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Capitolo 13

⚠️ ATTENZIONE ⚠️

Il capitolo contiene un linguaggio forte ed esplicito per descrivere una scena di violenza fisica.
Non voglio in nessun modo urtare alla sensibilità di nessuno, perciò se non ve la sentite di leggere,
vi consiglio di andare avanti fino a quando non troverete la seguente emoji:
🌈
Detto questo, vi lascio al capitolo.
Grazie.

Il sapore metallico del sangue mi fa venire da vomitare, ma non solo. Anche il dolore lancinante che sto provando mi fa venire i conati.

Cerco di mettere in atto ciò che ho imparato insieme agli Hoffman, ma il mio corpo non risponde ai miei comandi, sembra essersi paralizzato.

Non riesco a riordinare i miei pensieri per ricordare o per fare qualcosa.

Me ne resto semplicemente ferma ad incassare, sperando che tutto finisca presto, come ho sempre fatto. E mi odio per questo.

Sylas mi stringe il braccio con una forza tale da farmi gemere dal dolore. So per certo che entro poco tempo mi ritroverò con il corpo ricoperto di lividi alla quale non saprò dare una giustificazione. Potrò solo cercare di nasconderli come meglio posso.

Sempre che tu ne esca viva, Mallory. Mi urla una vocina nella mia testa. Cerco di non darle retta, ma so che è la verità. So che potrei non uscirne viva.

«Evitarmi non migliorerà le cose per te, Mally», mi ringhia in faccia. Il suo fiato puzza di alcol e mi vengono nuovamente i conati. Non è lucido quando è sobrio, figuriamoci ora che nel suo corpo ha in circolo più alcol che sangue. «Sai che non mi piace essere ignorato da te, amore».

A te non piacciono un sacco di cose, Sylas.
A te non piace niente.
Non piaccio io.

Ti piace solo il potere.
Ti piace solo distruggere.
Ti piace solo il dolore.

Piazza la sua faccia davanti alla mia e cerca di baciarmi sulla bocca, ma giro la testa di lato e mi divincolo. Questo, quindi, non fa altro che farlo incazzare maggiormente.

Racchiude i miei capelli nel suo pugno e tira forte, mi fa girare verso di lui con la forza. Stringo i denti e chiudo gli occhi per non urlare dal dolore. Non voglio nemmeno guardarlo in faccia.

«Non vuoi essere baciata da me», lo dice come se fosse il peggiore degli affronti che potessi fargli. «Ma nemmeno io ti voglio baciare. Chissà quante volte hai preso il cazzo in bocca a Aiden Hoffman».

Non ho fatto niente del genere, ma lui questo non lo sa. A lui questo non importa. Perciò resto zitta e lascio che creda qualsiasi cosa voglia, tanto qualunque cosa dica, non cambierà le cose.

«Lui ti piace, Mally», lo afferma, non lo chiede. «E questo mi fa incazzare, perché dovrei esserci solo io per te. Dovresti guardare solo me, amare solo me, vivere per me. Dovrei essere sempre nei tuoi pensieri, proprio come tu sei sempre nei miei».

Non voglio starci nei tuoi pensieri, se questo è il risultato.
Non voglio amarti, se questo è il risultato.
Non voglio niente da te, se questo è il risultato.
Non voglio vivere per te. Voglio vivere per me.

«È in grado di darti ciò che ti davo io?» chiede, appoggiando la sua fronte contro la mia. «Non credo, Mally. Nessuno ti darà mai più di ciò che ti ho dato io. Nessuno ti amerà nel modo in cui ti amo io. Nessuno farà per te ciò che ho fatto io».

So che dovrei reagire o che in alternativa dovrei restare zitta, ma non ci riesco. «Cosa mi davi esattamente, Sylas?» gli urlo in faccia, «Dove mi ha portata il modo in cui mi ami? Cos'hai fatto per me oltre a riempirmi di botte?» sbatto i pugni contro al suo petto e lo allontano da me.

«Guardami, Sylas. Guardami!» indico la mia faccia. Il labbro sanguinante, l'occhio che a malapena riesco ad aprire per colpa del suo pugno. «Guarda ciò che sei in grado di farmi in nome dell'amore che dici di provare per me!»

Lo odio. Lo odio tantissimo. Lo odio più di quanto odi mia madre. Lo odio più di quanto odio le dipendenze di Jo. Lo odio più di Felix. Lo odio più di tutto.

«Il pensiero di perderti mi distrugge, Mallory», grida anche lui e mi prende dalle braccia per avvicinarmi a sé. «Mi fa diventare pazzo, lo capisci?»

«Tu distruggi me. Come puoi non vederlo?» gli dico, completamente esausta. «Ti volevo, Sylas. Ti amavo persino. Per questo mi sono afferrata ad un tipo di speranza inventata unicamente da me per molto tempo, un tipo di speranza che mi aiutava a sopportare le botte e le umiliazioni. Ma tu hai distrutto tutto, botte dopo botte. Sei stato tu ad uccidere qualsiasi sentimento nutrissi nei tuoi confronti.»

Mi fidavo di lui. Credevo in lui. Mi ero donata a lui. Ho fatto così tante cose sbagliate per lui.

Ed ecco il risultato.

«Non dirlo», grida e mi stringe più forte, tanto da farmi piegare per cercare di sfuggire alla sua presa salda. «Non dirlo, cazzo! Tu mi ami ancora, mi amerai sempre. Sei mia, Mally».

«Mi stai facendo male, Sylas. Lasciami».

«Va bene», dice e inaspettatamente molla la presa. Mi guarda con gli occhi rossi e annebbiati dall'alcol, poi si allontana un poco. «Va bene», ripete e si mette le mani nei capelli iniziando a fare avanti e indietro. «Possiamo risolvere tutto. Possiamo...» si blocca.

Sta farneticando cose senza senso, non sono nemmeno più sicura che stia parlando con me.

Si avvicina nuovamente a me ed io chiudo velocemente gli occhi preparandomi a ricevere l'ennesimo colpo, ma non arriva. Sylas poggia le sue mani sulle mie guance e mi accarezza.

Questo mi inquieta. Mi fa più paura di quando le mani le usa per riempirmi di botte e lividi. Non ci sono abituata alle sue carezze. Non sono sincere, le sue carezze. Non le voglio, le sue carezze.

Apro gli occhi. «Possiamo risolverla, amore», dice, come se ci credesse veramente. Vuole convincermi che sia vero. «Posso cambiare, te lo prometto».

«L'hai detto anche l'ultima volta, Sylas. Lo dici tutte le volte. Ho smesso di credere nelle tue parole. Ho smesso di credere in te».

«Questa volta dico sul serio», insiste. «Mi dispiace, cazzo, mi dispiace tanto. Non volevo, non so cosa mi sia preso. Non lo rifarò. Torna a casa insieme a me».

Bugiardo. Bugiardo. Bugiardo.

«No», ripeto fermamente. Dovessi morire stasera, io all'inferno non ci torno. «Non mi fido più di te».

«Devi tornare con me, so che lo vuoi, Mallory. Sei ferita e incazzata, lo capisco. Ma tu mi ami».

Dio, crede di sapere ciò che voglio meglio di me. È così presuntuoso e manipolatore. Così Sylas. Non riesco a tollerarlo.

«No, invece. Non voglio. L'unica cosa che voglio è che mi lasci in pace», gli dico, «Ti prego, ti sto pregando, Sylas, lasciami in pace».

«Non posso, lo capisci?» poggia la sua fronte contro la mia. Voglio che si allontani. Voglio tornare a respirare normalmente. «Io ti amo. Ti amo da impazzire».

«Tu non mi ami», gli dico. «Chi ama non fa questo».

«Ascoltami...»

Lo interrompo. «No, ascoltami tu», dico, allontanando la faccia dalla sua. «Mi sta sanguinando il labbro e non riesco ad aprire l'occhio. Ho bisogno di salire a casa e medicarmi prima che mi veda qualcuno».

«Vieni a casa con me», insiste e cerca di prendermi le mani, ma io mi scosto. «Mi prenderò cura io di te».

«Fino a quando?» gli chiedo. «Fino a che non farò qualcosa che ti farà arrabbiare e dare di matto? Fino a quando non inizieranno di nuovo a pruderti le mani?» Lui non dice una parola. «Non ci torno a casa tua, Sylas».

Questione di un attimo e vengo sbattuta contro il muro del palazzo di casa mia. Sento un dolore terribile alla spalla, ma fortunatamente non sbatto la testa.

«Stronza del cazzo», dice e finalmente, senza guardarsi indietro, se ne va.

Ed io torno a respirare.

🌈🌈🌈

Sapevo che sarebbe stata una pessima idea presentarmi comunque alle lezioni di autodifesa con Wolf. Ma, in un impeto di coraggio e menefreghismo, ho deciso di venirci lo stesso.

Ho cercato di coprire come meglio potevo il livido che si è formato sull'occhio e ho pensato di dare la colpa alla congiuntivite per il gonfiore. Per il labbro, invece, la scusa è che le mordo per noia.

I dolori muscolari, invece, non sono visibili. Ma quelli li sento ad ogni minimo movimento che compio. Spero che l'antidolorifico che ho preso faccia effetto subito, altrimenti sarà un problema.

Oggi non lego i capelli come faccio di solito per stare più comoda, anzi, li lascio sciolti e per far sì che coprano anche se di poco l'occhio ricoperto di fondotinta. Non credo di aver mai usato così tanto make-up prima d'ora.

«Ciao», saluto Wolf, che puntuale come sempre, mi stava già aspettando in palestra. «Poso la mia borsa e ti raggiungo».

Non aspetto che risponda, improvvisamente colta dall'ansia, mi precipito a cercare un punto in cui mollare la borsa di cui non mi frega poi molto. Voglio solo temporeggiare un po'.

Inizio a pensare che ho fatto male a venire. Avrei dovuto darmi malata a lavoro e saltare anche le sessioni di allenamento, se così si può chiamare qualsiasi cosa stiamo facendo.

È chiaro che Wolf si accorgerà in meno di due minuti delle condizioni penose in cui riversa la mia faccia. Non è stupido e non è nato ieri. Ma a parte questo, non ci vuole un genio per capirlo o per trarre le giuste conclusioni.

«Hai deciso di farci una conversazione con la tua borsa?» mi chiede  Wolf ad un certo punto. Quindi capisco che non posso più restare in piedi a fissare la mia borsa come se potesse risolvere i miei problemi al posto mio.

Magari farà finta di niente. Magari non dirà una parola come fa di solito. Magari non gli interessa nemmeno.

«Porca puttana, Mallory».

Ho imparato a conoscere Wolf e a differenza dei suoi fratelli, lui non dice spesso le parolacce, quando succede vuol dire che la situazione è abbastanza grave o che qualcuno gli ha fatto perdere la pazienza.

«Quando è successo?» mi chiede. Non riesco a capire se è incazzato o preoccupato, so solo che sembra uno pronto ad azzannare il collo di qualcuno.

«Cosa?» gli chiedo, facendo la finta tonta. Il modo in cui assottiglia lo sguardo con aria minacciosa, però, mi fa passare la voglia di prenderlo in giro. «Oh, questo?» mi indico la faccia. «Stamattina ho sbattuto contro il mobile del bagno di mia zia. Ha lasciato un'anta aperta come fa di solito e...»

«Non mentirmi», dice, interrompendomi. «Se c'è una cosa che detesto è proprio quando mi mentono, Mallory».

«Non ti sto mentendo», la voce mi esce fuori come un soffio, è a malapena udibile. Mi guardo la punta delle scarpe da ginnastica.

«Se volevi nasconderlo, non saresti dovuta venire».

«Se fosse successo qualcosa di diverso da quello che ti ho raccontato, non mi sarei presentata», cerco di appigliarmi a qualcosa. «Non credi?»

Volevo aggiungere "non sono mica stupida", ma... A quanto pare lo sono.

«L'unica cosa che credo e so per certo è che mi stai prendendo per il culo e ti ho detto che non mi piacciono le persone che mi mentono».

«Possiamo semplicemente fare questa cosa e basta?» gli chiedo, stremata. Ho avuto una giornata di merda e a quanto pare non fa che peggiorare. «Non sono un tuo problema, Wolf».

«Se non fossi un mio problema o un problema dei miei fratelli, in questo momento non mi troverei qui», dice, serio. «Sarei a casa mia con la mia donna e le mie figlie».

«Allora vai», gli dico.  «Apprezzo l'aiuto, ma sono in grado di cavarmela da sola». La mia faccia al momento dice il contrario, ma sono davvero in grado di cavarmela da sola. È ciò che faccio da anni e contro ogni aspettativa sono ancora viva.

«A me non sembra», risponde lui. «Non possiamo fare niente in queste condizioni», aggiunge e si riferisce all'allenamento. «L'ho capito dal modo in cui stai camminando che c'è qualcosa che non va».

Perfetto, non ha dovuto neanche guardarmi in faccia per averne la certezza. Benissimo.

«Non c'è niente che non va nel modo in cui cammino», borbotto offesa. È una semplice camminata, non so di che diamine stia parlando.

«Sembra che ti sia passato un camion addosso».

«Senti, se non vuoi fare niente, va bene», dico e inizio a camminare per andare a recuperare la mia borsa. «Vado a casa».

«Prendi la borsa e seguimi», dice però lui, per niente intenzionato a lasciar scorrere e farsi gli affari suoi.

«Perché dovrei fare una cosa del genere?»

«Perché hai bisogno di aiuto, ma sei troppo testarda e orgogliosa per chiederlo o per lasciare che qualcuno ti aiuti».

«Non ho bisogno di...»

«Ci sono già passato, Mallory», dice, facendomi tacere. «Ho già visto più di una donna passare ciò che stai passando tu, una delle persone che più amo al mondo, ci è passata. Non mentire. Non a me».

Mi spezza le braccia e almeno lui lo fa in senso metaforico.

Abbasso nuovamente lo sguardo sulle mie scarpe. «Sapevo cosa fare», sussurro, «Sapevo come fare. Ma ho lasciato che la paura mi paralizzasse».

«Ci lavoreremo», dice soltanto. Sembra tranquillo, sembra calmo. Ma poi alzo gli occhi e riesco quasi a leggere la rabbia nei suoi. «Ora, però, ti porto a casa mia e lasciamo che Lali si prenda cura di te».

«Se ne intende di medicina?»

«No, ma se ne intende di questo», dice, indicandomi con una mano.

Decido di non chiedere cosa voglia dire, quindi resto zitta e mi limito a seguirlo fino a casa sua.

🌈🌈🌈

Ciò che mi aspettavo, arrivati a casa di Wolf, era di trovare Lali con disinfettante e garze per curare il disastro che ho in faccia. Magari anche le gemelle a gattonare per terra o a fare qualsiasi altra cosa.

Invece bocca larga – così chiamerò Wolf da oggi in poi –, mi ha fatto trovare oltre a Lali con kit medico in mano, Cairo, Avalyne e poi Borse e Kenny che si trovano in giardino con Caiden, forse per non farmi vedere da lui in questo stato.

Le gemelle, invece, sono troppo piccole per capire. Sono entrambe nel box per bambini e giocano senza badare a nessuno. Mi è ancora difficile distinguere chi sia Deva e chi Dyan.

«Prima che qualcuno di voi dia di matto, posso sedermi?» chiedo, perché anche se non voglio ammetterlo, ho il corpo dolorante e gli antidolorifici non hanno fatto ancora effetto.

Mi siedo e Lali si avvicina a me con il suo kit medico. Il modo in cui mi guarda come se potesse leggermi dentro senza troppa fatica mi fa venire voglia di correre a nascondermi.

Rimuove piano tutto il fondotinta che mi sono messa sulla faccia e poi inizia a medicare con delicatezza tutto il resto senza dire una parola. Faccio del mio meglio per non emettere gemiti di dolore e per non scappare via dagli sguardi che mi sento addosso.

«Applicherò un po' di pomata sull'occhio e in un paio di giorni dovrebbe svanire tutto», mi spiega, prima di applicarla delicatamente, attenta a non farmi male. «Dovrai metterla mattina e sera», aggiunge e poi me la passa.

«Ok», dico soltanto. La infilo velocemente nella borsa ai miei piedi. «Grazie».

Lei annuisce soltanto, ma non si allontana ancora. «Non devi vergognarti, Mally», dice a voce bassa per far sì che la senta solo io. «Non hai assolutamente nulla di cui vergognarti».

«Mi sento come una cavia da laboratorio con tutti questi occhi puntati addosso».

«Ci preoccupiamo per te», dice e mi regala un minuscolo sorriso gentile. «So che sei una tosta, che sei forte e che puoi cavartela da sola. Ma va bene avere intorno delle persone che si preoccupano per te».

«Non capisco il perché».

Avranno sicuramente già i loro problemi, perché accollarsene un altro?

«Perché ormai fai parte della nostra famiglia e ti vogliamo bene. Ma a parte questo, non deve esserci per forza un motivo. A volte uno si preoccupa e basta. Vuole aiutare e basta», risponde, «Lascia che per una volta nella vita qualcuno si prenda cura di te, tesoro».

«L'ho già fatto in passato e guarda il risultato».

«Nessuno di noi ti farebbe mai qualcosa del genere».

«Lo so, ma...»

«Non è facile fidarsi», finisce la frase per me. «Non è facile lasciarsi andare», aggiunge, «Lo so, posso capirlo».

«Grazie per la pomata», dico, cercando in qualche modo di cambiare discorso. Lei lo capisce.

«Non c'è di che».

«Il mobile del bagno», dice Cairo, guardandomi proprio nel modo in cui ha fatto in palestra Wolf. Come se mi stesse rimproverando. «Pensavo potessi essere più creativa di così».

«Phoenix», lo riprende Avalyne, avvolgendo un braccio intorno a quello di lui per calmarlo.

Lui la guarda. «Ha mentito, di nuovo», dice.

«Facendo così non aiuti e so che è l'unica cosa che vuoi fare», gli dice lei, dandogli una carezza sul petto. Lui respira piano, poi riporta gli occhi su di me.

«Com'è successo?»

Mi sento accusata, quindi dico subito: «Non sono andata io a cercarlo, se è questo che vuoi sapere».

Il nostro discorso però muore sul nascere, perché qualcuno suona il campanello e mi irrigidisco, nonostante la sola contrazione di un muscolo qualsiasi, mi faccia male.

«Sarà arrivato Aiden», dice Lali, rimettendosi in piedi.

Perché cazzo hanno chiamato anche lui?

«Fantastico, ora siamo al completo», borbotto. «Verrà qualcun altro? Così almeno possiamo metterci d'accordo sul prezzo del biglietto, se vogliono guardare lo spettacolo tanto vale che ci guadagni qualcosa».

«Mallory, stiamo solo cercando di aiutarti», dice Avalyne, cercando di tranquillizzarmi.

So che stanno cercando di aiutarmi, ma «Non c'era bisogno di chiamare anche lui», dico.

«Ti sta aiutando anche lui», risponde lei e anche questo è vero. Ma non cambia il fatto che non voglio che mi veda così.

Debole, rassegnata, tutta un livido.

Non voglio e basta. Perciò quando Lali si allontana per andare ad aprire la porta, io abbasso subito la testa e lascio che i miei capelli si aprano a ventaglio per nasconderci dentro la faccia. So che è inutile, ma non mi interessa.

I passi si fanno sempre più vicini e il cuore mi sale in gola. Pompa così forte che lo sento nelle orecchie.

Avrei potuto evitare tutto questo restandomene a casa. È solo colpa mia se mi trovo in questa situazione.

Aiden non saluta nessuno, non saluta nemmeno me. Arriva subito dritto al punto. «Cosa è successo?» chiede.

«Dice di aver sbattuto contro al mobile del bagno», gli risponde Cairo con quello che credo sia sarcasmo. Se l'è legata al dito, a quanto pare.

«Alza la testa e guardami, Mallory», mi ordina Aiden con un tono di voce che non ammette repliche.

Se non mi sentissi sotto processo, gli risponderei a tono, ma ci sono troppi Hoffman in questa stanza e a quanto pare li ho tutti contro.

«Dio, voi fratelli Hoffman siete così testardi...» dico però non alzo ancora la testa, quindi il geniaccio decide di fare da sé, spazientito.

Si piega sulle ginocchia per arrivare alla mia altezza, mette due dita sotto al mio mento e mi costringe con delicatezza ad alzare la testa e guardarlo negli occhi. 

Niente a che vedere con la forza bruta usata da Sylas appena qualche ora fa. Mi destabilizza.

Stringo i denti e rimango con gli occhi fissi su di lui, mentre perlustra ogni centimetro della mia faccia in cerca di lividi, tagli o graffi. Vorrei chiudere gli occhi, ma così facendo, mi mostrerei ancora più debole ai loro occhi ed è l'ultima cosa che voglio. 

Poggia entrambe le mani sulle mie guance e mi fa girare la testa prima da un lato e poi dall'altro. Fa scorrere delicatamente il pollice sul taglio sul labbro, fregandosene della gente intorno a noi, poi sul livido che si è formato tutto intorno all'occhio e lo zigomo sinistro. Trattengo a malapena dei gemiti di dolore.

Ciò che vede non gli piace per niente e anche se non è una cosa che gli riguarda, non posso che essere d'accordo. Dubito di avere un aspetto decente al momento. «Non ho nemmeno bisogno di chiederti chi è stato», viene fuori più come un ringhio il suo. 

Mi scrollo le sue mani di dosso, ma lui non si allontana. «Ho urtato contro il mobile del bagno, ne state facendo un affare di stato».

«Kraus è destro o mancino?» la voce di Aiden, diversamente dal solito e da ciò a cui tutti siamo abituati, è fin troppo seria. È incazzato e solitamente non lo è mai.

Sarcastico sì, infastidito e allusivo anche, insopportabile la maggior parte delle volte, ma quasi mai incazzato.

«Che stai...» 

«Destro o mancino, Mallory».

Non capisco cosa c'entri e non sono nemmeno sicura di volerlo sapere, in tutta sincerità.

«Ti ho già detto che...» 

Mi interrompe ancora una volta prima che possa finire la frase e ripetere che è stato un incidente, che ho urtato contro qualcosa. Odio ritrovarmi un'altra volta nella condizione di dover mentire per lui. Mi sento così patetica e completamente inutile. 

«Sì ed io non ti credo, perché sei una bugiarda patologica e non mi fido della tua parola», dice e le sue parole mi feriscono più di quanto sia disposta ad ammettere. Non sono affatto una bugiarda patologica. «Quindi risparmiami le tue stronzate e rispondi alla mia domanda».

«Destro», mi costringo a dire, perché non posso più mentire. Non avrei dovuto mentire già dall'inizio, perché non sono stupidi, era chiaro che non se la sarebbero bevuta. 

Cerco con tutta me stessa di non abbassare di nuovo la testa. Nel frattempo qualcuno si siede accanto a me. «Dio, Mallory», sospira Avalyne, poi mi avvolge un braccio intorno alle spalle e mi attira a sé. Mi fanno male le costole quando lo fa, ma non protesto. «Mi dispiace così tanto».

«E perché, non sei mica stata tu a farmi questo», dico, ma probabilmente non aiuta, perché le scappa un singhiozzo e temo possa mettersi a piangere da un momento all'altro. 

Prima della gravidanza non ho mai visto Avalyne piangere nemmeno una volta, anzi, dubito che qualcuno l'abbia mai vista effettivamente versare qualche lacrima. Quindi tutta questa emotività è sicuramente dovuta agli ormoni sballati della gravidanza e probabilmente lo odia.

Certo, mi guardava con dispiacere, mi dava consigli, mi chiedeva di parlarne con lei e spesso aveva gli occhi lucidi, ma non si è mai lasciata andare a tal punto di piangere. Quindi è strano vederla sull'orlo del pianto adesso e mi sento subito in colpa. Spero vivamente che non pianga, perché l'ultima cosa che voglio e che mi serve in questo momento è attirare su di me l'ira di Cairo, che è alquanto protettivo con lei.

«Va tutto bene, Ava», dico, lasciandomi cullare dal suo abbraccio. Non sono solita riceverne molti e quando accade, cerco di farne tesoro. Quelli di Avalyne sono sinceri.

«No che non va bene, Mallory. Non va a fatto bene», piagnucola, «Dobbiamo farlo arrestare».

«Non agitarti, non fa bene alla bambina», cerco di tranquillizzarla in qualche modo, ma sono sicura che non stia facendo altro che peggiorare le cose. Nessuno si è mai preoccupato così per me, nessuno prima di Avalyne. «Sto bene, non devi preoccuparti».

«La tua faccia è.... terribile».

«Grazie, Ava», dico con una smorfia. «Di solito sei più gentile di così, sarà Cairo che ti sta contagiando».

«Sei bellissima, Mallory. Sai che non parlo di quello», dice, accarezzandomi dolcemente la spalla per rassicurarmi. «Ma ciò che ti ha fatto, le condizioni in cui riversa la tua faccia ora, è terribile».

Non è niente di nuovo.

«Una settimana o due e sarò nuova di zecca», ci scherzo sopra, ma dubito che Avalyne o qualcun altro presente in questa stanza lo trovi divertente.

A dirla tutta nemmeno io lo trovo divertente. 

«Facci un favore e chiudi quella boccaccia, ragazzina», sbotta Cairo. Mi giro a guardarlo. Dall'espressione che ha sulla faccia non sembra affatto felice, non che di solito lo sembri o che sia famoso per dispensare sorrisi in giro. Ma in questo momento mette i brividi più del solito.

«A quanto pare a voi Hoffman piace proprio tanto abbaiare ordini di continuo».

«Tanto quanto a te piace mentire».

«Phoenix...» lo strattona lei, per farlo tacere, ma a questo punto dubito che le darà retta.

«No, va bene, Ava», dico. «In realtà mi aspettavo un "tanto quanto a te piace farti pestare", quindi è già un passo avanti. A quanto pare non sei così cattivo come vuoi far credere, Cairo».

«Tu invece sei proprio stupida come credevo».

«Che cavolo, smettila», gli dice Avalyne. Le guance le si arrossano per l'imbarazzo; si vergogna al posto suo.

«Qualcuno deve farle capire che mentire alle uniche persone che stanno cercando di aiutarla è una stronzata», ribatte lui fermamente e il ragionamento in sé non è sbagliato, non tanto, almeno.

«Non è questo il modo».

«È l'unico modo che sembra funzionare con lei».

«Lei è qui presente e sta per andarsene», dico, alzandomi dal divano pronta a prendere la mia borsa e filarmela.

«Non è questo ciò di cui ha bisogno», gli dice Avalyne. Ignorando ciò che ho appena detto.

«Ho solo bisogno di andarmene», rispondo. Non è poi così tanto difficile da capire.

«E io ho bisogno di prendere a calci nel culo quel figlio di puttana», s'intromette Aiden, i miei occhi scattano subito su di lui.

«Non farai niente del genere», dico subito. Lui mi lancia un'occhiataccia.

«Chi me lo impedirà? Tu?»

Se devo, sì. Lo impedirò io e non è perché voglio difendere Sylas, godrei un sacco nel vedere qualcuno che gli fa assaggiare la sua stessa medicina per una volta. Ma non voglio che siano Aiden, Cairo o Wolf.
Non voglio che si mettano nei guai per colpa mia.

«Io dico che dovremmo darci tutti una calmata», dice Avalyne. Lali annuisce d'accordo con lei e lo sono anche io, in realtà. Gli unici tre uomini presenti nella stanza, però, non sembrano d'accordo per niente. «Facciamo che chiamiamo gli altri e organizziamo una bella cena, così stiamo un po' tutti insieme e ci divertiamo. Domani penseremo al da farsi».

Dio, se solo non rischiassi grosso anche solo a pensarlo per via di Cairo, la bacerei in questo momento.

Certo, essere circondata da persone e divertirmi è l'ultimo dei miei pensieri in questo momento. Ma è meglio di qualsiasi cosa stia succedendo adesso e  sicuramente meglio dei fratelli Hoffman che vanno a fare il culo a Sylas per colpa mia.

«Non...» fa per dire Aiden, ma Avalyne lo interrompe.

«Speedy, davvero, non è il momento. Per favore».

«Va bene, cazzo», risponde lui, anche se non sembra per niente contento. «Vado a chiamare Rio e gli altri».

«Grazie».

«Vado da Caiden», dice invece Cairo e si dilegua senza aggiungere altro. Subito dopo Wolf prende le bambine e raggiunge suo fratello fuori.

Restiamo solo io, Lali e Avalyne. Credo sia un po' quello che volevano. «Grazie», dico.

Stanno facendo per me più di quanto abbia mai fatto qualsiasi altra persona in tutta la mia vita.

«Potrai sempre contare su di noi, Mally», dice Avalyne, guardandomi con affetto sincero. «Sempre».

«E ora fanculo ai brutti pensieri e a tutti i problemi, stasera ci divertiamo», dice invece Lali, facendoci ridere.

È nel soggiorno di casa di Wolf e Lali che ho la consapevolezza del fatto che per la prima volta dopo tanto tempo mi sento di avere le spalle coperte, mi sento parte di qualcosa. E questo mi spaventa a morte.

✍🏻 Spazio autrice ✍🏻

Come vi avevo già detto su Instagram e spoilerato su TikTok, questo capitolo è abbastanza delicato, perciò se non ce l'avete fatta a leggere la scena iniziale, lo capisco❤️

Anche il prossimo capitolo conterrà un avviso iniziale in modo tale che possiate decidere se andare avanti oppure no

(vi avevo detto che i capitoli 13 - 14 e 15 sarebbero stati particolari)

Cercherò di aggiornare presto e spero che comunque il capitolo vi sia piaciuto e di aver affrontato la tematica nel modo migliore possibile.

Vi aspetto nel box su Instagram per parlarne insieme, per chi non mi seguisse, lì mi chiamo @eternityhopeless_ 👀

Come sempre vi ringrazio per il supporto e l'affetto, grazie infinite❤️‍🩹 e mi scuso se ci troverete qualche errore, purtroppo non ho avuto il tempo appropriato per correggere.

Vi abbraccio🫂

Noemi

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