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Prologo

A volte il luogo in cui si nasce può essere deleterio.

Serena Cirillo camminava col capo chino per i vicoli del suo quartiere, che tanto suo poi non se lo sentiva, Forcella. Era uno dei quartieri più poveri e degradati di una Napoli bellissima resa però tetra da ombre oscure.

Il piede destro avanti, poi il sinistro e poi ancora il destro e così la giovane ragazza attraversava le stradine strette, dove il sole moriva ancor prima di nascere.

La ragazza pestava i sampietrini stando attenta a non toccare con la suola delle scarpe le linee che li delimitava.

Da quando era una bambina aveva questa fissa e mai riuscì a torgliersela.

Se calpesti le linee, tua sorella morirà, o tua zia  morirai, o morirai tu. Si ripeteva nella mente.

Era arrivata a contare ben cinquantanove sampietrini da quando era uscita dal portone del suo palazzo, prima che due ragazzi in sella ad un motorino le passassero affianco a pochi centimetri di distanza dalla sua spalla destra.

I due ragazzi le fischiarono complimentandosi, con termini volgari, per il suo sedere, poi sfrecciarono via ridendo verso via Duomo.

Erano gli stessi ragazzi che la sera prima avevano scippato una signora sulla settantina, la quale era appena andata a ritirare la pensione. Questa notizia uscì addirittura su tutti i quotidiani della città!

La voce, nel giro di mezz'ora, si era diffusa in tutto il quartiere e ci si chiedeva come la signora potesse essere stata tanto fessa, così la soprannominarono, da non farsi accompagnare da qualche figlio o nipote per andare a ritirare il denaro.

Ma queste erano cose che accadevano tutti i giorni a Forcella, insomma, non c'era niente di cui sorprendersi.

Il piede destro avanti, poi il sinistro e poi ancora il destro, e così Serena arrivò fuori al panificio del padre di una sua cara amica, Valentina.
Voleva salutarla perché a breve non l'avrebbe rivista per un bel po'.

"Serè!" Sorrise Valentina non appena vide l'amica. "T'apposto?".

"Ue, Valè. Io tutto apposto, spero pure tu".

"Sì, sì. Ma sei sicura? Ci sta qualcosa che non va? Tieni 'na faccia".

"Ti so' venuta a salutare, me ne devo andare da qui".

Serena si guardò attorno, ora fissava due bambini rincorrersi per la strada, ora una vecchia dall'occhio coperto da una medicazione.
Quest'ultima usciva da una salumeria e adesso sembrava dirigersi alla macelleria affianco.

"E perchè? Pure a me non mi piace stare qua, ma questa è la realtà che dobbiamo farci andare bene".

A Serena dava fastidio quell'atteggiamento di passività e di arrendevolezza, ma in quel momento non aveva voglia di discutere, quindi non si curò di trovare una risposta a ciò che aveva appena affermato l'amica.

"No, Valè. Non hai capito niente. Mammà mi vuole portare..." Serena si voltò prima a destra verso la strada, poi a sinistra, verso la panetteria, dove il padre di Valentina le stava scrutando,
mentre imbustava un pezzo di pane ad una cliente.

Mancava solo che le persone del quartiere sapessero dove la madre l'avrebbe rinchiusa.

"Dove?" La incitò l'altra.

Serena si avvicinò un po'di più al viso di Valentina e parlò piano.
"Rindo a 'nu manicomio".
Le sue labbra carnose sembrarono avvelenarsi laddove quella parola, manicomio, aveva percorso la propria traiettoria.

"O'manicomio?!" Esclamò sorpresa l'altra.

Valentina la scrutava come se dinanzi a sè non avesse più la persona che conosceva dai tempi dell'asilo.
Nonostante non avesse deciso di frequentare le scuole superiori, lei e Serena non avevano di certo slacciato i rapporti.

Ma adesso... in quale modo la stava guardando...
Non avrebbe pensato per davvero, che la sua amica fosse una pazza?
Eppure, l'espressione di Valentina urlava il contrario.
Quest'ultima deglutì e fece un passo indietro.

"Valè, devo scappare a casa" Serena ruppe il silenzio che si era creato tra le due "Devo chiudere la borsa con le cose dentro e non mi devo scordare niente".

"Sì. Io... io devo andare a faticare, stanno... i clienti da servire".

"Statti bene".

Serena avrebbe voluto trattenere le lacrime, ma non riuscì nella sua impresa.
Una volta svoltata la stradina dove si trovava la panetteria del padre di quella che, fino a quel momento, era stata la sua migliore amica, scoppiò a piangere comprendosi il viso con la sua massa folta di capelli ricci.

Non avrebbe mai dimenticato come Valentina l'aveva scrutata.

Davvero la considerava una malata mentale?

Angolo noce suprema

NOOOOCIIII!!❤

Mi siete mancati davvero tantissimo. Mi sono mancato i vostri commenti, i vostri scleri e il vostro affetto.

Questo è il prologo della storia. È un po'corto, ma considerate che è solo l'inizio.

Qual è la prima impressione che avete avuto su Serena? Vi ispira?

L'ambientazione di Napoli, in un quartiere malfamato, e sicuramente molto poco (anzi, per niente) ambito qui su wattpad. Nonostante ciò, ho voluto azzardare scegliendo la mia città come luogo dove far nascere la storia.

Nei prossimi capitoli capire cosa Serena intende per "manicomio" e conoscerete tutti gli altri personaggi.

Spero che il prologo vi abbia incuriosito almeno un po'.

Gli aggiornamenti per il momento saranno sempre di martedì (il NOSTRO fantastico martedì) alle ore 18:00. Se ci saranno dei cambiamenti vi avviserò su instagram.

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A presto❤

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