucido, ora è tutto tranne che lucido. Ci sono bottiglie di alcol vuote e piene sparse ovunque, posaceneri pieni di sigarette e canne fumate, delle sedie, tavolini, un tavolo da biliardo, una televisione, uno stereo e altre stronzate varie.
Loro sono sei, noi siamo in tre, ma la cosa non ci preoccupa minimamente.
Al principio Phoenix voleva venire da solo, poi però io e Wolf l'abbiamo convinto a portarci con lui.
«Cairo, fratello, non vogliamo problemi», dice Hector Martinez, avvicinandosi a noi. Guarda con titubanza le mazze da baseball che abbiamo in mano io e Wolf.
«Non chiamarmi fratello, non abbiamo un cazzo da spartire io e te», gli ringhia contro mio fratello ed Hector fa un passo indietro alzando le mani in alto.
«Non abbiamo fatto niente, noi...»
«Se non avete fatto niente allora non dovresti essere così preoccupato, Martinez», m'intrometto io, perché di solito le chiacchiere mi piacciono, ma le sue mi fanno girare la palle e basta. «Non è per te che siamo qui, nemmeno per il resto della tua banda di sfigati, non tutti, almeno. Siamo qui per Kraus, ma lo stronzo lo sa già», guardo in direzione sua. «Non è così?»
Se ne sta in piedi, appoggiato al muro, completamente impassibile. «Che cazzo hai fatto, amico?», gli chiede Hector.
«Mallory Nelson», dice Phoenix, parlando direttamente con Sylas questa volta. «Devi togliertela dalla testa e lasciarla in pace. Quando una donna ti molla è perché ti vuole fuori dai piedi e tu non fai che correrle dietro, questo non le piace e non piace neanche a noi».
«È per Mallory che siete qui?» chiede Hector, alzando la voce di qualche ottava, come se fosse incredulo. «Quella è una puttana bugiarda completamente fuori di testa».
In mia discolpa posso dire che il pugno mi parte in automatico, non ci penso sopra, è quasi uno spasmo involontario di cui sono però pienamente soddisfatto. «L'unica puttana bugiarda che vedo qui sei tu, Hector».
«Che dolore, cazzo!»
Si mette entrambe le mani sul naso che sta sanguinando e prova a fermare in qualche modo l'emorragia.
«Così impari che non ci si riferisce ad una donna usando certi termini. Donna che tra l'altro non è nemmeno presente e che quindi non può difendersi», dico, «Devi portarle rispetto, Martinez. Credi non sappia cosa le hai detto l'altra volta al club?» lui sbianca ancora di più, «Io so sempre tutto, noi sappiamo sempre tutto».
«Mi dispiace, non volevo offenderla».
«Invece volevi eccome, ma come ha detto mio fratello, non sei tu il problema principale in questo momento», gli dico, per poi portare lo sguardo su Sylas. È per lui che siamo qui.
«Siamo qui per dare un avvertimento», chiarisce Phoenix. Io e Wolf capiamo al volo, quindi facciamo ciò per cui siamo venuti.
Con le mazze da baseball distruggiamo tutto ciò che troviamo davanti, sedie, bottiglie piene e vuote, tavoli, il tavolo da biliardo, vetrate. Qualsiasi cosa.
«Che cazzo fate?» grida Hector, guardando tutto andare in frantumi. Dovrebbe ringraziare che non sia lui quello ad essere fatto a pezzi.
«Diamo un avvertimento, non è abbastanza chiaro?»
Restano tutti immobili a guardare la scena, nessuno accenna a fare un passo, nessuno si ribella. Questo mi fa capire che sono ignoranti ma non completamente stupidi, sanno cosa è meglio per loro.
«Kraus, la prossima volta che tocchi Mallory Nelson, non mi limiterò a far spaccare questa fogna, verrò qui da solo e ti spaccherò quella testa di cazzo che ti ritrovi», dice Phoenix a Sylas, restando a distanza.
Non ha bisogno di avvicinarsi a lui per fargli arrivare la minaccia forte e chiara, bastano la sua espressione e il suo tono di voce che non ammette repliche.
Sono io quello che si avvicina a Sylas buttando via la mazza da baseball. «Cos'è? Non parli?» gli chiedo, mettendomi proprio davanti a lui. Lo supero in altezza di qualche centimetro. Lui mi guarda dritto negli occhi e resta impassibile. «Ora che davanti non hai una ragazza di appena cinquanta chili, in grado di volare via con una folata di vento, non ti senti più così tanto forte, vero?»
«Aiden, andiamo, ha capito il messaggio», Wolf mi tira una pacca sulla spalla, ma io lo ignoro. Continuo a guardare la testa di cazzo che ho davanti.
«L'hai capito che se la tocchi un'altra volta ti farò pentire di essere nato?»
Quando penso che continuerà a restare in silenzio, lui accenna un mezzo sorriso. «L'ho già toccata, Hoffman», dice, «Più e più volte. E a lei piaceva tutto ciò che le facevo, ogni cosa. Stai difendendo una persona che non vuole essere difesa», aggiunge.
Faccio qualche passo in avanti e stringo i pugni, ma Wolf mi blocca e mi tira indietro. «Aiden».
«Ti sei messo contro la persona sbagliata, testa di cazzo», è l'ultima cosa che gli dico, poi gli volto le spalle e seguo mio fratello per uscire da questo posto di merda.
«Divertiti con lei, Hoffman», mi grida dietro lui, «Divertiti fin che puoi, perché tanto in un modo o nell'altro finisce sempre per tornare da me».
Mi blocco e faccio per tornare indietro, ma stavolta è Phoenix quello che mi ferma. «Ti sta provocando, lascialo perdere. È un uomo che non vale un cazzo».
Con fatica faccio ciò che mi dice, ignoro la voce di quel coglione e tutti e tre usciamo da quella specie di fogna che chiamano ritrovo. Quando esco però non sono affatto tranquillo, anzi, tutt'altro.
Voglio tornare indietro e spaccargli quella faccia di merda che si ritrova. Voglio distruggergliela, cazzo.
«L'avete visto?» chiedo ai miei fratelli, «Mallory in confronto a lui è minuscola, come cazzo gli viene in mente di...»
Non capisco che diamine di soddisfazione possa provare un uomo a picchiare una persona che è la metà di lui, una donna. Non c'è motivazione che tenga contro una cosa del genere.
Sono furioso, cazzo. Pronto ad esplodere da un momento all'altro.
«Le persone deboli e insicure come lui si approfittano delle persone buone e sole, Aiden. Persone che non sono in grado di difendersi», dice Wolf, trovando sempre le parole adatte in qualsiasi momento. «Non è il primo e purtroppo non sarà l'ultimo».
«Ma la ragazzina non è più sola», s'intromette Phoenix, «Ci siamo noi a coprirle le spalle».
✍🏻Spazio autrice✍🏻
Eccomi qui, finalmente ce l'ho fatta!
Non sapete quanto mi dispiace ogni volta farvi attendere così tanto, purtroppo però ultimamente mi succede un casino dopo l'altro...
Spero che il capitolo vi sia piaciuto e mi scuso in anticipo se troverete degli errori, ma non ho avuto il tempo di correggerlo❤️🩹
Vi ringrazio come sempre per la pazienza, il supporto, tutti i messaggi e l'amore che mi date ogni giorno, vi sono profondamente grata🫂
Vi aspetto su Instagram dove metto il box domande per parlare insieme del capitolo e ovviamente leggo tutti i vostri commenti👀
Vi abbraccio forte,
Noemi❤️
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