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Capitolo 7

Guardo la busta bianca che ho in mano come se potesse esplodere da un momento all'altro.

Non so se aprirla e leggere la lettera che contiene oppure infilarla in un cassetto qualunque per poi dimenticarmi della sua esistenza.

Continuo a guardarla come se potesse prendere la decisione al posto mio, ma so che non è possibile, così come so che non avrò mai il coraggio di non leggerla.

4383 giorni.

Sono passati 4383 giorni da quando sono chiuso qui dentro.

2922 giorni, invece, da quando ho smesso di respirare perché tu hai smesso di rispondere alle mie lettere e di venirmi a trovare.

Ma non te ne faccio una colpa, Mallory, bambina mia. Non te ne farò mai una colpa.

Sai, piccola, il carcere non mi pesa, ho sbagliato e sto pagando. Ciò che mi pesa è l'aver commesso il mio reato per crescerti dignitosamente, per darti ciò che io non ho mai avuto, ma poi ho finito per privarti della cosa più importante di tutte, la mia presenza nella tua vita.

Non oso immaginare quanto sia difficile per te lì fuori da sola, non oso immaginare quante tu ne abbia passate senza me al tuo fianco.

Smetto di leggere solo quando mi rendo conto di star piangendo, le lacrime sono cascate in modo silenzioso sul foglio e hanno sbiadito alcune delle parole. Le scaccio via come meglio posso e cerco di ingoiare il nodo che mi si è formato in gola.

Ogni volta è sempre la stessa storia, non riesco mai a leggere fino alla fine le lettere che mi arrivano da parte di Jasper, mio padre.

È stato arrestato quando avevo dieci anni per spaccio di sostanze stupefacenti e da quanto ne so non era nemmeno la prima volta, ma è stata comunque quella definitiva perché l'hanno condannato a dodici anni e mezzo di prigione.

È vero ciò che ha scritto, ho smesso di andare a trovarlo e di rispondere alle sue lettere quando avevo tredici anni. Non perché volessi e onestamente non sono felice di questa mia decisione, ma non potevo fare altrimenti.

Non sono mai riuscita a nascondere nulla a mio padre, era e probabilmente è ancora l'unica persona al mondo in grado di leggermi come se fossi un libro aperto. Perciò ogni volta che mi chiedeva come stessero andando le cose a casa, come si comportava il compagno di mamma con me, era un inferno.

Io gli mentivo e lui non mi credeva, perciò preso dalla rabbia verso Felix urlava e dava di matto, le guardie si avvicinavano, lo prendevano in malo modo, gli facevano male davanti ai miei occhi ed io finivo sempre per piangere. Era devastante ogni volta. Mi si spezzava un pezzo di cuore dopo l'altro ad ogni colloquio.

So che si comportava in quel modo perché si sentiva impotente, era lì dentro, non poteva fare niente per me, non poteva proteggermi. Ma io mi sentivo ancora più impotente di lui, avevo solo tredici anni.

Non volevo che stesse male per me e soprattutto non volevo che gli facessero del male per colpa mia. Perciò sapevo che se avessi continuato ad andare, sarebbe stato sempre peggio, perché a casa con Felix e mamma le cose non facevano altro che peggiorare di giorno in giorno.

Quindi ho fatto una scelta, una delle più difficili della mia vita. Una che mi ha fatto soffrire ogni singolo giorno.

Papà pensa che abbia messo fine ad ogni contatto perché crescendo ho iniziato a vergognarmi di lui, pensa che lo odi per essere finito in carcere, perché mi ha lasciata da sola contro il mondo. Pensa che le sue reazioni ad ogni colloquio abbiano finito per darmi il colpo di grazia, mi ha spaventata troppo, secondo lui.

Ma il vero motivo è che non volevo arrecargli ulteriore dolore e non volevo che mandasse qualche suo amico a fare la festa a Felix, cosa che diceva spesso di voler fare. Perché questo non avrebbe fatto altro che peggiorare la sua situazione e io avevo bisogno di lui fuori, al mio fianco.

Ovviamente non sapeva quanto la situazione fosse grave a casa, i comportamenti che Felix aveva nei miei confronti, altrimenti sono quasi certa che avrebbe fatto di peggio che mandare qualcuno a picchiarlo.

Papà pensava che non ci andassi d'accordo, che alzasse la voce con me e le mani sulla mamma. Non sa lo schifo che ho dovuto sopportare in realtà e spero che non lo sappia mai.

Non sono sicura se sia peggio pensare che tua figlia ti odi e non voglia avere niente a che fare con te o sapere che tua figlia viene molestata dal compagno di sua madre e tu non puoi farci niente. Probabilmente entrambe.

Anni dopo a tutta la situazione terribile che vivevo già, si è aggiunto Sylas. Papà è venuto a sapere quasi subito di lui, me l'ha scritto in una lettera, ma non sapeva cosa mi facesse.

Non so come abbia fatto a sapere subito di Sylas, forse ha chiesto a qualche suo amico di tenermi d'occhio, non ne ho idea. Comunque non era felice del fatto che stessi con lui e col senno di poi, non è che avesse tutti i torti.

«Mally, io sto uscendo». Guardo in direzione di Jo, che ha appena spalancato la porta della mia stanza senza nemmeno bussare, come suo solito. Ogni volta che lo fa gliene dico quattro, ma non questa volta. «Stai piangendo?» domanda, guardandomi preoccupata.

«No», mormoro, «È sudore, si muore di caldo qui dentro».

Non è la prima volta che Jo mi vede piangere, così come non sono poche le volte in cui io ho visto piangere lei. A dirla tutta l'ho vista anche in condizioni ben peggiori.

«Un'altra lettera da parte di tuo padre?» chiede e poi non aspetta il mio invito, entra in camera e basta.

Sa che altrimenti non l'avrei invitata ad entrare, perché mi piace curarmi le ferite da sola, non mi piace avere spettatori in giro.

La guardo e faccio scorrere gli occhi sul suo corpo, o meglio, sul suo abbigliamento che come sempre lascia a desiderare. La gonna è cortissima e il top che indossa è così consumato da aver perso il su colore originale ed è bucato in alcuni punti, tanto trasparente che le si vedono i seni non coperti dal reggiseno. Ai piedi ha delle scarpe con il tacco rosse e il trucco sulla faccia è troppo forte, la matita agli occhi e il rossetto rosso sono un po' sbavati.

Ma non dico nulla, perché noi due non ci giudichiamo. Ci diamo consigli, questo sì, e a volte ci rimproveriamo a vicenda –il più delle volte io rimprovero lei–, ma non ci giudichiamo mai.

«È la bolletta della luce».

Lei mi guarda, nega con la testa e poi sorride. «Dovresti dare un'occhiata a quella dell'acqua, allora, quella sì che ti farebbe piangere a dirotto».

«È papà», decido di ammettere poi e lei mi sorride di nuovo, perché ovviamente lo sapeva già.

«E fin qui ci siamo», risponde, poi si siede sul mio letto e sta bene attenta a non schiacciare la lettera in mezzo a noi. Non cerca nemmeno di sbirciare cosa c'è scritto. «Anche questa l'hai letta a metà?»

«Solo l'inizio, poi mi sono bloccata».

Lei annuisce in silenzio, poi mi guarda e basta per qualche secondo. «Non capisco perché ti ostini a non rispondergli», dice alla fine. Gliel'ho raccontato una volta il perché, ma forse abbiamo avuto la conversazione mentre era troppo fatta per capirci qualcosa o ricordarselo. «Nonostante tutto tuo padre è un brav'uomo e se te lo dico io, puoi stare certa che è così».

«Perché non sono più la ragazzina di tredici anni che ricorda lui, Jo, sono cambiata... Credo che non gli piacerebbe la donna che sono diventata». In realtà ne ho quasi la certezza. «Se sapesse...» mi interrompo, perché non voglio toccare certi argomenti. «Non voglio che mi odi, capisci? Voglio che conservi un bel ricordo di me».

«Stai parlando con una mezza prostituta tossica, Mally», dice con una noncuranza che mi lascia interdetta e mi fa anche un po' arrabbiare. «Direi che se dovessimo tirare le somme quella da buttare in questa stanza non sei di certo tu».

«Non parlare di te in questo modo», borbotto guardandola di traverso. «Non...» faccio per dire, però lei mi interrompe.

«Se stai per dire che non sono una mezza prostituita tossica, ti dò uno scappellotto», dice, «Andiamo, Mally, sei intelligente e io non mi sono bruciata totalmente i neuroni, sappiamo entrambe che lo sono, non è un segreto», fa spallucce. «Sono ciò che sono, non mi nascondo e non dovresti farlo neanche tu, perché a differenza mia, di tua madre e di qualsiasi altra persona io conosca, tu sei una bella persona. Migliore di tutti noi messi insieme, demonietto».

«Non sono migliore di nessuno, Jo», inizio a dire ma ancora una volta lei mi interrompe. Questa volta la guardo male perché vorrei riuscire ad esprimere un pensiero senza essere interrotta.

«Sei in cerca di complimenti, per caso?» chiede, «Perché se vuoi che continui ad elogiarti devi pagarmi», aggiunge, facendomi ridere.

Che stronza.

«Sei proprio un'arpia», le dico e lei sorride, fiera di ciò.

«Hai appena detto "grazie per le cose belle che mi hai detto, Jo"?» chiede, portandosi una mano a coppa sull'orecchio, «Ho sentito bene?»

«Grazie, arpia Jo», borbotto e lei ride.

«Non c'è di che, demonietto», dice, spingendomi piano con una mano, dopodiché si alza dal letto. «Finisci di leggere la lettera e rispondi a tuo padre». Indica la lettera con l'indice dove ha lo smalto viola tutto consumato perché ha il brutto vizio di mangiucchiarsi le unghie.

«Sai che non lo farò», rispondo. Lei sbuffa ed annuisce, perché mi conosce abbastanza bene da saperlo.

«Perché sei testarda», aggiunge lei al posto mio. Ma no, non è perché sono testarda, è più perché sono codarda. «Prima o poi te ne pentirai, Mally».

Ciò che non sa è che me ne sono già pentita da un pezzo, ma non posso tornare indietro e continuo a credere fermamente che nonostante tutto, sia meglio così per entrambi.

«A proposito», le dico, cambiando discorso. «Dov'è che vai?»

Lei mi guarda e il modo in cui lo fa, mi dà la risposta alla mia domanda. Non c'è bisogno che dica niente ma lei lo fa comunque.

«Non vuoi saperlo», risponde infatti ed io mi irrigidisco subito. Merda.

Sta per incontrare qualcuno con cui farà sesso per un po' di soldi da spendere in droga, oppure le darà direttamente la droga.

Sospiro e cerco di mantenere la calma, «Mi fai proprio incazzare». Perché non c'è niente che io possa fare per aiutarla, non cambierà mai idea e continuerà a fare ciò che le passa per la testa.

Ho provato più e più volte ad aiutarla, a farle cambiare vita. Ho anche pensato di mandarla in comunità per risolvere i suoi problemi di droga, ma niente da fare, non posso obbligarla anche se vorrei.

Jo è irremovibile e ogni volta che discutiamo di questo, dei suoi problemi, finiamo per non parlarci per giorni interi.

Non è facile restare immobile a guardare morire lentamente l'unica famiglia che hai, ma se smettessi di parlarle e mi allontanassi da lei, non avrebbe più nessuno e si lascerebbe morire, non si porrebbe alcun limite.

«Anche tu e la tua testardaggine mi fate incazzare, demonietto», risponde lei, che non prende mai troppo sul serio le mie parole.

Non le dico che posso darglieli io i soldi, perché per quanto bene le voglia, non l'aiuterò a fare qualcosa che potrebbe ucciderla.

Se le servono soldi per la spesa, vestiti nuovi, bollette o quant'altro sono la prima a farsi avanti senza pensarci neanche due volte, ma non per questo. Mai per andarsi a drogare.

«Io vado», dice poi, andando verso la porta della mia camera. «Fa attenzione, Mally».

Come se fossi io quella che sta andando ad incontrare uno per farci sesso e poi drogarsi. Dio, è terribile anche solo pensarlo.

E come sempre le rispondo: «Cerca di rimanere viva, Jo».

🌈🌈🌈

Sapevo che sarebbe stata una pessima idea venire prima ancora di varcare la soglia di questa palestra fatiscente. Ho pensato anche di non presentarmi ad un certo punto, ma sono troppo orgogliosa per darla vinta a quel pallone gonfiato di Aiden Hoffman.

Perciò eccomi qui, ferma da qualche minuto abbondante ad osservare il biondo a petto nudo dall'altra parte della stanza. Per mia sfortuna indossa solo dei pantaloncini sportivi color indaco grigio chiaro.

L'altra volta lui ha spiato me, quindi sto solo ricambiando il favore. La vista del suo corpo tonico e muscoloso così esposto e dei suoi tatuaggi in bella vista, comunque, mi fa venire voglia di fare dietrofront.

Perché Aiden Hoffman potrà anche essere irritante da morire, una prima donna per eccellenza e un gran rompicoglioni, ma ciò non toglie che seppur detesti anche solo pensarlo, sia una specie di dannato adone.

Diciamo che in quanto aspetto fisico la vita è stata più che generosa con lui, caratterialmente invece... Preferisco non esprimere un giudizio.

Presa da una botta di coraggio e infastidita dal fatto che lo stia fissando quasi con la bava alla bocca, faccio alcuni passi in avanti per mostrarmi e fargli capire che sono arrivata.

«Sei in ritardo, Malefica», dice non appena si accorge della mia presenza. Nemmeno mi guarda, continua a tirare pugni al sacco da boxe. «Il mio tempo è prezioso».

«Forse sei tu ad essere in anticipo», rispondo a tono, «Se il tuo tempo è così prezioso da non volerlo sprecare, la porta è lì, puoi anche andartene».

«Mi pare di averti già detto che le promesse che faccio ad Avie sono sacre, perciò se devi cambiarti muovi il culo e fallo. Altrimenti vieni qui e iniziamo».

Cerco di contare fino a dieci prima di rispondergli, proprio come mi hanno consigliato di fare Ava e Kenny prima di venire qui... Ma non funziona, mi fermo a tre, che è già abbastanza per me.

«Senti, sottospecie di clown scappato dal circo degli orrori, non ti azzardare a...» faccio per dire che non deve darmi ordini ma lui mi interrompe, facendomi incazzare ancora di più.

«Quella ad avere i capelli rossi e lo sguardo da psicopatica tra i due sei tu, non io», risponde coraggiosamente o più stupidamente, in realtà. Lo fulmino con lo sguardo.

«Dirò ad Ava che ci ho provato», alzo le mani in segno di resa e gli volto le spalle per andare via, ma lo sento muoversi dietro di me e poi la sua voce mi fa bloccare.

«Riporta le chiappe qui, Malefica».

«È un altro ordine, Hoffman», gli dico e dopodiché riprendo a camminare.

Ma sono costretta a fermarmi bruscamente stavolta, perché nel momento stesso in cui mi sbarra la strada vado a sbattere contro al suo corpo muscoloso.

Cerco di riprendermi velocemente dall'attimo di smarrimento e faccio subito un passo indietro come se mi fossi scottata.

Gli ho toccato il petto con la punta del naso, dannazione. Le mie labbra si sono quasi spiaccicate contro il suo corpo.

«Con questo comportamento del cazzo non andremo da nessuna parte», dice e stranamente mi ritrovo ad essere d'accordo con lui, forse per la prima volta.

«Allora lo ammetti che hai un pessimo comportamento».

«Non ti sto simpatico e va bene, me ne farò una ragione. Non è nella lista dei miei obiettivi essere amato e apprezzato da te», continua lui, ignorando in modo più che palese le mie parole. «Ma sto cercando di aiutarti, sia per Avie che per non lasciarti nella merda. Perché anche se mi consideri una testa di cazzo, non sono così tanto testa di cazzo da voltarmi dall'altra parte e far finta di niente», dice, zittendomi completamente. «Però non sono neanche così buono da restare a farmi trattare di merda da te quando sto solo cercando di fare qualcosa di utile e vantaggioso per te. Non per me».

Resto in silenzio per tutta la durata del suo discorso perché purtroppo, anche se odio ammetterlo, così come odio ammettere qualsiasi cosa quando si tratta di lui, ha ragione.

«Quindi se devi reagire in modo così esagerato ogni volta che ti dico qualcosa, puoi andartene. Mi tiro fuori e Avie capirà», aggiunge alla fine. Dopodiché mi volta le spalle e ritorna alla sua postazione iniziale, facendomi intuire che è una mia scelta.

Decido io se restare o andarmene.

Mi ritrovo a pensare che mi sto dimostrando ingrata, perché anche se non ho espressamente chiesto il loro aiuto, più precisamente il suo, loro mi stanno aiutando.

Lui mi sta aiutando senza chiedere niente in cambio e probabilmente la situazione gli piace meno di quanto piaccia a me, ma lo sta facendo comunque ed io non gli rendo di certo le cose facili.

Quindi decido di avvicinarmi a lui in silenzio, senza dire una parola. Aiden alza lo sguardo su di me, mi lancia una sola occhiata, dopodiché mi fa spazio ed io lo raggiungo davanti al sacco da boxe.

«La tregua vale solo qui dentro, Hoffman», gli dico, prima che possa nascere qualche sorrisetto soddisfatto sulla sua faccia da schiaffi. «E non credere che me ne starò zitta e buona a subire le tue battutine».

Questa volta sorride e non soddisfatto, ma divertito e quasi compiaciuto. «Mi deluderesti se lo facessi».

Bene e anche su questo siamo d'accordo, sta andando già molto meglio di quanto mi aspettassi.

«Allora...» mi dondolo sulle gambe non sapendo cos'altro fare. «Da dove iniziamo?» chiedo, presa un po' dall'ansia, dato che non so cosa aspettarmi.

Anche se con i suoi fratelli non è andata tanto male, ho comunque ansia che potrebbe essere un disastro insieme ad Aiden.

Perché in tutta onestà non sono attratta da Cairo e Wolf, mentre da Aiden invece... Purtroppo a quanto pare il mio corpo ha deciso di sì.

«Da qualcosa che sappiamo», risponde lui, facendomi accigliare. È chiaro che non abbia la minima idea di cosa intenda.

«E cosa sappiamo?» gli domando infatti.

Lui mi guarda e sorride, il che smuove qualcosa dentro di me, qualcosa che scelgo volutamente di ignorare.

«Che hai un bel gancio destro», risponde serio ed io non riesco a trattenere la risata che mi sfugge dalle labbra. Quel pugno gli è rimasto proprio impresso a quanto pare, gli ho fatto proprio male.

«Fai bene a ricordarlo», gli dico con un sorrisetto che non è assolutamente da me, «Non vorrei farti sanguinare di nuovo».

«Il mio ego può conviverci, il mio naso invece non se lo dimenticherà mai», risponde lui, «Ora avvicinati così iniziamo», aggiunge poi ed io con la mente più lucida adesso, gli do ascolto. Mi avvicino e sto bene attenta però a non sfiorarlo nemmeno per sbaglio.

Forse dopotutto questa specie di esperimento non sarà un completo disastro.

🌈🌈🌈

Ho parlato troppo presto.

Questo esperimento è un disastro di dimensioni mega galattiche, una catastrofe accertata. Mi fa male ogni singolo muscolo del corpo e il mio sistema nervoso sta per crollare definitivamente a momenti.

«Malefica, mia nipote tira calci più potenti dei tuoi ed è ancora nell'utero di sua madre», dice per l'ennesima volta nel giro di due ore. Continua a ripetere frasi come questa da quando abbiamo iniziato e se con i pugni non ha avuto molto da ridire, a quanto pare sui calci non è così. «Mettici più impegno».

Come se non lo stessi facendo, accidenti a lui.

«Credimi, non c'è niente al momento che vorrei di più che farti il culo a strisce a furia di calci», rispondo portandomi le mani sui fianchi. La maglietta larga bianca che avevo prima è sparita da un po' ormai, morivo di caldo perciò sono rimasta con il reggiseno sportivo nero e i leggings sportivi rosa pastello. «Ma sono sfinita, non mi sento più le gambe», piagnucolo anche se non vorrei.

«E ancora non mi ci sono infilato in mezzo», risponde con un sorrisetto che è un misto di malizia e divertimento.

Certo che si diverte, sto sudando come un ippopotamo e mi sta prendendo per il culo da ore ormai, il gran bastardo.

«Sei una testa di cazzo», non ci vado leggera e non ci penso nemmeno a trattenermi. Non me ne può fregare di meno se in questo momento sembro un camionista sboccato.

«Tu invece sei una vera schiappa, ma non sto qui a sottolinearlo ogni secondo», ribatte prontamente, «O forse sì», aggiunge continuando a sorridermi come un'idiota. Lo detesto quel sorriso.

«Non ti sopporto, cazzo!»

«Il sentimento è reciproco, rossa. Ora vieni qui che ti mostro un'altra cosa, poi la prossima volta ritorniamo sui tuoi calci da vecchietta con l'artrosi», mi fa cenno con la mano di avvicinarmi a lui, ma io lo guardo con diffidenza. Quindi aggiunge: «Non c'è bisogno che mi guardi in quel modo, non ho nessuna intenzione di mostrarti il cazzo, perciò respira e rilassati».

«Grazie, mi risparmi un mal di stomaco e una corsa in bagno per vomitare», rispondo, facendolo ridere. «L'ultima cosa, Hoffman, mostrami quest'ultima cosa e poi me ne vado a casa perché non ne posso più di tutta questa attività fisica e di sopportare la tua brutta faccia».

«L'ultima, Malefica, perché anche io non vedo l'ora di toglierti dai coglioni», risponde. «E per la cronaca la mia faccia è meravigliosa». Alzo gli occhi al cielo e con rassegnazione mi avvicino a lui.

Cerca di spiegarmi cosa fare in caso di strangolamento e nell'istante in cui avvolge il suo braccio intorno al mio collo per simularlo, i ricordi riaffiorano e mi irrigidisco. Il mio corpo entra in allerta, diventa di pietra.

«Ti sposti subito di lato così che il tuo braccio possa entrare in contatto con il suo inguine e poi colpisci più forte che puoi. Non appena molla la presa per via del dolore, giragli il braccio e continua a riempirlo di calci all'inguine...»

Ad un certo punto però perdo il filo del discorso perché la sua voce mi arriva ovattata alle orecchie, fino a quando la voce che sento non è più quella di Aiden.

«Ti manca il respiro, Mally?»

Sylas stringe il suo braccio intorno al mio collo, cerco di graffiarlo e di divincolarmi, ma la sua presa è troppo forte. Il cuore mi batte feroce nel petto, l'ossigeno fatica ad arrivare al cervello. Mi sento morire. Dio, stavolta mi ucciderà.

«È così che mi sento ogni volta che mi lasci, amore. Perennemente senza fiato».

«Mi stai ascoltando?» la voce di Aiden mi riporta al presente. Il suo respiro mi sfiora l'orecchio ed il suo corpo è pericolosamente vicino al mio.

Giro la testa nella sua direzione e lo guardo smarrita per qualche istante, dopodiché mi divincolo per mettere una certa distanza fisica tra noi.

«Non mi piace che mi stai così appiccicato», dico soltanto, la voce viene fuori come un sussurro a malapena udibile. Lui mi guarda accigliato.

«Non deve piacerti, devi reagire».

«Sono stanca, Aiden», dico, sperando che mi creda e non faccia domande. «Voglio andare a casa».

Faccio per allontanarmi da lui, ma la sua mano si chiude delicatamente intorno al mio polso. Mi irrigidisco ancora una volta e sento una specie di formicolio nel punto in cui mi sta toccando.

«Guardami negli occhi, Malefica». Lo faccio senza pensarci, i miei occhi entrano a contatto con i suoi. La sua mano è ancora avvolta intorno al mio polso. «Sei al sicuro con me, non ti farò del male e non stringerò la presa intorno al tuo collo».

«Non...»

«Puoi farcela», insiste. Dopodiché molla la presa sul mio polso, «Mostrami tutta la tua rabbia».

«Credo che nel mio corpo non ci sia più spazio per la rabbia e per il dolore». Doveva restare un pensiero, però esce fuori in modo del tutto naturale prima che possa anche solo ragionarci sopra. «Sono solo esausta».

Il suo sguardo cambia, fino a qualche istante fa sembrava preoccupato e anche un po' dispiaciuto, ora sembra incazzato e lo preferisco.

Preferisco la rabbia alla compassione.

«Ti ha umiliata, ti ha fatta sentire debole e spaventata, Mallory». Le sue parole sono dure e dirette, non ha un minimo di tatto. «Ti ha trattata come una bambola di pezza senza valore, ha provato a sottometterti, a renderti il nulla totale», mi sta sbattendo in faccia la realtà ed io resto immobile non sapendo come reagire. Mi tremano le mani e trattengo le lacrime. «Si merita la tua rabbia, al posto tuo sarei furioso, cazzo. Reagisci».

E lo faccio, nel momento in cui si avvicina da dietro e avvolge il suo braccio intorno a me senza però stringermi, faccio proprio ciò che mi ha detto. Seguo le sue istruzioni e mi difendo come meglio posso.

Quando poi mi accorgo che ci sto andando giù pesante, che ho letteralmente la mia mano aggrappata ai suoi capelli e sto tirando più forte del dovuto mentre lui ha la testa gettata all'indietro, mollo la presa velocemente.

«Scusa», dico, presa dal panico improvviso. «Scusa, non volevo farti male», mi avvicino e senza pensarci gli prendo la faccia tra le mani per farlo chinare verso di me e controllare che non gli abbia fatto tanto male. Lui mi lascia fare e quando mi rendo conto della vicinanza, tolgo subito le mani e faccio letteralmente un salto indietro. «Ma che ti dice il cervello? Non dovevi provocarmi in quel modo».

Aiden sorride come se non avessi appena cercato di strappargli ogni capello dalla testa. È fottutamente pazzo, totalmente fuori di testa.

«Ti ho chiesto io di reagire», risponde tranquillamente, «E sapevo che l'avresti farlo, perché sarai anche una scassacazzi di prima categoria, ma non sei una che molla».

Per un momento provo un pizzico di orgoglio, però tutto cessa quando realizzo di avere ancora l'affanno, che le gambe stanno per cedermi per via dell'adrenalina e che mi tremano le mani.

«Forse è meglio se ti siedi», mi consiglia. Forse l'ha notato anche lui. «Vuoi che vada a prenderti un po' d'acqua?»

Lo guardo accigliata e anche un poco diffidente. «Sei gentile».

«Lo dici come se fosse un insulto», risponde, «E non sono gentile, sembri una a cui sta per venire un infarto ed io sarei l'ultima persona ad averti vista viva. Le tute intere con questo caldo non sono il massimo della comodità».

Gli dico che non voglio l'acqua, ma decido di sedermi per terra in silenzio. Lui mi segue a ruota, prendendo posto accanto a me.

Il suo braccio sfiora il mio e inevitabilmente sussulto. «Rilassati, Malefica, il massimo che potrei fare è scoparti le tette, ma tu nemmeno ce le hai, perciò il problema non sussiste».

«Sei rivoltante», borbotto, allontanandomi di poco.

Lui se la ride ed io torno ad essere un po' più me stessa, un po' meno scossa. Il respiro torna ad essere regolare e i battiti del cuore anche.

«E tu stai tornando in te stessa, buono a sapersi», risponde. «Poi mi aspetto una recensione sui miei social su com'è andata oggi. Non accetterò mai meno di un bel dieci più».

Scuoto la testa e trattengo un sorriso mordendomi le labbra. «Togli l'uno da vicino allo zero e dimenticati il più».

Restiamo in silenzio per qualche istante, dopodiché parlo prima io e decido di togliermi un dubbio, chiedendogli: «Come facevi a sapere tutte quelle mosse di autodifesa? I tuoi fratelli non sono stati così specifici e tu sapevi addirittura i nomi».

«Ho cercato in giro», risponde soltanto ed io continuo a guardarlo accigliata. Poi capisco.

«Hai cercato su internet delle mosse di autodifesa apposta per me?»

«Non farne un affare di stato, Malefica», dice e se non lo conoscessi abbastanza da sapere che nulla lo mette in imbarazzo, giurerei il contrario. «I miei fratelli ti stanno insegnando a difenderti come fanno quelli di strada, io ho voluto fare qualcosa di diverso».

«Che fai?» chiedo, quando nell'alzarsi il gomito ricoperto dal tatuaggio di una ragnatela sfiora il mio braccio. Lo osservo dal basso e lui mi guarda di rimando.

«Mi alzo per andare via», risponde, «Cosa che dovresti fare anche tu, oppure devo pensare che la mia compagnia stia iniziando a piacerti un po' troppo?»

«Nei tuoi sogni, Hoffman», ribatto, «Va pure al diavolo», aggiungo poi con un sorrisetto falso e volutamente acido.

«Gli manderò i tuoi saluti, Malefica», dice per poi farmi l'occhiolino. Se l'avesse fatto qualsiasi altro uomo sarei scoppiata a ridere perché ho sempre trovato che fosse una cosa stupida.

A quanto pare se a farlo è Aiden Hoffman, invece, stranamente lo trovo piuttosto sexy e mi piace. Sto iniziando ad odiarmi proprio in questo istante.

Senza aggiungere altro lui si avvicina al tavolino su cui ha posato la sua maglia, il cellulare e le chiavi della moto. Si infila la maglietta ed infila cellulare e chiavi nelle tasche dei pantaloncini.

Prima che possa andarsene però lo chiamo: «Aiden?»

Si volta nella mia direzione e aspetta che parli. Voglio semplicemente ringraziarlo ma è difficile, però stringo i denti, mando giù l'orgoglio e lo faccio. «Grazie... Io... Apprezzo ciò che stai facendo, anche se probabilmente non lo dimostro».

Lui annuisce e basta. «Ci vediamo in giro», dice poi ed io non mi mostro per niente entusiasta all'idea.

«Spero di no».

«Stronzetta del cazzo», dice con un sorrisetto, dopodiché esce dalla palestra lasciandomi completamente da sola.

Fregandomene della polvere che c'è in giro e di tutto il resto mi lascio cadere all'indietro e finisco stesa per terra, sfinita.

Spazio autrice•

Sto scrivendo ininterrottamente da tre giorni, probabilmente la mia miopia nel frattempo è peggiorata, qualche neurone è saltato in aria e il mio cervello sta per spegnersi ma sono abbastanza soddisfatta del risultato 💆🏼‍♀️😂

Spero che il capitolo vi piaccia🥹 (se così non fosse, fingete che vi piaccia, grazie) (ovviamente scherzo💀)

E come sempre vi ringrazio per tutti i bei messaggi, per la pazienza infinita, il vostro supporto e il vostro affetto. Sono tanto grata❤️‍🩹

Vi aspetto come sempre nel box su Instagram per commentare insieme il capitolo e ovviamente leggo tutti i vostri commenti qui👀

Vi lascio anche due foto riguardanti il capitolo:

Mallory che legge la lettera del suo papà🥹🫂

E il nostro meraviglioso Aiden🫠
(questa non è fatta con l'intelligenza artificiale ovviamente)

Vi abbraccio forte e vi voglio bene,
Noemi❤️

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